La recente ricerca pubblicata dal movimento romano di giornalisti precari Errori di stampa è di quelle che bastano a suscitare sdegno. Freelance, collaboratori, precari: chiamateli come volete, ma sono (quasi) sempre sfruttati. I quotidiani e i periodici italiani, grandi o piccoli che siano, pagano in media 30 euro ad articolo. Ci sono le eccezioni virtuose, certo, ma resta il fatto che statisticamente un giornalista non assunto dovrebbe scrivere un articolo al giorno per... 40 giorni al mese prima di arrivare a racimolare appena mille euro. E il problema delle retribuzioni sotto la soglia della dignità si estende anche a radio e televisioni. La denuncia di Errori di stampa rilancia il dibattito sul disegno di legge per l'equo compenso, già presentato in Parlamento oltre un anno fa. Enzo Carra, 68enne deputato Udc e relatore del ddl, fa così il punto della situazione rispondendo alle domande della Repubblica degli Stagisti.
Quali sono i contenuti principali del disegno di legge?
La legge serve ad ancorare il compenso per i collaboratori esterni, freelance e precari dei giornali, a parametri tali per cui il loro lavoro non sia pagato meno della media dei giornalisti contrattualizzati. Subito dopo l’approvazione della legge dovrebbe riunirsi un comitato paritetico composto da rappresentanti del dipartimento dell’editoria di Palazzo Chigi, la Federazione nazionale della stampa e l’Ordine dei giornalisti. Questa commissione avrà il compito di individuare, entro 6 mesi, delle indicazioni chiare circa il valore di ogni pezzo, pari alla media del costo che avrebbe se fosse scritto da giornalisti assunti. Tale valore costituirà l’equo compenso per i freelance.
Quali schieramenti politici vi si oppongono?
Al momento nessuna parte politica è radicalmente contraria al disegno. Abbiamo avuto qualche problema con la Lega che però poi ha acconsentito a farci chiedere come sede legislativa la commissione cultura, permettendoci di non allungare a dismisura i tempi.
A che punto è l’iter legislativo?
Il testo della legge è già stato trasmesso a Palazzo Chigi. Il governo sta raccogliendo i pareri dei ministeri competenti in materia: Lavoro, probabilmente Sviluppo economico, Rapporti con il parlamento, il dipartimento editoria. Ci risulta che questi ultimi due abbiano già dato un parere positivo sul disegno di legge. Mi auguro che nei prossimi giorni il governo ci ritrasferisca il testo per la votazione nella Commissione cultura, dove direi che l’approvazione è scontata, e poi ci sarà il passaggio in Senato.
Quando potrebbe entrare in vigore la legge?
Dobbiamo fare un grosso pressing sul Senato per accelerare i tempi. Noi abbiamo fatto tutto in cinque mesi; loro avranno già a disposizione il materiale sull’audizione e le relazioni da noi raccolte, quindi potrebbero impiegare molto meno tempo a decidere. Mi auguro che la legge possa essere già approvata entro giugno. Poi la commissione verrà istituita il prima possibile. Mi aspetto che l’equo compenso entri effettivamente in vigore nei primi mesi del prossimo anno.
Come verrà garantito che i giornali rispettino l’equo compenso?
Semplicemente, chi non rispetterà i parametri individuati dalla commissione paritetica non potrà accedere ai contributi pubblici per l’editoria. E c’è un numero enorme di giornali che dipendono proprio da questi finanziamenti.
Ma le piccole testate che non accedono ai contributi potranno continuare a sfruttare i freelance senza colpo ferire.
Crediamo che, nel momento in cui venga stabilito un equo compenso, sia comunque più facile far valere i propri diritti, contrattare il prezzo.
Sarà possibile rivolgersi agli Ordini regionali per segnalare chi non rispetta le disposizioni?
Certo. Attenzione: in epoca di liberalizzazioni, non si può certo fissare una tariffa minima per il lavoro dei giornalisti. Però è chiaro che, nel momento in cui Odg ed editori individuano insieme in commissione paritetica un equo compenso, possono poi almeno far sì che venga rispettato.
La linea tra tariffa ed equo compenso sembra un po’ sfumata…
La linea è sottile ed in effetti l’unico problema della legge è che arriva in un momento in cui si mettono sotto accusa gli ordini professionali proprio per le tariffe minime. Quello che importa è non ricadere nella fattispecie, altrimenti si direbbe che stiamo cercando di ingessare la professione. Questo non lo vogliamo e non lo possiamo fare. Vogliamo soltanto dire che un editore non può pagare 1 o 5 euro per un articolo; non è assolutamente una questione di tariffe, ma piuttosto di dignità del lavoro.
Come distinguere tra l’equo compenso per una notizia breve, per un’intervista, un’infografica, un articolo online…?
Questa è una delle cose più semplici. Non sarà un grande problema per la commissione paritetica individuare dei parametri per ciascuna tipologia di articolo.
Ci saranno differenze tra l’equo compenso che dovrebbero pagare i grandi quotidiani e quello che spetterebbe invece alle piccole testate?
No, non abbiamo voluto fare nessuna distinzione di questo tipo nel disegno di legge, proprio perché altrimenti si potrebbe dire che ricadiamo nell’individuazione di tariffe minime.
I dati raccolti da Errori di stampa mostrano uno scenario nerissimo in cui è praticamente impossibile vivere da freelance. La situazione è davvero così grave?
Sì, i dati lo dimostrano a tutti gli effetti. Ed è una condizione del tutto particolare che non esiste per altre categorie professionali. Questa legge vuole risolvere una situazione gravissima che non ha equivalenti e che lede la dignità di lavoratori professionisti.
di Andrea Curiat
Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:
- Giornalisti precari, il problema non è il posto fisso ma le retribuzioni sotto la soglia della dignità
- Giornalisti precari alla riscossa: a Firenze due giorni di dibattito per approvare una Carta deontologica che protegga dallo sfruttamento
- Articoli pagati 2,50 euro e collaborazioni mai retribuite. Ecco i dati della vergogna che emergono da una ricerca dell'Ordine dei giornalisti
- Crisi dell'editoria: per i neogiornalisti il futuro è incerto - Pianeta praticanti
- Giornalisti freelance, sì alla reintroduzione del Tariffario: ma i compensi minimi devono essere più realistici. E vanno fatti rispettare con controlli e sanzioni
E anche:
- Disposti a tutto pur di diventare giornalisti pubblicisti: anche a fingere di essere pagati. Ma gli Ordini non vigilano?
- Un'aspirante giornalista: «Una testata non voleva pagare i miei articoli: ma grazie alla Repubblica degli Stagisti e a un avvocato ho ottenuto i 165 euro che mi spettavano»
Community