Categoria: Approfondimenti

Lavoro e sviluppo 4, milioni di euro ma non si sa a chi: la lista delle aziende c'è ma non si vede. Ministero, e la trasparenza?

Les 4, la lista c’è ma non si vede. Quali e quante sono, esattamente, le aziende che percepiscono finanziamenti pubblici nell’ambito del progetto Lavoro e Sviluppo 4? Non è dato saperlo. La Repubblica degli Stagisti aveva sollevato la questione lo scorso ottobre con l'articolo «Stage, maxi-finanziamento europeo da 60 milioni per disoccupati di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Ma tra i criteri di selezione non c'è l'età» e in novembre con «Al via il Les 4 di Italia Lavoro: 120 milioni di euro per 6mila tirocini in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia» e «Sei milioni di euro per le aziende che ospitano stagisti lucani, campani, calabresi, pugliesi, sardi e siciliani». Ma il ministero dello Sviluppo economico ha scelto di non diffondere l’elenco perché, fa sapere alla Repubblica degli Stagisti, «le procedure semplificate dell’Unione Europea nell’ambito delle quali vengono concessi i finanziamenti non lo prevedono». In realtà l'Ue – da cui appunto proviene la maggior parte dei fondi – non vieta affatto di rendere pubblica questa lista; semplicemente, non lo impone in maniera esplicita. La questione della trasparenza resta quindi aperta. Le aziende finanziate dal progetto Les 4 di Italia Lavoro, situate nelle regioni Calabria, Campania, Sicilia e Puglia (Basilicata e Sardegna sono in attesa del via libera del ministero dello Sviluppo economico), otterranno complessivamente circa 6 milioni di euro provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) come rimborso forfettario per i tutor che metteranno a disposizione degli stagisti che ospiteranno nell'ambito di questo progetto, tra la fine del 2009 e la fine del 2012. Le società riceveranno un ulteriore bonus una tantum di 5mila euro in caso di assunzione a tempo pieno indeterminato di un tirocinante, di 4mila euro circa per inserimenti part-time a tempo indeterminato, e di 3.500 euro per contratti di apprendistato.Il costo complessivo dei programmi Lavoro e Sviluppo 4 di Italia Lavoro e di Promuovi Italia ammonta a 180 milioni di euro (rispettivamente 120 milioni e 60 milioni). E se buona parte dei fondi saranno destinati ai rimborsi spese dei tirocinanti, è pur vero che le aziende coinvolte ne beneficeranno in maniera indiretta tramite l’inserimento di stagisti senza alcun costo.Legittimo, quindi, chiedersi a chi andranno in concreto questi soldi e/o benefici diretti. Il ministero dello Sviluppo economico [nell'immagine a sinistra l'homepage del sito] oppone alla necessità di trasparenza questioni di carattere organizzativo: «Se rendessimo noto l’elenco delle aziende che aderiscono al progetto Les 4», affermano dal ministero, «molti giovani si rivolgerebbero direttamente alle imprese per ottenere un tirocinio. Il programma ne risentirebbe, perché in gran parte parliamo di piccole o medie aziende che non hanno le strutture adeguate per avviare direttamente la selezione degli stagisti. Questo compito spetta a Italia Lavoro e Promuovi Italia, i due enti strumentali cui le imprese stesse comunicano i fabbisogni formativi sia in termini di numero di tirocini che di esigenze di figure professionali necessarie».Sin dall’avvio dei rispettivi programmi, nell'ottobre dell'anno scorso, i responsabili di Italia Lavoro e Promuovi Italia avevano chiarito alla Repubblica degli Stagisti che la richiesta di pubblicare la lista andava inoltrata non a loro, bensì direttamente al ministero. A distanza di otto mesi Antonino Bussandri, responsabile del servizio di sviluppo del mercato del lavoro per Promuovi Italia, ribadisce: «La lista è proprietà del ministero, serve la loro autorizzazione per pubblicarla. Temo comunque che, se si rendesse noto l’elenco, in molti casi si formerebbe una fila di questuanti davanti alle singole aziende, con gli aspiranti lavoratori pronti a fare reiterati tentativi per ottenere il tirocinio. Tutto questo lo abbiamo spiegato anche via Facebook agli utenti che ce lo chiedevano, e sembra che i ragazzi abbiano capito».Esiste comunque un elenco delle aziende in graduatoria per i finanziamenti della legge 488 del 1992, che rappresentano il bacino complessivo delle 8mila società che possono fare richiesta per accedere al Les 4. La graduatoria è pubblica e può essere consultata, ma con un'avvertenza: solo alcune tra le aziende presenti hanno fatto richiesta per avere dei tirocinanti. I cittadini dovrebbero sempre avere il diritto di sapere a chi vengono devoluti i soldi pubblici, siano essi privati cittadini, enti, associazioni o imprese private; in questo caso purtroppo la trasparenza è ancora lontana.Andrea CuriatPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Stage, maxi-finanziamento europeo da 60 milioni per disoccupati di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Ma tra i criteri di selezione non c'è l'età;- Al via il Les 4 di Italia Lavoro: 120 milioni di euro per 6mila tirocini in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia;- Progetto "Les 4" di Promuovi Italia: il rovescio della medaglia

Giovani e disoccupazione, binomio sempre più stretto: l'Istat traccia un quadro cupo per le nuove generazioni in cerca di lavoro

