Categoria: Storie

La borsa ‘antifuga dei cervelli’ dell’Andalusia. Da Malaga la storia di stage di Maribel all'Instituto Cervantes di Roma

Ci sono paesi i cui governi adottano misure che puntano a trattenere in patria le migliori risorse, piuttosto che spingerle a emigrare. Un fenomeno in controtendenza rispetto all’Italia, che Maribel Hidalgo, 26enne di Malaga, illustra alla Repubblica degli Stagisti. Maribel comincia il suo percorso laureandosi nel 2007 in Belle arti all’università di Granada, una facoltà di quelle che pur avendo grande appeal sui giovani finiscono per rivelarsi tra le più insidiose al momento di trovare lavoro. Così, l’anno successivo, Maribel decide di potenziare la sua formazione con un master in Italia, incentrato sull’editoria, il giornalismo e il management culturale, all’università La Sapienza. Una scelta che le sembra ideale, dal momento che il nostro Paese ha un patrimonio culturale tra i primi al mondo, che le permetterà di mettere a frutto il percorso accademico. E’ a questo punto che interviene il governo dell’Andalusia, concedendole una borsa di studio per un master per tutto il 2009 con incluso uno stage all’Instituto Cervantes di Roma, alla condizione però di tornare al termine degli studi nella regione di provenienza per trovare lavoro. Il presupposto affinché non ti venga richiesta la restituzione della borsa – spiega Maribel – è «lavorare per quattro anni nella tua regione, come impiegata o libera professionista, in un’azienda con ‘base’ in Andalusia ma con sedi all’estero, o in qualche istituzione che promuova l’Andalusia». Insomma la Junta de Andalucia le copre per intero le spese (pagamento delle tasse del master – di oltre 3000 euro - e più di mille euro mensili per tutta la durata del corso, che nel suo caso le permettono di mantenersi per due mesi oltre la sua fine), ma la obbliga a ritornare in patria dove potrà mettere in pratica quello in cui si è specializzata. «Questa modalità di concessione della borsa è giusta», commenta Maribel, pur avanzando qualche riserva. «La formazione è valida e di qualità, apre molte porte, ma purtroppo la delicata situazione economica non rende facile la ricerca del lavoro una volta rientrati». E’ qui infatti che arrivano le prime difficoltà. «Con la situazione attuale il limite di tempo per trovare un’occupazione sta diventando insufficiente». Quanto alla fuga di cervelli, aggiunge «si tratta di una tendenza che nell'ultimo anno e mezzo è cresciuta in tutta la Spagna, dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 20%, arrivando nella mia provincia a punte del 30%». Una situazione per cui «se non trovi una possibilità interessante, ti ritrovi a dover scegliere tra restare, con un lavoro al di sotto delle tue aspettative, oppure continuare a cercare altrove con le conseguenze che ciò comporta». Insomma non è detto che con la borsa di studio si trovi il lavoro dei propri sogni, ma quanto meno esiste un sistema che il governo regionale ha messo a punto per promovere la formazione dei giovani, e – soprattutto – investire su di loro concependoli come una risorsa.   Se non altro, è un modo per far crescere economicamente l’Andalusia, regione povera della Spagna, anche se a questo proposito Maribel è perplessa: «Può essere d’aiuto, ma il momento che attraversiamo è critico. Non abbiamo un tessuto aziendale cosi avanzato come nel resto d’Europa e l’incertezza sul futuro dell’economia non induce le aziende a innovare, assumendo personale altamente qualificato. Piuttosto cercano di assicurarsi quello che già hanno». Qual è allora la soluzione? «Ci vorrebbe un rapporto più stretto tra le aziende e gli organizzatori della borsa. Anche se quest’ultimo aspetto è cambiato nelle ultime edizioni del concorso. Adesso si richiedono candidati che già lavorano con la condizione di tornare nella stessa azienda una volta finita la formazione». Per concludere, Maribel racconta la sua situazione attuale. La borsa di studio ti ha aiutato alla resa dei conti? «Al momento sto cercando lavoro, con la borsa ho ottenuto una bellissima esperienza, molto interessante non solo sul piano culturale, ma anche lavorativo e personale. Nonostante la crisi credo che mi aiuterà ad avere un impiego migliore in futuro». Il caso di Maribel non è l’unico. «Da tempo il governo destina molti fondi alla formazione dei giovani. Conosco altre borse di formazione in istituzioni del governo spagnolo sia in Spagna che all’estero - riflette - ma le persone che hanno fatto questi stage nel mio stesso periodo, una volta ritornati non sono riusciti a trovare niente e hanno deciso di ripartire». Una scelta obbligata dunque, che frustra le aspettative delle politiche per la formazione andalusa. Ma non scoraggia i giovani a migliorarsi per cercare di accrescere le possibilità di inserimento lavorativo.   Testo raccolto da Ilaria Mariotti     Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Dalla Spagna la storia dello stage di Antonio Barroso in una Madrid «non tanto divesa dall'Italia» - Claudia Cucchiarato, la portavoce degli espatriati: «Povera Italia, immobile e bigotta: ecco perchè i suoi giovani scappano»

Master dei Talenti, le voci degli «ex»: la sensibilità di psicologo di Davide Debertolo al servizio della giustizia minorile in Mozambico

Ad una settimana dalla riapertura del bando Master dei Talenti per neolaureati della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino che premia le eccellenze piemontesi e valdostane con tirocini "top", la Repubblica degli Stagisti continua a raccogliere le testimonianze di chi ha già vissuto questa esperienza. Ecco quella di Davide Debertolo. Gli aspiranti talentuosi hanno tempo fino al 28 febbraio per inviare la propria candidatura. Ho 29 anni e sono nato e cresciuto a Valenza in provincia di Alessandria, figlio di padre sardo e di madre lucana, conosciutisi in Germania. Insomma, sono di tanti luoghi, ma per il momento ho deciso di essere torinese. Dopo il liceo scientifico mi sono iscritto a psicologia a Torino, dove ho potuto trasferirmi anche grazie alle borse Edisu - oggi molto ridotte. Sono stati anni ricchi, formativi, divertenti, e lo stesso mix sono riuscito a mantenerlo durante l’Erasmus a Lisbona, da settembre 2003 a luglio 2004. Vivevo in una casa con altre sei persone - tre italiane, due spagnole e un portoghese - pagando circa 200 euro al mese di affitto, 600 euro contando tutte le altre spese. Costi che la borsa non ha coperto completamente e un po' ci ho rimesso di mio, ma ne è valsa la pena.Dopo la laurea nel marzo 2006, ho iniziato il tirocinio annuale obbligatorio per l'abilitazione a psicologo, l'unico caso in cui ho accettato di lavorare gratis - 900 ore - svolgendo poi un lavoro part-time con bambini disabili per mantenermi. Sono contrario a lavori e stage non retribuiti: sminuiscono l'apporto del giovane e compromettono il potere negoziale suo e di tutti quelli in cerca di occupazione. Poi spesso lo stage non è formazione, ma una possibilità di ottenere manodopera qualificata a costo zero. C’è un problema legislativo, ma anche uno di consapevolezza da parte dei ragazzi, che faticano a mettere dei limiti rispetto a ciò che è accettabile.Nell'ultimo periodo di tirocinio ho partecipato al bando Master dei Talenti, che già conoscevo perché ben pubblicizzato. Una posizione più di tutte sembrava fatta apposta per me: un anno all'Unicri, l'Istituto internazionale delle Nazioni unite per la ricerca sul crimine e la giustizia,  per un progetto di rinforzo della giustizia minorile a Maputo, Mozambico, per cui si richiedeva anche la conoscenza del portoghese, che io avevo imparato in Erasmus. Il rimborso era allettante: 3300 euro lordi al mese, 2400 netti. L'iter di selezione non è stato faticoso - dopo la candidatura, un colloquio all'Unicri di Torino e un'intervista telefonica in inglese con la responsabile del progetto in Mozambico - e il sì è arrivato a circa un mese e mezzo di distanza. Sono partito nel luglio 2007 insieme alla mia compagna, prima volontaria ma che poi ha lavorato con la Cooperazione italiana allo sviluppo, con cui condividevo la casa insieme ad un'altra coppia. Affiancavo la coordinatrice del progetto, con mansioni che andavano da quelle burocratiche al lavoro sul campo: presa in carico comunitaria di giovani con problemi di giustizia, attività di formazione a poliziotti, magistrati, assistenti sociali, ricerca. Il costo della vita a Maputo era di poco inferiore al nostro, circa mille euro al mese, ma il rimborso della Fondazione CRT mi hanno permesso di mantenermi, esplorare non solo il Mozambico ma anche il Sudafrica, il Malawi, lo Swaziland, e mettere dei soldi da parte. Al termine del tirocinio mi hanno proposto di fermarmi un altro anno con uno stipendio di 2500 dollari, circa 1850 euro, ma ho deciso di tornare in Italia per sostenere l’esame di Stato di abilitazione professionale e frequentare una scuola di specializzazione in psicoterapia. Cosa che sto facendo: sono ormai al terzo anno, il penultimo. Intanto ho anche un contratto a tempo indeterminato con la onlus torinese Gruppo Abele e guadagno 1100 euro per 14 mensilità. Il mio sogno però è lavorare come psicologo libero professionista e ho deciso di lasciare la sicurezza del contratto per tentare la strada della libera professione insieme ad alcuni colleghi. Ora vivo a Torino con la mia compagna e insieme paghiamo le rate del mutuo per un piccolo alloggio fuori città; anche se non posso concedermi più di tanto, vivo serenamente e continuo a investire sulla mia formazione - la scuola di specializzazione costa 3100 euro all'anno. Dopo però potrei considerare la possibilità di andare in Inghilterra, dove il percorso professionale di uno psicologo, pur non semplice, è definito, riconosciuto e adeguatamente retribuito. Ho molti amici che sono andati all’estero e si stanno realizzando per quelle che sono le loro competenze, così come ne ho altrettanti che annaspano in Italia ogni giorno, coltivando la speranza che anche qui in qualche modo si possa trovare una strada. Credo che ognuno abbia un limite nel riuscire a mantener viva la speranza a fronte di quella che è la realtà dei fatti.Testo raccolto da Annalisa Di PaloPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Il giro del mondo in ottanta stage: anteprima del nuovo bando Master dei Talenti della Fondazione CRT- Occupati e ben pagati: ecco l'identikit di chi ha partecipato al Master dei Talenti della Fondazione CRTE anche le testimonianze di chi ha fatto negli anni passati questa esperienza: - Master dei Talenti, le voci degli «ex»: il geologo Luca Guglielmetti, da Torino a Yellowstone con lo zaino in spalla- Nicola Rivella, un anno alla World Bank di Washington per studiare i paesi in via di sviluppo- Chiara Santi, grazie alla CRT ho scoperto la sicurezza sul lavoro e me ne sono innamorataE scopri le aziende del bollino «OK Stage» che partecipano al bando MdT:- «Con due tutor e un mentor, seguiremo i tirocinanti CRT passo per passo nella loro avventura spagnola»: quest'anno anche Everis è nel bando del Master dei Talenti- Marketing al gusto di nutella: c'è anche Ferrero nel bando Master dei Talenti 2010

