Garanzia giovani in difficoltà, ma dall'Ue miliardi per finanziare i progetti dei giovani
Una due giorni per fare rete, lanciare progetti e sfruttare le opportunità offerte dai finanziamenti europei. E per non lasciare che la mancanza di informazione o di organizzazione faccia perdere qualche buona occasione. Questo il senso dell'iniziativa dell'Agenzia nazionale giovani, 'Gioventù italiana, una garanzia per l'Europa', che ha riunito a Roma, il 5 e 6 novembre, 200 giovani esponenti di associazioni, enti locali, gruppi informali che hanno voluto dare voce alle proprie idee. Sono arrivati nella Capitale, hanno riempito il Tempio di Adriano e in due giornate hanno raccontato al pubblico quale progetto avessero in testa. Alla fine ne sono stati selezionati due: il progetto della delegazione Apollo 13 'Educazione al dialogo strutturato', che punta a creare un sistema internazionale di riconoscimento delle competenze, specie quelle acquisite tramite l’educazione non formale come il servizio volontario europeo. «Una proposta coerente con uno degli obiettivi del semestre europeo di presidenza italiano» sottolinea il comunicato di chiusura dell'evento, ovvero «la valorizzazione delle competenze». E poi il progetto 'Forever young, idee in movimento', che ha ricevuto il premio creatività grazie ad alcune idee per migliorare il livello di occupabilità a seguito di un’esperienza di mobilità internazionale.Per ora il riconoscimento ai vincitori è stato pressoché simbolico - ai vincitori è andata una targa e qualche gadget - ma non è escluso che l'Ang, come ente accreditato nell'ambito di Erasmus plus, «non supporti questi progetti nel percorso della ricerca dei fondi». Anche perché, come ha ricordato Chiara Gariazzo della direzione Gioventù e Sport della Commissione Europea, gli stanziamenti europei per i giovani sono lievitati negli ultimi anni, segnale che l'Europa ha riposizionato al centro delle sue politiche le nuove generazioni: «Per Erasmus Plus siamo al più 40 per cento, con circa 17 miliardi disponibili» riferisce la Garlazzo. Ignorarli sarebbe un paradosso in tempi di recessione e disoccupazione alle stelle. L'esperienza ha avuto anche altri risvolti. Lo spirito è stato infatti quello di stimolare la partecipazione giovanile: a questo proposito, ha annunciato la Gariazzo, si sta anche pensando «a come rendere internazionali i progetti di servizio civile». E Giacomo D'Arrigo, direttore Ang, in una nota ha puntualizzato che «aldilà del primo classificato i veri vincitori di questi due giorni sono stati tutti i ragazzi che, provenienti da ogni angolo d’Italia, hanno animato con passione, determinazione e spirito d’iniziativa il Tempio di Adriano con il loro laboratorio di idee ispirato ad Erasmus plus capitolo Gioventù». Non solo neet e bamboccioni, ma «una generazione che rappresenta il futuro del Paese, che non sta ferma e che ha grande voglia di partecipare attivamente. Sono i giovani da cui l’Italia deve ripartire». Anche se poi Bruno Busacca, responsabile delle segreteria tecnica del ministro del Lavoro, intervenuto al convegno per fare il punto della situazione su Garanzia giovani, ha svelato un dato per certi versi sconcertante: «Il 20-25 per cento di quelli che si iscrivono e sono chiamati per un colloquio non si presenta». E non sembrerebbe essere un caso isolato. «Parlando con l'ad di Ikea Italia, Lars Peterson, ho scoperto che il fenomeno si ripete anche per loro» ha aggiunto Busacca: «Ogni volta che aprono un centro e cercano personale, c'è una fetta di ragazzi che diserta i colloqui». Lassismo? Pigrizia? Disillusione? Per Busacca la ragione potrebbe trovarsi nella «sfiducia verso le istituzioni». Una disaffezione del resto ben comprensibile. Ed è lo stesso segretario tecnico, con i dati sul progetto europeo che dovrebbe rilanciare l'occupazione giovanile, a dare la conferma. Non è passato tanto tempo dal lancio, ma a sei mesi dal primo maggio «su 170mila iscrizioni alla Garanzia Giovani, sono solo 76mila i presi in carico». Il che non vuol dire che abbiano un'occupazione o siano stati inseriti in qualche progetto, ma che «il centro per l'impiego o l'agenzia privata li ha sentiti» e in qualche modo messi in lista d'attesa. «Qualcuno ha trovato un'occupazione finora?» ha chiesto il moderatore del panel Paolo Migliavacca del giornale Vita. «Molto pochi» ha ammesso Busacca, giustificando il fallimento - o quasi - del sistema con la scusante del meccanismo mastodontico da mettere in moto. La situazione di partenza non era certo incoraggiante: centri per l'impiego malfunzionanti e sotto organico, enti locali e governo centrale da mettere in condizioni di comunicare per la prima volta attraverso un'unica piattaforma informatica di accesso per tutti i giovani interessati, un Paese come l'Italia in cui non si è mai investito in politiche attive. «È un po' come sparare sulla croce rossa» semplifica Busacca, assicurando però la volontà di «continuare a spingere affinché il sistema funzioni meglio e produca risultati». La buona notizia è che del miliardo e mezzo in dotazione, l'Italia ha già impiegato finora «circa 550 milioni». Nella speranza che il resto dei fondi vada a buon fine... E che i giovani italiani tornino a sperare di avere un futuro in questo Paese. Ilaria Mariotti