In Italia è sempre più difficile il rapporto tra giovani e lavoro: lo dimostrano gli ultimi dati forniti dall’Istat, da cui emerge che è la fascia tra i 15 e i 34 anni quella maggiormente colpita dalla piaga della disoccupazione.Secondo l’Istituto di statistica, nel mese di aprile di quest’anno la disoccupazione è cresciuta di un punto rispetto a marzo, raggiungendo la percentuale record dell’8,9: per trovare un dato peggiore bisogna tornare indietro fino al quarto trimestre del 2001.L’aspetto che preoccupa maggiormente è, però, quello che riguarda i giovani, i quali sembrano pagare, dal punto di vista lavorativo, il prezzo più alto della crisi. I dati registrati ad aprile sono tutt’altro che confortanti: nel quarto mese del 2010 la disoccupazione giovanile è aumentata di 1,4 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,5 punti percentuali rispetto allo stesso mese del 2009, raggiungendo il 29,5%. Dato che, tradotto in parole più semplici, rivela che quasi un ragazzo su tre non ha un lavoro. La situazione non migliora di molto se si varcano i confini nazionali: il mese di aprile, infatti, ha visto una crescita del tasso di disoccupazione giovanile (nella fascia di età fino ai 25 anni) anche nell’Eurozona (20%) e nella UE (20,6%), dati in crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando si attestavano rispettivamente al 19,3% e al 19,2%.  Tornando in Italia, altri spunti di riflessione sulla situazione occupazionale dei giovani sono offerti dai risultati contenuti nella settima edizione dell’Osservatorio sull’occupazione italiana nella piccola impresa veneta, realizzato dalla Fondazione Leone Moressa. Da esso emerge un quadro a tinte fosche per i veneti al di sotto dei 34 anni: anche nel ricco nord-est, infatti, mentre diminuisce la possibilità di trovare un’occupazione stabile, aumenta il rischio di perdere il lavoro. Tra tutti i disoccupati della regione, oltre la metà è rappresentata da giovani: e tra essi il 38,8% ha perso il lavoro nell’ultimo anno a causa della crisi. Un dato che fissa il tasso di disoccupazione giovanile al 7,6% contro il 3,4% della popolazione adulta.Ma nello studio della Fondazione Moressa c'è anche una notizia positiva: la maggior parte dei giovani veneti occupati (il 70,1% degli uomini e il 68,2% della donne) ha un contratto a tempo indeterminato. Il 22,4% (il 31,8% delle donne), invece, deve lottare con lo spauracchio del precariato, che molto spesso è l’anticamera della disoccupazione: è quanto accade al 32,1% dei giovani veneti disoccupati, dato che arriva al 34,3% se si parla delle donne. L’ostacolo più difficile da superare è quello dei dipendenti a termine o dei collaboratori: ottenere un contratto stabile è un sogno che diventa realtà soltanto per il 14% dei primi e il 7,9% dei secondi (dati riferiti al 2009). Una simile condizione occupazionale incide direttamente anche sulle scelte di vita dei giovani: il precariato o l’assenza di lavoro rende impossibile la strada dell’indipendenza dalla famiglia d’origine e costringe molti a vivere ancora con mamma e papà; scelta, però, condivisa anche da chi lavora (il 53,9% degli uomini e il 40,7% delle donne), anche a causa di uno stipendio che in media è più basso di circa 200 euro rispetto agli adulti (differenza che aumenta ulteriormente per le donne).Puntare sulla formazione: è questa la ricetta proposta dal ministro del lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi [nella foto] per arginare il problema della disoccupazione: «Soprattutto per i giovani, ma anche per gli adulti da ricollocare, la buona formazione rivolta ai mestieri richiesti rappresenta l’unica politica per l’occupabilità» ha detto il ministro, che ha anche sottolineato l’importanza dell’incontro fissato per domani, mercoledì 16 giugno, con le regioni e le parti sociali per adeguare le politiche attive, soprattutto in merito alla formazione.Enza CivalePer saperne di più, leggi anche:- Un esercito immobile: l'editoriale di Alessandro Rosina su giovani disoccupati e precariE anche:- Identikit degli stagisti italiani, ecco i risultati: troppo spesso i tirocini disattendono le aspettative- La carica dei centomila studenti stagisti: i nuovi dati di Almalaurea sui tirocini svolti durante l'università

Articoli pagati 2,50 euro e collaborazioni mai retribuite. Ecco i dati della vergogna che emergono da una ricerca dell'Ordine dei giornalisti