Master dei Talenti, le voci degli «ex»: il geologo Luca Guglielmetti, da Torino a Yellowstone con lo zaino in spalla

Si riparte: apre ufficialmente oggi il nuovo bando Master dei Talenti della Fondazione CRT, che quest'anno mette in palio 79 stage in giro per il mondo con rimborsi che vanno dai 1400 ai 3300 euro destinati ai neolaureati più talentuosi di Piemonte e Valle d'Aosta. Per candidarsi c'è tempo fino a fine febbraio. La Repubblica degli Stagisti ha raccolto le storie di alcuni (entusiasti) «ex». Ecco quella di Luca Guglielmetti.Ho 30 anni e sono di Torino. Qui dopo il liceo scientifico mi sono iscritto a Scienze geologiche: una scelta dettata dalla passione e dalla voglia di studiare e lavorare all'aria aperta, scarponi ai piedi, zaino in spalle e tenda pronta. Dopo il primo anno di università mi sono trasferito a Roma e per un anno ho prestato servizio militare presso il Centro sportivo Carabinieri come atleta di pentathlon moderno, uno sport che ho praticato dall'età di dodici anni e che mi ha fatto  entrato anche nella rosa degli atleti prescelti per le olimpiadi di Atene 2004, anche se poi non vi ho partecipato. Lo sport a livello professionistico non era la strada giusta per me.Dopo l'anno romano sono tornato a Torino e ho ripreso gli studi. A ottobre 2003 sono partito per un Erasmus di otto mesi in Guadalupa, nelle Antille: una destinazione inusuale, ma ho unito l'utile al dilettevole, dando cinque esami e imparando il francese tra le bellezze dei Caraibi. Vivevo con un mio compagno di corso, ma la borsa di studio di 1200 euro netti totali - 150 al mese - è stata del tutto insufficiente a coprire anche solo l'affitto mensile di 250 euro e i miei mi hanno dato una mano. Finito l'Erasmus ho accelerato con gli esami e a marzo 2006 mi sono laureato con una tesi in geologia applicata. Grazie al mio relatore ho subito iniziato un co.co.co di tre mesi da circa 1200 euro netti mensili, rinnovato per altri tre. Terminati i sei mesi, nel novembre 2006 ho vinto una borsa di ricerca annuale al Dipartimento di Scienze della terra di Torino, lavorando sulle  tematiche dell’attività estrattiva con software di modellizzazione geologica 3D e di Gis, Geographic Information System. Guadagnavo 1000 euro netti al mese e tutte le spese di viaggio per attività di terreno e convegni erano rimborsate. Però nel luglio 2007 ho interrotto la borsa: nel frattempo avevo vinto un tirocinio del programma Master dei Talenti della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino per un anno nel parco di Yellowstone, nello stato del Wyoming.È successo tutto velocemente: a un mese dalla candidatura - che avevo inoltrato su segnalazione del mio relatore - ho saputo di essere tra i dieci selezionati per sostenere il colloquio telefonico con la responsabile americana del progetto. Parlare in inglese per quasi un'ora, gestire l'agitazione e riuscire a far emergere le proprie competenze e qualità non è stato facile, ma pochi giorni dopo ecco la chiamata: ero stato selezionato e avevo tre giorni di tempo per decidere. Poche ore dopo alzavo la cornetta per accettare. A Yellowstone ho svolto attività di terreno - campionamento, monitoraggio e raccolta dati sulle acque ed i gas delle sorgenti termali, fumarole, geyser - e di supporto tecnico-informatico alle attività di ricerca. Ho lavorato quindi prevalentemente con geologi; ma anche con biologi e naturalisti, per monitorare gli spostamenti di orsi e lupi; ingegneri, per mappare la rete di tubazioni dell’acqua e vigili del fuoco, per il controllo degli incendi. La classica polizza assicurativa stipulata dalla fondazione per i suoi tirocinanti per me prevedeva anche la copertura di rischio per l'attività di terreno, nel caso fossi caduto in un geyser, o fossi stato aggredito da un orso in caccia di cestini della merenda! Per il visto invece mi sono mosso da solo ma senza problemi, vista l'efficenza dell'ambasciata americana a Milano. È stata un’esperienza unica, estremamente formativa, tra cervi, orsi, bisonti, lupi, coyote e paesaggi indimenticabili. Per questo al mio ritorno ho proposto alla Fondazione CRT di attivare due stage semestrali a Yellowstone invece di uno annuale, così da dare modo a più persone di partecipare.Per ogni mese di tirocinio ho ricevuto 2500 euro lordi, più che sufficienti a coprire le spese di viaggio e di alloggio. A qualche mese dal mio arrivo ho anche comprato una macchina: 300 dollari per una vecchia Volkswagen! Il National Park Service ha provveduto a trovarmi casa all’interno del parco, con un affitto di soli 80 euro al mese, dove vivevo con altre cinque persone di tutte le età e provenienze che erano a Yellowstone per dei lavori stagionali.A luglio 2008 sono tornato a Torino con l’intenzione di non far cadere nel vuoto tutto ciò e in autunno ho vinto un dottorato di tre anni sullo sfruttamento della geotermia come fonte rinnovabile di energia. La borsa è mille euro netti mensili, ma adesso beneficio di una maggiorazione del 50% perché da quasi un anno sviluppo il progetto in Svizzera, in cotutela con il Laboratoire Suisse de Geothermie dell’Università di Neuchâtel. Il mio tenore di vita è buono: vivo da solo in un monolocale che mi costa 620 franchi al mese - circa 480 euro - e riesco a mettere qualcosa da parte. Ma dopo spero di trovare un lavoro che mi garantisca un guadagno maggiore e di riuscire a conciliare l'appagamento professionale con quello personale. Riprenderò a mandare cv soprattutto all'estero: sono poche le aziende italiane che si occupano di geotermia.Testo raccolto da Annalisa Di PaloPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Il giro del mondo in ottanta stage: anteprima del nuovo bando «Master dei Talenti» della Fondazione CRT - Master dei Talenti della Fondazione CRT: quasi mille candidati per i 75 stage all'estero del bando 2010 - Occupati e ben pagati: ecco l'identikit di chi ha partecipato al Master dei Talenti della Fondazione CRT E anche le testimonianze di chi ha fatto negli anni passati questa esperienza: - Francesco Imberti, dalla Cina con amore (per il cibo italiano)- Paola Laiolo, da Torino a Bruxelles inseguendo l'Europa- Nicola Rivella, un anno alla World Bank di Washington per studiare i paesi in via di sviluppo - Antongiuseppe Stissi, un ingegnere piemontese sul treno per Pechino - Chiara Santi, grazie alla CRT ho scoperto la sicurezza sul lavoro e me ne sono innamorata E scopri le aziende del bollino «OK Stage» che partecipano al bando:- «Con due tutor e un mentor, seguiremo i tirocinanti CRT passo per passo nella loro avventura spagnola»: quest'anno anche Everis è nel bando del Master dei Talenti- Marketing al gusto di nutella: c'è anche Ferrero nel bando Master dei Talenti 2010

