Categoria: Approfondimenti

Freelance di tutta Italia, unitevi

Quali sono le prospettive dei lavoratori della conoscenza? A questa domanda cercano di rispondere Sergio Bologna e Dario Banfi in un libro uscito pochi mesi fa per Feltrinelli: Vita da freelance, sottotitolo «I lavoratori della conoscenza e il loro futuro».Guardando la copertina si potrebbe prenderlo per il solito manualetto su come diventare freelance in dieci mosse o per una raccolta di storie di successo. Invece è la densa analisi storico-sociologica di una situazione per niente rosea che in Italia riguarda tra i due milioni e mezzo e i tre milioni di persone, tra cui sempre più neolaureati. Molti freelance oggi sono pagati e trattati come lavoratori subordinati. Sono però privi di copertura welfare e di supporto sindacale, ignorati dallo Stato, e devono coalizzarsi per ottenere riconoscimento pubblico e diritti.Gli autori del libro sono due esperti del settore e la loro collaborazione è rinsaldata dalla lunga militanza in Acta, l’Associazione consulenti terziario avanzato. Sergio Bologna, 74 anni, ha alle spalle una carriera quasi ventennale come professore universitario di Storia del Movimento operaio e della società industriale e trent’anni di consulenza, mentre il quarantenne Dario Banfi è giornalista professionista specializzato in economia lavoro e nuove tecnologie, oltre a lavorare come consulente di comunicazione e copywriter. Il saggio si apre con un fatto in un certo senso consolante: anche nell’antica Roma i maestri viaggiavano in lungo e in largo per trovare un lavoro degno della loro formazione – già allora c’era «la percezione di un mercato globale nel quale è meglio muoversi che star fermi» – ma l’analisi si concentra sulla figura del freelance dal Novecento in poi. E se quella dei knowledge workers è una categoria oggi sottorappresentata da istituzioni e sindacati, la soluzione non è però di «aspettarsi la solidarietà di nessuno perché non si dà solidarietà ai fantasmi, agli invisibili», come ricordano gli autori: «non resta che unirsi, prendere in mano i propri destini, perché i diritti dei freelance sono quelli di tutti i lavoratori, perché la protezione delle singole professioni non basta, perché le partite Iva non hanno diritto a nessun ammortizzatore sociale e i loro contributi Inps finanziano gli ammortizzatori di altre categorie». Per quanto diversi, i lavoratori della conoscenza sono uniti da due aspetti: essere indipendenti ("senza padroni"), ed essere discriminati.  Mancando infatti un contratto nazionale, si assiste all'«affermazione progressiva di modelli retributivi tipici del mondo dipendente per i compensi offerti ai freelance». Per mettere insieme uno stipendio base - i soliti mille euro al mese - secondo Bologna e Banfi la tariffa minima da chiedere sarebbe di 27 euro l’ora: pura utopia per molti professionisti. Sempre più spesso tra l'altro sono le aziende a spingere i propri dipendenti ad aprire una partita Iva. Ciò permette di eludere i costi di tasse e contributi ed evitare di pagare i trattamenti di fine rapporto, le ferie, i giorni di malattia, i congedi maternità. Di converso però non solo non viene aumentata la retribuzione, ma è spesso anche impedita l’autonomia tipica del freelance: queste "finte" partite Iva rimangono infatti legate agli orari d’ufficio e alla sede aziendale. L’enorme mercato del lavoro legato a internet poi ha abbassato di molto il prezzo che le imprese sono disposte a pagare perché c’è sempre chi è disposto ad accettare meno, pur di lavorare. «Molti trascurano il fatto che quando si abbassa l’asticella che segna il proprio valore di mercato la si fa scendere per tutte le persone che svolgono lo stesso mestiere», ammoniscono Banfi e Bologna: «Mentre nel lavoro dipendente sono i contratti nazionali a definire questi limiti, nel segmento del lavoro autonomo sono i singoli professionisti a dover interpretare un doppio ruolo, individuale e collettivo insieme». La rete però può anche avere una valenza positiva: è lo strumento perfetto per unirsi nella lotta dei propri diritti e per diffondere dati e notizie su questo mondo, poco studiato da sindacati politici e analisti. L’unica soluzione perché i lavoratori della conoscenza possano avere un futuro insomma sembra essere quella di coalizzarsi; ma non in un Ordine o sindacato, precisano gli autori, bensì prendendo spunto dall’esperienza americana della Freelance Union e formando un’unione trasversale ai vari settori.Valentina NavonePer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Sempre più numerosi i giovani che aprono la partita Iva: i consigli dell'esperto Dario Banfi a tutti gli aspiranti freelanceE anche:- L'apartheid del lavoro italiano al vaglio della Commissione europea: le ragioni di una denuncia- Pietro Ichino: «Bisogna rompere i tabù e introdurre anche in Italia il salario minimo»

Ritratto di Francesco Profumo, nuovo ministro dell'Istruzione alla prova dei precari

A 58 anni il nuovo ministro dell'Istruzione, università e ricerca è uno dei più giovani del governo Monti. Francesco Profumo, nato a Savona nel 1953, sposato con tre figli, non è un ingegnere qualsiasi: si è laureato al Politecnico di Torino nel 1977, dopo una parentesi di qualche anno nel gruppo industriale Ansaldo, è tornato in ateneo come professore associato prima, preside di facoltà poi e infine rettore.Dopo aver vinto numerosi riconoscimenti internazionali, il 13 agosto di quest'anno Profumo è diventato il nuovo presidente del Cnr e ha subito promesso di portare l'istituto su una nuova rotta: più attenzione alle esigenze del territorio, maggiore internazionalità, migliore coordinamento tra le forze schierate nella ricerca. Insomma, un piano strategico di lungo periodo che il neo-presidente è riuscito appena ad avviare prima di essere reclutato nel team Monti. Ma l'esperienza di Profumo non si limita al campo accademico: è stato membro del Cda del gruppo Sole 24 Ore, di Unicredit Private Banking, di Pirelli.Le prime dichiarazioni ufficiali di Profumo in qualità di ministro dell'Istruzione sembrano incoraggianti per chi spera in un maggiore investimento del sistema Paese sul fronte della ricerca, dell'università e della scuola pubblica, soprattutto dopo un periodo di forte contrapposizione tra il mondo accademico e l'esecutivo. «Per prima cosa ascolterò gli studenti e i ricercatori per capire quali siano i loro desideri, le loro incertezze e le loro difficoltà. Per andare avanti con il consenso dei diretti interessati», ha dichiarato alla stampa il neo-ministro. E per rilanciare la scuola pubblica, mantenendo un occhio di riguardo anche ai giovani disoccupati, Profumo ha annunciato nuovi concorsi per coprire 12.500 posti da insegnante di ruolo, la metà del turnover annuale italiano (ogni anno vanno in pensione 25mila docenti). «In questo modo i giovani che non sono nelle graduatorie, ma si sono formati per fare gli insegnanti, potranno farlo», ha affermato il ministro.La decisione sembra andare incontro a chi sperava che si tornasse a parlare di investimenti e assunzioni nella scuola pubblica. D'altro canto, l'attenzione di Profumo alle tematiche dell'occupazione giovanile precede la sua nomina a ministro. In un'intervista all'ultimo numero della rivista online D.A. rilasciata in qualità di rettore del Politecnico, Profumo commentava così il rapporto odierno tra i giovani e il mondo del lavoro: «Bisogna fare una premessa sul cambiamento in atto nella società italiana ed europea in genere, da realtà fortemente legate all’industria, alla produzione, a società complesse in cui sempre di più sarà rilevante sviluppare la capacità progettuale. Anche i giovani dovranno capire questo cambiamento e adattare le proprie competenze. Dall’altra parte, le università dovranno fornire nuovi modelli formativi, meno settoriali e informativi, più interdisciplinari». In altre parole, aggiunge Profumo, bisogna fornire ai giovani gli strumenti per acquisire più capacità critica e di analisi da applicare a settori diversi e più complessi rispetto al passato: «Un consiglio che mi sentirei di dare loro è però proprio quello di non rinunciare ai propri sogni, ma di capire come possono inserirli nell’economia di oggi». Anche su Famiglia Cristiana, in un'intervista pubblicata a metà novembre, il nuovo ministro si rivolgeva direttamente ai ragazzi, esortandoli così: «Studiate sodo, fate esperienze di studio e lavoro all’estero per poi tornare in Italia e restituire al Paese quanto di meglio avete imparato».Ma non tutti prendono per buone le affermazioni di Profumo. Diverse associazioni si rivolgono al nuovo esecutivo chiedendo riforme concrete. Tra i più scettici i membri del gruppo Link - Coordinamento universitario, promotori de L'AltraRiforma per un processo di rinnovo dal basso. «Monti ha costruito un governo di tecnici, ma questi tecnici sono in realtà docenti baroni di università pubbliche e private, membri o direttori dei Cda delle grandi banche italiane, avvocati e altri professionisti in grado di rappresentare perfettamente gli interessi dell'1% della popolazione mondiale non di certo quel 99% di cui noi studenti facciamo parte», scrive l'associazione. «Va seriamente ridiscusso tutto l'impianto dei cicli scolastici. Per fare tutto questo però occorre necessariamente aprire un processo nuovo dove gli studenti possano essere reali protagonisti del cambiamento delle scuole. Non accetteremo in nessun modo altri processi dall'alto che dicono di cambiare tutto per non cambiare niente». E intanto la Rete precari scuola Sicilia sottopone ben 21 proposte al nuovo ministro.A poche settimane dalla nomina, insomma, il ministro Profumo ha già catalizzato l'attenzione di studenti, ricercatori e precari italiani. Che stanno mettendo alla prova la volontà dichiarata di aprire una nuova stagione di colloqui. La palla, ora, sta al Miur.Andrea CuriatPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Elsa Fornero, ritratto del nuovo ministro del Lavoro: avanti con il contratto unico e il welfare per i precari- Il neopresidente del consiglio Mario Monti in Senato: «Risolvere il problema dei giovani è il fine di questo governo»- L'audizione di Eleonora Voltolina alla commissione lavoro della Camera