L’informazione ha un costo. In tempi di crisi, però, questo dettaglio sembra passare in secondo piano: almeno stando alla ricerca “Smascheriamo gli editori”, presentata qualche giorno fa dall’Ordine nazionale dei giornalisti [nell'immagine a destra, un momento della presentazione]. Lo studio analizza le retribuzioni dei freelance, ossia i collaboratori, di una cinquantina di testate nazionali e locali, esaminando i dati che loro stessi hanno fornito all'Ordine. Il quadro è allarmante: articoli pagati meno di  3 euro, compensi percepiti dopo anni - o mai. La condanna non risparmia nessun settore: dalla carta stampata ai giornali online, dalla radio alla tv. A partire dai quotidiani più importanti, che pure annualmente ricevono cospicui contributi dallo Stato: per esempio Repubblica, che riceve 16 milioni di euro di soldi pubblici,  paga un pezzo di 5-6mila battute soltanto 30 euro lordi (nel 2009 il compenso era di 50 euro); il Messaggero arriva a un massimo di 27 euro  per gli articoli più lunghi, a fronte di un finanziamento statale di circa 1 milione e mezzo di euro. Nella “lista nera” c’è anche il Gazzettino, diffusissimo nel nord-est, con una tiratura di circa 100mila copie: i compensi sono di 4 euro per un pezzo che non supera le mille battute, 9,50 euro fino a duemila, 15 euro fino a tremila e 19 euro se si va oltre. L’abolizione dei tariffari minimi non ha migliorato le cose: l’ultimo, approvato nel 2007, suddivideva le testate in sette categorie. In tutti gli esempi descritti poco sopra le soglie minime stabilite sono tutt’altro che rispettate: a volte  le retribuzioni erogate ai collaboratori sono inferiori perfino ai minimi della fascia più bassa. I «dati delle vergogna», come li ha definiti il segretario nazionale dell’Ordine Enzo Iacopino [nella foto a sinistra], non riguardano solo le testate principali. Fra tutte i giornali online: 4-5 euro lordi è il compenso mediamente percepito dalla maggioranza dei giornalisti che lavorano per  testate web. Da segnalare anche gran parte dei giornali locali: il caso più eclatante è quello della Voce di Romagna, con i suoi 2,50 euro lordi ad articolo, nonostante un finanziamento statale di oltre 2 milioni e mezzo di euro.Esistono, tuttavia, anche esempi positivi: Il Foglio paga i suoi collaboratori 180 euro lordi ogni 4200 battute; il Sole 24 Ore dai 60 agli 80 euro per un pezzo di circa 5mila battute; Il Riformista 50 euro per 5500 battute.Al di là di questi casi particolari, come frenare questo sfruttamento sempre più frequente? Il ministro della gioventù Giorgia Meloni (lei stessa giornalista professionista dal 2006) ha lanciato l’idea di un “bollino blu” , una menzione di merito per le testate che hanno un comportamento virtuoso con i propri freelance. Silvano Moffa, a sua volta giornalista e presidente della commissione lavoro della Camera dei deputati, ha annunciato una proposta di legge che leghi i contributi pubblici all’editoria all’obbligo di una retribuzione equa e di garanzie minime per i collaboratori. Intanto i dati dell’indagine sono stati trasmessi alle procure della Repubblica per verificare la presenza di eventuali ipotesi di reato nelle situazioni descritte. La speranza è che alla denuncia seguano azioni concrete per cominciare a ricompensare equamente il lavoro di tanti professionisti.Chiara Del PriorePer saperne di più su questo argomento, leggi anche gli articoli- Collaboratori pagati «a pezzo», qual è il prezzo giusto? Ecco cosa suggerisce il Tariffario con i compensi minimi per le prestazioni giornalistiche- Giornalisti freelance, sì alla reintroduzione del Tariffario: ma i compensi minimi devono essere più realistici. E vanno fatti rispettare con controlli e sanzioni E anche:- Praticantato d'ufficio, il calvario di A., giornalista freelance, per diventare professionista- La testimonianza di Carlo: "Sono diventato giornalista scrivedo gratis. Ma almeno le ritenute d'acconto me le hanno pagate"- La testimonianza di Franca: "Dopo una serie di stage logoranti la scelta di pagarmi da sola i contributi da pubblicista"

Collaboratori pagati «a pezzo», qual è il prezzo giusto? Ecco cosa suggerisce il Tariffario con i compensi minimi per le prestazioni giornalistiche