Laura Serrao: «Quanta fatica per riuscire a fare lo stage alla Commissione europea! Ma ne è valsa la pena: a distanza di due anni sono ancora qui. Assunta»

Dal 1° al 31 gennaio è aperto il bando per candidarsi agli stage presso la Commissione europea. La Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze di chi ha già fatto questa esperienza: ecco quella di Laura Serrao.Ho 29 anni e sono nata a Roma. Dopo il liceo linguistico mi iscrissi a Scienze politiche con l'idea di intraprendere la carriera diplomatica; al penultimo anno di università ottenni una borsa Erasmus e nell’ottobre 2003 partii per l'università Paris VIII - Saint-Denis, restandoci fino alla fine dall'anno accademico.  Un'esperienza molto formativa, per la prima volta mi trovavo a vivere da sola, e per di più in un altro Paese! Purtroppo dal punto di vista accademico mi sentii lasciata allo sbaraglio: niente informazioni o appoggio dalla mia università, grandi problemi nel farmi riconoscere gli esami. Così alla fine mi dedicai a fare ricerche per la tesi. Tornata in Italia, una volta finiti gli esami decisi di fare una prima esperienza lavorativa e attraverso l’ufficio stage dell’università scoprii il Mae-Crui, un programma che permette ai giovani di passare un periodo di tre mesi presso il ministero degli Esteri o in un'ambasciata o consolato. Cominciai il Mae-Crui nell'aprile del 2006; non era previsto alcun rimborso, neanche i buoni pasto. La mia università con fondi propri dava dei rimborsi - dai 500 ai mille euro per l'intero periodo, se non sbaglio - a chi veniva assegnato a sedi estere, ma essendo rimasta io a Roma non ne avevo diritto. Mi assegnarono al Cerimoniale diplomatico; all'inizio ero molto intimorita da quell'ambiente così formale, però con il passare del tempo imparai come muovermi e colsi l'occasione per confrontarmi con ambasciatori di vari paesi. Un'esperienza veramente formativa, che però al tempo stesso mi fece capire che non era quella la strada che volevo seguire.Al ministero gli stagisti erano concentrati presso gli uffici del 4° e 5° piano, mentre io mi trovavo al 1°: nel mio ufficio eravamo in tre. Alla fine dei tre mesi di stage chiesi e ottenni un rinnovo – anche se non molti lo sanno, il Mae-Crui può arrivare fino a 12 mesi. Rimasi lì fino alla fine di settembre del 2006. Per un breve periodo mi venne affidato il compito di formare le nuove stagiste: quando arrivarono, il capo dell'ufficio mi chiese di insegnare loro quello che avevo imparato io fino ad allora, anche perché nel frattempo il mio tutor era stato assegnato ad una sede estera e si attendeva l'arrivo di un nuovo diplomatico nell'ufficio – quindi in quel periodo oltre al capo ufficio e alle segretarie c'eravamo solo noi stagiste. Alla fine mi fu proposto di rimanere ancora, ma trattandosi di un ministero non c'era nessuna possibilità di ottenere un contratto; così decisi di riprendere gli studi.L'anno successivo, sempre tramite la Crui, feci un altro stage a cavallo dell'estate – da maggio a luglio – presso la sede centrale dell'Ice a Roma. Nel mio ufficio eravamo sei stagisti a fronte di una trentina di dipendenti. In questo caso era previsto un rimborso spese, ma quando arrivai io era stato sospeso a causa di tagli vari – ricevetti poi dei soldi qualche mese dopo la fine dello stage, una cifra intorno ai 300 euro. Purtroppo in quel caso fui costretta, per problemi familiari, a interrompere lo stage dopo appena due mesi. Poco dopo ottenni una borsa di studio del ministero degli Esteri per il Collegio d'Europa di Bruges, per un master internazionale in Affari europei considerato tra i più competitivi al mondo, e così partii alla volta del Belgio. Il master durò dal settembre del 2007 al giugno del 2008. La borsa di studio copriva solo parzialmente il costo del corso, all'epoca circa 7mila euro su 17mila; la scuola aveva dormitori e mensa, ma in pratica questa parte dei costi era a carico degli studenti. Alcuni miei compagni avevano ottenuto delle borse integrative dalle regioni o dalle università di provenienza, ma nel mio caso la Regione Lazio non prevedeva nulla di simile: quindi furono i miei genitori a coprire la restante quota, anche perché durante il master la frequenza era obbligatoria e la mole di lavoro non mi avrebbe consentito di lavorare.Nel frattempo, lo stage in Commissione. Questo era sempre stato un mio pallino: con delle mie compagne di università avevamo presentato domanda subito dopo la laurea, ma nessuna di noi era riuscita ad entrare nel “Bluebook”, il database da cui la Commissione attinge per reclutare gli stagisti. Ricordo la delusione, eravamo tutte neolaureate con ottimi voti e, pensavamo, con ottimi curriculum… Ora, dopo essere passata dall'altra parte della barricata (l'anno scorso ho fatto parte del jury di selezione) mi rendo della quantità e qualità delle domande che ogni sei mesi arrivano in Commissione, soprattutto dall'Italia – forse anche perché noi siamo tristemente abituati a stage non retribuiti, e un rimborso spese di più di mille euro è molto allettante, senza considerare il valore formativo di un'esperienza in Commissione.Insomma, mentre facevo il master a Bruges feci di nuovo domanda, e questa volta entrai nel Bluebook. Nelle settimane seguenti alcuni miei compagni vennero chiamati a Bruxelles per fare dei colloqui, altri avevano già ottenuto la conferma dello stage, io invece ricordo che tornai a Roma senza nessuna risposta. Ero un po’ delusa. Poi invece dopo quasi un mese ecco arrivare la mail tanto agognata: la Commissione mi offriva uno stage presso il Segretariato generale, nella direzione per i rapporti con il Parlamento. Non potevo chieder di più. A settembre sbarcai Bruxelles per cercare casa, insieme al mio ragazzo che aveva deciso di seguirmi. Trovato un appartamento rientrammo in Italia e a fine mese ripartimmo con la macchina carica di valigie e pacchi: 18 ore di viaggio, un incubo, ma finalmente eravamo pronti ad iniziare questa nuova avventura! Lo stage durò dall’ottobre del 2008 al febbraio del 2009. Eravamo una ventina di stagisti in tutto il Segretariato generale, che conta circa 600 membri dello staff; dei tre stagisti assegnati alla mia direzione io ero l'unica italiana. Il lavoro consisteva principalmente nel seguire i lavori del Parlamento Europeo, nelle commissioni parlamentari e nelle sedute plenarie. Ogni funzionario dell'ufficio era responsabile di seguire una commissione: per il primo periodo io seguii insieme alla mia advisor quella sulle Libertà fondamentali; dopo un paio di mesi, quando uno dei funzionari lasciò l'ufficio, il capo unità mi affidò la commissione per i Trasporti. Una grande responsabilità, che mi permise di dimostrare quello che avevo imparato fino ad allora: si trattava di seguire i lavori e poi relazionare all'ufficio e a tutta la gerarchia. In pratica andavo in Parlamento un paio di giorni a settimana e seguivo i dibattiti della Commissione per poi scrivere delle note informative. La casa, una settantina di metri quadrati nel cosiddetto “quartiere europeo”, costava a me e al mio ragazzo poco meno di mille euro comprese le spese. Anzi dovrei dire “ci costa”, perché ci siamo rimasti ben oltre il mio stage: viviamo ancora qui. Fin dal principio avevo intrapreso l'esperienza dello stage nell'ottica di fermarmi a Bruxelles dopo, perché rispetto all'Italia ci sono più possibilità lavorative e perché avevo speso i due anni precedenti a specializzarmi nel diritto e nella politica dell'UE. Purtroppo però il periodo è coinciso  con l'inizio della crisi economica, che chiaramente si è fatta sentire anche qui, quindi di offerte di lavoro non ce n’erano molte. Poi una mattina, poco prima delle vacanze di Natale, arrivo in ufficio, accendo il computer e tra le news sull'intranet vedo che un'unità della mia direzione cerca un agente contrattuale, con un profilo simile al mio. Un paio di anni prima avevo scoperto l'esistenza di queste selezioni per entrare nel database della Commissione per agenti contrattuali, e così nel corso degli anni avevo provato a propormi per dei contratti, ma senza successo. Ora proprio nel mio ufficio si apriva una possibilità: una specie di miracolo. Non passano neanche 30 minuti che ho già spedito la mail con il cv. Qualche giorno dopo vengo chiamata per il colloquio, la capo unità mi spiega che si tratta di un contratto di nove mesi per aiutare la Direzione durante il periodo di preparazione per le audizioni parlamentari della nuova Commissione Europea, mi dice che ci sarà tanto lavoro da fare, ma che sarà anche molto interessante vivere in prima persona il momento della transizione dopo le elezioni europee. Così subito dopo fine del mio stage ho iniziato a lavorare in Commissione. Da allora è passato più di un anno, il contratto iniziale è stato rinnovato, e quando il lavoro per cui sono stata assunta è terminato ho trovato posto presso un'altra Direzione generale della Commissione, la DG Ricerca, dove lavoro come project officer seguendo le sovvenzioni comunitarie ai ricercatori europei.Il mio stipendio netto è di 2410 euro, rispetto a quando sono stata assunta c'è stato un minimo aumento dovuto all'adattamento del salario al costo della vita e all'inflazione. Il mio caso è un po' particolare – intendo i vari contratti frammentati: normalmente i contratti standard sono di un anno e vengono poi rinnovati per altri due anni. Mi ritengo fortunata per aver potuto cominciare a lavorare subito. Il passaggio da stage a contratto non è automatico, anzi tutt'altro, e come in tutto serve la fortuna di trovarsi al momento giusto al posto giusto. Non basta essere apprezzati dal capo ufficio durante lo stage per ottenere un contratto alla fine dei cinque mesi: deve esserci un posto vacante, e bisogna avere il giusto profilo, e in linea di massima per ogni posto vacante devono essere chiamate per il colloquio almeno tre persone. In più per diventare agenti contrattuali bisogna aver superato una selezione (CAST), che si svolge in genere ogni uno o due anni, ed essere quindi in un database specifico. Fino a qualche anno fa inoltre c'era una regola, e forse in alcune DG c'è ancora, per cui non si può assumere un ex stagista se non dopo un certo periodo di tempo. Detto ciò il mio non è un caso isolato, conosco altri ex stagisti che poi hanno ottenuto un contratto, anche se spesso non nello stesso ufficio in cui hanno svolto lo stage o magari dopo qualche tempo. Il vantaggio di aver fatto lo stage è sicuramente quello di avere un'ottima formazione professionale: questo chiaramente in fase di selezione può fare la differenza. Lo stage in Commissione è molto apprezzato e spesso considerato un prerequisito per molte offerte di lavoro anche nel settore privato a Bruxelles.Testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento:- Nuovo bando per 600 stage da mille euro al mese alla Commissione europea: ci si può candidare fino al 31 gennaio E le testimonianze degli altri ex stagisti:- Mario Sgarrella: «Ho fatto in sequenza lo stage all'Ecdc di Stoccolma e quello alla Commissione europea: due esperienze super interessanti»- Cinque Paesi in cinque anni: la storia di Daniela Amadio e il racconto del suo stage alla Commissione europea- Carlotta Pigella, Torino-Bruxelles andata e ritorno: «Il mio stage alla Direzione generale Affari Marittimi della Commissione UE? Internazionale e professionalizzante»- Pasquale D'Apice: «Rapporti umani e network di conoscenze, ecco il prezioso valore aggiunto degli stage alla Commissione europea»- Dalla metafisica al trattato di Lisbona: la storia di Mauro Pedruzzi, filosofo stagista alla Commissione europea- Mirko Armiento, ex stagista alla Commissione europea: «A Bruxelles i cinque mesi più intensi e belli della mia vita»

