Giornalisti precari, il problema non è il posto fisso ma le retribuzioni sotto la soglia della dignità

Ilaria Costantini

Ilaria Costantini

Scritto il 17 Feb 2012 in Notizie

Trenta euro: tanto vale in media un articolo scritto da un giornalista freelance per una delle grandi e blasonate testate della stampa italiana. stageLa Gazzetta dello Sport, Libero, Il Messaggero, Il Tempo, l'Unità. Quando si tratta di precari, collaboratori o peggio ancora di freelance, è davvero difficile distinguere tra tipologie di testata, orientamenti e appartenenze politiche.

Ma ad inchiodare gli editori alle loro responsabilità ci ha pensato stavolta un agguerrito gruppo di giornalisti precari di Roma riuniti nel coordinamento Errori di Stampa, che ha realizzato il primo auto-censimento sul settore.
I numeri emersi delineano una situazione a dir poco allarmante: per mettere insieme mille euro al mese, i duemila giornalisti precari impiegati in giornali, - ma anche agenzie, radio, televisioni e uffici stampa - della capitale dovrebbero lavorare in media  quaranta giorni.


Nato circa un anno fa, il coordinamento è composto per lo più da under 40, «cresciuti a pane e cronaca di Roma», stanchi di non avere voce all'interno di un settore che dipende ormai strettamente dal loro lavoro.
«Per mettere insieme dati il più possibile attendibili, inizialmente abbiamo cercato l’aiuto dei comitati di redazione delle testate locali e nazionali attive su Roma: ci hanno risposto in pochi e spesso timidamente» raccontano.

Così è nato un censimento informale, basato sulle testimonianze dirette di colleghi garantiti e non grantiti, i cui
risultati sono stati presentati ieri nel corso di una conferenza organizzata a Palazzo Valentini. Impressionante è soprattutto il tariffario applicato dalle grandi testate ai collaboratori. Tanto per aver un'idea, un pezzo venduto al quotidiano più letto dagli italiani, La Gazzetta dello Sport, può portare in tasca al suo autore tra 5 e 40 euro lordi; se si collabora con Il Messaggero, la cifra può oscillare tra i 10 e i 36 euro; tra 10 e 50 euro se si scrive invece per l'Unità. Ma anche chi ha l'onore di comparire tra le firme della Repubblica deve accontentarsi di un compenso mensile che può oscillare dai 400 agli 800 euro lordi.  stageA seconda dell'anzianità del collaboratore, Il Tempo paga tra i 15 e 25 euro, ammesso che il pezzo raggiunga le 2mila battute. Perché sul mercato dell'informazione italiana si ragiona molto spesso in termini di quantità: Il Sole 24 Ore ha stabilito in 90 centesimi il prezzo di ciascuna riga destinata alla pubblicazione (il che significa, per un pezzo "standard" da 1.800 battute, 27 euro).

E lo stesso vale per le agenzie di stampa, ovvero per le fonti da cui proviene gran parte delle notizie dei quotidiani: un lancio dell'Ansa vale così 7 euro, mentre uno dell'Agi può scendere  anche a 4.
Inutile dire che in queste cifre sono incluse le spese sostenute dal collaboratore: telefono, trasporti, attrezzature. Per il compenso si può invece essere costretti ad aspettare settimane o addirittura mesi - talvolta si può persino attendere invano. Senza considerare che in caso di una crisi aziendale, realtà tutt'altro che infrequente di questi tempi, le collaborazioni esterne sono una delle prime voci di spesa ad essere tagliate e spesso senza particolari riguardi: i collaboratori del dorso romano del Sole 24 Ore sono stati informati del loro "licenziamento" la sera prima, via e mail.

Ma attenzione a puntare il dito solo sugli editori privati: anche mamma Rai negli ultimi anni sembra essere diventata sempre più matrigna (in particolare verso le lavoratrici in gravidanza) negando di fatto un contratto giornalistico a centinaia di persone impiegate in programmi di informazione.


«Un racconto che mi fa vergognare» è stata la reazione del senatore Vincenzo Vita (Pd), giornalista e membro della commissione di vigilanza Rai, che ha tra l'altro rivelato un imminente aumento di risorse destinate al fondo per l'editoria, prospettando la possibilità che l'accesso alle provvidenze pubbliche sia presto «moralizzato», vincolato cioè «non solo al rapporto tra tirature e vendite, ma anche al numero dei contratti giornalistici presenti in ciascuna testata».

Un'iniziativa che potrebbe certo incoraggiare gli editori a sanare la posizione di tanti collaboratori, di cui tuttavia si era già parlato poco meno di due anni fa, quando l'Ordine nazionale aveva presentato un'altra ricerca chock sui compensi applicati dalle grandi testate. Accanto a Vita
, erano presenti a Palazzo Valentini altri due interlocutori chiave: il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti Enzo Iacopino e il segretario dell'associazione stampa romana Paolo Butturini.

Proprio alla politica e agli organi rappresentativi della categoria Errori di Stampa ha infatti avanzato due precise richieste: «che entro la fine di questa legislatura sia approvata una legge sull'equo compenso del lavoro giornalistico. E che entro la fine dell'anno sia presentato un censimento ufficiale dei precari del giornalismo e dei tariffari in uso, azienda per azienda.

Uno strumento da cui partire per pianificare un intervento urgente a tutela della dignità della professione e dei lavoratori». Perché in ballo, avvertono i precari del settore, non c'è solo la vita di migliaia di giovani, ma anche la sopravvivenza di un'informazione compiutamente libera.
«Le critiche al sindacato fanno male, ma putroppo sono fondate» ha ammesso da parte sua Butturini, convinto che «il vero problema, cioè la disparità tra garantiti e non garantiti, non è diverso da quello che esiste nel resto del mondo del lavoro» e che da lì si debba partire per cambiare l'attuale stato di cose. Già, perché i giornalisti italiani non fanno tutti parte della "casta", e molto spesso trovano in essa un concreto ostacolo al riconoscimento di alcuni elementari diritti. Denunciare le situazioni di sfruttamento, è stata infatti l'esortazione del presidente dell'Ordine nazionale, che ha promesso sanzioni contro chi viola le regole. «Diventate infettivi, imponetevi, prendetevi gli organi rappresentativi» è stato il consiglio finale di Iacopino. Che sia davvero arrivato il momento?

Ilaria Costantini


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