Risale al dicembre 2006 l'ultimo tariffario con i «compensi minimi per le prestazioni professionali giornalistiche nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie, nelle emittenti radiotelevisive e negli uffici stampa». Lo emise il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti in una riunione a ridosso delle festività natalizie: non si trattava già allora di un documento vincolante, non dal punto di vista legale quantomeno, e in più venne poi deciso di non rinnovarlo (motivo per il quale il Tariffario 2007 è tuttora quello più recente).Però è interessante vederne i contenuti, e soprattutto confrontarli con la situazione reale. Due premesse. La prima: quando si parla di «prestazioni giornalistiche» si intende il lavoro di giornalisti iscritti all'albo (nell'elenco professionisti o in quello pubblicisti) che collaborano con una testata senza essere assunti, e vengono quindi come si dice in gergo "pagati a pezzo". La seconda: nel tariffario i lavori giornalistici vengono differenziati in tre categorie. Quello meno impegnativo è la notizia, «concisa informazione fornita dal giornalista su fatti o situazioni»; c'è poi l'articolo («testo in chiave di resoconto o di analisi su fatti o temi diversi fino a due cartelle da 25 righe di 60 battute l’una, esempio: politici, economici, sociali, morali, religiosi, culturali, sportivi, etc») e infine il più complesso, il servizio, «elaborato oltre le due cartelle più complesso e articolato che presuppone un approfondito lavoro di indagine o di ricerca». In soldoni, si potrebbero considerare notizie i testi fino a mille battute, articoli quelli tra mille e tremila, e servizi tutti i pezzi superiori alle tremila battute (fino a un massimo di 7500). Il tariffario suddivide l'universo delle testate giornalistiche in sette gruppi:Categoria A - Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre 250mila copie; agenzie di stampa a diffusione nazionale; periodici stranieri; emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network. Qui dentro stanno i maggiori giornali (Corriere, Repubblica, Messaggero, Giornale, La Stampa, Panorama, Espresso, Vanity Fair...). I minimi netti che ognuna di queste testate dovrebbe pagare ai suoi collaboratori sono: 33 euro per ogni notizia, 171 euro per ogni articolo, 342 euro per ogni servizio.Categoria B - Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a 250mila copie, cioè le testate nazionali un po' meno diffuse (come Avvenire, Libero, Il Fatto, Il Riformista, Il Foglio...). La differenza rispetto alla categoria precedente è minima: 30 euro netti di compenso per ogni notizia, 159 euro per gli articoli, 318 per i servizi.Categoria C - Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura oltre 40mila copie; agenzie di stampa a diffusione regionale o locale; emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale, con potenziale bacino di utenza superiore a 400mila destinatari. Qui troviamo, a livello di carta stampata, colossi editoriali come Il Gazzettino di Venezia, la Gazzetta del Mezzogiorno, la Sicilia, e a livello radiotelevisivo realtà locali come Telelombardia. I compensi minimi che queste testate dovrebbero erogare ai loro collaboratori giornalistici sono 29 euro per le notizie, 148 euro per gli articoli e 214 euro per i servizi.Categoria D - Quotidiani a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 40mila copie; periodici a diffusione regionale o locale con tiratura da 10mila a 40mila copie; emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza da 100mila a 400mila destinatari. Il minimo compenso per le notizie resta molto vicino a quello delle categorie precedenti, 28 euro, ma diminuiscono significativamente quello per gli articoli (93 euro, quasi la metà rispetto alla fascia A) e quello per i servizi (122 euro, quasi un terzo della fascia A).Categoria E - Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10mila copie; emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza fino a 100mila destinatari. Qui si parla dei giornali, delle radio e delle emittenti televisive più piccole. Le prestazioni giornalistiche qui andrebbero pagate 25 euro (notizia), 60 euro (articolo) e 93 euro (servizio). Nessuna testata di carta stampata o radiotelevisiva potrebbe MAI andare sotto questi limiti.Categoria F - Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati a quotidiani, periodici e agenzie a diffusione nazionale o con visite mensili superiori a 150mila. In questa classe e nella successiva il Tariffario affronta il mare magnum del web, o quantomeno di quella piccola parte del web registrata in Tribunale come testata giornalistica. Qui la differenziazione tra "articolo" e "servizio" è abolita, perché per sua stessa natura il web non è adatto ad ospitare lavori giornalistici di lunghezza eccessiva (niente reportage da 20mila battute su Internet). La categoria F è quella del web più importante: siti molto frequentati, con oltre 150mila visite al mese (Corriere.it, Repubblica.it). Queste testate telematiche dovrebbero pagare i loro collaboratori almeno 28 euro per le notizie e 93 euro per gli articoli.Categoria G - Quotidiani e periodici telematici e agenzie con visite mensili inferiori a 150mila. Questa è l'ultima classe del Tariffario. La Repubblica degli Stagisti, per esempio, si colloca in questa fascia. Qui le notizie dovrebbero essere retribuite 25 euro, e gli articoli almeno 60 euro.Nel testo del Tariffario, alla voce «Norme per l'applicazione», si legge che sotto di queste cifre non si può proprio andare: in caso contrario l’Ordine dei Giornalisti stabilisce la «incongruità del compenso» (ai sensi degli artt. 633 e 636 cpc, infatti, in caso di contestazione giudiziale o extra-giudiziale ogni giornalista può rivolgersi al competente Consiglio regionale dell’Ordine per ottenere il parere sulla congruità). E attenzione: i compensi sono dovuti dovuti «anche in caso di mancata pubblicazione del materiale giornalistico commissionato oppure inviato nel quadro della collaborazione concordata», salvo naturalmente che il pezzo non venga rifiutato. Eleonora VoltolinaVedi anche cosa dice il Tariffario 2007:- sui compensi minimi per i fotogiornalisti- sui compensi minimi per i giornalisti televisivi- sui compensi minimi per gli uffici stampaE per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Articoli pagati 2,50 euro e collaborazioni mai retribuite. Ecco i dati della vergogna che emergono da una ricerca dell'Ordine dei giornalisti- Giornalisti freelance, sì alla reintroduzione del Tariffario: ma i compensi minimi devono essere più realistici. E vanno fatti rispettare con controlli e sanzioni

Tariffario 2007 dell'Ordine dei giornalisti - compensi minimi per i servizi fotogiornalistici

Anche le foto "fanno" una notizia. E anche se proprio su questo elemento sempre più spesso le testate giornalistiche cercano di risparmiare, ci sono professionisti che scattano immagini per mestiere e che dovrebbero essere pagati il giusto per quelle immagini. Quanto sia questo "giusto" lo indica il «Tariffario 2007 - Compensi minimi per le prestazioni professionali giornalistiche nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie, nelle emittenti radiotelevisive e negli uffici stampa» emesso ormai tre anni fa dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Suddividendo i compensi minimi per i servizi fotogiornalistici a seconda della tiratura della testata che acquista la foto (al singolare, perché i compensi indicati «si riferiscono a fotografia singola e, quando il servizio comprende più fotografie diverse fra loro, il minimale di cessione si intende triplicato») e a seconda della tipologia di scatto (cinque classi: fotografia singola bianco e nero, fotografia singola colore, foto in copertina bianco e nero, foto in copertina colore, ripubblicazione). Qui sotto i minimi:Categoria A - Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre 250mila copie; periodici stranieri; emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network. Fotografia singola bianco e nero: 136 euro; fotografia singola colore: 153 euro; foto in copertina bianco e nero: 427 euro; foto in copertina colore: 460 euro; ripubblicazione: 101 euro.Categoria B - Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a 250mila copie. Fotografia singola bianco e nero: 122 euro; fotografia singola colore: 137 euro; foto in copertina bianco e nero: 355 euro; foto in copertina colore: 400 euro; ripubblicazione: 87 euro. Categoria C - Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura oltre 40mila copie; emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza superiore a 400mila destinatari. Fotografia singola bianco e nero: 93 euro; fotografia singola colore: 108 euro; foto in copertina bianco e nero: 122 euro; foto in copertina colore: 153 euro; ripubblicazione: 52 euro.Categoria D -  Quotidiani a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 40mila copie; periodici a diffusione regionale o locale con tiratura da 10mila a 40mila copie; emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza da 100mila fino a 400mila destinatari. Fotografia singola bianco e nero: 81 euro; fotografia singola colore: 92 euro; foto in copertina bianco e nero: 110 euro; foto in copertina colore: 122 euro; ripubblicazione: 38 euro.Categoria E - Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10mila copie; emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza fino a 100mila destinatari. Fotografia singola bianco e nero: 49 euro; fotografia singola colore: 60 euro; foto in copertina bianco e nero: 72 euro; foto in copertina colore: 93 euro; ripubblicazione: 24 euro.Categoria F - Quotidiani e periodici telematici con visite mensili superiori a 150mila. Fotografia singola bianco e nero: 122 euro; fotografia singola colore: 137 euro; foto in copertina bianco e nero: 255 euro; foto in copertina colore: 400 euro; ripubblicazione: 87 euro. (qui è presumibile, anche se non specificato, che per "copertina" si intenda l'homepage)Categoria G - Quotidiani e periodici telematici con visite mensili inferiori a 150mila. Fotografia singola bianco e nero: 93 euro; fotografia singola colore: 108 euro; foto in copertina bianco e nero: 122 euro; foto in copertina colore: 153 euro; ripubblicazione: 52 euro.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Collaboratori pagati «a pezzo», qual è il prezzo giusto? Ecco cosa suggerisce il Tariffario con i compensi minimi per le prestazioni giornalistiche- Giornalisti freelance, sì alla reintroduzione del Tariffario: ma i compensi minimi devono essere più realistici. E vanno fatti rispettare con controlli e sanzioni