Tirocini Leonardo, con Unipharma-Graduates porte aperte agli scienziati in erba. Angiolo Pierantoni racconta la sua esperienza a Madrid

È stato pubblicato lunedì 17 gennaio il bando Leonardo "Unipharma-Graduates 7", che la fondazione Noopolis promuove dal 2003 con la coordinazione dalle tre principali università romane per attivare tirocini semestrali all'estero presso centri di ricerca europei del settore chimico, farmaceutico e biotecnologico. Cinquanta i posti a disposizione in questa settima edizione, con un rimborso totale massimo di 4150 euro, circa 700 euro al mese. Per candidarsi - possono farlo tutti i neolaureati del settore - c'è tempo fino al 31 marzo 2011 ma sarà possibile inviare la domanda solo a partire da oggi. Angiolo Pierantoni ha partecipato alla quinta edizione del programma e con la Repubblica degli Stagisti passa in rassegna i pro e i contro dei suoi sei mesi di stage in un'azienda farmaceutica di Leeds.Ho 26 anni e sono di Napoli. Mi sono diplomato al liceo classico e poi, seguendo un po' le orme della mia famiglia e un po' la mia passione, mi sono iscritto alla laurea triennale in Biotecnologie per la salute della Federico II e ho continuato nel 2006 con la specialistica in Biotecnologie mediche. Entrambe le mie tesi sono nate da tirocini non retribuiti: quella triennale da un anno - ma con una pausa di qualche mese in mezzo per dare gli esami - allo Ieos Cnr di Napoli, Istituto di endocrinologia e oncologia sperimentale, un organismo permanente del Consiglio nazionale delle ricerche, dove mi sono occupato di regolazione genica in tiroide. La tesi specialistica, sperimentale, l'ho preparata invece in Inghilterra con una borsa Erasmus semestrale di 250 euro al mese: 1500 in tutto, a cui alla fine si è aggiunto un conguaglio di 600 euro, che ha fatto salire il contributo mensile a 350 euro, sufficiente però a pagare solo la metà delle spese. In genere si va in Erasmus per studiare, io invece l'ho sfruttato per uno stage di cinque mesi all'università di Leeds, che non era preparata ad accogliere un tesista ma poi mi ha subito indirizzato verso un corso di laboratorio in cui ho  approfondito alcuni aspetti molecolari del morbo di Alzheimer. In Inghilterra abitavo con altri quattro ragazzi inglesi pagando 250 sterline mensili, all'epoca circa 340 euro: molto più conveniente delle residenze universitarie.È stata un'esperienza bellissima, che mi fatto imparare molto sia a livello lavorativo che linguistico. Nel settembre del 2009 è arrivato lo stage numero tre, Unipharma Graduates, a cui ho deciso di candidarmi perché dopo l'esperienza inglese ero convinto che all'estero le condizioni lavorative fossero migliori. E ne ho avuto la conferma. Ho passato la prima fase di selezione - due colloqui motivazionali e un test di inglese alla Sapienza di Roma, tutto in una giornata, piuttosto caotica - e ce l'ho fatta. Destinazione Madrid quindi, dove ho lavorato per sei mesi nel dipartimento di Drug Discovery dell'azienda farmaceutica Noscira. La scelta non è stata casuale: ho sempre amato Madrid ed ero deciso a lavorare in azienda, non nell'università. Anche se piccola, Noscira mi permetteva di cimentarmi nel campo delle neuroscienze applicate all'Alzheimeir e di rafforzare davvero il mio bagaglio di tecniche di laboratorio di ricerca. A Madrid ho trovato casa con altri tre spagnoli -  un motivo in più per cui ho imparato la lingua - pagando circa 310 euro mensili. L'unica nota dolente del tirocinio è stato rimborso spese, insufficiente a coprire le spese, per cui ho dovuto attingere un po' ai miei risparmi e un po' a quelli della mia famiglia. Per sei mesi ho ricevuto in tutto 2600 euro - erogati per l'80% all'inizio del tirocinio e per il resto alla fine: 400 euro mensili più le spese di viaggio, 200 euro tra andata e ritorno. L'azienda invece mi corrispondeva 150 euro mensili sotto forma di buoni pasto, dietro presentazione della ricevuta. Quindi in un mese ricevevo in tutto 550 euro, ma per vivere a Madrid bisogna metterne in conto circa 750, stringendo la cinghia. Il resto l'ho messo di tasca mia. Va sottolineato però che, proprio nell’anno in cui io ho partecipato ad Unipharma, il budget aveva subito un taglio del 40%: sia l'anno precedente che quello successivo la cifra erogata ai tirocinanti è stata di circa 4500 euro. Ho chiesto spiegazioni e alla domanda «Perché non avete diminuito il numero di borse se sapevate di avere meno soldi?» mi hanno risposto che non erano a conoscenza del taglio al momento di stilare il bando, e a quel punto era troppo tardi. In generale, l'aspetto economico è un grosso problema dello stage, che è si un periodo di formazione, ma spesso diventa un lavoro a tutti gli effetti, e in quanto tale va tutelato e retribuito. È avvilente doversi contare i centesimi in tasca nonostante si lavori intensamente.Fatta eccezione per il rimborso, il bilancio del mio Leonardo è positivo. Sarei voluto rimanere in Noscira, ma la crisi economica lo ha impedito e ho dovuto fare le valigie. A sorpresa però a fine dicembre è arrivata una chiamata dall'azienda con la proposta di un contratto a tempo determinato. Non ho accettato, perché ho già un contratto a progetto di circa 100 euro netti e buone prospettive con Okairos, un’azienda farmaceutica con sede a Pomezia ma con i laboratori a Napoli. Ed è qui che continuo a vivere, con la mia famiglia. Tornerei volentieri all'estero ma la fortuna di aver trovato un lavoro che mi piace nella mia città mi fa mettere in standby questa voglia. Intanto mi faccio un po' le ossa! La maggior parte degli amici sono andati via da Napoli, o lo faranno; c'è poi chi lo ha fatto ma senza fortuna ed è tristemente tornato. La consapevolezza di avere poco futuro qui è forte nei giovani.Testo raccolto da Annalisa Di PaloPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- 380 stage all'estero sotto l'albero. Ecco i bandi Leonardo aperti e quelli in apertura - Programma Leonardo, stage in giro per l'Europa dai quindici ai sessant'anni sotto il segno della formazione permanente E anche le storie di tirocinanti nelle aziende farmaceutiche del «Bollino OK Stage»: - Stagisti col Bollino / Enrico Florio, da stagista a "scienziato in azienda" in Dompé Farmaceutici- Stagisti col bollino / Davide Villa: «Sfruttare gli stagisti non conviene a nessuno: Dompé e le altre aziende del Bollino lo hanno capito» - Stagisti col bollino / Francesca Gerli: «Che fortuna: subito dopo la laurea ho trovato in Dompé uno stage da 700 euro al mese, e poi sono stata assunta»

