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400 milioni in più per il Servizio civile, bando 2021 per oltre 50mila volontari

Il 16 novembre scorso il testo della Legge di Bilancio 2021 ha confermato l’incremento di 400 milioni di euro del fondo destinato al servizio civile universale per il 2021 e il 2022, che si aggiungono a quelli già stanziati, per un totale di 299 e 306 milioni. Il fondo permetterà di coinvolgere 55mila volontari per anno. Il ministro per le politiche giovanili e lo sport con delega al servizio civile, Vincenzo Spadafora, ha inoltre preso un «impegno a dedicare parte del Recovery Fund al servizio civile». «Questo è un evento che non avveniva da molti anni» commenta soddisfatta Feliciana Farnese, presidente della Consulta nazionale per il servizio civile universale: «Avevamo visto infatti consolidarsi come prassi quella di risorse aggiuntive instillate goccia a goccia e soggette a continui ricalcoli e tagli.»A fine settembre 127 enti accreditati e 132 personalità tra esponenti del terzo settore, della cultura e della società civile avevano firmato la lettera-appello “Servizio civile, non si può dire no”, promossa dalla testata Vita per lo stanziamento di «adeguati fondi aggiuntivi per il servizio civile universale» e rivolta al presidente del consiglio Giuseppe Conte e ai ministri delle politiche giovanili e dell’economia Vincenzo Spadafora e Roberto Gualtieri. Fra il 2010 e il 2019, come sottolineato nella lettera, sono stati finanziati 261.975 posti, a fronte delle 787.051 domande. Insomma, due richieste di partecipazione su tre non sono andate a buon fine.     In quest’anno difficile, il mondo del servizio civile ha dimostrato e sta dimostrando una straordinaria capacità di adattarsi alla situazione di emergenza. Dopo la sospensione iniziale, i progetti sono stati quasi tutti riavviati, in alcuni casi rimodulati, e i giovani volontari hanno potuto continuare a dare il proprio contributo nel modo più consono alle esigenze figlie della pandemia in corso. Secondo l’ultimo report del Dipartimento per le politiche giovanili, aggiornato al 15 ottobre scorso, sono 32.539 gli operatori volontari in Italia, di cui 32.006 (il 98,36 per cento) già ritornati o in procinto di ritornare in servizio attivo. 468 su 510, invece, gli operatori che hanno proseguito il servizio civile all’estero. «Sicuramente la situazione di emergenza» commenta Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum nazionale servizio civile e di Amesci «e l’opportunità data al servizio civile di rendersi strumento al servizio dei bisogni del paese sono state occasione per riaccreditarlo agli occhi del governo.»Una sfida nuova è stata anche quella del volontariato “da remoto”. «La modalità a distanza» racconta il presidente del Forum «su cui all’inizio eravamo scettici perché temevamo di perdere il contatto umano, si è rivelata fondamentale. In particolare per la formazione, dove è stata molto apprezzata dai ragazzi, ma anche per progetti che potevano essere realizzati da remoto senza perdere efficacia, come quelli legati al sostegno telefonico. Un’esperienza che stiamo immaginando di replicare non necessariamente in emergenza ma anche ad esempio per ovviare a difficoltà logistiche.» «L’emergenza ci ha offerto un nuovo modo di guardare le cose, dove la direzione, da seguire sarà la flessibilità e la semplificazione», gli fa eco Farnese. Che spiega che anche le modalità di selezione dei prossimi volontari saranno riviste: «Nel prossimo bando si farà inevitabilmente riferimento al fatto che gli enti dovranno eseguire i colloqui di selezione da remoto nonché tutte le attività a questi collegati, anche laddove i sistemi accreditati degli enti non prevedano tale modalità.»Ma come sarà il servizio civile universale nel 2021? «Fino all’anno scorso gli enti presentavano singoli progetti» spiega alla Repubblica degli Stagisti Borrelli «mentre da quest’anno è stata introdotta la programmazione, quindi tutti i progetti concorrono a realizzare un unico grande obiettivo. Storicamente il 60 per cento di essi sono rivolti all’ambito sociale di assistenza, sostegno, inclusione di minori e migranti, lotta alla povertà. Questa volta sarà dato molto spazio anche agli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 legati allo sviluppo sostenibile.» Come ricordato attraverso i suoi canali dal Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, i giovani tra i 18 e i 28 anni che vorranno candidarsi come operatori volontari al prossimo bando, in uscita entro l’anno, dovranno avere a disposizione l’identità digitale. È quindi consigliato procedere già da ora alla richiesta gratuita dello Spid, sistema unico di identità digitale, in modo da essere pronti per compilare la domanda non appena il bando sarà pubblicato.    Presto si scoprirà se la ritrovata attenzione dell’opinione pubblica e il ruolo del servizio civile nell’emergenza Covid-19 hanno fatto crescere la voglia da parte dei giovani di partecipare e di rendersi utili attraverso un’esperienza di volontariato in uno dei progetti sparsi per il territorio nazionale e internazionale. Rossella Nocca

Slittano gli esami, «ora un praticante avvocato rischia di metterci quattro anni dalla laurea all'abilitazione»

A pagare lo scotto dell'emergenza epidemiologica sono anche i candidati alle prove di abilitazione professionale, finite nel calderone degli eventi rimandati a data da destinarsi in ottemperanza alle misure anti Covid. Tra i più eclatanti il caso degli aspiranti avvocati, il cui esame – adesso rinviato – era fissato per dicembre. Il rischio è così di restare anni in attesa di poter esercitare la professione. «Esiste una sola sessione di esami all'anno» spiega alla Repubblica degli Stagisti il portavoce del Comitato per l'esame da avvocato, che preferisce restare anonimo. «Chi come me si è laureato nel 2018 finirà per abilitarsi se tutto va bene dopo tre o quattro anni, nel 2022». Una volta ottenuta la laurea in Giurisprudenza, si passa infatti al praticantato di 18 mesi, e poi ancora all'esame scritto a cui – in caso di superamento – segue la prova orale dopo mesi e mesi. I praticanti in questa condizione si aggirano intorno ai 20-25mila. Per loro la doccia fredda è arrivata il 5 novembre scorso, al varo dell'ultimo dpcm per contrastare l'epidemia. «L’aggravamento della situazione sanitaria e la conseguente necessità di ridurre, quanto più possibile, le occasioni di diffusione del virus» ha scritto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sulla sua pagina Facebook, «impongono il rinvio delle prove scritte programmate per il 15-16-17 dicembre». La prossima sessione, si legge, «potrebbe tenersi nella primavera 2021». Si era pensato perfino di «parcellizzare gli esami su tutto il territorio» prosegue il ministro, per evitare rischiosi assembramenti. «Ma con l’evoluzione del quadro epidemiologico, il rinvio rappresenta purtroppo una scelta obbligata». Salvi solo gli esami orali per chi ha svolto gli scritti nel 2019 e al momento in corso, «perché per questi è possibile implementare modalità che garantiscano la sicurezza». Il risultato è che «contando il periodo di praticantato per lo più a titolo gratuito» commenta il Comitato per l'esame da avvocato, «per i laureati si profileranno anni senza percepire un euro». Per loro le porte della professione e dei primi guadagni si aprono infatti solo con l'acquisizione del titolo e la possibilità di firmare gli atti in proprio, senza necessità «di farsi rappresentare dai grandi studi». Non solo: «spesso per studiare per l'esame si frequentano scuole di specializzazione da migliaia di euro» aggiunge il portavoce. In più c'è l'acquisto dei libri, che per un aspirante avvocato «può comportare spese tra i 200 e i 400 euro per un codice commentato». Insieme alle tasse di esame sui 90 euro «parliamo di un esborso di 1500-1700 euro che rischia di diventare vano sia perché la preparazione data dalla scuola si affievolisce con i mesi, sia perché i materiali rischiano di diventare obsoleti». Un danno a cui i praticanti chiedono di ovviare «procedendo come per gli esami di abilitazione di commercialisti e consulenti del lavoro, abolendo la prova scritta, oppure introducendo modalità che consentano di svolgere l'esame da remoto». Opzione che i moderni software consentirebbero, ma rispetto a cui è arrivato l'alt del ministero di Giustizia e degli organi forensi. La verità «è che la professione è in crisi, per cui chi è già dentro ha tutto l'interesse a serrare le fila» sintetizza il Comitato. Salve dall’attesa sono invece tutte quelle categorie professionali per cui esiste già l’orale abilitante invocato dai praticanti avvocati. La regola vale per agronomi, forestali, architetti, assistenti sociali, attuari, biologi, chimici, geologi, ingegneri, tecnologi alimentari, commercialisti, esperti contabili e revisori legali. Discorso a parte invece per le lauree abilitanti introdotte con il decreto legge 17 marzo 2020, e che consentiranno a medici, veterinari, psicologi, odontoiatri e farmacisti di iscriversi all'albo subito dopo la laurea, senza passare per un'ulteriore prova. La scure dell'ultimo dpcm si è abbattuta poi sul concorsone straordinario per la scuola, a cui ha partecipato già oltre il 60 per cento dei candidati, e che ripartirà appena lo consentirà l'andamento dell'epidemia. Stessa sorte è toccata ai giornalisti iscritti all'esame di abilitazione professionale. La 132esima sessione d'esame era fissata per il 28 aprile scorso, poi slittata causa Covid al 4 agosto. Niente da fare anche qui per la prova scritta da remoto: «L'ipotesi è stata bocciata dal ministero della Giustizia» scrive Valentina Ersilia nel gruppo Facebook degli iscritti all'esame. La successiva sessione, fissata per il 3 dicembre, è stata invece rinviata «a data da destinarsi» secondo le ultime indicazioni dell'Ordine dei giornalisti. E anche per i giornalisti le convocazioni per gli orali, in corso in queste ore, sono invece state confermate. «La scorsa primavera, circa un mese prima della data dello scritto, ci è arrivata la notizia dello slittamento della prova» ripercorre Matteo Caminiti, giornalista 34enne del Giornale di Arona e appena abilitato dopo il superamento dell'ultimo esame di agosto. «Ci sono stati lacune nella comunicazione da parte dell'Ordine» dice il giornalista. «Per l'orale il mio giorno era proprio il 5 novembre, avevo il treno prenotato e l'ho preso senza sapere se la convocazione fosse confermata». Solo una volta arrivato sul posto «e dai commenti sul gruppo Facebook dei candidati all'esame ho saputo che l'orale ci sarebbe stato».Quanto alla precedente sessione, «ci eravamo anche iscritti al corso di Fiuggi (un corso di preparazione all'esame che costa circa 450 euro, ndr), ma per fortuna le spese ci sono state rimborsate perché non si è più tenuto». Il ritardo «ci ha condizionato anche nella preparazione» inevitabilmente allungata. Ma per i giornalisti il disagio è minore rispetto agli avvocati: alle prove di abilitazione, anche queste suddivise in scritte orali, si presentano mediamente 4-500 candidati. Inoltre le prove sono almeno due all'anno, e dal superamento della stessa non dipende la possibilità di lavorare.«Io sono assunto da dieci anni» conferma Caminiti, «il titolo ho voluto prenderlo per soddisfazione personale e poi perché nella vita non si sa mai». L'esame che consente l'iscrizione all'elenco dei professionisti apre ad esempio anche l'accesso ai concorsi Rai per giornalisti. Quanto ai costi, l'iscrizione comporta una spesa di circa 300 euro. «Io mi ero iscritto anche alla sessione successiva a quella di agosto, poi revocata» spiega Caminiti. «Ma l'avrei fatto anche senza il Covid per assicurarmi nel caso non avessi passato lo scritto». Fortunatamente però è arrivato il rimborso anche di quelle spese, «eccezion fatta per i cinquanta euro di diritti di segreteria». Ilaria Mariotti 

Danone diventa Bcorp: “Perseguire obiettivi sociali oltre che economici: così il mondo del business diventa migliore”