Tariffario 2007 dell'Ordine dei giornalisti - compensi minimi per servizi cine-videogiornalistici

Il «Tariffario 2007 - Compensi minimi per le prestazioni professionali giornalistiche nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie, nelle emittenti radiotelevisive e negli uffici stampa» emesso dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti aiuta anche a farsi un'idea di quanto dovrebbero essere retribuiti i giornalisti freelance che collaborano con la televisione. Considerando che dentro un servizio per il piccolo schermo non c'è solo la ricerca delle informazioni e la stesura dell'articolo, ma anche la videocamera, i microfoni, il montaggio, il mixaggio del suono e molti altri aspetti che rendono ancor più impegnativo il lavoro giornalistico, il Tariffario indica che un servizio "standard", di durata massima di 3 minuti, dovrebbe essere pagato almeno 1334 euro netti dalle emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network, e almeno 792 euro da quelle a diffusione regionale o locale. Per servizi più lunghi «il prezzo di cessione è lasciato alla libera contrattazione», e dovrebbe essere comunque superiore a questi minimi.Nel caso in cui un giornalista venga chiamato da una tivù a supportare una redazione, attraverso una «collaborazione pro-tempore», il Tariffario prevede che debba essere pagato almeno 428 euro netti al giorno.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Collaboratori pagati «a pezzo», qual è il prezzo giusto? Ecco cosa suggerisce il Tariffario con i compensi minimi per le prestazioni giornalistiche - Giornalisti freelance, sì alla reintroduzione del Tariffario: ma i compensi minimi devono essere più realistici. E vanno fatti rispettare con controlli e sanzioni

Tariffario 2007 dell'Ordine dei giornalisti - compensi minimi per gli uffici stampa

Gli uffici stampa svolgono un'attività limitrofa e per molti versi simile a quella dei giornalisti, e pertanto il Tariffario 2007 si occupa anche di loro, andando a stabilire i «Compensi minimi per le prestazioni professionali giornalistiche nei quotidiani, nei periodici, anche telematici, nelle agenzie, nelle emittenti radiotelevisive e…» appunto anche «...negli uffici stampa».Per prima cosa esso stabilisce che un giornalista che svolga «prestazioni fisse continuative da addetto stampa, portavoce e collaboratore professionale di uffici stampa pubblici e privati senza vincolo di orario e di presenza» debba percepire per il suo lavoro un compenso annuo di almeno 35.571 euro, cioè più o meno tremila euro al mese. Dato che però non sempre queste attività vengono svolte a tempo pieno e soprattutto con contratti precisi, il Tariffario prevede anche che «per prestazioni saltuarie» i compensi siano rapportati «ad ogni singola prestazione». Ed elenca in particolare quattro attività specifiche: l'organizzazione di una conferenza stampa; la responsabilità di ufficio stampa per una manifestazione di breve durata; l'attività giornalistica di collaborazione pro-tempore; e la stesura di testi per conto di un ufficio stampa.Per le conferenze stampa un giornalista dovrebbe guadagnare da 4.993 (in caso la manifestazione abbia carattere regionale) a 7.284 euro netti (per una manifestazione a carattere nazionale). Per seguire invece in qualità di ufficio stampa una manifestazione, con l'onere del lavoro preparatorio redazionale, contatti con la stampa, redazione comunicati, organizzazione conferenza stampa e incontri di lavoro, il compenso minimo suggerito è di 8.665 euro per un evento brevissimo (fino a 5 giorni) e di 11.456 euro per uno più lungo (da 6 a 10 giorni). L'attività giornalistica dovrebbe essere ricompensata con 427 euro netti al giorno, e la redazione di comunicati stampa è quotata 153 euro per testi fino a due cartelle (3mila battute) e 247 euro oltre quella lunghezza (e fino a un massimo di 7500 battute).Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Collaboratori pagati «a pezzo», qual è il prezzo giusto? Ecco cosa suggerisce il Tariffario con i compensi minimi per le prestazioni giornalistiche - Giornalisti freelance, sì alla reintroduzione del Tariffario: ma i compensi minimi devono essere più realistici. E vanno fatti rispettare con controlli e sanzioni