A Ichino piacciono i Jobrumors: «I siti che riportano le occasioni di lavoro sono preziosi per il mercato e lo rendono trasparente»

La prima presentazione a Milano dell'ultimo libro di Pietro Ichino, Inchiesta sul lavoro (Mondadori), ha inglobato anche un altro evento: il lancio di un nuovo sito, Jobrumors, letteralmente «indiscrezioni sul lavoro». Il giuslavorista-senatore ha subito dato la sua "benedizione" all'iniziativa: «Il mercato dovrebbe funzionare attraverso una miriade di portali come questo», che aiutano le persone a venire a conoscenza delle opportunità e delle posizioni aperte. Secondo uno dei fondatori del sito, Giovanni Canali, [nella foto sotto] «circa il 40% del mercato del lavoro circola su canali ufficiali, ma il 60% invece attraverso "rumors"». Da qui l'idea di «creare un sistema dei rumors». Iniziando da Linkedin, con uno slogan che suonava più o meno come «Se tu hai una notizia sul mercato del lavoro, condividila: magari a te non serve, ma a qualcun altro può servire», hanno raccolto oltre 24mila membri in soli 9 mesi. «Però attenzione, noi non facciamo intermediazione: siamo un portale sociale che permette alle persone di interagire» ha puntualizzato Canali. Il matching domanda-offerta in effetti dovrebbero farlo i centri per l'impiego, ma da una ricerca Isfol emerge che solo il 3% - su un campione di 40mila intervistati - riesce a trovare lavoro grazie a questi uffici pubblici. «Quando nel 1982 scrissi Il collocamento impossibile la quota era stimata al 5%, eppure allora c'era perfino il monopolio statale sull'incontro domanda-offerta» ricorda Ichino, ammonendo dall'incaponirsi troppo nel tentativo di innalzare questa percentuale: «L'importante non è se il servizio sia pubblico o privato: è che l'incontro avvenga alla luce del sole. E per questo bisogna moltiplicare e sostenere i flussi di informazione».A Daniele Pisani, "anima tecnica" del progetto KenWit (la società che ha creato Jobrumors), il compito di dare qualche altro numero: «Solo nel primo giorno di messa online del sito abbiamo ottenuto 1600 iscritti e oltre cento rumors. La maggior parte vengono postati dalle aziende che hanno posizioni aperte e da agenzie per il lavoro, ma ci sono anche interventi di singoli». Suscitando un'altra riflessione di Ichino: «Nel solo comune di Milano nel 2010, pur in un periodo di crisi, sono stati stipulati ben 160mila contratti di lavoro. Insomma la domanda di lavoro c'è ancora, ogni regione ha migliaia di posti scoperti a causa della mancanza di persone qualificate per quei mestieri. I tre grandi difetti del nostro mercato del lavoro sono la mancanza di informazione, la scarsa qualità della formazione e la scarsissima propensione alla mobilità. I siti web che si occupano di lavoro agiscono sul fronte dell'informazione e servono alle persone per scovare, nel grande formicaio, il posto vacante che fa per loro. Bisogna dare visibilità alle opportunità».Presente all'evento tra gli altri anche Bruno Tabacci, parlamentare del Terzo polo e assessore al bilancio del Comune di Milano: «Il libro di Ichino è un grande contributo, che ha aperto una discussione a tratti un po' ruvida» e rivolgendosi direttamente all'autore: «Hanno detto che al massimo rappresenti il 2% del PD. Ma la funzione del grillo parlante ha una sua importanza strategica: se Pinocchio l'avesse ascoltato, non si sarebbe bruciato i piedi». Secondo Tabacci «l'Occidente oggi è in difficoltà» per tre specifiche storture non più sostenibili: «il benessere senza il lavoro, gli affari senza regole, i diritti senza doveri». E su quello dovrà agire, e presto, la politica.L'azione politica che Ichino più auspica è quella ovviamente della riforma del mercato del lavoro, e nutre forti speranze nelle capacità tecniche e nella forza di questo governo e del ministro Fornero. Il suo libro è dedicato proprio alla divulgazione del progetto di contratto unico e di flexsecurity. Costruito come l'interrogatorio di un ispettore immaginario, riporta punto per punto le critiche e le accuse alla sua proposta: «Ma  questa figura è immaginaria fino a un certo punto» confessa l'autore «ogni accusa riportata è reale, documentata attraverso articoli, accuse, contumelie, inviti ad andarmene, che mi sono arrivati negli ultimi tre anni. Forse qualcuno aveva paura che l'intruso "contaminasse" la purezza del Partito democratico». Eppure lui non si considera affatto un eretico: «La mia linea é quella su cui è nato il PD, all'epoca sottoscritta da tutti, compreso l'ex ministro Damiano e molti altri. Dal 2008, anche per difetto di Walter Veltroni che non ha retto la prova e ha perso la manche, forse la linea politica del partito é cambiata».Ma sotto sotto forse a Ichino il ruolo del grillo parlante, del precursore, non dispiace. Anche perché lui è convinto che la spunterà, come già la sua linea ha finito per prevalere nei decenni passati: «Venni messo in croce negli anni Settanta perché votai a favore del part-time, una legge voluta dal governo Craxi, mentre tutto il Partito comunista votò contro. Idem negli anni Ottanta, quando sostenevo che non poteva continuare il monopolio degli uffici di collocamento nell'incontro tra domanda e offerta». In entrambi i casi, la storia ha dato ragione a lui: «Sono stato tacciato di eresia, tradimento, di accordo col nemico. E poi la sinistra, con qualche anno di ritardo, è sempre arrivata ad accogliere le mie istanze e le ha fatte proprie. Accadrà anche stavolta, con la flexsecurity: perché è l'unica via per garantire condizioni di ingresso dignitose ai giovani e smantellare l'apartheid che oggi li opprime».Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Chi ha paura del contratto unico? Panoramica dei vantaggi della flexsecurity per i giovani italiani- Che voto daresti all'azienda in cui lavori? Ecco Sopo, il sito in cui i dipendenti giudicano le imprese- Aiutati che il web t'aiuta: Lavoratorio, annunci di lavoro e non soloE anche:- Sempre più numerosi i giovani che aprono la partita Iva: i consigli dell'esperto Dario Banfi a tutti gli aspiranti freelance- Senza soldi non ci sono indipendenza, libertà, dignità per i giovani: guai a confondere il lavoro col volontariato