Dalla Spagna la storia dello stage di Antonio Barroso in una Madrid «non tanto diversa dall’Italia»

Antonio Barroso, un over 30 di Madrid racconta alla Repubblica degli Stagisti il suo percorso per diventare fonico, in una Spagna tra recessione economica e riforme dell’istruzione che puntano sulla flessibilità degli studi.A cavallo del Duemila la Spagna aveva conosciuto una crescita vorticosa, ma ora si trova in piena inversione di tendenza: gli ultimi dati Eurostat parlano di una disoccupazione che si aggira attorno al 20,7%.In questo quadro non è facile inseguire i propri sogni professionali. A volte però una riforma dell’istruzione aiuta. Antonio Barroso, madrileno, è riuscito a diventare fonico grazie a uno stage “speciale”. A 30 anni, dopo una serie di lavori in tutt’altro campo, decide di riprendere in mano i libri per studiare la materia che l’appassiona da sempre, la musica. «Volevo farne una professione, diventando tecnico del suono», racconta Antonio, che nel frattempo si guadagna da vivere come dj. Così, grazie alla legge 2/2006 del governo Zapatero  - studiata appositamente per favorire l’educazione permanente dei cittadini, l’acquisizione di professionalità e l’accesso al mondo del lavoro - si iscrive a un corso di studi biennale chiamato ciclo de grado superior, nel ramo audio visuale. L’equivalente con il sistema italiano non esiste: per semplificare potremmo dire che si tratta di due anni di studi tecnici, mirati sulla materia di interesse, che prevedono oltre a una tesi finale anche una fase di esperienza in azienda. Uno stage insomma, come accade quando si frequenta un vero master, nonostante il ciclo superior si collochi gerarchicamente dopo il corrispettivo del nostro diploma, e prima dell’università. Superati gli esami del corso, per Antonio – tra febbraio e aprile del 2010 - si aprono le porte di un’azienda, la Sba Radical Sound di Madrid, realtà piuttosto quotata nel settore che si occupa di postproduzione audio per programmi televisivi di successo tra cui Gran Hermano (il Grande Fratello iberico). «E’ stata un’esperienza molto positiva, ho avuto modo di utilizzare strumentazioni di altissimo livello», assicura Antonio, che però spiega che - in quanto a benefits per lo stage - non siamo lontani dal modello italiano: zero rimborsi spese, zero buoni pasto, ma in compenso tanto lavoro da fare e competenze da acquisire. E’ presente un tutor che si occupa della sua formazione - spalmata su 360 ore - con cui Antonio compila quotidianamente un diario sulla sua attività, controfirmata dalla scuola. Lo scopo è permettere alla prossima azienda presso cui ci si candiderà di sapere con esattezza - attraverso una documentazione inoppugnabile – le mansioni svolte nello stage, perché in un mercato del lavoro competitivo come l’attuale poter fornire “la prova” di aver prodotto l’audio di una famosa serie tv è senz’altro vantaggioso al momento di un colloquio. Nel caso di Antonio è la scuola stessa a volersi accertare che lo studente stia realizzando un reale percorso di formazione e a contattare l’azienda. «C’era una comunicazione diretta tra l’azienda e la scuola, che voleva essere costantemente al corrente del mio percorso». Passati i tre mesi di stage, per Antonio sfumano le possibilità di essere assunto oppure ottenere un contratto di collaborazione. A causa della grave crisi economica metà del personale aziendale in quel periodo sta infatti per essere licenziato: non è certo il momento di nuove assunzioni. «Non mi aspettavo che arrivasse il lavoro da questo stage, sapevo da prima quali erano le condizioni della nostra economia. Quattro milioni di disoccupati, una situazione allarmante e mai vista prima», riflette. Antonio, che comunque continua a inseguire il suo sogno, prima o poi riuscirà a trovare un lavoro stabile come tecnico del suono, confidando nella ripresa dell’economia spagnola.Testo raccolto da Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- 380 stage all'estero sotto l'albero. Ecco i bandi Leonardo aperti e quelli in apertura- Claudia Cucchiarato, la portavoce degli espatriati: «Povera Italia, immobile e bigotta: ecco perché i suoi giovani scappano»- «Vivendo altrove, il confronto fra l’Italia e altri paesi diventa impietoso. E illuminante». In un libro le storie degli italiani che fuggono all'estero

Mario Sgarrella: «Ho fatto in sequenza lo stage all'Ecdc di Stoccolma e quello alla Commissione europea: due esperienze super interessanti»

