Da una parte della barricata c'è l'Ordine dei giornalisti col suo Tariffario quasi irreale (e peraltro caduto in disuso). Dall'altra le centinaia di testate giornalistiche che pagano i collaboratori una miseria, come è emerso dalla ricerca «Smascheriamo gli editori» realizzata dal segretario del consiglio nazionale dell'Odg Enzo Iacopino. In mezzo ci sono migliaia di giornalisti, pubblicisti e professionisti, nella maggior parte dei casi giovani, che si arrabattano mettendo insieme collaborazioni da poche decine di euro a pezzo, che non si possono permettere di scovare le magagne o di criticare i centri di potere perché si sentono (e hanno) le spalle scoperte, che quando vanno a proporre un pezzo sono alla mercè non soltanto degli editori ma anche dei direttori e dei singoli caporedattori. Giovani che spesso alternano (con conseguenze facilmente intuibili e poco edificanti) l'attività giornalistica con quella di ufficio stampa, pur di riuscire a mettere insieme uno stipendio decente.
E' il momento di fare chiarezza, e dire con coraggio che un articolo non vale né 342 euro né 2,50. Nessuno dei due prezzi è giusto: né quello esoso suggerito dal Tariffario, che molti giornali non vogliono o non possono pagare, né quello miserevole che alcune testate impongono ai propri collaboratori, sicure che nessuno avrà il coraggio di denunciare e soprattutto che né l'Ordine né il sindacato avranno il potere di sanzionare.
Il Tariffario del resto è il frutto dell'organo che l'ha prodotto. L'Ordine è composto in prevalenza di giornalisti coi capelli bianchi, spesso pensionati, e ha per questo parecchia difficoltà a comprendere la realtà di oggi. Ragiona ancora con gli schemi di qualche anno fa e stenta a capire che accanto ai giornalisti di vecchia data, ben protetti dall'articolo 1 del contratto di lavoro che li mette al riparo da licenziamenti (e giudizi sull'efficienza e la qualità del loro lavoro) e sicuri di ricevere alla fine del mese un ottimo stipendio, vi è una schiera sempre più folta di giornalisti freelance, tenuti fuori dalle redazioni e sottopagati, per i quali i compensi minimi indicati nel Tariffario sono quasi uno schiaffo. Uno sberleffo alla loro situazione: come potete dire che dovrei essere pagato 100 euro per ogni articolo, se non riesco a convincere il giornale a darmene nemmeno 20?
Allo stesso modo, gli editori hanno buon gioco a eludere compatti una regola se essa è irragionevole: e la legge della domanda e dell'offerta rafforza la loro posizione, perché hanno a disposizione tanti - troppi - giornalisti disposti a lavorare per poche briciole pur di vedere la propria firma sulla pagina. Nel caso del web il problema si eleva a potenza: in questo settore sono davvero poche le testate che si comportano bene e rispettano il valore del lavoro giornalistico. La Repubblica degli Stagisti è fra questi, e ne va fiera: paga mediamente 40 euro lordi per ogni articolo, il che non è ancora perfettamente in linea con quanto suggerito dal Tariffario 2007, ma è il doppio o addirittura il triplo di quanto la maggioranza delle testate web (tra cui anche molte blasonate) paga i collaboratori.
Buona, ottima idea sarebbe quella di ripristinare il Tariffario. Ma a due condizioni: aggiornarne i contenuti per renderlo aderente alla realtà, e dare all'Ordine o alla Fnsi precisi compiti (e poteri) di controllo e di sanzione nei confronti di quelle testate che non vi si adeguano. Rispetto al primo punto, la discussione è aperta. Qual è il prezzo giusto del lavoro giornalistico?
Eleonora Voltolina
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