Ricerca e start-up, centinaia di opportunità di lavoro per giovani imprenditori e ricercatori

Anche in tempi di crisi, sapendo cercare bene, le opportunità di lavoro in Europa non mancano. E neppure le occasioni di vedersi finanziato un progetto imprenditoriale in Italia. Alcune di queste iniziative sono state presentate il 5 e 6 dicembre al convegno «Passaporto mobilità: istruzioni per l’uso» al Consiglio nazionale delle ricerche a Roma, a cui hanno partecipato enti e agenzie che offrono assistenza sui molteplici programmi comunitari attivati ogni anno. Tra le varie proposte di formazione, tirocinio e lavoro all’estero la Repubblica degli Stagisti ha selezionato le più interessanti anche sotto il profilo del budget stanziato. La prima riguarda le start up e proviene da Bic Lazio, agenzia che sostiene la realizzazione di nuove imprese, e dalla Camera di commercio di Roma. Quest'ultimo ente ha istituito un fondo di garanzia di 10 milioni di euro per sostenere le nuove imprese nate da non più di dodici mesi, con l'obiettivo di promuovere le giovani realtà imprenditoriali del territorio garantendo l’accesso a finanziamenti bancari. I destinatari sono imprese individuali, società e cooperative costituite da giovani fino a 36 anni, donne e immigrati. Saranno selezionate le richieste di finanziamento per l'acquisto di beni e costi di avviamento o gestione (escluso il personale) in misura non superiore al 30% del piano di investimenti, arrivando a coprire fino al 70% delle spese per un totale massimo di 30mila euro per le imprese individuali e 80mila euro per le società e le cooperative. La Camera di Commercio di Roma è disponibile per assistenza alla definizione del progetto e alla redazione del business plan, verifica della fattibilità economico-finanziaria e tutoraggio. Fin qui si tratta di un'opportunità riservata esclusivamente ai giovani laziali neo (o aspiranti) imprenditori. Altro capitolo è invece quello della ricerca e della mobilità in Europa aperta a tutti i cittadini comunitari, su cui l’intera due giorni ha particolarmente puntato. La Euraxess, agenzia della Commissione europea che promuove  appunto la mobilità dei ricercatori europei, ha illustrato le molte opportunità di lavoro per ricercatori junior, anche semplicemente freschi di dottorato, nell’ambito del programma ‘People’. Alla sezione Jobs del sito, continuamente aggiornata, si possono trovare tutti i link per compilare l’application form a seconda del progetto e del posto vacante che si sceglie. Ce ne sono a centinaia per ogni Stato di destinazione e per ricercatori di tutti i campi del sapere. Il totale ammonta a circa tremila offerte, suddivise tra più di trenta paesi europei (anche se non tutti parte della Ue). Ad esempio, una delle posizioni aperte più di recente riguarda la Spagna, in un centro di Barcellona: si richiede un data analyst per la ricerca sulle malattie rare, la scadenza per le candidature è fissata al 31 dicembre. In Scozia c'è posto per due assistenti ricercatori post dottorato nell’ambito delle scienze biologiche. Lo stipendio annuo si aggira tra le 30 e le 35 mila sterline annue [più o meno 35-41mila euro, cioè tra i 2 e i 3mila euro al mese]. Cifre di gran lunga superiori alle più rosee delle aspettative per gli italiani che restano in patria. Ci si può candidare fino a gennaio 2012. Ma gli esempi potrebbero proseguire: in Francia, a Strasbourg, si cerca un chimico che andrà a guadagnare 2mila euro netti al mese. Tempo massimo per proporsi: metà gennaio.Opportunità di finanziamento per ricercatori senior arrivano poi dalla Apre, agenzia per la promozione della ricerca europea. Al link relativo al VII Programma quadro è possibile visionare e aderire ai vari progetti: per ogni tipo di obiettivo stabilito c'è un tema o un programma specifico che corrisponde alle aree principali della politica di ricerca dell'Ue. Ognuno di questi ha budget molto elevati: si parla di centinaia di milioni di euro. I destinatari dunque sono intere équipe di ricercatori, o comunque scienziati esperti che decidono di dedicarsi a un progetto di ricerca. Le scadenze qui sono più ampie, e arrivano fino a marzo del 2012. Anche il Cnr di Roma recluta ricercatori per sedi italiane, ma le condizioni economiche sono meno vantaggiose. Per trovarle basta comunque cliccare alla sezione lavoro e formazione e scegliere tra concorsi, borse di studio, assegni di ricerca, etc. Per le 145 borse di studio attive al momento, il cui importo si aggira sui mille euro lordi al mese, non c’è ancora molto tempo: i profili richiesti sono quelli di laureati under 35 in vari campi della scienza, e la raccolta dei cv terminerà a inizio 2012 (il termine più lontano è il 16 gennaio). Anche per gli assegni di ricerca, tutti più o meno sui 20mila euro netti all'anno, stesso discorso: le scadenze per i 285 bandi aperti (ognuno con un solo posto a disposizione) sono tutte a breve. L'ultima chiamata è tra 30 giorni. Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - «Vivendo altrove, il confronto fra l’Italia e altri paesi diventa impietoso. E illuminante». In un libro le storie degli italiani che fuggono all'estero- Prospettive per i giovani, in Italia si gioca solo in B e C. Per la serie A bisogna andare all'estero E anche:- Controesodo, istruzioni per l'uso: le FAQ utili ai giovani fuggiti all'estero che desiderano tornare in Italia approfittando della legge sugli incentivi fiscali- Al via Controesodo, lo scudo fiscale per il rientro dei talenti in Italia. La legge spiegata da uno degli ideatori  

Chi ha paura del contratto unico? Panoramica dei vantaggi della flexsecurity per i giovani italiani