C’era una volta un mondo in cui le aziende non pensavano solo al profitto. In cui si sentivano responsabili di quel che producevano, di come lo vendevano, di come lavoravano e vivevano i loro dipendenti, degli effetti che la loro attività aveva sull’ambiente circostante. Aziende che miravano a perseguire obiettivi sociali oltre che economici; che volevano che il loro impatto fosse misurabile non solo con il fatturato, ma anche con l’attenzione all’ambiente, alle persone, al territorio.Non è che una favola, giusto? In effetti, no. Da qualche anno è una realtà – o meglio, è l’obiettivo a cui si mira con le “benefit corporations”: un movimento nato negli Stati Uniti che sta diffondendo in tutto il mondo. «Le Benefit Corporation rappresentano l'evoluzione, forse la rappresentazione più spinta di quello che è un business sostenibile: il concetto di usare il business come forza positiva» ha spiegato in un Ted Talk l’imprenditore Eric Ezechieli, founder di Nativa, prima Benefit Corporation e B Corp in Europa: «Come possiamo usare questa straordinaria potenzialità per contribuire a risolvere le grandi sfide del nostro tempo? Qualsiasi azienda può cominciare a reinterpretarsi e reinventarsi in questa direzione, e quindi può cominciare a diventare rigenerativa».Diverse aziende han deciso di scommettere su questa filosofia. Tra queste c’è il gruppo Danone, che sta trasformando tutte le sue sedi in questo senso. «Abbiamo nel mondo già tantissime entità che sono certificate BCorp» spiega Fabrizio Gavelli, Ceo per la divisione Specialized Nutrition South Europe di Danone: «Le prime sono nate negli Stati Uniti: Danone US è la più grande BCorp del mondo. Ne abbiamo poi in Inghilterra, in Francia, in Spagna… Attualmente il 45% del nostro business è certificato BCorp nel mondo. Nel momento in cui raggiungeremo l’80%, saremo una BCorp come corporation». Danone si era prefissata di raggiungere questo obiettivo entro il 2030, anticipando poi al 2025: «E secondo me riusciremo anche prima, perché questa è una grande priorità della nostra azienda: vogliamo diventare presto la più grande azienda Bcorp del mondo come conglomerato».In Italia Danone conta quasi 500 dipendenti e da molti anni dimostra la sua attenzione al tema dell’occupazione giovanile di qualità facendo parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, assicurando ai suoi tirocinanti un buon rimborso spese mensile (da 700 a 1000 euro al mese), e assumendone oltre il 60% al termine dell’esperienza formativa. Ha implementato una policy per la diversità e inclusione, un’altra per le politiche genitoriali; è da anni nella classifica dei Great Place to Work e ha di recente vinto il premio Most Attractive Employer 2020 di Universum.  E ora il passo verso la Bcorp.In Italia ci sono due modi, non mutuamente esclusivi, di abbracciare questo modello. Uno è fare il processo di certificazione BCorp, cioè incaricare una società (la più nota è l’americana BLab) che arriva in azienda a fare un lungo assessment sugli obiettivi ambientali,  sociali, di governance, di relazione coi dipendenti, i fornitori, i consumatori, il territorio. «Abbiamo avuto per quasi un anno i certificatori di BLab» conferma Gavelli. Un procedimento non semplice: «è veramente mettere a nudo l’azienda». Il risultato di questo lavoro viene trasformato in un punteggio: se si superano gli 80 punti (il massimo è 200) si è BCorp.L’altro modo è diventare Benefit Corporation: in Italia questa nuova forma giuridica di impresa è stata introdotta con la legge 208/2015, a prima firma Mauro Del Barba, senatore del Partito democratico, ed è entrata in vigore a gennaio del 2016. Diventando Società Benefit, si legge sul sito omonimo curato da BLab e AssoBenefit, si modifica lo scopo di una società “dando agli imprenditori la libertà di prendere in considerazione le persone e l’ambiente oltre al profitto”. La scelta di diventare Società Benefit “non ha alcun impatto sulle imprese già esistenti, sulle altre forme societarie, o dal punto di vista fiscale”. Obiettivo di questa forma giuridica è proteggere “la missione aziendale in caso di entrata di nuovi investitori, cambi di leadership e passaggi generazionali”; offrire “maggiore flessibilità e solidità in caso di vendita” e preparare le aziende “perché mantengano la loro missione dalla fase di startup alla quotazione in borsa”.Le tre società del gruppo Danone in Italia – Danone, Mellin e Nutricia – sono diventate Benefit Corporation all’inizio di quest’anno, cambiando il loro statuto. «Siamo andati alla Camera di Commercio e abbiamo detto “noi da oggi ci vogliamo chiamare società benefit perseguendo degli obiettivi specifici di One Planet, One Health, One Community”: e abbiamo iniziato formalmente questo percorso» ricorda Gavelli, citando le parole chiave che Danone ha scelto come sua “vision” fin dal 2017: l’idea che la salute delle persone e quella del pianeta siano interconnesse, e la “call to action” ai consumatori e a chiunque abbia a che fare con il tema del cibo ad abbracciare la “food revolution”, un movimento che incentiva l’adozione di abitudini alimentari più sane e più sostenibili.«Il ruolo delle BCorp è diventare rigenerative» aggiunge Sonia Malaspina, direttrice HR Sud Est Europa di Danone: «Finora le aziende son state “estrattive”, nel senso negativo, perché hanno sfruttato l’ambiente, il territorio, le comunità, le persone. Invece cambia il concetto: l’azienda deve fare di tutto per avere un impatto positivo sui vari ecosistemi che gestisce. Una posizione ancora più attuale in un momento storico come questo» dove le aziende si trovano a gestire «le persone e le loro famiglie» colpite direttamente o indirettamente dalla pandemia di Covid. Ad agosto 2020 è arrivato anche l’annuncio della certificazione: un percorso lungo, costoso e macchinoso. «Sono aggettivi appropriati» conferma Fabrizio Gavelli, perché il processo «mette in luce tutti gli aspetti dell’azienda che funzionano… e quelli che devono essere migliorati». Ma le tre società del gruppo Danone hanno tutte superato il tetto dei famosi ottanta punti, e sono ora BCorp.Una scelta di questo tipo ha un impatto sui dipendenti: è una dichiarazione di responsabilità, un messaggio all’esterno che dice “per noi ci sono cose che contano più del profitto”. Già «noi non parliamo di dipendenti ma di “danoners”, cittadini di Danone» specifica Malaspina: «In questa categoria consideriamo le persone assunte, e anche tutti i collaboratori: quindi gli stagisti sono dei danoners, gli agenti. C’è una attenzione alla comunità delle nostre persone come prima comunità». In questo contesto, la certificazione Bcorp è stata una presa di posizione che ha generato fierezza: «Il sentimento che mi hanno restituito le nostre persone è un  forte orgoglio: “Ma allora ciascuno di noi può fare la differenza”. Un messaggio potentissimo. Far parte di un’azienda che si pone anche un obiettivo di impatto sociale coinvolge tutti, trasversalmente ai settori aziendali e all’età: per le persone che stanno terminando la loro carriera è qualcosa che fa ben sperare per il futuro dei nostri figli».Le Bcorp sono circa 3.500 nel mondo, poco più di cento in Italia. «Noi come Danone vorremmo che ci fossero sempre più aziende che ottengano questa certificazione» dice ancora Gavelli. L’obiettivo è che si venga a creare «un sistema aperto: che il maggior numero possibile di aziende si avvicini a quesa filosofia, perché in questo modo il mondo del business, nel mondo e in Italia, migliorerebbe. Saremmo ben contenti che anche i nostri concorrenti, oltre che tutto il mondo del Food in generale, potessero abbracciare questi principi». Perché questo riferimento proprio al settore Food? «Perché è il nostro mondo, ma sopratutto perché è la categoria più grande del mondo. Il Food ha a che fare con alcuni sistemi produttivi fondamentali per i Paesi: l’agricoltura in Europa occupa una percentuale enorme di persone; la trasformazione del mondo agricolo è uno dei temi politici più importanti. Da Ippocrate col suo “Le vostre medicine siano i cibi” a Steve Jobs che pochi giorni prima di morire disse “Fate sì che i cibi siano le vostre medicine, prima che le medicine diventino i vostri cibi”, c’è molto da cui trarre ispirazione. Il Food ormai fa parte integrante della nostra vita, della nostra salute, della salute dell’ambiente. Detto ciò, non è che gli altri settori non abbiano la sensibilità per farlo! Ci sono aziende meravigliose in Italia che stanno diventando paladine nelle loro rispettive categorie».Qualche nome? «La prima, che noi citiamo sempre perché è la più grande BCorp europea, è Chiesi» risponde Gavelli: «Un’azienda farmaceutica di Parma che ha fatto un percorso bellissimo. Poi c’è Davines, un’azienda di cosmesi più piccola che ha sempre sede a Parma, molto all’avanguardia, che ha fatto della sostenibilità il suo pay-off: si chiama Sustainable Beauty». E ancora «Wekiwi, un operatore di elettricità e di gas, una start-up che sta avendo un grande sviluppo, che vede l’energia in modo sostenibile». E poi, in un settore limitrofo a quello del Food che è quello della ristorazione, c’è l’esempio della catena milanese Panino Giusto: «Il movimento BCorp prescinde dalla dimensione, anzi è nato dalle aziende piccole. E questa è una forza; in un Paese come l’Italia, dove tutto nasce dalla piccola e media impresa, lo è ancora di più. Ci sono aziende minuscole, anche di pochissimi dipendenti, che hanno deciso di fare questo percorso».Ma perché la forza riesca a dispiegarsi c’è bisogno di un cambio di paradigma: «Corrono i cinquant’anni della teoria economica di Friedman sulla shareholder theory, quella secondo cui si lavora solo ed esclusivamente per un ritorno agli azionisti. Questo è… morto!» dice senza indugi Gavelli: «Si deve passare da una shareholder economy a una stakeholder economy, cioè l’azienda deve creare valore non solo per gli shareholder, coloro i quali hanno prestato e stanno prestando capitale, ma anche per tutti i suoi partner: in primo luogo le persone che lavorano per l’azienda, e poi i fornitori, i clienti, il sistema politico, l’ambiente». E attenzione, non «per fini filantropici», nel senso che creare profitto per gli azionisti va benissimo: ma sapendo che «l’evoluzione dell’azionariato e della remunerazione del capitale passa attraverso la creazione di valore».Il movimento, nato in America, sta trovando in Italia un terreno particolarmente fertile: «Abbiamo già 500 aziende Benefit Corporation, imprenditori che hanno deciso di cambiare lo statuto delle proprie aziende: non mi sembra una cosa da sottovalutare». I riscontri istituzionali ottenuti in quattro anni non sono pochi: oltre al fatto che «nel 2016 noi siamo stati il primo Paese come entità politica» a istituire una forma societaria apposta per riconoscere questo tipo di azienda, Gavelli nota anche che «la commissione parlamentare Agricoltura sta prendendo questo movimento in maniera molto seria» e che «il presidente Conte ha scritto un libro di cui un capitolo è dedicato proprio alle società Benefit», oltre al fatto che «esiste Assobenefit, l’associazione delle società benefit, fondata da un parlamentare, il cui fine è di promuovere il fatto che più aziende possibili cambino il loro statuto». Anche questa una cosa «quasi solo italiana».Gavelli crede molto nel tessuto potenziale di start-up che operano nell’area della sostenibilità, e nelle nuove generazioni: «Possono fare da stimolo al mondo economico e industriale. Qualcosa per cui noi non siamo secondi ad altri Paesi in Europa».