Dal 3 al 31 gennaio è aperto il bando per candidarsi agli stage presso la Commissione europea. La Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze di chi ha già fatto questa esperienza: ecco quella di Mario Sgarrella.Sono nato a Sorrento, in provincia di Napoli, nel 1985. Al terzo anno di liceo ho partecipato al concorso nazionale per frequentare i Collegi del Mondo Unito (UWC): scuole internazionali uniche che raccolgono ragazzi da tutto il mondo per due anni e promuovono la pace e la comprensione tra i popoli. «Come può esserci pace nel mondo se non ci capiamo l’un l’altro. E come possiamo capirci se non ci conosciamo?»: è questo il motto degli UWC. Dal 2002 ho frequentato una di queste scuole, quella di Duino, a pochi chilometri da Trieste. Nel 2004 ho ottenuto l’International Baccalaureate Diploma (IBO). Le spese per tutto il periodo sono state coperte dalla borsa di studio dell’organizzazione UWC Italia e grazie al patrocinio della Presidenza della Repubblica.Ho voluto continuare gli studi in inglese e sono andato in Olanda, dove nel 2007 ho concluso il BA in International Relations and European Studies, History and Cultures presso il University College Maastricht. La mia famiglia mi ha aiutato, ma ho anche lavorato saltuariamente. Avrei voluto studiare un po più di materie: amo infatti la storia, la storia dell’arte, l’architettura – mia madre ha studiato architettura. Ma ho poi optato per qualcosa che mi desse lavoro – relazioni internazionali e scienze politiche – e per la mia passione per l’Europa. Credo fermamente nell’Europa unita: gli staterelli, le ideologie nazionaliste e campaniliste, sono la cosa che più rovinano l’umanità. Mentre studiavo ho fatto l’Erasmus in Francia, a Nancy. Anche lì ho fatto lavoretti saltuari: il piu umile di tutti era quello in cui contavo le auto che passavo in un determinato incrocio – serviva a pianificare il nuovo percorso del tram!Dopo la laurea ho deciso di fare un master, e per pagarmelo ho lavorato come guida turistica per tutta l’estate nelle mie zone, tra Sorrento, Vesuvio, Amalfi, Positano, Ravello, Roma. Con quel che ho guadagnato sono riuscito a pagare la retta del master al Collegio Europeo di Parma, una scuola di alta formazione che prepara – benissimo! – alle istituzioni europee, ottenendo l’Advanced diploma in European studies. Studi essenzialmente di Diritto europeo, con un’infarinatura di tutte le politiche comunitarie. Sempre presso il Collegio ho potuto completare, a distanza, una tesi abbastanza corposa per ottenere un successivo Master in Advanced European Studies in collaborazione con l’università Luiss di Roma.Nel 2008 ho fatto il mio primo stage, presso l’Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control – Centro europeo prevenzione e controllo delle malattie), un’agenzia della Commissione Europea che ha sede a Stoccolma, in Svezia. Avevo trovato l’opportunità su internet, direttamente sul loro sito. Bellissima esperienza: ero nell’ufficio legale e aiutavo il Legal Officer, specialmente su contratti di sede, dati personali e privacy, e per l’organizzazione dell’evento con i Premi Nobel della Medicina. Lo stage durava cinque mesi e prevedeva un rimborso spese di circa mille euro al mese... giusto giusto per la Svezia. Alla fine mi avevano proposto anche un contratto, tramite agenzia interinale, ma ho rifiutato per fare un altro stage: quello ambitissimo presso la Commissione europea, per il quale mi ero candidato già due volte senza successo. Proprio mentre ero a Stoccolma  mi è arrivata la buona notizia: finalmente ero stato preso! Il fatto che avessi svolto uno stage all'Ecdc non contrastava con la clausola che impedisce a chi abbia già fatto un'esperienza retribuita presso un organismo UE di fare domanda per gli stage alla Commissione. C'é infatti un piccolo legal loophole che si può sfruttare: lo stage presso le agenzie non é considerato istituzionale. Se si scorre la lista ufficiale, sono menzionate solamente le agenzie executive e non quelle regolamentari. Ma attenzione, il contrario non sarebbe stato possibile: dopo aver fatto uno stage alla Commissione, non se ne possono fare altri nelle istituzioni UE.Lo stage è durato dal marzo al luglio del 2009. Lavoravo presso la DG Impresa e Industria, ufficio F3 dispositivi medici e cosmetici, più o meno in linea con gli health policy issues di cui avevo cominciato ad occuparmi a Stoccolma. Un mondo super interessante, perché quell’ufficio gestisce il mercato interno per tutti quei prodotti. Anche qui mille euro al mese di rimborso, anche qui più che sufficienti per vivere. A parte le competenze specifiche del settore, in quello stage ho sicuramente appreso “dal di dentro” il funzionamento dei gruppi di lavoro e dell’attività degli esperti che lavorano per rappresentare gli stati membri, l’industria e in generale tutte le varie parti in causa. Capire le dinamiche interne è il vero valore aggiunto. Ho avuto anche modo di praticare un po’ di analisi legali – controllando le trasposizioni degli stati membri delle direttive europee, analizzando testi giuridici e casi giuridici della corte. Ho addirittura trovato un errore in una direttiva già approvata!Oggi lavoro per la sede belga di Johnson&Johnson e mi occupo del settore dispositivi medici / ospedalieri. Interagiamo con le istituzioni europee, facciamo lobbying su specifici dossier legislativi, ci interessiamo al più ampio dibattito sulla salute: l’accesso per tutti, la contraffazione, le malattie nosocomiali, il cancro, il diabete, l’obesità. Guadagno circa 2400 euro lordi, che diventano 1500 netti perché in Belgio le tasse sono alte (per pagare questo paese federale con 6 parlamenti...). Uno stipendio che definirei soddisfacente per un 25enne. Certo, se guardo all’Italia... Partendo dallo stage, penso che i problemi principali siano tre. Uno, che gli stagisti sono sottopagati; due, che gli stagisti sono sottopagati; e tre, che gli stagisti sono sottopagati. E anzi aggiunto un quarto problema: che sono sfruttati! Oppure, all’estremo opposto, che vengono messi a non far nulla. L’iniziativa più bella della Repubblica degli Stagisti mi sembra il Bollino OK Stage: bisognerebbe fare un po’ di lobbying per far adottare il bollino a livello governativo! Ottima anche la Carta del diritti dello stagista: ma finché si viene pagati 100-200 euro al mese, altro che diritti... Qualche consiglio ai giovani? Spostatevi, viaggiate, dentro e fuori l’Italia: il mondo va scoperto non da turisti ma da migranti. Si imparano un sacco di cose, tra cui ovviamente le lingue – che sono una competenza fondamentale! Aggiungo che l’università italiana, così come quella francese e quella spagnola, non va bene perché non insegna quello che serve sul mondo del lavoro. Pagine e pagine di pappardelle imparate a memoria, professoroni che dall’alto della cattedra parlano per ore: questo non esiste nella vita professionale! Nella vita professionale occorre avere capacità critiche e di lavorare in piccoli gruppi, capacità di esprimere le proprie opinioni in maniera vivace, comprensibile, senza prevaricare gli altri e senza chiacchiere da bar, capacità di saper comunicare in pubblico, organizzare lavori complessi, preparare conferenze e gestire dibattiti... Tutti skills che le università dell’Europa meridionale non insegnano. Purtroppo per i loro giovani.testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Nuovo bando per 600 stage da mille euro al mese alla Commissione europea: ci si può candidare fino al 31 gennaio - Sei opportunità di stage da 1100 euro al mese al Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie di Stoccolma: candidature aperte fino al 30 aprileE anche le storie degli altri ex stagisti della Commissione europea:- Cinque Paesi in cinque anni: la storia di Daniela Amadio e il racconto del suo stage alla Commissione europea- Carlotta Pigella, Torino-Bruxelles andata e ritorno: «Il mio stage alla Direzione generale Affari Marittimi della Commissione UE? Internazionale e professionalizzante»- Pasquale D'Apice: «Rapporti umani e network di conoscenze, ecco il prezioso valore aggiunto degli stage alla Commissione europea»- Dalla metafisica al trattato di Lisbona: la storia di Mauro Pedruzzi, filosofo stagista alla Commissione europea- Mirko Armiento, ex stagista alla Commissione europea: «A Bruxelles i cinque mesi più intensi e belli della mia vita»

«Lo rifarei anche domani»: Simona Monteodorisio racconta il suo Leonardo nel turismo inglese. E adesso da stagista potrebbe diventare dipendente