Domenica sera il premier Monti ha raccontato agli italiani i contenuti della sua manovra. E i tanti che si aspettavano anticipazioni rispetto al mercato del lavoro sono rimasti delusi: il ministro Elsa Fornero ha parlato dei ritocchi al sistema previdenziale, ma tutte le decisioni rispetto al diritto del lavoro sono state posticipate a dopo la chiusura del decreto legge "Salva Italia". Quindi prima di Natale, come la stessa Fornero ha comunicato martedì alla commissione Lavoro del Senato, il Governo aprirà il confronto su «un progetto di riforma del diritto del lavoro per i nuovi rapporti di lavoro che si costituiranno da qui in avanti, che per semplicità possiamo indicare con il nome flexsecurity».Il grande nodo è quello del contratto unico. Con questa definizione si indica una nuova modalità contrattuale che andrebbe a sostituire la stragrande maggioranza dei contratti ora esistenti (resterebbero in vita solo il part-time, l’apprendistato, il lavoro stagionale, l’interinale e il tempo determinato per ragioni precise). Rimodellando il contratto a tempo indeterminato solo per i nuovi entranti.Il progetto, teorizzato da vari esperti sul modello di tipologie contrattuali simili già vigenti nella maggior parte dei Paesi occidentali, ha la sua forma più definita nella proposta di legge «codice del lavoro semplificato» già depositata dal giuslavorista e parlamentare Pietro Ichino, e supportata da 54 altri senatori del PD. Contro questo progetto c’è chi ha innalzato le barricate: non solo la Cgil ma una consistente parte di centrosinistra, a cominciare dal PD. E lo scontro che ha visto contrapposti Ichino e il responsabile economico dei democratici Stefano Fassina nelle scorse settimane, con tanto di lettere di sostegno, ne è la rappresentazione plastica.Ma chi ha paura del contratto unico, e perchè? La semplificazione è: perchè non protegge più dal licenziamento, permettendo al datore di lavoro di lasciare a casa i dipendenti per ragioni economiche e strutturali, anche derogando all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. I detrattori infatti fanno sempre il paragone tra le tutele assicurate dal futuro contratto unico e quelle dell’attuale tempo indeterminato. Eppure il contratto unico sarebbe incommensurabilmente vantaggioso per la stragrande maggioranza dei giovani italiani, che il contratto a tempo indeterminato non sanno nemmeno cosa sia. Ecco cosa prevede.Assunzione da subito a tempo indeterminato. Via tutti i sotterfugi, taglio netto alla precarizzazione dell’esistenza. In particolare, viene ridefinito il concetto di «lavoratore dipendente», intendendo con questa definizione chiunque lavori continuativamente per un solo committente traendone la maggior parte (oltre i 2/3) del proprio reddito, con un limite di 40mila euro annui. Il periodo di prova è fissato in 6 mesi standard. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: oggi meno del 10% dei giovani viene assunto con contratto stabile, quindi con questa riforma il 90% dei neoassunti godrebbe di un netto miglioramento.Stipendio dignitoso, allineato ai contratti nazionali di categoria o ai contratti aziendali, e comunque mai inferiore al salario minimo. Infatti il progetto di riforma prevede l’introduzione di una soglia minima (già presente nella maggior parte dei paesi occidentali, es. smic in Francia, minimum wage in UK) sotto alla quale nessun datore di lavoro possa scendere. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: niente più finti cocopro full time pagati poche centinaia di euro al mese.Diritti estesi a tutti. Col contratto unico anche i neoassunti hanno diritto alle ferie, alla malattia, alla maternità, al tfr. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: oggi quasi tutti i contratti con cui si impiegano i giovani – a cominciare dai cocopro – non prevedono affatto queste tutele. Il contratto unico comporterebbe pertanto dal punto di vista dei diritti un miglioramento di portata colossale.Contributi decenti per costruire una pensione decente. Tutti i lavoratori assunti con contratto unico avrebbero un’aliquota contributiva universale pari al 28%. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: oggi  per i parasubordinati l’aliquota non solo è più bassa ma è sopratutto per 1/3 a carico del lavoratore.Welfare in caso di licenziamento / 1, soldi come buonuscita. Il contratto unico non dà garanzia di illicenziabilità: quindi può capitare di essere licenziati. Come del resto capita oggi a tutti i giovani che non si vedono rinnovare i contratti precari, parasubordinati o a termine. La differenza è che il contratto unico dà molte garanzie. Innanzitutto una buonuscita (aggiuntiva rispetto al tfr) pari a una mensilità per ogni anno di anzianità (ma lo stesso Ichino ha sempre detto che questa cifra potrebbe anche essere migliorata). Vantaggi rispetto alla situazione attuale: a un precario a cui non viene rinnovato il contratto oggi spettano ZERO euro. Welfare in caso di licenziamento / 2, soldi come sussidio fino a 3 anni. Non è finita. In caso il dipendente venga licenziato, accede automaticamente al sistema di welfare nazionale. I vantaggi rispetto al presente sono evidenti, dato che allo stato attuale quasi nessun precario vi accede. Ma non solo. Lo Stato attualmente garantisce il sussidio di disoccupazione solo per 12 mesi e solo in una misura tra il 60 e l’80% dell’ultima retribuzione. Col contratto unico, se il lavoratore licenziato lavorava da oltre 2 anni presso un’azienda, gli viene garantito il 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno, l’80% per il secondo e il 70% per il terzo. Cioè il lavoratore è protetto per tre anni anziché uno. E a integrare il sussidio è l’azienda di tasca sua.Welfare in caso di licenziamento / 3, servizio di ricollocamento. Infine, sempre se il lavoratore era assunto da oltre 2 anni, l’azienda licenziante è tenuta ad assicurare non solo tutti i paracaduti economici di cui sopra, ma anche un servizio efficiente di ricollocamento. Sarà dunque l’azienda stessa a pagare professionisti che prenderanno in carico le persone rimaste senza lavoro e le sosterranno con corsi di formazione, incontro domanda-offerta, fino all’esito auspicato di assunzione presso un’altra realtà.Garanzia del divieto di licenziamento per discriminazione. Resta in vigore il divieto di licenziare per tutti i motivi discriminatori (legati al genere, all’orientamento religioso o politico, alle tendenze sessuali…).C’è ancora qualcuno che ha il coraggio di dire che questo progetto non sarebbe una rivoluzione copernicana in grado di illuminare la vita di milioni di giovani sottopagati, sottoinquadrati e condannati alla precarietà?Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Per rifare l'Italia bisogna partire dal lavoro e dalle retribuzioni dei giovani - Il neopresidente del consiglio Mario Monti in Senato: «Risolvere il problema dei giovani è il fine di questo governo»- Pietro Ichino: «Bisogna rompere i tabù e introdurre anche in Italia il salario minimo»E anche:- Elsa Fornero, ritratto del nuovo ministro del Lavoro: avanti con il contratto unico e il welfare per i precari- L'audizione alla commissione lavoro della camera del direttore della Repubblica degli Stagisti

Il regalo alle agenzie interinali nell'attivazione degli stage Les4 di Italia Lavoro