Ospedali a corto di personale, eppure centinaia di tirocini per operatori sanitari vengono bloccati

A Cremona 160 tirocinanti curricolari prossimi all'abilitazione per la professione di operatore sanitario e ausiliario assistenziale (cosiddetti Oss e Asa) si sono visti interrompere i percorsi di formazione a un passo dalla fine. Di mezzo naturalmente c'è il Covid, e la decisione dei soggetti ospitanti – ospedali e case di riposo – di fermare i tirocini per ragioni di sicurezza e nel rispetto delle norme anti contagio. Sono proprio queste strutture a aver imposto lo stop ai tirocini giustificando la decisione con l'aggravarsi dei dati sulla pandemia e la necessità di arginare i rischi, ma di fatto impedendo ai tirocinanti di completare l'iter e ottenere in seguito un posto di lavoro.   In Italia si contano nel complesso circa 250mila Oss secondo i calcoli di Migep, la federazione che li rappresenta. Sei-settemila sono invece le nuove leve che mediamente ottengono il titolo ogni anno. Il paradosso è che di figure ausiliarie in campo medico ce ne sarebbe un bisogno estremo nel pieno di una pandemia. E invece proprio nella regione più colpita dal Covid, la Lombardia, stage sospeso e diploma a data da destinarsi per un folto gruppo di corsisti che, se avessero raggiunto i crediti necessari nei tempi previsti, con tutta probabilità sarebbero stati reclutati da subito dal circuito della sanità locale. «Quelli della precedente edizione sono rimasti a casa al massimo una settimana prima di essere assunti» conferma alla Repubblica degli Stagisti Mariapia Maccaglia, 33 anni, una delle tirocinanti coinvolte nella vicenda. Il suo corso per diventare Oss è partito a settembre 2019, e include – appunto – oltre alla teoria, una parte pratica di tirocinio presso ospedali e rsa. La scuola che lo eroga è la Cr Forma di Cremona.I corsi sono a pagamento: il costo è di 2mila euro, «un sacrificio con la certezza però di lavorare dopo» conferma Maccaglia. In classe con lei non solo ragazzi, ma anche «diversi quarantenni e padri di famiglia» intenzionati a intraprendere la professione. Il primo stop «c'era stato a marzo» ripercorre. Così il tirocinio – suddiviso in 450 ore – era slittato all'estate. Adesso è di nuovo tutto saltato: «Mi mancherebbero 200 ore, circa un mese e mezzo, da svolgere in una rsa» si rammarica Maccaglia. Insieme ai suoi colleghi ha rivolto una petizione alla direzione Welfare della Regione Lombardia, quella diretta dall'assessore Giulio Gallera, per chiedere di rimediare all'intoppo.A questa e alla direzione Istruzione e formazione da luglio scorso si sta rivolgendo anche l'ente promotore Cr Forma. Dagli uffici della prima il silenzio assoluto mentre «la DG Istruzione e formazione ci ha confermato che sta lavorando per trovare una soluzione al problema» spiega alla RdS Paola Brugnoli, direttrice di Cr Forma [nella foto]. Che denuncia l'assurdità della situazione: quelle dei tirocinanti Oss «sono figure che in questo momento servono come il pane: non venissero poi a lamentarsi che manca il personale!».Le richieste di soluzioni alla Regione Lombardia vanno avanti da mesi. Lo scorso 8 settembre c'è stata perfino una interrogazione rivolta al presidente del Consiglio regionale lombardo, Alessandro Fermi, in quota Forza Italia, da parte del consigliere regionale del Pd Matteo Piloni. Oggetto ancora una volta i corsi di formazione per operatori sanitari: «Il ritardo nell’inserimento lavorativo delle figure professionali in oggetto, sempre più richieste dal mercato del lavoro, provocherà una mancanza di nuove figure qualificate in questa annualità» si legge nel documento. Anche la Repubblica degli Stagisti ha contattato le direzioni regionali per chiedere chiarimenti. La sola a rispondere è Sabrina Sammuri, a capo della direzione Istruzione. Il problema, scrive, è da imputare «alla difficile situazione vissuta dalle strutture sanitarie e socio assistenziali che da un lato manifestano un crescente fabbisogno di personale qualificato, e dall’altro stanno progressivamente chiudendo l’ingresso ai tirocinanti, sia per motivi di sicurezza che per l’aggravio organizzativo che comporta la loro gestione anche in termini di responsabilità e costi». Non solo misure di prevenzione quindi, ma anche la questione economica di tamponi e dispositivi da fornire ai tirocinanti, su cui le aziende ospitanti stanno facendo marcia indietro.Sammuri sposta la responsabilità sulla direzione Welfare, «quella competente a trovare una soluzione», mentre dal canto suo, afferma, «il coordinamento delle Regioni ha prodotto un documento tecnico che individua alcune soluzioni di emergenza, che è stato trasmesso anche al Coordinamento Formazione». Questione di giorni e «sarà sottoposto al Ministero della Salute». Lo stop ai tirocini per figure sanitarie non riguarda infatti solo la provincia lombarda, «ma tutto il territorio nazionale» evidenzia Sammuri. Proposte più concrete di soluzioni ci sarebbero, elencate nell'interrogazione del consigliere Piloni. Una sarebbe quella di «far svolgere tirocini curricolari al di fuori del territorio regionale con una deroga alle disposizioni in vigore». Una seconda via quella di «riconoscere crediti formativi acquisiti in contesti non formali a fronte di sottoscrizione di contratti di lavoro per analoga mansione». E ancora l'abolizione del «doppio ambito di intervento per lo svolgimento del tirocinio», vale a dire eliminare l'obbligo di svolgere il duplice stage sia negli ospedali che nelle rsa concentrandoli invece verso reparti meno rischiosi. Infine il tema delle spese, il più spinoso. La richiesta del consigliere è quella di «prevedere per le strutture ospitanti delle risorse aggiuntive per coprire i costi per i dispositivi di protezione, test sierologici e ulteriori esami richiesti dei tirocinanti».Ma c'è anche chi è contrario per principio al reclutamento delle nuove leve di Oss. Per esempio il coordinatore nazionale Angelo Minghetti del Migep: «Si manderebbero in guerra soldati con le scarpe di cartone» dice riferendosi ai tirocinanti. «Sono inesperti, hanno una formazione di appena qualche mese». Si dovrebbe andare ad attingere, a suo dire, «dalle graduatorie già esistenti» senza intasare ulteriormente il sistema con corsi «talvolta anche non riconosciuti». Ma il reclutamento, obietta ad esempio Mariapia Maccaglia, non necessariamente dovrebbe convergere là dove si concentrano i contagi Covid. Ci sono «anche in reparti 'puliti' come ostetricia o oncologia». Si andrebbe comunque a alleggerire la catena, «di cui noi siamo il primo anello: ci occupiamo di smaltimento rifiuti, distribuzione pasti, igiene dei pazienti». Figure essenziali in questo momento, ragiona lei, «ancora di più del personale infermieristico deputato invece alla sola somministrazione delle terapie».Ilaria Mariotti  

Formazione e tirocini a distanza durante il Covid, il Piemonte aggiorna le indicazioni

Anche il Piemonte ha aggiornato per l’autunno le sue indicazioni in merito a come procedere con percorsi di formazione durante l’emergenza Covid. Le FAQ relative alla determinazione dirigenziale n° 490 del 06/08/2020 sono state aggiornate, il 30 ottobre, e un documento di quarantaquattro pagine è scaricabile in pdf dal sito della Regione. Esso contiene indicazioni molto specifiche relative a IeFP (il sistema di istruzione e formazione professionale articolato in percorsi di durata triennale e quadriennale finalizzati al conseguimento di qualifiche e diplomi professionali, di competenza regionale), ITS-IFTS-MDL (l’Istruzione Tecnica Superiore che offre corsi di specializzazione tecnologica; il sistema di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore articolato in percorsi programmati dalle Regioni di due semestri finalizzati al conseguimento di un certificato di “specializzazione tecnica superiore”; e infine i corsi Mercato del Lavoro di formazione finanziata per la lotta contro la disoccupazione), FCI-PFI (voucher di partecipazione e Piano Formativo Individualizzato), corsi riconosciuti, servizi per l’orientamento, politiche del lavoro, apprendistato professionalizzante, apprendistato duale, istituti professionali - formazione sussidiaria, e infine diritto allo studio. Qui sotto riportiamo le domande/risposte più rilevanti rispetto allo svolgimento di tirocini, sia curricolari sia extracurricolari, sul territorio piemontese in queste settimane. ATTIVITÀ FORMATIVE (GESTIONE, REGISTRAZIONE, ASPETTI TRASVERSALI)B.6 E' possibile realizzare le attività di stage con modalità smart working? Come devono essere tracciate?Per poter svolgere l’attività di stage con modalità smart working è necessario che l’azienda invii al partecipante ed al tutor dell’operatore una email in cui siano descritti il periodo di svolgimento, le attività che devono essere svolte, gli obiettivi che devono essere raggiunti e indicate le modalità che devono essere adottate per tracciare l’attività svolta. Alla conclusione del periodo di stage in smart working l’azienda dovrà dichiarare l’avvenuta esecuzione delle attività previste e il raggiungimento o meno degli obiettivi concordati.Ai fini della riconoscibilità delle azioni deve essere adottata la scheda FAD pubblicata sul sito internet regionale.B.23 Qual è la modalità corretta di registrazione dell’attività di stage realizzata con project-work?Le ore di attività di P.W. dovranno essere attestate a conclusione del percorso mediante verbale complessivo, relativo a tutti gli allievi del singolo corso, redatto e sottoscritto dal/i tutor (da tenere agli atti dell’attività corsuale).B.33 Anche per i corsi normati possono essere estese le condizioni per la gestione dello stage con project work previste per le altre tipologie di percorsi formativi?Non è possibile, in quanto non previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 31/03/2020.B.39 Precedentemente all’emergenza epidemiologica in atto, per i diplomi professionali che prevedono abilitazione non era richiesta la suddivisione delle assenze tra ore di teoria, pratica e stage. In considerazione di quanto indicato nella D.D. n. 152/2020, diventa ora necessario che ogni allievo sia effettivamente presente per l’ammontare di ore di pratica e di stage previsto?L’operatore è tenuto a erogare in presenza le ore di pratica e di stage previste.La frequenza degli allievi deve rispettare esclusivamente i limiti previsti ai fini della validità del corso.POLITICHE DEL LAVOROH.5 È possibile attualmente svolgere ore di tutoraggio ai tirocinanti in smart working?Sì, per i tirocinanti in smart working è possibile svolgere le ore di tutoraggio che dovranno essere riportate sul nuovo modello di registro editabile.H.8 Per Garanzia Giovani PON IOG i Centri per l’Impiego adotteranno la stessa modalità a distanza per l’attività di presa in carico (1B)?La possibilità di erogare servizi a distanza è prevista anche per i Centri per l’Impiego nell’ambito delle attività di competenza in Garanzia Giovani PON IOG.H.13 Si possono proseguire le attività con utenti il cui percorso di 3 mesi per i Buoni Servizi Lavoro o 2 mesi per Garanzia Giovani sarebbe dovuto terminare in marzo?Sì, ove è possibile si possono riprendere i percorsi eventualmente sospesi erogando le attività a distanza.H.14 Alla luce delle sospensioni gestite dai operatori dei servizi al lavoro (es. il case manager) con motivazione "chiusura aziendale per emergenza sanitaria – Covid-19", al fine del computo dei 3 mesi di durata effettiva del tirocinio bisogna considerare solo le giornate in cui il tirocinio si è realmente svolto o anche le giornate in cui risulta sospeso?Bisogna considerare solo le giornate effettivamente svolte.H.15 I tirocini extracurriculari eventualmente sospesi possono essere riattivati? Sono attivabili nuovi tirocini?Sì, i tirocini extracurriculari sospesi sono riattivabili e sono, altresì, attivabili nuovi tirocini.H.16 In caso di tirocinio in scadenza eventualmente sospeso, come deve essere trattata la proroga?È necessario effettuare una COB di proroga per evitare la cessazione del tirocinio stesso. La proroga deve essere fatta per i giorni maturati dalla data di inizio sospensione alla data di scadenza naturale.H.17 Nel caso in cui le attività di un tirocinio sospeso per l’emergenza in atto possano essere svolte in smart-working, i tirocini possono proseguire e con quali modalità?Il soggetto ospitante che intende avvalersi di tale possibilità deve farne richiesta scritta al soggetto promotore fornendo adeguata relazione circa gli strumenti e le modalità di svolgimento adottate per assicurare un adeguato tutoraggio del percorso di tirocinio e, acquisitone il parere favorevole, il tirocinio potrà ripartire. Sul “Portale tirocini” verrà indicata la data fine della sospensione e nelle ulteriori informazioni dovrà essere indicata la data di ripresa del percorso segnalando che sarà effettuata in modalità smart working.H.18 Possono essere attivati nuovi tirocini in “smart working” o in modalità mista (in parte in presenza e in parte in modalità agile)?Si, tale modalità è prevista fino al perdurare dell’emergenza sanitaria, nel caso in cui le aziende non possano attuare le misure di protezione e prevenzione previste.H.19 È possibile presentare richiesta di autorizzazione per l’avvio di tirocini finanziati e quando sarà possibile attivarli?Sì, è possibile. Le domande verranno istruite secondo le tempistiche previste dalla procedura, ossia in base alle domande pervenute entro l’ultimo giorno di ogni mese.H.20 Le aziende possono interrompere i tirocini eventualmente sospesi prima del termine naturale?Il periodo di sospensione non si può configurare come assenza del tirocinante, in quanto non a lui imputabile; pertanto la proroga non è una facoltà dell’azienda ma è un diritto del tirocinante, il quale ha diritto a concludere il suo percorso e a vedersi riconosciuta l’indennità che la disciplina prevede venga sospesa e riconosciuta, appunto, con la proroga correlata. E’ fatta salva la possibilità di interrompere il tirocinio per l’oggettiva impossibilità da parte dell’azienda di proseguire il percorso e conseguire gli obiettivi prefissati: in tal caso, il soggetto ospitante dovrà inviare comunicazione scritta e motivata al soggetto promotore.H.21 E’ possibile attivare nuovi tirocini in aziende che hanno in corso CIG o altre forme di integrazione salariale?Sì, è possibile avviare nuovi tirocini esclusivamente per mansioni non equivalenti a quelle coinvolte dalla CIG o da altre forme di integrazione salariale.H.22 È possibile far ripartire con modalità smart working un tirocinio eventualmente sospeso presso un’azienda che si trova in CIG?Si, è possibile se vi sono le condizioni per assicurare un adeguato tutoraggio e supporto aziendale; pertanto le modalità di svolgimento dovranno essere organizzate sulla base degli orari di operatività del tutor aziendale.H.24 Le ore di tirocinio in smart working devono essere registrate?Sì. Nel caso in cui l’azienda non abbia fornito un registro al tirocinante, per registrare le ore effettuate giornalmente si può scaricare l’apposito registro editabile dal sito al seguente indirizzo internet:https://www.regione.piemonte.it/web/temi/fondi-progetti-europei/fondo-sociale- europeo-fse/gestione-attuazione-por-fse/registri-emergenza-coronavirus.L'intero documento della Regione Piemonte è scaricabile qui

