Il congedo di paternità non è più sperimentale: anche in Italia diventa strutturale
Dieci anni fa – era il 2012 – veniva introdotto in Italia con la legge Fornero il primo congedo di paternità obbligatorio e retribuito, vale a dire la possibilità per i padri di astenersi dal lavoro per un – brevissimo – periodo conservando il diritto allo stipendio in concomitanza con l'arrivo di un figlio. Un solo giorno, cresciuto poi negli anni fino a arrivare, con la legge di Bilancio del 2020, a dieci giorni. Quest'anno, con la nuova Finanziaria, è stato fatto un passo più: il congedo è finalmente diventato strutturale, vale a dire che è entrato «a far parte del nostro ordinamento in modo permanente» spiega alla Repubblica degli Stagisti Simone Cagliano, consulente del Lavoro della Fondazione studi consulenti del lavoro [nella foto a destra]. Il risultato è che «i congedi non sono più sperimentali», e d'ora in poi «i padri lavoratori dipendenti potranno fruirne in caso di nascita, adozione, affidamento o collocamento temporaneo di minori» senza timore che l'ennesima legge del caso intervenga con qualche modifica. C'è poi un'importante novità: un decreto legislativo appena entrato in vigore – lo scorso 13 agosto – ha finalmente allargato la platea dei beneficiari del congedo di paternità anche ai dipendenti statali, finora incredibilmente esclusi dal diritto –che era riservato ai soli lavoratori del comparto privato. Spetteranno dunque d'ora in poi a tutti i neopapà lavoratori dipendenti «dieci giorni di assenza dal lavoro, che possono essere goduti anche in via non continuativa» precisa Cagliano, «e per i quali viene corrisposta un'indennità giornaliera a carico dell'Inps pari al cento per cento della retribuzione». Il decreto introduce un nuovo trattamento anche per i congedi parentali, sia per gli autonomi che per i dipendenti. Per gli autonomi non era mai stato istituito un congedo parentale, e sulle modalità di fruizione occorrerà attendere la relativa regolamentazione. Per ora si sa ciò che ha precisato l'Inps con il messaggio 2066 del 4 agosto 2022 spiegando i contenuti del decreto, e cioè che i neo-genitori «avranno diritto a tre mesi di congedo parentale per ciascuno, da fruire entro l’anno di vita del minore». Ma non si conoscono ancora i dettagli. Rispetto alla "classica" tipologia di congedo, ovvero il congedo parentale già esistente retribuito al 30 per cento destinato a tutti i lavoratori dipendenti, anche per questa tipologia il decreto 105 del 30 giugno 2022 introduce alcune novità. Tra queste la possibilità per entrambi i genitori di astenersi dal lavoro «per un periodo massimo complessivo di nove mesi (e non più sei)», si legge sempre nel messaggio Inps, fino al compimento del dodicesimo anno del bambino. I genitori potranno così chiedere tre mensilità ciascuno, più ulteriori tre mesi in alternativa tra loro. Tornando invece al congedo di paternità va specificato che, pur indicato con il termine "obbligatorio", di fatto resta una decisione del lavoratore: «Non sono previste sanzioni per il caso in cui non se ne usufruisca» commenta Cagliano. Di conseguenza il papà potrà scegliere se restare a casa a accudire il nuovo arrivato oppure continuare a lavorare. I dati sembrano confermare la scarsa propensione al coinvolgimento dei papà nella nascita dei figli al pari di quello materno. Secondo l'Inps le richieste di congedo obbligatorio sono passate infatti solo da 135 a 155mila dal 2019 al 2020 (poco più della metà dei neopadri). La strada è insomma ancora lunga. Il confronto con l'Europa posiziona l'Italia come fanalino di coda. In Spagna, dal 2021, il congedo obbligatorio per i neopapà è diventato di quattro mesi, dopo la tappa delle otto settimane del 2019 e delle dodici del 2020. In Francia i giorni usufruibili sono 25, in Svezia 480 ma cumulativi e usufruibili fino al compimento dei nove anni del bambino (e di questi 90 sono riservati al padre e altrettanti alla madre). «L’Italia incoraggia poco la fruizione dei permessi da parte dei padri» ragiona Cagliano: «Aver reso strutturale il congedo di paternità obbligatorio rappresenta una prima misura che dovrà essere accompagnata da altre previsioni normative nei prossimi anni». L’obiettivo «è quello di implementare la tutela della genitorialità e il work-life balance dei lavoratori dipendenti e autonomi, al fine di equilibrare i carichi lavorativi e le opportunità lavorative tra uomini e donne». A chiederlo è del resto l'Europa per cui si dovrà arrivare, riferisce il consulente, «a stabilire un periodo minimo, non inferiore a due mesi, di congedo parentale non cedibile all'altro genitore e per ciascun figlio», magari «prevedendo forme di premialità nel caso in cui tali congedi siano distribuiti equamente fra entrambi i genitori». L'Italia si sta muovendo in corrispondenza ai dettami europei ma «le tempistiche per arrivare alle misure concrete sono lunghe». Il congedo obbligatorio non è infine da confondere con il congedo facoltativo di un giorno, sempre retribuito al 100 per cento. Quello obbligatorio «si configura come un diritto autonomo e pertanto aggiuntivo a quello della madre, e spetta comunque indipendentemente dal diritto della madre al proprio congedo di maternità». Il papà che dopo la nascita del bebé resta a casa per accudire il bambino non sottrae infatti i giorni che spettano alla mamma, a differenza del congedo facoltativo. Quest'ultimo «è invece condizionato dalla scelta della madre lavoratrice di non fruire di un giorno di congedo di maternità. Il giorno del padre anticipa quindi il termine finale del congedo di maternità della madre» prosegue Cagliano. Per entrambe le categorie però il termine ultimo per poterne usufruire sono i cinque mesi del bambino, dalla nascita o dall'entrata in famiglia in caso di adozione. Ilaria Mariotti