Un progetto per favorire l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro oppure un affare per le agenzie interinali? Attraverso il bando «Lavoro e Sviluppo 4», Italia Lavoro, società interamente partecipata dal ministero dell'Economia, gestisce 120 milioni di euro messi a disposizione dal ministero dello Sviluppo economico. Il meccanismo di questo progetto è semplice: da un lato ci sono le aziende, che ricevono degli incentivi per inserire nel loro organico dei tirocinanti. Incentivi che crescono se, terminato lo stage, si arriva ad un'assunzione, con importi diversi a seconda della tipologia di contratto offerta. Dall'altra ci sono persone in cerca di occupazione residenti nelle quattro regioni economicamente più depresse del Paese: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. In mezzo, però, c'è un intermediario:  le agenzie interinali. Ed è proprio questo il punto. Sì, perché, per partecipare a questo Les4, da non confondersi con l'omonimo bando lanciato da Promuovi Italia, gli aspiranti tirocinanti devono necessariamente passare per uno dei «servizi per il lavoro pubblici e privati presenti sul territorio nazionale», così come si legge sul bando pubblicato da Italia Lavoro nel 2009, anno di avvio del progetto, di durata triennale. Si tratta, in buona sostanza, dei centri per l'impiego, gestiti sul territorio dalle provincie, ma anche delle agenzie interinali private. Da questi soggetti non si può prescindere, non foss'altro perché la lista delle imprese interessate ad accogliere i tirocinanti è segreta e quindi per uno stagista non c'è modo di rivolgersi direttamente alle aziende. Ora, come vengono regolati i rapporti economici? Passi per i cpi che, in quanto pubblici, non hanno scopi di lucro, ma le agenzie interinali? Dove sta il loro guadagno? Per i candidati l'iscrizione alla banca dati del Les4 è gratuita. Allo stesso modo, Italia Lavoro non offre alcun tipo di contributo alle agenzie. Queste ultime, però, non sono enti benefici. E allora, chi paga? La Repubblica degli Stagisti ha ricevuto negli ultimi mesi diverse segnalazioni e richieste di chiarimenti dai suoi lettori: Ezio, ad esempio, ha segnalato le difficoltà nel riuscire a capire come iscriversi alla banca dati, cosa che lo ha portato a rinunciare a partecipare a Les4. Isa1004, invece, si è chiesta quale sia, effettivamente, il ruolo delle agenzie interinali all'interno di questo progetto. Certo, c'è anche chi, come slimer82, dice di aver iniziato un tirocinio dieci giorni dopo la sua candidatura. Di fronte alle perplessità dei lettori, già a marzo la Repubblica degli Stagisti aveva chiesto a Promuovi Italia e a Italia Lavoro di chiarire alcune questioni, tra cui quella del ruolo delle agenzie per il lavoro nei rispettivi Les4. La prima aveva fatto sapere di non servirsene, mentre la seconda non aveva fornito alcuna risposta in proposito. Repubblica degli Stagisti si è così mossa autonomamente ed è riuscita a ricostruire, parlando direttamente con gli operatori di alcune agenzie interinali, il meccanismo. In pratica, le agenzie stipulano un contratto a libero mercato con le aziende nelle quali viene inserito il tirocinante. Stando alle testimonianze raccolte, si parla di una somma di 200 euro per l'attivazione di ogni tirocinio, alla quale si aggiunge una percentuale sui 250 euro di incentivo che «Italia Lavoro» riconosce ogni mese alla società all'interno della quale si svolge lo stage. Ora, può darsi che non tutte le agenzie si muovano in questo modo, può darsi che le cifre cambino, ma, per come è strutturato il progetto, una parte degli incentivi rivolti alle aziende viene dirottata sulle agenzie interinali. Se si tiene conto che il bando mira ad attivare, nel triennio 2009-2012, 6mila stage, è facile immaginare come il Les4 di Italia Lavoro sia un progetto interessante. Non solo per inoccupati, disoccupati e aziende, ma anche per le agenzie interinali. Basta fare due conti: se per ognuno dei tirocini attivati venisse richiesto alle aziende un contributo di 200 euro, per le agenzie ci sarebbe un ricavo di 1 milione e 200mila euro. A questi bisogna aggiungere la percentuale del contributo mensile di 250 euro che Italia Lavoro riconosce alle imprese. Nell'ipotesi in cui la richiesta fosse del 10 per cento, per le agenzie ci sarebbero 600mila euro. Se invece si salisse al 50 per cento del contributo, allora ecco che il ricavo salirebbe a 3 milioni di euro. Insomma, un bel guadagno per le agenzie internali. Senza contare che «Lavoro e Sviluppo 4» non è l'unico progetto di «Italia Lavoro» a risultare interessante per questi soggetti. Nel novero rientra infatti anche «Re.La.R», bando da 4,5 milioni di euro destinato alla creazione di una rete di servizi destinata alla prevenzione del lavoro sommerso, sempre in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Il bando, la cui scadenza è stata prorogata al prossimo 30 novembre, si rivolge ai settori dell'agricoltura, del turismo e dell'edilizia ed è destinato per il 40 per cento a lavoratori comunitari, per il 60 a cittadini extracomunitari. Anche in questo caso, viene offerto un tirocinio, la cui durata massima è di due mesi. Diversamente da quanto succede per «LeS4», il bando «Re.La.R.» prevede esplicitamente un riconoscimento economico nei confronti dei cosiddetti enti promotori, ovvero quegli enti, pubblici o privati, che fanno da tramite con le aziende per l'attivazione degli stage. In questo caso, il contributo è di 200 euro per ogni mese di stage. La cifra massima erogata, a fronte di due mesi di tirocinio, è dunque di 400 euro. In questo caso, a pagare non sono le aziende, ma direttamente la società partecipata dal Ministero del Tesoro. A guadagnare, però, sono sempre le agenzie interinali.Riccardo SaporitiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Tirocini Les4 di Italia Lavoro, in Puglia nessuno sembra conoscerli. A parte l'agenzia Obiettivo Lavoro- Quel pasticciaccio brutto dei due Les4 omonimi: perchè Italia Lavoro non chiarisce la posizione delle agenzie interinali nell'attivazione dei suoi tirocini?E anche:- Lavoro e sviluppo 4, milioni di euro ma non si sa a chi: la lista delle aziende c'è ma non si vede. Ministero, e la trasparenza?- Tirocini Les4, la Repubblica degli Stagisti gira le domande dei suoi lettori agli organizzatori: ecco le risposte di Promuovi Italia

Tirocini Les4 di Italia Lavoro, in Puglia nessuno sembra conoscerli. A parte l'agenzia Obiettivo Lavoro