Attivazioni e riattivazioni di tirocini durante il Covid, le nuove indicazioni della Lombardia

L'emergenza Coronavirus impatta in maniera massiccia sul mondo del lavoro, e di conseguenza anche su quello degli stage. Ma quali sono oggi le possibilità alternative previste per la gestione dei tirocini? Quali protocolli di sicurezza si applicano agli stagisti? E’ possibile attivare nuovi tirocini direttamente in modalità “a distanza”? E prorogare invece quelli sospesi e poi magari scaduti durante il periodo di emergenza Covid–19? Come si gestiscono gli stage presso aziende che usufruiscono di ammortizzatori sociali come la cassa integrazione? Pochi giorni fa la Regione Lombardia, dove si svolge ogni anno oltre un quinto dei tirocini di tutta Italia, ha reso pubbliche trentatré FAQ aggiornate sulla “gestione dei tirocini nell'ambito dell'emergenza Covid-19”: un aggiornamento delle FAQ già esistenti “ai sensi delle ultime disposizioni governative e regionali”.Qui di seguito le FAQ.1. LINEE GENERALI SULL’ATTIVAZIONE E RIATTIVAZIONE DEI TIROCINI1.1 Da quando è possibile attivare nuovi tirocini, curriculari ed extracurriculari, e riattivare quelli sospesi per emergenza Covid–19?A partire dal 18 maggio 2020 è possibile attivare nuovi tirocini extracurriculari e curriculari per soggetti maggiorenni (anche universitari) e riattivare quelli sospesi per emergenza Covid-19, unicamente negli ambienti lavorativi e nei laboratori per i quali non sussistano le restrizioni all’esercizio dell’attività derivanti dalle disposizioni governative e regionali.1.2 Quali sono le possibilità alternative previste per la gestione dei tirocini nel periodo di emergenza?1. Sospendere il tirocinio:a. in caso di chiusura delle attività aziendali a seguito di provvedimenti restrittivi b. in caso di sospensione dei lavoratori (in CIG, CIGD, Fondi bilaterali, e qualunque altro tipo di ammortizzatore) a ore o a rotazione che appartengono  alla stessa unità operativa e adibiti  alle stesse mansioni del tirocinante, salvo accordi sindacali. Il periodo di sospensione può essere in questi casi recuperato (vd. punto 3).2. Far svolgere l’esperienza presso il domicilio del tirocinante in modalità a distanza assimilabili allo smart working, nei casi in cui gli obiettivi del piano formativo siano riconducibili a profili professionali che consentono uno svolgimento dell’esperienza formativa non in presenza. In tali casi, il soggetto ospitante dovrà assicurare la costante disponibilità del tutor aziendale all’assistenza per il tramite di adeguata tecnologia. Inoltre, il soggetto ospitante dovrà acquisire il parere relativo allo svolgimento del tirocinio in modalità assimilabile allo smart working, sia del tirocinante che del soggetto promotore, garante dell’esperienza formativa. Resta ferma la possibilità di interrompere i tirocini qualora gli obiettivi formativi del tirocinio non siano conseguibili data l’attuale situazione. Qualora le parti interessate decidano di non procedere con il recupero del tempo di sospensione attraverso la proroga della durata iniziale, la chiusura anticipata del tirocinio dovrà essere formalizzata e motivata. Di conseguenza, al momento dell’inserimento della Comunicazione di Cessazione del tirocinio in GEFO, dovrà essere allegato un documento che riporti le motivazioni del mancato recupero del periodo di sospensione. Si ricorda che tutta la documentazione relativa all’andamento dei tirocini dovrà essere tenuta agli atti dal soggetto promotore.2. VERIFICHE OBBLIGATORIE PRIMA DELL’ATTIVAZIONE/RIATTIVAZIONE DEI TIROCINI2.1 Quali condizioni è necessario verificare prima della attivazione/riattivazione di un tirocinio?Prima dell’attivazione di un tirocinio è necessario verificare:  1) la presenza, alla luce della normativa vigente, delle condizioni necessarie per lo svolgimento dell’attività lavorativa che costituisce l’oggetto della formazione del tirocinante (e quindi che non vi siano restrizioni all’esercizio dell’attività o alla mobilità, in base ai codici Ateco e alle ordinanze in essere);2) la presenza delle condizioni, come richiesto dalle disposizioni governative e regionali, che assicurino adeguati livelli di protezione per lo svolgimento delle attività in azienda da parte dei lavoratori (uso di dispositivi di protezione individuale, distanza di sicurezza, orari, ecc...).In assenza di tali presupposti, il tirocinio non può essere attivato/riattivato. Qualora, nel corso del tempo, tali presupposti venissero a mancare, il tirocinio dovrà essere interrotto.2.2 Quali protocolli di sicurezza si applicano ai tirocinanti?Ai tirocinanti devono essere applicate le disposizioni/protocolli previsti per il settore, l’attività e il luogo di lavoro (struttura/azienda ospitante) ove è esercitata l’esperienza formativa in tirocinio. A tal fine, è necessario tenere conto anche delle misure contenute nelle corrispondenti schede tecniche delle recenti ordinanze regionali.In presenza di più tirocinanti presso la medesima struttura/azienda e in attuazione di detti protocolli potrà essere necessario articolare le attività di tirocinio secondo turni da concordare con il tirocinante, il responsabile dell’azienda/struttura ospitante e/o tutor aziendale2.3 Quali sono i requisiti che deve verificare il soggetto promotore e con quale modalità?Il soggetto promotore verifica la presenza dei requisiti sopra richiamati nelle seguenti modalità: - acquisisce la dichiarazione del soggetto ospitante, a norma del D.P.R. 28/12/2000 N. 445 ivi comprese le responsabilità di cui agli articoli 75 e 76, nella quale assicura l’applicazione, nei confronti del tirocinante, degli stessi protocolli di sicurezza previsti per i lavoratori, ivi comprese le prescrizioni previste, in capo ai datori di lavoro, dalle ordinanze regionali;- inserisce nel progetto formativo di tirocinio (anche con un addendum in caso di proroga) l’obbligo, sia per il soggetto ospitante che per il tirocinante, di adottare le misure di sicurezza sopra citate;- inserisce, nel progetto formativo di tirocinio, la previsione di attività che potranno essere  svolte preferibilmente in modalità “a distanza”, come individuate dal soggetto ospitante. La modalità “a distanza” deve essere preferibile, ove possibile, prevedendo un mix distanza-presenza, limitando il tempo di presenza allo stretto necessario a garantire la qualità del tutoraggio. In ogni caso, il piano formativo deve individuare anche le modalità (telematiche o altro) con cui si svolge il tutoraggio;- nel caso di tirocinanti minorenni, acquisisce l’assenso dei genitori o del soggetto che ne esercita la tutela;- assicura tutti gli  altri elementi che caratterizzano e qualificano l’esperienza di tirocinio, ivi compreso il tutoraggio, anche nello svolgimento delle attività formative da svolgersi “a distanza”.2.4 Cosa viene richiesto al soggetto ospitante?Il soggetto ospitante:- fornisce al tirocinante le prescrizioni previste per la sicurezza sanitaria dai protocolli applicati per i lavoratori;- applica, per il tirocinante, le stesse misure di carattere sanitario del personale previste dalle recenti ordinanze regionali;- definisce tempi e modalità per lo svolgimento delle attività formative, individuando quelle che è possibile svolgere in modalità “a distanza” (in analogia a quelle svolte dai lavoratori in regime di smartworking);2.5 Come si gestisce il tirocinio nel caso di orario notturno a seguito delle ultime restrizioni sugli spostamenti e la mobilità delle persone?L’orario di svolgimento del tirocinio dovrà rispettare le disposizioni governative e regionali relative alle restrizioni sugli spostamenti e la mobilità delle persone.3. ATTIVAZIONE/RIATTIVAZIONE DEI TIROCINI IN MODALITA’ A DISTANZA3.1 E’ possibile attivare/riattivare nuovi tirocini nella modalità “a distanza” (in analogia a quelle svolte dai lavoratori in regime di smart working)?Nella nuova fase dell’emergenza Covid-19 e fino a tutta la durata della stessa, è possibile attivare nuovi tirocini/riattivare o proseguire i tirocini, sia in presenza che nella modalità “a distanza” (in analogia a quelle svolte dai lavoratori in regime di smart working). 3.2 Quali sono le condizioni richieste per la prosecuzione del tirocinio con modalità alternative alla presenza in azienda?Le condizioni richieste sono:- Coerenza dei contenuti del progetto formativo e delle attività oggetto del tirocinio con la modalità di svolgimento a distanza,- Disponibilità da parte del soggetto ospitante di tecnologie telematiche,- I sistemi utilizzati in tali casi dovranno ad ogni modo garantire: autenticazione dell'utente; tracciamento delle attività; modalità di formazione a distanza e di tutoraggio che replichino, per quanto più possibile, la formazione on the job.Inoltre, il soggetto ospitante dovrà assicurare la costante disponibilità del tutor aziendale all’assistenza per il tramite di adeguata tecnologia.3.3 In quali casi è preferibile la modalità a distanza?La modalità “a distanza” deve essere preferibile ove necessario per assicurare le distanze di sicurezza previste dalla normativa vigente, anche prevedendo un mix distanza-presenza e limitando il tempo di presenza a quanto necessario a garantire la qualità del tutoraggio. In ogni caso, il piano formativo deve individuare anche le modalità (telematiche o altro) con cui si svolge il tutoraggio.3.4 Quali adempimenti amministrativi richiesti vengono richiesti nel caso di svolgimento del tirocinio a distanza?In relazione agli aspetti formali, se il tirocinio si svolge in questa modalità nonè dovuta alcuna ulteriore comunicazione sul sistema delle Comunicazioni obbligatorie, a parte ovviamente la Comunicazione di avvio nel caso di nuovi tirocini o la Comunicazione di proroga al momento del recupero della sospensione nel caso dei tirocini riattivati. Resta inteso che nel fascicolo del tirocinante, o in un addendum alla convenzione di tirocinio, dovrà essere presente idonea documentazione dalla quale evincere che da una certa data il tirocinio si svolge con nuove modalità. Si raccomanda ai datori di lavoro di prestare attenzione alle coperture assicurative e di inoltrare al tirocinante le dovute informative sulla salute e sicurezza nel lavoro agile.3.5 Quali sono i documenti che si devono utilizzare durante lo svolgimento del tirocinio in modalità a distanza?I documenti cartacei devono contenere tutti i dati necessari per tracciare e comprovare lo svolgimento regolare delle attività previste. E’ indispensabile tenere agli atti la documentazione completa nel caso di eventuali verifiche ispettive da parte degli enti competenti.Per quanto riguarda l’utilizzo di modalità alternative a quella cartacea, ad es. per le attività svolte a distanza, è necessario che soggetto promotore e soggetto ospitante concordino i termini e gli strumenti necessari per garantire la tracciabilità. 3.6 Se viene attivato un tirocinio in modalità smart working (totalmente o parzialmente) seguendo il modello organizzativo adottato dall'azienda, potrà proseguire con la stessa modalità anche se le deroghe concesse in questo periodo dovessero cessare i loro effetti?Se il tirocinio è stato avviato durante il periodo di emergenza Covid-19 scegliendo come modalità di svolgimento lo smart working in coerenza con gli obiettivi definiti nel PFI, nel caso in cui la data di conclusione naturale non ricada più nel periodo emergenziale, lo stesso può proseguire con questa modalità fino alla data di conclusione inizialmente programmata.4. CALCOLO DELLA DURATA E GESTIONE DELLA SOSPENSIONE DEL TIROCINIO4.1 In quali casi è prevista la sospensione dei tirocini per causa “emergenza epidemiologica Covid-19”?Il tirocinio extracurriculare può essere prorogato al fine di recuperare i periodi di sospensione (che non concorrono al computo della durata complessiva del tirocinio) per motivi legati all’emergenza epidemiologica e per fruizione di ammortizzatori da parte dei soggetti ospitanti. Quindi, durante l'emergenza epidemiologica Covid-19 è prevista la sospensione dei tirocini in corso:- in caso di chiusura delle attività aziendali a seguito di provvedimenti restrittivi - in caso di sospensione dei lavoratori (in CIG, CIGD, Fondi bilaterali, e qualunque altro tipo di ammortizzatore) a ore o a rotazione che appartengono alla stessa unità operativa e adibiti alle stesse mansioni del tirocinante, salvo accordi sindacali. - in caso di isolamento fiduciario o quarantena obbligatoria del tirocinante (in analogia con i periodi di sospensione per malattia).Il periodo di sospensione può essere recuperato. E' necessario predisporre un Addendum al Progetto Formativo sottoscritto da soggetto promotore, soggetto ospitante e tirocinante, che riporti il periodo di sospensione e le relative motivazioni.4.2 Come si calcola la durata complessiva del tirocinio?Per quanto riguarda il computo della durata del tirocinio, la durata complessiva dello stesso, al netto dei periodi di sospensione, non deve superare la durata massima prevista al punto 3.4 delle Linee di indirizzo regionali in materia di tirocini.4.3 In che modo viene comunicata la sospensione del tirocinio? Per i tirocini sospesi in applicazione delle norme sanitarie per l'emergenza epidemiologica Covid-19 dovrà essere predisposto un addendum alla convenzione di tirocinio indicando il periodo di sospensione. Tale documento, che dovrà riportare la dicitura “Addendum - emergenza epidemiologica Covid-19”, dovrà essere tenuto agli atti. 4.4 Come vengono recuperati i periodi di sospensione?I tirocini sospesi per l'emergenza epidemiologica Covid-19 vanno prorogati per un tempo pari al periodo di sospensione e fino al raggiungimento della durata inizialmente prevista, e cioè, a completamento del periodo inizialmente previsto. La durata complessiva del tirocinio non deve superare la durata massima prevista al punto 3.4 