I superstagisti calabresi a Pietro Ichino: «Ci aiuti a farci assumere». La risposta del senatore: «Non aspettate lo Stato-mamma, datevi da fare per attirare nella vostra terra buoni imprenditori»

I superstagisti calabresi bussano alla porta di Pietro Ichino, giuslavorista e senatore, unico esponente politico ad aver seguito - ormai da un anno e mezzo - la loro vicenda. Che in estrema sintesi è questa: centinaia di brillanti laureati, fino a 37 anni di età, tre anni fa hanno risposto a un bando promosso dal consiglio regionale  della Calabria, il "Programma Stages 2008", che prevedeva di avviare 500 stage nelle pubbliche amministrazioni locali erogando un rimborso di circa mille euro al mese. I 500 vincitori a novembre del 2008 hanno cominciato un periodo di formazione in aula, presso le università calabresi: a partire da febbraio del 2009 sono stati poi smistati in quasi duecento enti locali. Questi stage finiranno nell'ottobre del 2010: complessivamente quindi i superstagisti calabresi (oggi alcuni addirittura quarantenni) avranno fatto 24 mesi di stage, il doppio di quanto la normativa vigente consenta.La Repubblica degli Stagisti fin dal gennaio del 2009 ha seguito la vicenda, segnalando a più riprese le irregolarità dell'iniziativa e sottolineando quanto questa opportunità, apparentemente favorevole ai "cervelli calabresi", in realtà fosse un boomerang destinato a ritorcersi sugli stessi superstagisti, che alla fine si sarebbero ritrovati con un pugno di mosche in mano - essendo materialmente impossibile per la pubblica amministrazione assumere 500 persone - e avrebbero perso due preziosi anni. Anche il senatore Ichino aveva messo nero su bianco le sue critiche al "Programma Stages", benchè fosse stato avviato da un consiglio regionale del suo stesso schieramento (PD), affidandole a due interrogazioni parlamentari rimaste entrambe senza risposta.Adesso i superstagisti scrivono una lettera aperta a Ichino, chiedendogli di sostenere la loro battaglia per farsi assumere dagli enti locali presso cui stanno facendo gli stage. «Il triste epilogo che si sta concretizzando finisce per darLe ragione per molti versi» ammettono in apertura «noi abbiamo colto quella che reputavamo essere una grande occasione... Oggi, a pochi mesi dal termine del Programma, siamo davvero preoccupati di aver perso solo del tempo».  Hanno paura che il loro maxistage si concluda in sordina, senza sbocchi occupazionali, e chiedono a Ichino: «Secondo Lei è così sbagliato pretendere di avere una concreta occasione di contribuire allo sviluppo della propria Regione?  I modi ci sarebbero se solo i politici volessero». E sperano che qualcuno li aiuti a farsi assumere tutti: «Non è vero che tutte le Amministrazioni dove siamo stati collocati sono sovradimensionate, moltissime potrebbero bandire concorsi per assorbirci (concorsi, ovviamente, non pretendiamo sconti!!!), per chi di noi dovesse, invece, trovarsi in Enti impossibilitati dal bandire concorsi, la Regione potrebbe metterci in mobilità ed aiutare il nostro assorbimento in alte P.A. L’importante sarebbe trovare una tutela per tutti, perché è tutto interesse della Regione, raccogliere i frutti dell’investimento che ha fatto su di noi».Qualche  settimana fa i superstagisti avevano provato anche a chiamare in causa il neogovernatore pdl Giuseppe Scopelliti, che finora però non ha dato segni di vita. In realtà la giunta regionale uscente aveva previsto di aiutarli, stabilendo di erogare 10mila euro all'anno, per tre anni, a tutti quegli enti che avessero deciso di assumere uno di loro. Ma questa soluzione non è mai piaciuta ai diretti interessati, perchè presuppone che alcuni possano essere assunti e altri no: e il timore principale di quelli che si fanno portavoce del gruppo è che qualcuno venga «sbattuto per strada».Ichino pubblica sul suo sito la lettera aperta, e risponde a stretto giro di posta: «La colpa più grave nei vostri confronti, che due anni fa imputavo alla Regione Calabria, era proprio quella di avervi ingannati: avervi promesso una formazione che non ci sarebbe stata e sbocchi professionali nelle amministrazioni pubbliche locali che sarebbero stati invece altamente problematici, per non dire impossibili. La stessa colpa imputo al Governo centrale, che avrebbe potuto e dovuto intervenire per impedire questo inganno e questo sperpero di denaro pubblico: esso invece ha deliberatamente scelto di chiudere entrambi gli occhi su questa vicenda, senza peraltro avere il coraggio di assumere le proprie responsabilità in proposito davanti al Parlamento». Ma il senatore non fa sconti neppure ai superstagisti: «Anche voi, però, foste avvertiti fin dall’inizio del carattere ingannevole e fraudolento di quell’iniziativa sciagurata; e anche voi - nonostante l’eccellenza del vostro titolo di studio - avete compiuto la scelta di prendere i soldi, sperando che insieme ai soldi maturasse col tempo una sorta di diritto automatico alla stabilizzazione “a prescindere”. Avete fatto male; e per questo siete in parte corresponsabili dell’esito pesantemente negativo che sta delineandosi». E nella seconda parte della risposta esorta i suoi interlocutori a non continuare la battaglia per essere assunti dagli enti pubblici calabresi, ma piuttosto a rimboccarsi le maniche: «Non è così che si promuove lo sviluppo sociale, economico e culturale di una regione in difficoltà, come la vostra; non è così che si creano le condizioni perché le sue intelligenze migliori possano essere valorizzate al servizio della regione stessa. Ora quello che dovete fare è innanzitutto non perseverare nell’errore: non chiedete ancora assistenza, aiuti, “tutele”, “procedure di mobilità”! Dovete cogliere con intelligenza (che non vi manca!) l’insegnamento che si può trarre da questa vicenda: l’assistenzialismo fa danno anche a chi apparentemente ne beneficia. Dunque, non piangetevi addosso, non attardatevi a recriminare, non aspettate che lo Stato-mamma o la Regione-mamma si inventino per voi l’ennesimo stipendio a vita (tanto, con questi chiari di  luna né l’uno né l’altra possono più permettersi di farlo). Datevi da fare, piuttosto, per attirare nella vostra terra buoni imprenditori con buoni piani industriali, sapendo che questo comporta scommettere con loro sul successo dell’iniziativa, rischiando anche qualche cosa di vostro: hire your best employer!»Non è facile, lo sanno tutti e lo sa anche Ichino, specialmente in una regione dove il tasso di occupazione sta 15 punti percentuali sotto la media nazionale (43,1% contro 57,5%) e quello di disoccupazione tre punti e mezzo sopra (11,3% contro 7,8%): «ma alternative non ce ne sono. Salvo quella, vecchia come il mondo, di recarvi voi stessi a lavorare dove le buone imprese sono già insediate».Eleonora VoltolinaA questo link i testi integrali della lettera aperta e della risposta di IchinoPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Superstagisti calabresi assunti? Una bella notizia solo in apparenza- Superstage calabresi, in arrivo un emendamento-traghetto verso l'assunzione- Consiglio regionale calabrese, la lettera aperta di una superstagista al presidente Bova: non siamo altro che manovalanza per enti assetati di personaleE anche:- Dopo la Calabria, anche in Basilicata piovono «superstage». E Ichino presenta un'altra interrogazione a Sacconi e Brunetta- La Regione Basilicata sospende il bando per i mille "superstage" negli enti pubblici lucani