Nei panni di un aspirante stagista Les4. Giovane, laureato, residente in una delle regioni svantaggiate del sud, la Puglia: la Repubblica degli Stagisti ha sondato la rete pubblica e privata dei servizi per l'impiego nel capoluogo regionale e nelle province limitrofe alla ricerca di un ente che possa far partire l'attivazione di uno dei 6mila tirocini promossi e pagati da Italia Lavoro. Ed ecco i risultati. Si comincia dall'affollatissimo centro per l'impiego di Bari, nei pressi della sede del consiglio regionale della Puglia - dove per altro ha appena avuto luogo la protesta di una trentina di medici precari. Nell'ufficio tirocini del centro facce perplesse o annoiate, poi risposte vaghe o sbrigative. Ai tre impiegati - tutti piuttosto in là con gli anni - inizialmente  il nome del progetto sembra non dire molto; poi uno dei tre ha un'illuminazione: «Sì li abbiamo fatti, nel passato; si chiamavano in maniera diversa però. Les3... Aveva un numero diverso...». L'uomo sembra poco convinto. Il consiglio comunque è di provare a sentire direttamente Italia Lavoro, o un altro centro per l'impiego. La ricerca invece prosegue sul fronte del privato, decisamente più capillare di quello pubblico - magari va meglio. «Les che?»: la prima reazione dell'impiegata dell'agenzia Lavoro.doc toglierebbe subito qualsiasi speranza al giovane - o meno giovane, dato che non ci sono limiti di età - desideroso di partecipare al progetto. Dopo le spiegazioni del caso (da parte dell'aspirante stagista si intende) le cose non migliorano: «No no, noi non ci occupiamo di queste cose. Non abbiamo niente a che fare con Italia Lavoro. Bisogna vedere quali sono le agenzie convenzionate». Stupore: il bando prevede «il trasferimento di metodologie e tecnologie ad una rete operativa di attori pubblici e privati dei Servizi per il Lavoro»; che ad attivare i Les4, in sostanza, siano agenzie e centri per l'impiego. Qualsiasi agenzia o centro per l'impiego. Forse la filiale barese di Lavoro.doc è piccola, forse è stata sfortuna; la ricerca continua. Non va meglio però: una delle sedi locali di Adecco, quella che si occupa specificatamente di formazione e tirocini, non sa nemmeno di che si parla. Le due colleghe si consultano e arrivano alla conclusione che no, Adecco non attiva questo tipo di tirocini, ma volendo ci sono dei corsi di formazione per disoccupati ed ex somministrati: sui Les4, tabula rasa. E non sanno nemmeno se altre agenzie, o un centro per l'impiego, potrebbero essere d'aiuto. Ancora sfortuna? Eppure Adecco è una grossa agenzia; solo a Bari ha tre filiali, ciascuna specializzata in alcuni settori... Si cambia provincia e società. Una filiale Metis casca dalle nuvole: «Eh, nemmeno noi sappiamo cosa sono. Provi magari a chiedere a Italia Lavoro, magari hanno una lista di agenzie; noi non siamo stati informati di niente. O forse è un progetto che non è ancora entrato in vigore». Di male in peggio: il progetto è partito a fine 2009, con una durata prevista di tre anni - e scadenza a fine 2012 quindi. Altroché se è in vigore.L'aspirante lesquattrista non demorde, è il turno di Umana. La musica è più o meno la stessa, questa volta almeno l'impiegata sa cosa sono i Les4 ma ammette candidamente: «No, non ce ne occupiamo. Non ci è proprio arrivata comunicazione. Prova con un centro per l'impiego, o con altre agenzie. Può essere che solo alcune lo facciano; noi di sicuro no». E da chi sarebbe dovuta arrivare comunicazione? Proprio dal centro per l'impiego, è la risposta. Ultima tappa, stavolta telefonica, Obiettivo Lavoro. Questa volta va bene. Sì, chi fosse interessato a un tirocinio Les4 può rivolgersi a loro, dice la ragazza, inviando il curriculum per mail all'indirizzo generico della filiale; e poi deve aspettare di essere ricontattato. Però, aggiunge, «adesso è tutto bloccato; si ripartirà probabilmente a gennaio». Il perché del blocco non sa dirlo, ma pare che non sia dovuto alla riforma ferragostana. «Abbiamo esaurito la prima fase, adesso è tutto fermo. A breve ripartiamo. Saremo molto contenti di ricevere il suo curriculum». E io, aspirante stagista, sarei molto contento di non dover sudare sette camicie per trovare qualcuno che possa ricevere la mia candidatura. Alla domanda «Ma siete l'unica agenzia ad occuparvene?» si rimane sul vago: «Mah, noi ce ne occupiamo, non so le altre». Il problema poi non è solo trovare un'agenzia per l'impiego che sappia cosa sia il progetto Lavoro e sviluppo 4 e se ne occupi, ma capire anche come fare a candidarsi. Il bando è estremamente sintetico e per niente esaustivo, nulla viene detto sulle modalità per fare domanda, le informazioni in rete scarseggiano, chi dovrebbe sapere non sa. Obiettivo Lavoro ha chiesto semplicemente l'inoltro del cv; Lavorint, altra agenzia barese, sembra addirittura sorpresa che un ragazzo si faccia avanti per un Les4: «Scusi ma lei è un'azienda o è proprio interessata ad un tirocinio?». E si è disorientati in due, da entrambi i capi della cornetta. «Ma ha già un'azienda disponibile ad accoglierla, che rispetti tutti i requisiti?». L'ulteriore difficoltà di trovarsi da soli un'azienda non era proprio stata messa in conto. «Lei non può proporsi, è l'azienda che deve manifestare interesse». Ma le spiegazioni invece che chiarire confondono ulteriormente, e l'impiegata inizia a spazientirsi per le troppe domande. «Facciamo così, venga da noi con il curriculum e ne parliamo di persona». Incertezza, superficialità, noia, persino irritazione: un giovane in cerca di occupazione nella rete pubblica e privata dei servizi per l'impiego deve mettere in conto anche questo: di poter tornare a casa con un pugno di mosche.Annalisa Di PaloPer saperne di più, leggi anche:- Il regalo alle agenzie interinali nell'attivazione degli stage Les4 di Italia Lavoro- Quel pasticciaccio brutto dei due Les4 omonimi: perchè Italia Lavoro non chiarisce la posizione delle agenzie interinali nell'attivazione dei suoi tirocini?E anche:- Lavoro e sviluppo 4, milioni di euro ma non si sa a chi: la lista delle aziende c'è ma non si vede. Ministero, e la trasparenza?- Al via il Les 4 di Italia Lavoro: 120 milioni di euro per 6mila tirocini in Basilicata, Calabria, Puglia Sardegna e Sicilia  

Don Ciotti a Genova: «Usiamo i soldi e i beni confiscati alle mafie per recuperare i giovani senza lavoro»

L’ospite d’eccezione della fiera “ABCD + Orientamenti” organizzata la settimana scorsa a Genova dall’Agenzia Liguria Lavoro è stato don Luigi Ciotti. Il patron di Libera, associazione che federa decine di associazioni attive nella lotta alla mafia, sa come magnetizzare l’attenzione e ha un talento straordinario per catturare anche quella dei giovanissimi, di solito refrattari e sfuggenti. A Genova ha esordito, accanto all’assessore regionale al bilancio Sergio Rossetti e al presidente del Celivo Stefano Tabò,  parlando non di volontariato ma di calcio. E più precisamente della partita speciale che la nazionale ha giocato il 13 novembre a Rizziconi, in provincia di Reggio Calabria, su un terreno confiscato alla ‘ndrangheta, raccontando come il ct Cesare Prandelli abbia raccolto e fatto propria la proposta di Libera di promuovere una “Carta etica della Nazionale”: un codice di regole d’accesso ispirate ai principi di trasparenza, per «dare un segno che il pallone sta dalla parte della legalità». «Lo sport non è immune al fenomeno mafioso» ha ammonito «e di recente due società sportive sono state confiscate per infiltrazioni mafiose». Dunque segnali come quello lanciato dalla Nazionale sono positivi, «ma attenzione: per avere dei risultati concreti occorre continuità e impegno».E con continuità e impegno il prete in prima linea ha invitato i giovani a coltivare «i due doni più importanti della democrazia, la dignità e la giustizia», senza mai separarli dalla loro «spina dorsale: la responsabilità». La responsabilità è certo dello Stato prima di tutto: e infatti a una domanda sulla riforma della giustizia del governo Berlusconi don Ciotti ha risposto che «in Italia siamo di fronte al sequestro della giustizia, perché si vuole che i pm siano di fatto controllati dalla politica». Facendo riferimento alla Convenzione di Strasburgo sul reato di corruzione, firmata dall’Italia nel 1999 ma mai applicata,  ha commentato: «Al contrario in Italia la politica ha spolpato i reati di corruzione, depenalizzando il falso in bilancio e facilitando di fatto l’abuso di corruzione d’ufficio». In altre parole, i primi irresponsabili sono stati i politici che hanno affollato la nostra seconda Repubblica: «Le mafie si combattono a Roma». Eppure questo non deve servire ai singoli per lavarsene le mani: «Ogni cittadino deve contribuire in prima persona alla legalità, impegnarsi a creare dei percorsi di positività». La responsabilità «fa capo a tutti liberi cittadini, non solo allo Stato. Non esiste un io, esiste un noi».E Libera si occupa anche, in un certo senso, di  occupazione giovanile. Costituita nel 1995 su input  tra gli altri del magistrato Giancarlo Caselli, ha avuto fin dall’inizio della sua storia tre finalità: la vicinanza alle vittime della mafia, la “sfida educativa”, e poi la confisca dei beni mafiosi, già prevista nel 1982 da una legge per il quale Pio La Torre, parlamentare siciliano del Pci, venne ucciso dalla mafia. «I proventi delle mafie ammontano annualmente a 265 milioni di euro, che potrebbero essere impiegati nel recupero dei 2 milioni e mezzo di giovani senza lavoro» ha quantificato don Ciotti rispondendo a una domanda della Repubblica degli Stagisti: «Noi facciamo la nostra parte creando fermento: vogliamo liberare le persone e ridare loro dignità attraverso il lavoro dei campi, la produzione dell’olio, della pasta». E ha ribadito il concetto ricordando che Libera «con la sua rete produttiva e distributiva di cooperative sociali dà dignità al lavoro, dando in uso alle cooperative i beni confiscati alle mafie». Qualcuno potrebbe pensare che per i giovani liguri la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta siano concetti astratti, molto lontani – per fortuna – dalla loro vita e dalla quotidianità del lavoro e dello studio. È sicuramente vero; ma il seme delle parole di don Ciotti potrà germogliare, domani o tra un anno o tra dieci, e renderli adulti consapevoli dell’importanza di impegnarsi in prima persona per la legalità.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Leonzio Borea, direttore dell'Ufficio servizio civile nazionale: «Offriamo ai giovani un'esperienza preziosa, ma abbiamo sempre meno fondi»- Servizio civile, tempo di selezioni: al sud si sgomita, al nord posti vuoti. E anche il volontariato diventa un ammortizzatore socialeE anche: - Anche don Ciotti e la Repubblica degli Stagisti a Genova per il salone ABCD + Orientamenti