delle Linee di indirizzo regionali in materia di tirocini.4.5 Quali sono i criteri per il calcolo del periodo da recuperare?Il calcolo del periodo da recuperare (periodo trascorso tra la sospensione e la riattivazione) si effettua partendo dalla data di blocco dello svolgimento dei tirocini per emergenza Covid–19 fino alla data di ripresa dell'attività aziendale che comunque non può essere antecedente al 18 maggio, data in cui Regione  Lombardia, con nota del 15 maggio 2020, ha disposto l’attivazione di nuovi tirocini e la riattivazione dei tirocini sospesi. Il recupero del periodo di sospensione avviene sempre nel rispetto della durata massima prevista dalle Linee di indirizzo regionali in materia di tirocini (DGR 7763 del 17 gennaio 2018).4.6 E’ possibile recuperare il periodo di sospensione per quarantena obbligatoria o isolamento fiduciario?I periodi di quarantena obbligatoria o di isolamento fiduciario fino all’esito definitivo di negatività possono essere considerati “sospensione per giustificato motivo” e quindi recuperati successivamente, tramite proroga, nel rispetto della durata massima prevista dalle Linee di indirizzo regionali in materia di tirocini. In quel caso va predisposto un Addendum al Progetto Formativo sottoscritto da soggetto promotore, soggetto ospitante e tirocinante, che riporti il periodo di sospensione e le relative motivazioni. Si precisa che il rientro del tirocinante dovrà avvenire nel pieno rispetto delle norme di sicurezza e di prevenzione del contagio Covid–19 emanate dal governo e dalle autorità sanitarie competenti.4.7 Come si deve gestire un tirocinio attivato presso esercizi commerciali soggetti a restrizioni ai sensi dei provvedimenti emanati? In caso di tirocini attivati presso esercizi commerciali per i quali è prevista la chiusura nel fine settimana o la riduzione di orario ai sensi dei provvedimenti emanati, il tirocinante sarà considerato assente giustificato, non sarà necessario rimodulare l’orario e il periodo di inattività potrà essere oggetto di recupero per sospensione nel rispetto della durata massima del tirocinio prevista dalle linee di indirizzo. 5. GESTIONE DELLE PROROGHE5.1 Quando deve essere comunicata la proroga?Si invita i soggetti interessati a comunicare formalmente la proroga prima della scadenza naturale del tirocinio. Le operazioni sull’attuale sistema informativo regionale (GEFO) sono le stesse che si utilizzano per la comunicazione delle proroghe convenzionali. Per i tirocini scaduti e non prorogati durante il periodo di sospensione per emergenza Covid–19 vedi FAQ 6.1 “TIROCINIO A COMPLETAMENTO”.5.2 Come si gestisce la proroga di un tirocinio che non ha subito sospensioni?Nel caso di proroghe di tirocini che non hanno subito una sospensione, il soggetto promotore dovrà procedere all’aggiornamento e formalizzazione del PFI/PP inizialmente previsto nel tirocinio da prorogare. L’aggiornamento dovrà riguardare le sezioni relative alla durata, garanzie  assicurative obbligatorie, responsabilità civile verso terzi e gli Obiettivi e modalità di svolgimento del tirocinio. Potranno essere aggiornate anche sezioni che non comportino la modifica sostanziale del PFI/PP stesso. A seguito dell’aggiornamento il soggetto promotore dovrà formalizzare il nuovo PFI/PP.5.3 Come si gestisce la proroga nel caso in cui la scadenza del tirocinio non ricada nel periodo di sospensione dell'attività produttiva?Nei casi in cui la scadenza del tirocinio non ricada nel periodo di sospensione dell'attività produttiva, prima della scadenza naturale del tirocinio, dovrà essere effettuata sul sistema delle Comunicazioni obbligatorie una comunicazione di proroga per il periodo corrispondente alla sospensione. In tal caso dovrà essere predisposto un addendum alla convenzione di tirocinio indicando il periodo di sospensione. Tale documento, dovrà riportare la dicitura “Addendum - emergenza epidemiologica Covid-19” e dovrà essere caricato sul portale regionale allegando una copia al momento della registrazione della proroga da effettuare sul sistema informativo GEFO.5.4 Come si gestisce il tirocinio qualora le parti interessate decidano di non procedere con il recupero del tempo di sospensione attraverso la proroga della durata iniziale?Qualora le parti interessate decidano di non procedere con il recupero del tempo di sospensione attraverso la proroga della durata iniziale:a) nel caso di tirocinio non scaduto durante il periodo di emergenza, la chiusura anticipata del tirocinio dovrà essere formalizzata e motivata. Di conseguenza, al momento dell’inserimento della Comunicazione di Cessazione del tirocinio in GEFO, dovrà essere allegato un documento che riporti le motivazioni del mancato recupero del periodo  di sospensione. Si ricorda che tutta la documentazione relativa all’andamento dei tirocini dovrà essere tenuta agli atti dal soggetto promotore.b) Nel caso di tirocinio scaduto durante la fase di emergenza, la Comunicazione di cessazione non è dovuta in quanto il mancato recupero del periodo di sospensione, non si configura come un'interruzione (intesa come conclusione prima della scadenza naturale inizialmente programmata).6. GESTIONE DEI TIROCINI SCADUTI DURANTE IL PERIODO DI EMERGENZA COVID –19 –TIROCINIO A COMPLETAMENTO6.1 E' possibile prorogare un tirocinio che era stato sospeso e che poi è scaduto durante il periodo di emergenza Covid–19?TIROCINIO A COMPLETAMENTO.- Nel caso in cui il tirocinio sospeso sia scaduto naturalmente durante il periodo di emergenza sanitaria, sarà possibile attivare un “nuovo” tirocinio presso lo stesso soggetto ospitante per un periodo aggiuntivo pari a quello trascorso in sospensione e comunque non inferiore a 30 giorni solari, fermo restando il rispetto della durata massima del tirocinio prevista dalla normativa regionale. Il soggetto promotore, quindi, verificata la volontà delle parti e la sussistenza di tutte le condizioni necessarie alla ripresa del percorso, potrà procedere con un Tirocinio a completamento.L’attivazione del tirocinio a completamento deve prevedere lo stesso soggetto promotore ed ospitante presenti nel tirocinio da completare.6.2 Nel caso di tirocinio scaduto durante il periodo di emergenza è possibile recuperare con il Tirocinio a completamento un periodo di sospensione pari a 15 giorni solari? No. Le indicazioni di cui alla FAQ 6.1 si applicano ai tirocini scaduti durante il periodo di emergenza Covid 19 che siano stati sospesi per un periodo di tempo pari o superiore a 30 giorni solari.6.3 Come si calcola la durata del tirocinio a completamento?La durata  minima è di 30 giorni solari e dovrà essere pari al periodo di sospensione avvenuto nel tirocinio da cui origina il completamento e, comunque, entro i limiti della durata originaria del tirocinio, attestata dal certificato sanitario o da altro documento idoneo a comprovare l’effettiva sospensione. Tale documentazione dovrà essere inserita nel Dossier Individuale del tirocinante.6.4 Quali sono gli adempimenti amministrativi previsti nel caso del tirocinio a completamento?Il  tirocinio a completamento deve essere oggetto di una Comunicazione Obbligatoria di avviamento da parte del soggetto ospitante, o altro soggetto così come definito nella Convenzione del tirocinio da completare. La durata dello stesso dovrà corrispondere al periodo trascorso in sospensione e comunque non inferiore a 30 giorni solari, fermo restando il rispetto della durata massima del tirocinio prevista dalla normativa regionale.6.5 Come si gestisce la Convenzione nel caso in cui sia scaduta?Qualora la Convenzione da cui origina il tirocinio da completare sia scaduta, la stessa deve essere integrata con la seguente dicitura: “Le Parti concordano di prorogare la presente convenzione alla data di conclusione del tirocinio a completamento (indicata nel Progetto Formativo Individuale): del tirocinante Sig________ cognome nome (in caso di convenzione individuale), dei seguenti tirocinanti, (in caso di convenzioni collettive): Sig ______ , Sig________; .....La Convenzione integrata dovrà essere nuovamente firmata dal soggetto promotore (denominazione soggetto promotore riportata in automatico dal sistema) e dal soggetto ospitante senza necessità di applicare una nuova marca da bollo.6.6 Cosa deve prevedere il PFI nel caso del tirocinio a completamento?Il PFI/PP del tirocinio a completamento deve fare riferimento agli obiettivi formativi già indicati nel PFI/PP del tirocinio da cui origina il completamento, senza prevedere l’acquisizione di nuove competenze. Ciò comporta, da parte del soggetto promotore, l’aggiornamento e la formalizzazione del PFI/PP inizialmente previsto nel tirocinio da completare. L’aggiornamento dovrà riguardare le sezioni relative alla durata, garanzie assicurative obbligatorie e responsabilità civile verso terzi. Potranno essere aggiornati anche sezioni che non comportino la modifica sostanziale del PFI/PP stesso, non potranno essere comunque modificati le sezioni relative agli Obiettivi e modalità di svolgimento del tirocinio. Tutta la documentazione attestante l’eccezionalità dell’evento dovrà essere tenuta nel Dossier Individuale del tirocinante relativo al Tirocinio a completamento.6.7 Il tirocinio a completamento può essere prorogato?Al termine del tirocinio a completamento, se del caso, potrà essere attivata una proroga di tirocinio in coerenza con quanto previsto dalla normativa regionale.7. GESTIONE DEI TIROCINI PRESSO AZIENDE CHE USUFRUISCONO DI AMMORTIZZATORI SOCIALI7.1 Come si gestiscono i tirocini presso aziende che usufruiscono di ammortizzatori sociali (CIG, CIGD, Fondi bilaterali ecc.)?Nel il rispetto delle linee guida regionali approvate con D.G.R. 17 gennaio 2018, n. 7763, il soggetto ospitante:“ad avvio del tirocinio, nell’unità operativa di svolgimento del tirocinio, non deve avere in corso procedure o sospensioni di CIG straordinaria o in deroga, per mansioni medesime a quelle del tirocinio salvo il caso in cui ci siano accordi con le organizzazioni sindacali che prevedono tale possibilità.”Esclusivamente per la fase transitoria legata all’emergenza Covid-19, al fine di assicurare la continuità dei tirocini già avviati, è consentita la continuità o l’eventuale riattivazione di un tirocinio precedentemente sospeso presso aziende che abbiano in corso sospensioni per Cassa Integrazione anche nei casi dove i lavoratori, della stessa unità operativa e adibiti alle stesse mansioni del tirocinante, sono stati sospesi a ore o a rotazione, fermo restando quanto disciplinato dal paragrafo 2.2 delle Linee di indirizzo sopra menzionate (ovvero il tirocinio attivo in modalità “a distanza” e con la presenza operativa del tutor, affinché il tutoraggio sia comunque garantito). Nel caso in specie, pertanto, in analogia a quanto previsto dalle Linee di indirizzo regionali, la riattivazione sarà possibile unicamente in presenza di “accordi con le organizzazioni sindacali che prevedono tale possibilità”. L’accordo dovrà essere tenuto agli atti dal soggetto promotore.7.2 L’azienda ospitante ha richiesto la Cassa integrazione per tutti i settori ma non la sta utilizzando, i tirocini sospesi possono essere riattivati anche in assenza di accordo?Qualora la sospensione parziale (a rotazione o a ore) non coinvolga lavoratori con le stesse mansioni del tirocinante, il tirocinio può essere attivato/riattivato senza la necessità che sia previsto in accordi con le organizzazioni sindacali, fermo restandola presenza operativa del tutor, affinché il tutoraggio sia comunque garantito.7.3 In assenza di accordo, il tirocinio deve essere sospeso anche nel caso in cui l’azienda che fruisce di ammortizzatori sociali non ha lavoratori della stessa unità operativa e adibiti alle stesse mansioni del tirocinante, sospesi a ore o a rotazione?Qualora la sospensione parziale (a rotazione o a ore) non coinvolga lavoratori con le stesse mansioni del tirocinante, il tirocinio può essere attivato/riattivato senza la necessità che sia previsto in accordi con le organizzazioni sindacali, fermo restando la presenza operativa del tutor, affinché il tutoraggio sia comunque garantito.8. ATTIVAZIONE TIROCINI EXTRACURRICULARI PER CITTADINI NON COMUNITARI RESIDENTI ALL’ESTERO8.1 In base a quanto disposto da Regione Lombardia per il periodo di emergenza Covid-19, è possibile presentare nuovi tirocini extracurriculari per cittadini non comunitari residenti all’estero (tirocini extra UE)?I cittadini non comunitari (nazionalità extra UE) residenti all’estero che attestano un titolo di studio conseguito entro e non oltre i 12 mesi dalla presentazione della domanda, possono attivare un tirocinio in Italia tramite una specifica procedura disposta dalla normativa regionale (DGR 4732 del 22.01.2016 e d.d.u.o. 909 del 12.02.2016). In generale, l’ammissibilità del progetto e l’attivazione del tirocinio è soggetta alle limitazioni sulla mobilità tra paesi vigenti al momento della valutazione della domanda. Si ricorda che, come previsto dalle disposizioni regionali, il visto di ingresso viene rilasciato dalle Rappresentanze diplomatiche consolari competenti su richiesta della persona straniera, nei limiti del contingente triennale determinato con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell'Interno ed il Ministro degli Affari Esteri. Alla richiesta di visto deve essere unito il passaporto, copia della convenzione e del progetto formativo redatti e validati dalla Regione. La persona straniera residente all’estero viene informata dalla Rappresentanza diplomatica consolare dell'obbligo di richiedere al Questore della provincia in cui si trova, entro otto giorni lavorativi dall'ingresso in Italia, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di tirocinio.Qui la pagina Tirocini extracurricolari / indicazioni operative sul sito della Regione Lombardia

