Nei giorni scorsi a Perugia, tra i tanti panel interessanti e sorprendenti del Festival del Giornalismo che si chiude oggi, uno riguardava la presenza e la rappresentazione delle donne nei media. Tra le relatrici - oltre alla grande amica della Repubblica degli Stagisti Giovanna Cosenza, professoressa dell'università di Bologna e animatrice del blog Disambiguando - anche Loredana Lipperini, giornalista di Repubblica e conduttrice di Fahrenheit su Radio3, che ha iniziato il suo intervento con una serie di numeri sconfortanti sulla presenza e il ruolo delle donne nel giornalismo italiano. Sia da dentro (quante sono le donne giornaliste, quante - pochissime - ricoprono ruoli apicali) sia da fuori.
E qui un dato su tutti: nei servizi della Rai, ogni volta che c'è da sentire un esperto, si finisce per chiamare un uomo. Una voce autorevole, un professore dotto, un politico, un economista, un avvocato: nove volte su dieci il giornalista (o la giornalista: nelle redazioni Rai sono il 34%) incaricato dell'intervista sceglie un interlocutore maschio. Le donne autorevoli ci sono, eppure vengono chiamate solo nel 10% dei casi.
Del resto, questa percentuale può essere confermata e ampliata anche attraverso un semplice check empirico: basta guardare un qualsiasi talk-show - escludendo quelli che si occupano di gossip - e contare gli ospiti uomini e le ospiti donne (e volendo essere pignoli, anche il tempo di parola concesso). Solitamente il risultato è sconfortante.
L'inglese Jane Martinson, giornalista del quotidiano The Guardian, per provare a tranquillizzare la platea ha detto che da una ricerca simile svolta nel Regno Unito è emerso che anche lì le donne vengono citate come esperte in articoli e servizi tv solo nel 24% dei casi. Ma difficilmente quando si parla di questi problemi mal comune fa mezzo gaudio - e comunque 24% è una percentuale bassa ma pur sempre più che doppia rispetto alla nostra.
Una terza relatrice, Cristina Sivieri Tagliabue, ha aggiunto che secondo le rilevazioni più recenti alle donne giornaliste e opinioniste l'onore di avere il nome in prima pagina sui quotidiani Corriere e Repubblica spetta più o meno nel 5% dei casi. Il restante 95, agli uomini. E che anche nei programmi tv più seri, quando si prevede una presenza femminile, spesso invece di chiamare un'esperta del tema di cui tratta la puntata - capace di fare discorsi sensati e approfonditi, di argomentare e discutere, insomma di fornire un punto di vista autorevole - si preferisce invitare la showgirl di turno - incoronata tuttologa per l'occasione.
Numeri e osservazioni che fanno riflettere e indignare, ma che devono anche indurre ad agire. Così ho deciso di fare una breve ricognizione della situazione sulla Repubblica degli Stagisti. Prendendo in considerazione gli articoli usciti nell'ultimo mese, la proporzione qui quando intervistiamo o citiamo esperti è più o meno un terzo di donne e due terzi di uomini. Molto meglio della media - ma non ancora abbastanza.
Dunque, d'ora in avanti su queste pagine sarà attuato un nuovo codice di autoregolamentazione e vigilanza. La redazione farà attenzione a bilanciare gli interventi degli esperti anche a seconda del genere. Già lo facciamo in ottica generazionale, cercando di dare il più possibile spazio e visibilità a chi è anagraficamente giovane e quindi mediaticamente meno appetibile: tante sono le interviste che abbiamo dedicati a giovani scrittori, politici, sindacalisti, amministratori, docenti universitari, attivisti. D'ora in avanti punteremo anche al 50-50 rispetto al genere.
Senza rinunciare ovviamente a un'oncia di autorevolezza: non faremo parlare le donne "a tutti i costi", così come non facciamo parlare i giovani "a tutti i costi". Ma avremo l'accortezza di cercare, tra i tanti esperti disponibili nelle università, negli studi professionali, nei centri di ricerca, tante brave donne quanti bravi uomini, così come cerchiamo - e troviamo - tanti bravi giovani quanti bravi anziani. Perché, semplicemente, non c'è dubbio che esistano. E che, in un mondo dei media che non smette di penalizzare giovani e donne, gli uni e le altre vadano valorizzati.
Eleonora Voltolina
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