Le sentenze dell'Agcm e del Tar del Lazio: mettere corsi a pagamento tra gli annunci di lavoro è una pratica scorretta e inganna chi è in cerca di impiego

Non si possono imbrogliare i cittadini con annunci parziali, perché ciò rischia di condizionarne le scelte. Un atteggiamento del genere si traduce in pubblicità ingannevole e pratiche commerciali scorrette. Un principio ribadito diverse volte dall’Agcm (l’Antitrust per la concorrenza del mercato, guidata da Antonio Catricalà - nell'immagine qui a destra, l'homepage del sito) e dall’Agcom (authority delle comunicazioni presieduta da Corrado Calabrò, che vigila sui comportamenti dei media) e di recente anche dal Tar del Lazio. Una delle ultime sanzioni ha colpito Zenith, una società immobiliare di Sondrio che con l’annuncio su alcuni giornali per un lavoro “creativo” da free lance nascondeva una serie di corsi a pagamento. Un atteggiamento sanzionato e censurato dalle authority con una decisione che potrebbe, e dovrebbe, fare scuola. Perché, nonostante tutto, sono ancora troppi gli annunci di lavoro e stage che mascherano la vendita di corsi a pagamento. Il caso Zenith inizia nel 2009 quando, dopo le segnalazioni da parte del Codacons e di Federconsumatori, l’Agcm apre un’istruttoria chiedendo un parere preventivo all’Agcom sui contenuti delle inserzioni pubblicitarie dell’azienda. Il 29 settembre dello scorso anno l’Agcom scrive: «La proposta pubblicizzata - presentata sotto forma di offerta di lavoro per “Tecnico Pubblicitario” e rivolta a “giovani inesperti ma anche creativi” - ha ricadute sulla sensibilità di soggetti chiaramente individuati, stimolati dalla prospettiva di accedere ad un’opportunità di lavoro, ossia di eseguire un “mestiere creativo”». Tradotto: è uno specchietto per le allodole. Attira i consumatori verso qualcosa che non stanno cercando (un corso anziché un lavoro). L’authority  poi aggiunge: «I contenuti dell’inserzione pubblicitaria non sono esaurienti ed obiettivi e, comunque, non informano adeguatamente il consumatore medio, ossia “i giovani” interessati a tale proposta che, in realtà, non di attività lavorativa si tratta, bensì di un corso di formazione a pagamento, reclamizzato sotto forma di “opportunità previo training di formazione professionale”, senza quindi fornire un’adeguata chiave di lettura per una scelta consapevole». E quindi in assenza di chiarezza il messaggio rischia di condizionare le scelte e le decisioni dei consumatori. Si tratta quindi di una comunicazione “capziosa” che non informa i destinatari sull’effettivo contenuto dell’offerta «inducendoli a ritenere che rispondendo all’inserzione avrebbero trovato un’opportunità di lavoro e non invece l’iscrizione ad un corso a pagamento». L’obiettivo finale è quindi quello di indurre i consumatori ad assumere una decisione che altrimenti non avrebbero preso. Per l’Agcm si tratta quindi di un’inserzione ingannevole e infatti  l’annuncio «di ricerca di personale cela una vera e propria inserzione pubblicitaria di corsi, in quanto coloro che rispondono alla supposta proposta di lavoro dovrebbero frequentare un corso a pagamento». Una pratica commerciale scorretta per la quale a Zenith viene anche comminata una sanzione amministrativa di 35mila euro. Che il Tar (il tribunale amministrativo regionale, che giudica i ricorsi agli atti amministrativi) del Lazio ha suggerito all’Agcm di ridurre, giusto un paio di mesi fa, in una sentenza (n. 05323/2010) nella quale ha però confermato in pieno i contenuti della sanzione.Anche per il Tar infatti gli annunci di lavoro che mascherano offerte di corsi a pagamento sono «messaggi pubblicitari che, per come strutturati, formulati e diffusi […] nell’enfatizzare l’aspetto connesso all’opportunità lavorativa e nell’omettere di informare circa la reale natura della promozione, rivolta a corsi di formazione professionale a pagamento, rivestono portata ingannatoria in quanto idonei ad indurre in errore i relativi destinatari» soprattutto perché questi sono persone «in cerca di occupazione, in posizione di particolare debolezza in ragione della sensibilità verso offerte commerciali, quale quella in esame, che prospettano possibilità lavorative».E con le speranze di chi cerca lavoro non si gioca.Giuliano BalestreriSul sito del Tar del Lazio a questo link il testo integrale della sentenzaClicca qui per scaricare il testo del provvedimento n. 20365 dell'Agcm sul caso Zenith (formato pdf)Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Nuova richiesta di help: «Ho risposto a un annuncio per uno stage, ma poi ho scoperto che avrei dovuto pagare 1600 euro: era un corso a pagamento!»- Boscolo srl, la stuttura della società e le connessioni tra Factory School ed HR:Boscolo