Tirocini e Covid, nuove indicazioni della Regione Lazio: cosa fare in caso di quarantena e cassa integrazione

La Regione Lazio ha pubblicato oggi un aggiornamento del documento di FAQ (Frequently Asked Questions) legato alla dgr sulla disciplina dei tirocini extracurricolari. In particolare i tre nuovi quesiti cui viene fornita risposta riguardano tutti la situazione attuale con l'emergenza Coronavirus: è possibile organizzare un tirocinio in modalità alternata tra presenza in sede e da remoto? Cosa si deve fare se il tirocinante finisce in quarantena o in isolamento? E infine, se un'azienda ha in atto una procedura di cassa integrazione dovuta al Covid, può avere stagisti? Piccolo spoiler: alla prima domanda la risposta è sì, ma con molte riserve: alla Regione Lazio la modalità mista, con il tirocinante che in alcuni giorni va in ufficio e in altri prosegue da casa, non convince. Alla seconda domanda la risposta è che se il tirocinante è in attesa dell'esito del tampone, il tirocinio va sospeso. E alla terza domanda, beh, la risposta è che se un'azienda sta riducendo le ore lavorative del suo personale attraverso la cassa integrazione, dovrà guardarsi bene dal prendere stagisti per far loro svolgere il lavoro che i dipendenti non possono più fare.Qui sotto le risposte complete. Da notare che la Regione Lazio ci tiene ancora una volta a specificare i tirocinanti non vanno usati «per sostituire i lavoratori assenti». Neanche in tempo di Covid. Gestione dei tirocini durante EMERGENZA COVID-19 / FAQAggiornamento del 6 novembre 2020D: Durante l’attuale fase d’emergenza Covid-19 è possibile attivare, o riprendere, il medesimo tirocinio in modalità alternata tra presenza in sede ed e-learning? R: Durante l’attuale fase d’emergenza, si dovrà valutare in prima istanza se il tirocinio possa essere svolto in presenza, ferma restando la rigida attuazione delle disposizioni nazionali e regionali sulla sicurezza organizzativa e sanitaria per il contenimento del Covid-19, altrimenti si dovrà optare per il tirocinio in FAD. Il tirocinio in FAD è realizzabile laddove i contenuti del progetto formativo individuale si prestino alla loro attuazione (in termini di apprendimento, orari e tutorship) mediante tecnologie digitali (ICT), come quelle utilizzate per l’organizzazione del lavoro e della formazione in ambienti virtuali. Il ricorso a tale opzione deve rispettare rigorosamente le indicazioni dettate con nota circolare della Regione Lazio n. 255844 del 30.03.2020 pubblicata sul canale regionale Lavoro, sezione Tirocini extracurriculari. Si ricorda che per i tirocini finanziati a valere su bandi e avvisi pubblici (es. Garanzia Giovani) tale modalità deve essere espressamente prevista dalla Regione Lazio con proprio atto. Nel caso in cui il soggetto ospitante, per ragioni di sicurezza, abbia organizzato il lavoro dei dipendenti alternando giornate in presenza con giornate in smartworking dei propri dipendenti, è possibile estendere tale possibilità anche ai tirocinanti. Tale estensione deve essere: - considerata come soluzione residuale e cautelativa; - correlata a comprovate e documentate ragioni di sicurezza; - congruente con gli obiettivi formativi del tirocinio (espressi nel PFI) e con le modalità del suo svolgimento, assicurando un tutoraggio costante; - dettagliata nel PFI e nelle sue eventuali integrazioni. Si evidenzia che, alternando di continuo le due modalità di tirocinio, diverranno necessariamente più complesse le operazioni di attestazione delle presenze attraverso l’uso combinato di registri presenze e timesheet.D. Nel caso in cui il tirocinante sia costretto ad assentarsi poiché in quarantena o in isolamento a causa del Covid-19, è possibile utilizzare l’istituto della sospensione del tirocinio?  R. In caso di tirocinante in isolamento perché positivo al Covid-19, o in quarantena per essere stato esposto al rischio di contatto con persona positiva al Covid-19, sarà necessario attivare la sospensione per malattia, utilizzando la specifica causale di “sospensione per malattia lunga”. Difatti, poiché in tal caso la tempistica da rispettare è tassativamente prescritta dalla vigente normativa e le incombenze sanitarie da osservare comportano tempi variabili, collegati  al maggiore o minore sovraccarico delle strutture, in virtù dell’andamento della pandemia in corso, è possibile derogare alla previsione di cui all’articolo 3 co. 4 della DGR 576/2019 il quale prevede che  “Il tirocinio può essere sospeso per [...] malattia di lunga durata, [...] che si protragga per una durata pari o superiore a 30 giorni solari”.D: In caso di azienda che attivi una CIGS o una  CIG in deroga (o altre  tipologie  di ammortizzatori sociali), per causale legata a Covid-19, come debbono essere gestiti i tirocini vertenti sulle attività equivalenti?R: L’art. 5, comma 4 della dgr 576/2019 prevede che “il soggetto ospitante non deve avere procedure di CIG straordinaria o in deroga in corso per  attività equivalenti a quelle del tirocinio, nella medesima unità operativa, salvo il caso in cui ci siano accordi con le organizzazioni sindacali che prevedono tale possibilità. Il soggetto ospitante che ha in corso contratti di solidarietà di  tipo “espansivo” può attivare tirocini”. Pertanto, considerato l’obiettivo della disciplina, laddove l'azienda intenda ricorrere alla Cassa integrazione straordinaria o in deroga per causale legata all'emergenza sanitaria da Covid-19, è necessario che lo specifico accordo sindacale preveda la possibilità di confermare i tirocini già avviati e/o da avviare, qualora essi ricomprendano le attività equivalenti che caratterizzano i rapporti di lavoro coinvolti dai richiamati ammortizzatori  sociali. Rimane fermo che in nessun caso l’attività dei tirocinanti potrà sopperire o sostituirsi a quella dei lavoratori in cassa integrazione. In assenza di accordo sindacale che ricomprenda i tirocini vertenti sulle stesse attività oggetto di CIGS o CIG in deroga per i lavoratori dipendenti con la causale Covid-19, gli stessi potranno permanere unicamente nello stato di sospensione. Si ricorda che per quanto riguarda la cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), la scelta della disciplina regionale in materia di tirocini è chiara: essa non è stata ricompresa, essendo citate unicamente CIGS e CIGD. Dunque, in presenza di CIGO non vi è interazione con i tirocini. Per il fondo di integrazione salariale (FIS), trattandosi di un istituto che ricalca i caratteri della cassa integrazione ma si rivolge a soggetti che sono esclusi da essa, soccorre non l'interpretazione letterale della dgr 576/2019 ma quella sistematica, ovvero sia è necessario interpretare il sistema nel  suo complesso ed individuarne  le finalità. E la finalità è sempre  quella di non sostituire i lavoratori assenti, con qualsivoglia tipologia, con i tirocinanti. Questi ultimi non integrano un rapporto di lavoro e, pertanto, i due istituti devono sempre essere autonomi tra loro.Tratto da: Deliberazione della Giunta regionale, 2 agosto 2019, n. 576 «Modifica della Delibera della Giunta Regionale   n.   533   del   9   agosto   2017.   Approvazione   della   nuova   disciplina   dei   tirocini extracurriculari  nella  Regione  Lazio  in  conformità all' "Accordo  tra  Governo  e  le  Regioni  e  le Provincie Autonome di Trento e Bolzano sul documento recante “Linee guida in materia di tirocini formativi e di inserimento ai sensi dell'articolo 1, commi da 34 a 36, della legge 28 giugno 2012, n. 92”"». Frequently Asked Questions (FAQ) Aggiornamento del 06/11/2020