Campus Mentis, 9 milioni di euro dal ministero della Gioventù per investire sui talenti laureati: ma il gioco vale la candela?

Prendi i migliori laureati d'Italia, riuniscili per tre giorni da qualche parte - gratis - e invita una cinquantina di aziende in cerca di giovani talenti: è questa la ricetta di Campus Mentis, l'iniziativa di career guidance dell'ormai ex ministero della Gioventù che si propone di accompagnare i ragazzi dall'università al mondo del lavoro. Puntando sulla qualità da entrambe le parti: «la nostra regola» recita uno degli slogan «è l'eccezione». L'iniziativa, giunta alla terza edizione, è parte di Diritto al futuro, il pacchetto ministeriale di misure anti-precarietà per le nuove generazioni, e si svolge in collaborazione con il centro di ricerca ImpreSapiens, che dall'interno della Sapienza di Roma studia il mercato occupazionale e lavora per invigorire il legame tra università e lavoro. Insieme questi due soggetti per il triennio 2011-13 hanno stanziato 11,5 milioni di euro (9 vengono dal ministero retto fino a pochi giorni fa da Giorgia Meloni), mirando a coinvolgere un totale di 20mila laureati specialistici - oltre 6500 all'anno: quasi il 10% di quanti ottengono questo titolo.Coctail interview, cv guidance, assessment, role play, case study: le sfide che sembrano attendere i superlaureati sono molte. Ma, in sostanza, cosa si "vince"? La possibilità di venire a contatto di persona e in poco tempo con un alto numero di aziende riunite nello stesso luogo, passando da un colloquio, ad una presentazione aziendale, ad un seminario. Niente di diverso da un normale career day, ma prolungato per tre giorni e arricchito, dopo le 18, da momenti ricreativi di sport e spettacolo (la prima edizione del progetto prevedeva addirittura un minicorso di guida sicura). Il tutto a spese del ministero - fatta eccezione per il viaggio, che rimane a carico dei laureati. Le aziende invece, fanno sapere gli organizzatori, pagano di tasca loro la partecipazione al campus (viaggio e pasto il più delle volte), guadagnandoci semmai in qualità delle potenziali assunzioni e in visibilità. Non solo, in realtà. Perché ogni assunzione tramite Campus Mentis dà diritto a un gettone da parte del ministero della Gioventù: per l'azienda, un doppio guadagno quindi.Le selezioni per questa edizione sono aperte e lo rimarranno fino a maggio 2012, quando è previsto l'ultimo dei cinque campus attivati per il 2011. I criteri di scelta si basano ovviamente sul merito: si può candidare chi ha meno di 29 anni e ha concluso il secondo livello di studi universitari con una votazione di almeno 100/110; e bisogna sapere l'inglese. Però - si precisa nelle Faq - anche le candidature che non rispettano questi requisiti vengono accolte, confluendo in una sorta di lista di riserva. I curricula caricati online sono passati al vaglio dal personale Cegos, famosa società di reclutamento e formazione, che opera una primissima scrematura. Il secondo e ultimo passo è un breve test online diviso in due parti, una psicoattitudinale e una di conoscenza linguistica. Da cui la lista finale dei partecipanti. Il progetto, inaugurato nel 2009 con il nome di Global Village Campus, è cresciuto velocemente. Il primo anno è subito boom di domande: il Cegos ne registra addirittura 94mila, di cui però solo un migliaio provengono dal sito del campus, mentre il resto affluisce dal network della società di reclutamento. Le candidature giudicate idonee sono 2.400, da cui poi vengono attinti i 600 nominativi finali. E per un'intera settimana, 120 alla volta, i ragazzi si alternano nell'unica sede attiva, il polo universitario di Pomezia. Nel 2010 si replica in grande: più del doppio dei posti a disposizione (1.500), il triplo delle aziende partecipanti (da 50 a 150) e alla struttura di Pomezia si aggiungono quelle di Abano Terme e Catania. Fino ad arrivare alle attuali cinque. E nel corso del triennio 2011/13 si punta ad arrivare a 15 campus e a 20mila partecipanti [sotto, la cerimonia di premiazione dei migliori talenti - tre assunti e una ventina di vincitori di concorsi premio indetti dalle aziende -  che si è svolta a Palazzo Chigi l'8 aprile di quest'anno].   Grande dispiego di mezzi, insomma. Soprattutto se si considera che le strutture scelte non sono propriamente "alla mano". Il turno milanese che il 24 ottobre ha aperto Campus Mentis 2011 si è svolto in una prestigiosa struttura alberghiera in zona Fiera: circa 150 euro di pernotto a persona, pasti esclusi. Approssimando, fanno più di 100mila euro solo di stanze - tre mini turni da tre giorni, con fino a 150 partecipanti l'uno. Adesso è la volta di Abano Terme, in programma dal 21 novembre al 2 dicembre (600 partecipanti), poi a febbraio 2012 ci sarà Sorrento, ad aprile Pomezia e a maggio Alghero (complessivamente un altro migliaio di laureati). Fatta eccezione per il centro "incubatore" di Pomezia, tutte mete dal sapore vagamente vacanziero.È lecito chiedersi se il gioco valga la candela. Stando ai monitoraggi ufficiali dei mesi successivi, sì: dopo la prima edizione il 75% dei partecipanti ha trovato lavoro entro l'anno, dichiarano ministero e Impresapiens. Se proprio tramite Campus Mentis o no, però, non è dato saperlo - secondo logica si dovrebbe dare per scontato di sì; senza contare comunque che un anno è un arco temporale abbastanza ampio da giustificare una percentuale così alta. E che lavori trovano? Non ci sono dati a riguardo, ma un fatto è certo: la parola più gettonata nelle tregiorni di campus è «stage». E non sempre retribuito. Per iniziare, chiaro. Spuntano poi mansioni non esattamente di alto profilo - hostess ferroviarie di bordo e di terra ad esempio - e l'offerta è appiattita sul settore commerciale (malgrado a fare domanda siano soprattutto laureati in discipline umanistiche, per quasi due terzi donne). E, ancora prima, incontrare vis-à-vis un reclutatore può essere un'impresa. Almeno un centinaio di ragazzi per una quindicina di aziende al giorno (ma alcune non si presentano) e poche ore a disposizione: bene che vada, si possono fare tre o quattro colloqui al giorno; alcuni dei quali si concludono con un «carichi comunque il cv online».Insomma, le intenzioni sono buone; ma forse quei 9 milioni di euro del ministero sarebbe stato meglio spenderli in qualche altro modo, piuttosto che in un maxi career day che poco aggiunge a quelli di taglia regolare, e che a tratti sa invece di mini vacanza.Annalisa Di PaloPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Campus Mentis: ecco il backstage della tappa di Milano del maxi career day sponsorizzato dal ministero della Gioventù- Il ministro Giorgia Meloni: «Per investire sui giovani è necessario un cambio di mentalità»- Fondo Mecenati, 40 milioni di euro per la valorizzazione dei giovani talenti- Intervista al ministro Giorgia Meloni: «Più controlli per punire chi fa un uso distorto dello stage. Ma i giovani devono fare la loro parte e denunciare le irregolarità»E anche: - I laureati italiani fotografati da Almalaurea: sempre più disoccupati e meno retribuiti- Il deputato Aldo Di Biagio spiega la sua interrogazione: «Bisogna difendere chi ha lauree "deboli" dalla discriminazione nelle selezioni»