L'anno nuovo si apre con diverse possibilità di candidatura per stage Leonardo, un buon modo per fare esperienza nel mondo del lavoro europeo senza doverci rimettere di tasca propria: tutte le spese - o grandissima parte - sono coperte dalla Commissione europea.  Scade ad esempio venerdì 14 gennaio la seconda edizione del progetto "Fidelio" della fondazione "Padre Alberto Mileno"  di Chieti e Simona Monteodorisio racconta alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza di stagista in un'azienda del turismo inglese durante la prima edizione del progetto.   Ho 29 anni e sono nata a Lanciano, in provincia di Chieti. Dopo il liceo mi sono trasferita a Pescara, dove ho studiato lingue - una mia passione sin da piccola - scegliendo l'indirizzo turistico-manageriale. Durante il mio ultimo anno, nel 2006, ho iniziato a lavorare come assistente di inglese e spagnolo per gruppi di italiani all'estero nell'ambito della progettazione europea, un'iniziativa dell'Ue che promuove e finanzia lo svolgimento di progetti nel territorio comunitario tramite gli enti pubblici e privati nazionali. Per tre anni ho girato l'Europa in lungo e in largo, sempre con la valigia pronta e disponibile a partire anche con breve preavviso. Si trattava comunque di prestazioni occasionali, che non mi permettevano totale autonomia. Il 2006 è stato anche l'anno del mio primo stage, che chiudeva un corso di formazione per diventare  operatrice turistica: 200 ore divise in tre mesi come addetta alla customer satisfaction per i clienti stranieri - tedeschi e inglesi soprattutto - dell'aeroporto "Liberi" d'Abruzzo, a Pescara. Oltre a svolgere le interviste nella sala arrivi, ho vissuto anche i piani alti, occupandomi di marketing aeroportuale. In particolare ho collaborato alla strutturazione della tratta Pescara-Polonia, analizzando gli ipotetici flussi in entrata e uscita tramite i riscontri statistici delle aziende locali e polacche con cui ero in contatto. Non era previsto rimborso spese, ma ho vissuto l'esperienza con molto entusiasmo. Per i datori di lavoro lo stage è spesso un'occasione per avere qualcuno a cui delegare i lavori meno qualificanti e si trasforma in un'esperienza frustante e non formativa per i ragazzi, ma non è stato il mio caso. Certo non mi ha nemmeno fornito uno sbocco occupazionale, anche perché il ricambio di stagisti era tale da diminuire la necessità di assunzioni. Nel novembre 2009 il mio secondo tirocinio, il più appassionante: "Fidelio", un progetto Leonardo che permette ai residenti del centro Italia di fare esperienza nel turismo. Bisognava già possedere delle competenze o dei titoli, e tre stagioni estive all'attivo come receptionist in un hotel a tre stelle mi sono tornate utili. Un corso di lingua inglese di un mese, poi lo stage vero e proprio: cinque mesi a Plymouth, Inghilterra, la città del famoso gin. Ho lavorato a tempo pieno, otto ore al giorno, come meeting room assistant nel Business and Conference Department della catena alberghiera Jurys Inn, che ospitava altri due stagisti "Fidelio". Accoglievo i clienti e mostravo loro le stanze, rimanendo a disposizione per l'intera giornata. Ho sempre amato il contatto con la clientela e il lavoro era appassionante, lo sentivo fatto apposta per me. E questo pur non ricevendo alcuna retribuzione, come previsto dal progetto Leonardo - che però copre tutti o gran parte dei costi: nel mio caso viaggio, trasporti locali, assicurazione  e alloggio in stanza singola in  casa di inglesi, che mi fornivano anche il vitto tranne il pranzo, che era coperto dall'azienda.  Il rapporto con i colleghi era, ed è tuttora, ottimo - sono ancora in contatto con loro: il lavoro di squadra lì non è solo teoria. Quei mesi sono volati e ho portato con me tanta voglia di fare. È stata un'esperienza che rifarei anche domani se me lo chiedessero, ma non per tutti i ragazzi del progetto è stato così: ne ho visti diversi arrendersi e tornare a casa alle prime difficoltà. Per questo a chi decide di fare uno stage all'estero, soprattutto se non retribuito, vorrei dire di ponderare la decisione e partire convinti. A stage concluso, nel luglio 2010, mi è stato proposto un contratto a tempo pieno da mille sterline al mese, circa 1200 euro, lordi: un po' pochi, nonostante poi la vita a Plymouth non sia cara come a Londra - per una buona stanza singola ad esempio si parte da 350 sterline, circa 410 euro. Del resto la paga in questo settore all'inizio non è alta, ma ci sono buone possibilità di fare carriera, soprattutto all'estero. Non ho accettato subito, ma l'offerta è ancora valida e sto seriamente pensando di ritrasferirmi. Nel frattempo continuo a lavorare per la progettazione europea;  ho un contratto a prestazione e il mio stipendio dipende da quanti traduzioni e interpretazioni faccio. Vivo ancora con i miei, risparmiando il più possibile e mandando curriculum per tornare a lavorare nel turismo estero: sono sempre più convinta che il mio futuro sarà fuori dall'Italia. Testo raccolto da Annalisa Di Palo Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - 380 stage all'estero sotto l'albero: ecco i bandi Leonardo aperti e quelli in apertura    

Stagisti col Bollino / Quando lo stage per fare la tesi si trasforma a sorpresa in contratto: l'esperienza di Elisabetta Balbi in Ferrero

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Elisabetta Balbi, oggi dipendente di Ferrero.Ho 27 anni e sono cresciuta in un paesino dell’entroterra ligure. In casa mia si è sempre respirata un’aria «scolastica»: mia madre insegnante di matematica, una zia di latino e greco e un’altra di francese. Ho potuto quindi capire fin da piccola l’importanza dello studio: infatti dopo il diploma al liceo scientifico Fermi di Genova - con 100/100 - visto che mi sentivo portata per le materie scientifiche,  scelsi di iscrivermi a Ingegneria gestionale. Ingegneria biomedica sarebbe stata la mia seconda scelta, ma poi valutai che fosse troppo “specializzante”.Inoltre sentivo un forte bisogno di indipendenza dalla famiglia e la sede del corso, nonostante l’università fosse quella di Genova, si trovava a Savona. Mi trasferii quindi lì, naturalmente con il supporto della mia famiglia, e in quei cinque anni condivisi sempre la casa con altre ragazze: inizialmente eravamo quattro, poi presi una casa più piccola solo con una ragazza e infine un altro appartamento in quattro. Durante l’università facevo piccoli lavoretti: bibliotecaria, hostess. In biblioteca lavoravo con un contratto di collaborazione occasionale, facendo un tot di ore a settimana per le quali mi facevano il contratto. L’impresa che gestiva la biblioteca era privata: purtroppo gli stipendi arrivavano sempre con molto ritardo! Dopo la laurea triennale volevo fare un viaggetto all’estero, magari abbinato a un corso di lingua. Parlando con un professore venne fuori che esisteva un piccolo progetto al Boston College, negli Stati Uniti; però bisognava pagarsi sia il volo che l’alloggio. Economicamente quindi non era molto conveniente! Valutai che l’esperienza valeva la spesa e ne approfittai per fare poi, alla fine dello stage, un viaggione di tre settimane coast to coast. All’interno del campus potevamo godere di tutte le agevolazioni destinate agli studenti, come per esempio la mensa, e usare gratuitamente i laboratori e le strutture. Il tema del progetto era costruire, tramite la tecnologia peer to peer, un simulatore che permettesse di calcolare la disposizione ottimale dei cassonetti della spazzatura in un comune, in modo da agevolare la raccolta e minimizzare i km. Lo stage durò due mesi; rimasi in America dal gennaio al marzo del 2006.Tornata in Italia mi ributtai sullo studio. Dato che il mio percorso formativo prevedeva un stage obbligatorio prima del conseguimento della specialistica, decisi di non approfittare di quelli proposti dall’università ma di utilizzare il sito Monster. Inserii il mio curriculum nella primavera del 2007, a quattro esami dalla laurea, soprattutto con l’obiettivo di trovare un’opportunità all’estero. Invece poche settimane dopo fui contattata dall’ufficio Risorse umane di Ferrero per un primo colloquio nel settore della Supply chain a Pino Torinese. Ovviamente accettai; per non farmi tornare due volte di seguito dalla Liguria, in quell’occasione mi fecero sia la prima intervista con le Risorse umane sia il colloquio con il responsabile della Supply chain. Dopo due settimane mi chiamarono per un ulteriore colloquio con il direttore del settore, e fu lui stesso ad informarmi che avrei potuto iniziare lo stage il prima possibile. Ricordo che fino a quel momento non avevo chiesto nulla della retribuzione: prima di uscire domandai al responsabile HR se era previsto un compenso, e quello mi rispose «Certamente: mille euro netti» Ero felicissima! La mia esperienza in Ferrero cominciò all’inizio di luglio. Lo stage durava 6 mesi e non era volto all’assunzione; io lo presi soprattutto come un’opportunità per scrivere la tesi. Mi trasferii a Torino, a 10 minuti dal centro e a un quarto d’ora dalla sede Ferrero di Pino Torinese. Anche qui condividevo – e tuttora condivido  con le stesse tre ragazze – un appartamento, pagando circa 300-350 euro al mese incluse le spese: a seconda del mese le spese salgono a causa del riscaldamento.Dopo qualche mese dal mio ingresso, in Ferrero venne istituita una nuova unità all’interno della Supply chain e mi proposero di farne parte dicendomi che a quel punto il mio stage avrebbe potuto trasformarsi in un’assunzione. E così fu! Tre giorni dopo la fine dello stage firmai un contratto di formazione di quattro anni che prevedeva una RAL (retribuzione annua lorda) iniziale di 23.600 euro, circa 1250 netti al mese. Sono passati quasi tre anni da quel momento. Da un anno e mezzo ho cambiato mansione, sempre all’interno della Supply chain: ora seguo un progetto molto interessante e coerente con i miei studi. Inoltre la RAL è cresciuta, cosa che non dispiace mai: oggi è circa 31mila euro, più o meno 1500 netti al mese, con cui riesco a mantenermi completamente da sola.Oggi, pur tenendomi stretta la mia Supply chain, sono molto curiosa di scoprire altri settori, come per esempio il trade marketing e il marketing. Dopo 3 anni e mezzo in Ferrero, sei di stage e tre di lavoro, sento di aver accresciuto molto il mio bagaglio culturale, ma anche di avere moltissimo ancora da imparare.testo raccolto da Eleonora Voltolinaleggi qui tutte le altre testimonianze degli Stagisti col Bollino