Covid, Lazio in fascia gialla. Ma i tirocini come vanno?

Come va la vita agli stagisti italiani? La Repubblica degli Stagisti da mesi sta raccogliendo informazioni sugli effetti dell’emergenza Covid sullo stage. Oggi approfondiamo la situazione nella regione Lazio.Il Lazio è la seconda Regione più popolosa d’Italia, con quasi 6 milioni di residenti; ed è la terza – a “parimerito” con il Piemonte – per numero di persone che fanno stage sul suo territorio: intorno alle 34mila all’anno. Ma ora, con la pandemia tutto è cambiato. Al momento in cui l’emergenza è scoppiata, a marzo, in Lazio erano in corso 13.988 tirocini extracurricolari. Parte di questi percorsi – più di un terzo: 5.676 – erano “freschi freschi”, cioè erano stati attivati da poco, dal 1° gennaio 2020 in avanti. La restante parte “proseguiva” dall’anno precedente (un tirocinio può durare fino a 12 mesi).Dai dati forniti alla Repubblica degli Stagisti dalla Direzione Istruzione, Formazione, Ricerca e Lavoro della Regione Lazio, di questi 13.988 tirocini 2.640 risultano essere stati interrotti. Gli altri sono stati variamente sospesi – per qualche settimana o qualche mese – e poi ripresi, alcuni nella modalità “smart” da casa, altri in presenza. C’è da dire che il Lazio è stata una delle poche Regioni che ha provveduto a mettere in campo una misura per aiutare gli stagisti rimasti improvvisamente a spasso: migliaia di tirocinanti (a giugno 2020 erano già quasi 7mila) hanno potuto accedere all’indennizzo “Nessuno Escluso”, messo in campo dalla giunta Zingaretti per sostenere il reddito improvvisamente crollato di stagisti, colf e badanti, rider, soggetti in stato di disoccupazione o sospensione dal lavoro e studenti universitari.Nel secondo trimestre del 2020, comprensibilmente, il numero di tirocini attivati è calato brutalmente: solo 1.631 secondo i dati della Direzione regionale sono stati quelli attivati tra aprile e giugno di quest’anno, contro i 7.895 dello stesso periodo dell’anno scorso. In Lazio si è quindi verificata una diminuzione di quasi l’80% delle opportunità di stage nel periodo più caldo della pandemia, e cioè nelle fasi 1 e 2.E poi? La Repubblica degli Stagisti ha chiesto alla Regione anche un dato non solo inedito ma anche inconsueto: il numero di tirocini extracurricolari attivati tra aprile e agosto del 2020. In particolare, dal 1° aprile al 31 agosto risultano essere partiti in Lazio 4.782 percorsi di stage. Nello stesso periodo del 2019 ne erano partiti 11.584.Che significano questi numeri? Significano che, una volta passata la fase iper-critica della pandemia, anche in Lazio come in tutte le Regioni italiane piano piano la vita economica “normale” ha ripreso il suo corso, e con essa anche le attivazioni di nuovi tirocini. Ma comunque i numeri sono sempre contenuti.Sebbene insomma la ripresa dei tirocini ci sia stata – quei quasi 5mila attivati tra aprile e agosto ne sono la prova: e parte di questi percorsi con tutta probabilità è ancora in corso in questo momento – essa non è bastata a colmare il “cratere” creato dall’effetto Covid. Dalla proporzione tra il numero di tirocini attivati nel periodo aprile/agosto 2020 e quelli attivati nel periodo aprile/agosto 2019 risulta un calo del 60%. Quindi chi cercava uno stage in Lazio in quei mesi ha avuto purtroppo il 60% in meno di probabilità di trovarlo.Ora il Lazio è stato posizionato, nel nuovo Dpcm emanato dal governo qualche giorno fa, nella lista delle Regioni in “fascia gialla”. Ciò significa che le attività economiche, a parte alcune limitazioni sopratutto negli orari serali e notturni e nei giorni festivi, proseguono per ora normalmente. Ne deriva che anche i tirocini attualmente in corso possano proseguire senza particolari problemi; naturalmente, là dove possibile, sarebbe sempre meglio seguire le indicazioni e preferire una modalità di svolgimento da remoto.A questo proposito, proprio oggi la Regione ha reso pubblico un documento di diciotto pagine con le risposte alle FAQ più frequenti in materia di normativa sui tirocini: e le ultime pagine sono proprio dedicate al tema “stage durante il Covid”.«Durante l’attuale fase d’emergenza, si dovrà valutare in prima istanza se il tirocinio possa essere svolto in  presenza, ferma  restando  la  rigida  attuazione  delle disposizioni  nazionali  e  regionali sulla sicurezza organizzativa e sanitaria per il contenimento del Covid-19» si legge «altrimenti si dovrà optare per il tirocinio in FAD». Dove “FAD” è un acronimo che sta per “formazione a distanza”. «Il tirocinio in FAD è realizzabile laddove i contenuti del progetto formativo individuale» è specificato nel documento «si prestino alla loro attuazione (in termini di apprendimento, orari e tutorship) mediante tecnologie digitali (ICT), come quelle utilizzate per  l’organizzazione del lavoro e della formazione in  ambienti virtuali», con un riferimento alla circolare di fine marzo dedicata proprio a questo. Si può anche fare un tirocinio in modalità “mista”: «Nel caso in cui il soggetto ospitante […] abbia  organizzato il lavoro dei dipendenti alternando giornate in presenza con giornate in smartworking [...], è possibile estendere tale possibilità anche ai tirocinanti». Ma la Regione Lazio non incoraggia questa opzione, perché teme che diventino «più complesse le operazioni di attestazione delle presenze attraverso l’uso combinato di registri presenze e timesheet».Nel documento si trovano anche  interessanti indicazioni su cosa si debba fare nel caso in cui un tirocinante finisca in quarantena o in isolamento causa Covid. Qui tutti i dettagli.

L'Italia continua a svuotarsi: 131mila italiani espatriati nel 2019, due su cinque sono under 35

Un'Italia impoverita delle «sue forze più giovani e vitali, di capacità e competenze che vengono messe a disposizione di altri Paesi che non solo le valorizzano appena le intercettano, ma ne usufruiscono negli anni migliori». Il quindicesimo Rapporto italiani nel mondo curato dalla sociologa Delfina Licata e edito dalla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei è stato presentato online – come richiedono i tempi – nei giorni scorsi. E la fotografia è ancora una volta quella di un sempre più giovane e corposo flusso migratorio degli italiani verso l'estero. Migliaia di persone che se ne vanno, mentre da noi, dice a chiare lettere il rapporto, «imperversa un malessere demografico spietato». L'unica parte di un'Italia sempre più spopolata che cresce «è quella che ha messo radici all’estero». La comunità degli italiani espatriati fuori dai confini nazionali ha raggiunto quota 5,5 milioni di persone.Oltre la metà, vale a dire tre milioni, è residente in Europa; con una crescita rispetto al 2006 – quando di italiani all'estero se ne contavano 3,1 milioni circa – del 76 per cento, che non ha conosciuto pause in questi ultimi tre lustri. Ma tutti questi emigrati faranno mai rientro? «Di tornare se ne parla poco, sono solo partenze» è la risposta impietosa di Licata. Proprio qui sta uno dei nodi: «La mobilità all'estero è una strada che vorremmo non a senso unico» ha detto il premier Giuseppe Conte prendendo parte alla presentazione del rapporto, la prima volta per un presidente del Consiglio  «bensì percorribile in entrambe le direzioni». L'Italia ha bisogno «di chiamare a raccolta le energie migliori tra questi giovani all'estero, offrendo incentivi a rientrare nel Paese, a aggregare talenti per il rilancio delle imprese in particolare nel Mezzogiorno». La mobilità verso l'estero «deve superare il suo essere malata e diventare circolare» gli ha fatto eco Vincenzo Morgante, direttore di TV2000.A lasciare l'Italia nel 2019 sono stati ufficialmente 131mila cittadini, diretti verso 186 destinazioni del mondo e provenienti da ogni provincia italiana. Di questi circa il 75 per cento è sotto i 50 anni: più nello specifico, il 40 per cento ha tra i 18 e i 34 anni, mentre il 23 ha un'età compresa tra i 35 e i 49 anni. La metà di queste persone ha scelto di partire per ragioni di espatrio. Un altro consistente 35 per cento è invece costituito da nuove nascite di italiani all'estero. Si parla di numeri ufficiali, che risultano dunque al registro Aire – l'anagrafe degli italiani all'estero – a cui sfuggono di converso gli espatriati che non comunicano la propria partenza, malgrado sia obbligatorio per legge farlo.Il dato più significativo sulla composizione del flusso migratorio italiano verso l'estero è quello anagrafico. La nuova mobilità è formata «sia da nuclei familiari con minori al seguito (più 84 per cento nella classe di età da zero a 18 anni)» si legge, «sia dai giovani e giovani adulti da inserire immediatamente nel mercato del lavoro (più 78 per cento rispetto al 2006 nella classe 19-40 anni)». A decidere di cambiare residenza è insomma la forza lavorativa nei suoi anni migliori, insoddisfatta, come si deduce, dell'offerta che proviene dall'Italia.L'altro dato è poi che a emigrare non è sempre e solo – o almeno non più – chi ha la laurea. Lo studio «svela un costante errore nella narrazione della mobilità recente» è scritto, «raccontata come quasi esclusivamente formata da altamente qualificati occupati in nicchie di lavoro prestigiose e specialistiche». I cosiddetti "cervelli in fuga". Non è così: tra gli italiani residenti all'estero solo un 29 per cento risulta in possesso di una laurea (dato del 2018). E in più, rispetto al 2006 la percentuale di chi si è spostato all’estero possedendo una laurea o un dottorato è cresciuta del 193 per cento, ma quella di chi aveva in tasca solo un diploma è cresciuta ancor di più, registrando un +292%. All'estero si cerca insomma non solo l'occupazione specialistica, ma anche «lavori generici». Ed è andando fuori dai confini nazionali che «il bisogno di lavoro viene soddisfatto» ha commentato monsignor Guerino Di Tora, presidente della Fondazione Migrantes [nella foto sotto], intervenendo al webinar. L'analisi evidenzia poi un altro fattore, che è quello della provenienza dell'espatriato. Perché al primo posto in numeri assoluti c'è sempre la Lombardia con oltre 21mila partenze nel 2020, seguita da Sicilia, Lazio e Veneto, che si attestano ognuna sulle circa 10mila partenze. Ma sarebbe un errore considerare l'espatrio come prerogativa del Nord Italia, mette in luce il rapporto. In percentuale «a svuotarsi sono soprattutto i territori già provati da spopolamento, senilizzazione, eventi calamitosi o sfortunate congiunture economiche» spiega il comunicato, ovvero quasi sempre piccoli centro.Il vero divario non è insomma tra Nord e Sud, ma tra città e aree interne, che sono quelle da cui si scappa di più perché «è qui che regna il malessere» ha segnalato Licata. È il caso per esempio di Castelnuovo di Conza (in provincia di Salerno) che ha fatto registrare un boom di iscrizioni all'Aire segnando un più 478 per cento, seguito da Carrega Ligure (Alessandria) con il più 361 per cento. In terza posizione Castelbottaccio (Campobasso) con una crescita del 269 per cento.Quanto alle mete, sono aumentati gli spostamenti verso il Regno Unito e la Spagna, rispettivamente saliti del 147 e 242 per cento. Ma mentre si continua a approdare nei Paesi «di vecchia mobilità» come li definisce il rapporto, Germania, Svizzera e Francia, si individuano anche «nuove frontiere» della mobilità: Malta (più 632 per cento), Portogallo (più 399 per cento), Irlanda (più 332 per cento), Norvegia (più 277 per cento) e Finlandia (più 206 per cento). L'ultimo mito da sfatare riguarda poi le pensioni che finiscono nei conti correnti stranieri, ai connazionali fuori dall'Italia da generazioni, e a cui il rapporto dedica un capitolo. Sbaglia chi crede che siano un buco nero: le pensioni pagate all’estero «rappresentano solo il 2,4 per cento del totale delle prestazioni Inps», ha chiarito il presidente dell'istituto pensionistico Pasquale Tridico all'incontro telematico. Ma il dato da considerare è soprattutto che il saldo tra entrate e uscite è a nostro favore perché a fronte dei soldi in uscita vi sono altrettante pensioni percepite da italiani rientrati dopo anni di lavoro all'estero.  «Il complesso delle pensioni ricevute da Paesi stranieri è pari a 3,5 miliardi di euro» ha precisato Tridico. «Le pensioni verso l'estero ammontano invece «a 466 milioni», determinando «un saldo abbondantemente a nostro vantaggio» frutto di decenni di emigrazione italiana nel Novecento. Un elemento che definisce ancora una volta il nostro come un Paese di emigrati, tanto che si stima che la comunità italiana nel mondo arrivi a raggiungere la cifra «di 80 milioni di persone» ha specificato il premier Conte. Al diritto di migrare deve fare però da contropartita, nelle parole del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, «il diritto di restare, il diritto di tornare, il diritto a una vita felice e dignitosa». Ilaria Mariotti 