Elsa Fornero, ritratto del nuovo ministro del Lavoro: avanti con il contratto unico e il welfare per i precari

Governo nuovo, ministri nuovi. Tra le tre donne del team Monti c'è Elsa Fornero, 63 anni, docente di economia presso l'università di Torino ed editorialista del Sole 24 Ore, esperta di pensioni e tematiche del lavoro. A lei è stato assegnato uno dei ministeri chiave della nuova compagine governativa: quello del Lavoro, per l'appunto, cui si è aggiunta anche una delega alle pari opportunità.Fornero è torinese, energica, donna di grande rigore che si è già dimostrata capace di sostenere con forza le proprie idee. Senza paura di pestare i piedi alla Lega o di incalzare il governo su temi scomodi come quello della riforma delle pensioni. Il neo ministro arriva all'incarico dopo una lunga serie di esperienze in campo accademico e istituzionale: ha fondato il Cerp, Centro per la ricerca sulle pensioni e le politiche di welfare, primo ente in Italia e tra i primi in Europa con un focus specifico sull'economia dell'invecchiamento; ha fatto parte della commissione ministeriale di esperti indipendenti per la verifica del sistema previdenziale; è stata membro della task force sulla portabilità pensionistica, costituita presso il Centre for economic politicy studies (Ceps) di Bruxelles. Ma è stata anche consigliere indipendente in Buzzi Unicem e, sino alla nomina, vice presidente nel Consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo.Il lungo curriculum del ministro non chiarisce da solo quali siano le sue posizioni sui temi più cari ai lettori della Repubblica degli Stagisti: precariato, pensioni, politiche occupazionali per i più giovani. Per quanto riguarda le tematiche previdenziali, le sue posizioni di lunga data sono state rilanciate con forza dai media in occasione della sua recente nomina. La Fornero ha da sempre sostenuto l'esigenza di estendere il calcolo contributivo delle pensioni a tutti i contribuenti, anche a chi era stato escluso dalle vecchie riforme. Ma si è anche espressa più volte pubblicamente in favore di un passaggio dal precariato alla flessibilità. Anzi, alla «flessicurezza». Nella newsletter dell'Associazione Nuovi Lavori dello scorso 27 aprile il neo ministro scrive: «La flessibilità, così come è stata introdotta, avrebbe funzionato (o almeno avrebbe funzionato meglio) se soltanto l’economia fosse cresciuta di più e quindi se ci fosse stata, da un lato, una maggiore domanda di lavoro, e più proiettata sul medio lungo termine; dall’altro, un maggiore base contributiva e un più alto tasso di remunerazione dei contributi in vista del futuro pagamento delle pensioni. In termini un po’ approssimativi: ogni punto percentuale in più di crescita del prodotto lordo italiano avrebbe consentito la creazione di 200-250mila posti di lavoro, portato circa sette miliardi in più nelle casse pubbliche e migliorato il “libretto pensionistico” dei giovani soggetti alle pensioni contributive». L'errore di fondo dei governi passati, aggiunge Fornero, è questo: «Le politiche italiane per la flessibilità del mercato del lavoro e per la sostenibilità del sistema previdenziale non hanno considerato la crescita come un risultato da raggiungere, ma piuttosto come un presupposto».Come passare dalla precarietà alla flessibilità? Il ministro appoggia l'idea di un contratto unico di lavoro, di cui la Repubblica degli Stagisti si è spesso occupata: «La “flessibilità buona” si può quindi individuare precisamente nella riduzione/eliminazione della convenienza a comportamenti, sia delle persone, sia delle imprese, che tendono a trasformare la flessibilità in precarietà. Una via percorribile e più efficace potrebbe essere quella del contratto unico di lavoro, una proposta - avanzata da Tito Boeri e Pietro Garibaldi su La Voce e successivamente fatta propria da un folto gruppo di parlamentari - in grado di conciliare la flessibilità in ingresso richiesta dalle imprese con l’aspirazione alla stabilità rivendicata dai lavoratori». Il contratto, spiega Fornero, potrebbe essere modellato «in modo da adattarsi maggiormente sia alle diverse esigenze del ciclo di vita delle persone - con un periodo iniziale di formazione anche sul posto di lavoro, minore risparmio previdenziale e quindi aliquote contributive inizialmente più basse - sia alle esigenze delle imprese, con una retribuzione e condizioni di impiego commisurate alla produttività». Il punto critico del contratto unico rimane «la licenziabilità dei lavoratori che dovrebbe diventare progressivamente più difficile mano a mano che il lavoratore acquisisce esperienza e diventa più produttivo».E ancora, in un'intervista di gennaio sul Corriere Economia, quando la situazione per l'Italia e l'Europa non era ancora così nera, Fornero dichiarava: «Il mercato ha incoraggiato il lavoro flessibile, trasformandolo in lavoro precario, mentre il welfare lo ignora. Bisogna invece riconoscere che il dipendente precario è a tutti gli effetti un lavoratore e che nelle condizioni di crisi economica in cui viviamo è più difficile trasformare un rapporto a tempo determinato in uno indeterminato. Occorre pensare a un reddito minimo e a una rete di sicurezza che oggi manca e induce molti giovani a dipendere da un genitore che magari non è ricco o da una nonna che fa risparmi su una pensione molto modesta. Non si può accettare un welfare solo per chi lavora a tempo indeterminato; vuol dire chiudere gli occhi sul fatto che molta parte del lavoro dei giovani e delle donne non ha queste caratteristiche».Elsa Fornero, insomma, si presenta come un ministro con le idee chiare in tema di giovani e precariato, e tutte le carte in regola per prendere decisioni rapide ed efficienti. La sua determinazione politica verrà messa alla prova nei prossimi mesi: lo stesso presidente del Consiglio Monti, nel presentare la squadra di governo, ha sottolineato la necessità di rivedere le pensioni e di prestare maggiore attenzione a giovani e donne, prospettando anche il progetto di adottare effettivamente il contratto unico. Saranno quindi i precari italiani i primi a verificare se il welfare prospettato dal nuovo ministro sia destinato a concretizzarsi o a restare un bel progetto sulla carta di vecchi giornali.di Andrea CuriatPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Il neopresidente del consiglio Mario Monti in Senato: «Risolvere il problema dei giovani è il fine di questo governo»- In Italia si guadagna troppo poco: per rendere dignitose le retribuzioni dei giovani bisogna passare dal «minimo sindacale» al «salario minimo»- Pietro Ichino: bisogna rompere i tabù e introdurre anche in Italia il salario minimo- L'audizione di Eleonora Voltolina alla commissione lavoro della Camera