La proposta di Ichino per riformare la normativa sugli stage: più brevi e retribuiti. E lunedì 3 maggio la racconta in Cattolica

È in corso da qualche giorno, sul Forum della Repubblica degli Stagisti, una discussione su quel che concretamente ciascuno può fare per contribuire a migliorare la situazione degli stage in Italia. Le idee sono tante, e a più riprese viene invocata una nuova normativa che vieti una volta per tutte di sfruttare gli stagisti come dipendenti a basso costo: Chiaraleveque chiede un «disegno di legge», perchè – come spiega Nightfly82 – «non dovrebbero essere consentiti per legge stage senza rimborso spese, è lì che il discorso deve cambiare». Insomma, sintetizza Chiara84, «è solo la politica che può cambiare qualcosa mettendo dei paletti legali».Una proposta, in effetti, già c'è, ed è pure molto incisiva: si tratta dell'articolo 2131 contenuto nel Progetto semplificazione (Nuovo Codice del lavoro semplificato) del giuslavorista e senatore Pietro Ichino, che in molti punti si avvicina alla Carta dei diritti dello stagista promossa dalla Repubblica degli Stagisti.In questo disegno di legge, al primo comma dell'articolo in questione si legano indissolubilmente gli stage all’esistenza di un percorso formativo in atto o appena terminato («entro un anno dal conseguimento del diploma relativo a tali corsi»), per evitare che vengano svolti troppo tempo dopo la fine della scuola o dell’università. Poco più avanti si introduce una differenziazione tra stage formativi per «mansioni di concetto», e stage per «mansioni prevalentemente manuali o meramente esecutive», riducendone la durata massima (sei mesi per i primi, solo tre per i secondi). Questo comma, se la normativa venisse approvata, potrebbe da solo fare piazza pulita di tutti gli stage di sei mesi come telefoniste ai call center, o come commessi nei negozi...Ichino prende anche posizione contro gli stage gratuiti: procedendo nella lettura dell'articolo, infatti, si incontra l'obbligo – mutuato dal modello francese – di retribuire gli stagisti («Il contratto può prevedere che non sia corrisposta allo stagista alcuna retribuzione solo quando la sua durata sia pari o inferiore a due mesi, o esso sia inserito in un programma di alternanza scuola-lavoro. Negli altri casi deve essere corrisposta allo stagista una retribuzione non inferiore al 40 per cento del minimo di cui all’articolo 2092»). All’ultimo comma compare la proposta che la Repubblica degli Stagisti aveva avanzato in occasione della grande inchiesta sui controlli degli ispettori del lavoro sugli stage: sanzionare la trasgressione della normativa con l’obbligo di assumere lo stagista con un contratto di apprendistato («Lo stage protratto oltre il termine [...] è considerato come contratto di apprendistato»). La proposta di Ichino – in effetti molto più ambiziosa, dato che mira a riformare l’intera disciplina dei rapporti di lavoro, e apprezzata sia a destra sia a sinistra – è stata presentata in Senato, con le firme di 55 senatori, nel novembre del 2009 (disegno di legge n. 1873), e poi le bozze corrette sono state riconsegnate ai primi di febbraio del 2010: a questo punto starà al Parlamento discuterne e deciderne la sorte. Per chi volesse saperne di più, e sostenere la proposta con iniziative, il testo integrale della proposta è disponibile sul sito di Ichino. Inoltre, per chi gravita in zona Milano, il senatore partecipa lunedì 3 maggio all'università Cattolica al dibattito «I giovani e il mondo del lavoro», sottotitolo «Per un mercato del lavoro oltre gli stage», organizzato dal gruppo studentesco Formica Democratica. Accanto a lui Alessandro Rosina, docente di demografia e autore del libro Non è un paese per giovani, ed Eleonora Voltolina, direttore della Repubblica degli Stagisti. L'appuntamento è alle 16:30 nell'aula SA 327 (nella sede di via Sant'Agnese 2, metropolitana rossa e verde fermata Cadorna). Qui l'evento su Facebook.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Cosa costituisce tirocinio formativo e cosa no (secondo la legge italiana)- Elezioni regionali alle porte: se qualche candidato se la sente di impegnarsi per i giovani, ecco le proposte della Repubblica degli Stagisti- La proposta della Repubblica degli Stagisti al ministro Sacconi: imporre a chi sfrutta gli stagisti di fare un contratto di apprendistato