Lavorare nelle istituzioni UE: mille assunzioni all'anno, ma diminuiscono i candidati under 35

Come si ottiene un posto di lavoro nelle istituzioni europee? Molti lo sognano, pochi lo ottengono. Ora c'è un report speciale per capire se il processo di selezione del personale in questo tipo di strutture è davvero efficace oppure no. È questo l’obiettivo della relazione speciale dal titolo “Ufficio europeo di selezione del personale: è tempo di adattare il processo di selezione all’evolversi delle esigenze in termini di assunzioni” diffusa ieri alla stampa dalla Corte dei Conti europea, che formula delle raccomandazioni pertinenti ai fini del piano strategico dell’Epso, l’Ufficio europeo per la selezione del personale, per il prossimo quadriennio 2020-2024. La Repubblica degli Stagisti ha avuto modo di intervistare in esclusiva Annemie Turtelboom, la 53enne politica fiamminga, già più volte ministra in Belgio, responsabile del report  e componente della Corte dei Conti europea dal maggio 2018, incarico che conserverà fino al 30 aprile 2024. Il documento – che arriva a dieci anni dal precedente – riguarda la selezione per posizioni lavorative e quindi non prende in analisi gli stagisti all’interno delle istituzioni europee; ma anche in questo caso l’Italia è tra i paesi con più candidature. Nel 2016, ultimi dati disponibili, la percentuale più alta di domande arrivava proprio dal nostro Paese con un venti per cento di richieste – una percentuale decisamente sovradimensionata se si considera che, a livello di popolazione, l'Italia rappresenta solamente il 14% dei cittadini dell'UE.C’è un primo punto che Annemie Turtelboom tiene a sottolineare accoratamente alla Repubblica degli Stagisti: «L’Epso è stato istituito per assumere le persone migliori per le istituzioni europee. Ma ora è evidente che è troppo lento e troppo costoso. In Europa abbiamo bisogno di queste competenze, di avere personale giovane – nuovi talenti – di garantire la diversità: requisiti che vanno applicati in modo rapido ed adeguato alle esigenze delle istituzioni. Perciò sono molto contenta che questo report sia stato fatto: è importante per tutte le persone che sognano o realmente vogliono lavorare nelle istituzioni europee». E prosegue con una frase che potrebbe sembrare ovvia, ma non lo è: «Dovrebbe essere normale avere le stesse opportunità sia che si viva nel sud Italia, per esempio in Puglia, o nel nord della Finlandia, o si abbia già un lavoro per un’organizzazione no profit o non governativa nella città di Bruxelles. Le opportunità dovrebbero essere le stesse e le raccomandazioni contenute nel documento possono aiutare a raggiungere questo obiettivo». Ogni anno le istituzioni europee assumono su «oltre 50mila candidati, circa mille nuovi membri del personale permanente per carriere a lungo termine», si legge nel report, con un rapporto quindi tra candidature e posizioni disponibili di uno a 50. Non tutte le candidature arrivano però alla selezione vera e propria: nel caso specifico i campioni di concorsi esaminati dal 2012 al 2017 hanno riguardato oltre 52mila candidati totali, di cui solo meno di 38mila sono arrivati a sostenere i test; tra questi, alla fine sono stati selezionati 1.085 vincitori. Personale permanente che è selezionato tra i vincitori di concorsi organizzati dall’Epso. «Abbiamo fatto questo report speciale perché erano passati ormai dieci anni dal precedente ed era necessario aggiornarlo», spiega Annemie Turtelboom, anche perché «il contesto odierno è diverso: non assumiamo più grandi numeri come una volta. Oggi abbiamo selezioni sempre molto mirate in alcune aree specifiche e abbiamo verificato come Epso non sia più in grado di fare questa selezione, perciò abbiamo deciso di pubblicare un nuovo report. Lavorare nelle istituzioni europee per tanti che vivono negli stati membri è una grande aspirazione, c’è quindi molto interesse su questo tema da parte dei giovani che si sentono europei e vogliono veramente lavorare in queste istituzioni, anche se a volte hanno la sensazione di non avere tutti le stesse opportunità». Un problema che «è connesso al processo di selezione».L’Ufficio europeo per la selezione del personale nasce nel 2003, quando le istituzioni avevano necessità di assumere nuova forza lavoro in vista degli allargamenti dell’Europa del 2004 e del 2007 verso i paesi dell’est. Si è andati avanti così fino al 2012 quando c’è stato un cambio di paradigma. Da allora, infatti, le istituzioni europee ricercano profili specialistici e, come si legge dal report, il quarantadue per cento dei vincitori di concorso da quella data fino al 2018 ha prodotto elenchi di riserva ridotti, con meno di trenta candidati vincitori. «Questa è l’evoluzione di Epso, passato dal reclutamento di grandi quantità di personale a piccoli gruppi di persone con profili molto specifici». Un cambiamento che ha ovviamente delle ripercussioni anche proprio sull’Ufficio europeo per la selezione del personale che, continua a spiegare Turtelboom, «non è più in grado di adattarsi all’attuale ambiente di reclutamento e ha, invece, bisogno di migliorare in cinque aree: profili specialistici, giovani, persone al di fuori dell’area di Bruxelles, costo e durata». Questo perché al momento è difficile verificare i profili specialistici, tanto che spesso alcune figure sono eliminate nel processo di selezione prima ancora che la conoscenza venga testata. C’è un altro problema, fortemente sentito da Turtelboom, ed è quello dell’età: «in proporzione sul totale è diminuito il numero dei candidati sotto i 35 anni e per noi questo è un vero peccato». Così come i processi di selezione al momento adottati da Epso si rivolgono principalmente a candidati che già vivono o lavorano a Bruxelles o in qualche modo hanno dei collegamenti con le istituzioni europee. Anche questo, quindi, incide sulla pratica della diversità. Ma quanto costano queste selezioni specialistiche di personale? Il costo arriva ad essere anche il doppio rispetto a quelle fatte dalle singole istituzioni, e la durata è decisamente troppo lunga: oggi dal momento dell’avviso alla reale assunzione ci vuole in media oltre un anno, mentre secondo il report 10 mesi dovrebbe essere il tempo massimo consentito. «Epso deve essere più veloce, più flessibile, adattarsi alle richieste delle istituzioni e all’ambiente in rapida evoluzione, lavorare su piccoli gruppi. Mentre oggi non è flessibile, non è adattivo e non è veloce», osserva Turtelboom. Concetti chiaramente espressi nel report in cui, se da una parte si legge che «nel complesso, i concorsi generali organizzati dall’Epso consentono di assumere la persona giusta per il posto giusto a costi ragionevoli» e che «la pianificazione dei concorsi è adeguata per le selezioni su larga scala», dall’altra è evidenziato che «per quanto concerne i profili specialistici, il processo di selezione dell’Epso non è adatto alle attuali esigenze delle istituzioni Ue in materia di assunzioni». A supporto di quest’ultima tesi si nota come, a giudizio della Corte, l’Epso non pubblicizzi in maniera adeguata i concorsi rivolti al personale specializzato, selezioni che seguono il formato standard con la conseguenza che le conoscenze di natura specialistica sono verificate nel corso di una prova intermedia o addirittura dopo, nella fase di valutazione delle competenze tramite colloquio. E tutto questo comporta che «candidati con un profilo adeguato rischiano di essere eliminati nella fase di preselezione». L’auspicio di Turtelboom è che l’Epso prenda in considerazione le raccomandazioni illustrate nel report. «Devono considerare il processo di selezione un sistema ampio, nuovo, più veloce, più flessibile ed economico per scegliere figure specialistiche in grado di adattarsi all’ambiente in rapida evoluzione. Perciò è consigliabile che misurino il grado di soddisfazione delle istituzioni, cosa che attualmente non fanno e questo è un problema. Dovremmo anche monitorare il costo della selezione e abbreviare la sua durata a dieci mesi, mentre oggi arriva a tredici. Questo punto è molto importante perché abbiamo verificato che tutti i processi di selezione specialistici fatti proprio dalle istituzioni sono fino al cinquanta per cento più economiche e il quaranta per cento più veloci di quelle fatte direttamente da Epso. Perciò consigliamo di introdurre una nuova selezione per figure specialistiche che consenta più velocità e flessibilità». Quest’ultima è la seconda raccomandazione formulata insieme a quella di ovviare alle debolezze individuate nel processo di selezione e di migliorare la capacità dell’Epso di adattarsi a un contesto in materia di assunzioni in rapida evoluzione. Marianna LeporePhoto copyright: ECA