Stagisti col Bollino / Enrico Florio, da stagista a "scienziato in azienda" in Dompé Farmaceutici

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Enrico Florio, oggi dipendente di Dompé.Ho 27 anni e sono nato a Bari. Il mio percorso è iniziato nel luglio del 2001, dopo la maturità classica, con l’iscrizione a Scienze biologiche a Bologna. La facoltà l’ho scelta per passione; la città per mettermi alla prova. Il periodo da fuorisede è stato molto importante per la mia formazione personale e mi ha permesso di imparare come gestire gli impegni tra libri, sale studio, lezioni, esami, casa, coinquilini... In quel periodo ho anche cercato una piccola libertà economica lavorando saltuariamente come maschera, sorveglianza notturna della Fiera di Bologna e “language partner” per studenti stranieri: così ho potuto permettermi qualche spesa extra senza dover dipendere costantemente dai miei genitori. Gli anni sono volati e nel luglio del 2007 mi sono specializzato con lode in biologia molecolare.Dopo la laurea mi è stata prospettata la possibilità di approfondire gli studi con un dottorato di ricerca. Mi ci sono buttato a capofitto e nel dicembre 2007 ho vinto il concorso per un dottorato in Biotecnologie, sempre a Bologna, e per un assegno di ricerca da ben 1.200 euro netti al mese. Ma una volta all’interno del sistema universitario il mio entusiasmo si è scontrato con la dura realtà della ricerca scientifica in Italia. Dopo nove mesi ho deciso di lasciare il dottorato e l’assegno di ricerca. Non è stato facile, ma il professore che mi seguiva mi ha capito e mi ha lasciato andare con un in-bocca-al-lupo.Una volta fuori dall’università ho rivolto lo sguardo alle aziende farmaceutiche e medico-scientifiche, per dare continuità e coerenza al mio percorso professionale. Non avendo però alcuna esperienza in questo settore, ho cercato informazioni su master specifici e alla fine ne ho trovato uno che faceva al caso mio: “Scienziati in azienda”, organizzato dalla Fondazione Istud. Costava complessivamente 6mila euro: non potevo permettermelo ma i miei genitori mi sono venuti in aiuto, finanziando questa mia nuova avventura. Le lezioni sono iniziate nell’ottobre 2008 e per seguirle mi sono trasferito a Stresa, sul lago Maggiore, affittando una casa con un ragazzo che seguiva il mio stesso corso. Pagavamo circa 300 euro a testa per due singole. Siamo praticamente andati a vivere insieme a scatola chiusa, non ci conoscevamo affatto: poi siamo diventati amici, fortunatamente!Il master si è rivelato molto interessante: un’infarinatura generale sulle aziende farmaceutiche, meccaniche aziendali, psicologia aziendale e varie figure professionali. Ero in una classe di 30 ragazzi e ragazze, tutti all’incirca della mia età che, avendo una formazione scientifica come la mia, cercavano un modo per entrare nel mondo delle aziende. Dopo due mesi di lezioni intensive che hanno spaziato dal counselling al project management, erano previsti gli incontri con le aziende, le selezioni e uno stage di sei mesi.Io l’ho fatto in Roche Diagnostics a Monza, dopo un colloquio di gruppo ed un colloquio personale. Ho iniziato nel dicembre 2008, la mia job description era «Sales marketing retail support» e il mio progetto era di analizzare la distribuzione dei clienti sul territorio italiano e cercare di indirizzare delle attività di marketing specifiche. Ricevevo un rimborso di 700 euro e alcuni benefit, la mensa e la navetta Milano - Roche. Questo primo stage mi è servito per capire la mentalità del lavoro in azienda, più rigida e strutturata rispetto all’ambiente universitario. Dopo i sei mesi, a fine maggio 2009, in concomitanza con il boom della crisi economica non c’è stata purtroppo possibilità di continuare il rapporto di lavoro.A quel punto mi sono messo alla ricerca di un’altra opportunità: consultavo ogni giorno la sezione Job in Pharma del sito AboutPharma, inviavo il mio curriculum alle società di head hunting, mi sono iscritto nei social network a carattere professionale come Monster e LinkedIn e contemporaneamente mi mantenevo in stretto contatto con la fondazione Istud. Un periodo difficile, costellato di colloqui – tra cui alcuni in Chiesi e Novartis. Ma non ho mai perso la fiducia: più colloqui facevo e più mi sentivo sicuro su come presentarmi. A fine luglio, grazie a una segnalazione dell’Istud, ho fatto il colloquio decisivo in Dompé, una delle aziende che partecipano all'iniziativa Bollino OK Stage, e mi hanno proposto uno stage di sei mesi, con un rimborso spese di 800 euro più la mensa e un contributo aziendale all’abbonamento annuale ATM. Ho avuto la soddisfazione di poter scegliere: ero infatti stato selezionato, sempre per uno stage, anche da Novartis,. In Dompé sono stato stagista dal settembre del 2009 al febbraio di quest’anno, come Business development analyst. Il mio ruolo era di affiancare il Business development manager e il direttore medico nella valutazione di farmaci non ancora in commercio ma in fase di sviluppo clinico, con l’obiettivo di espandere il portafoglio prodotti tramite partnership, licensing, acquisizioni. Nella pratica il mio lavoro è consistito nel reperire, organizzare e studiare la documentazione scientifica di un farmaco ancora in sperimentazione per valutarne le potenzialità di mercato. Trovo estremamente interessante capire il percorso che una molecola fa dalla provetta, sul banco di un laboratorio, fino al paziente. Dopo sei mesi di stage, nei quali ho imparato tantissimo dalle persone coinvolte nelle valutazioni dei farmaci, anche soltanto ascoltando le loro discussioni e osservazioni, mi è stato proposto un contratto a tempo determinato di un anno da 27mila euro lordi, cioè circa 1700 euro netti al mese: uno stipendio che finalmente mi permette di essere autonomo e anche di mettere qualcosa da parte. Vivo a Sesto San Giovanni, vicino Milano, con altri due ragazzi e pago 450 euro al mese per una singola. Ho già cambiato casa una volta – capita, quando abiti con ragazzi giovani: oggi ci sono, domani magari cambia tutto! Ultimamente mi è venuta la voglia di andare a stare per conto mio, ma sto valutando i pro e i contro. L'affitto di un monolocale a Milano si aggira sui 700 euro spese escluse: a queste condizioni potrei comprare la casa e accendere un mutuo, converrebbe. Ma il mio contratto è a tempo determinato, oggi sono qui, domani non lo so, potrei finire a lavorare dall'altra parte di Milano, o addirittura in un'altra città: ha senso vincolarsi in un luogo con l’acquisto di una casa? Paradossalmente potrei permettermelo dal punto di vista economico, ma non dal punto di vista dei progetti sul futuro! Poi dal lato umano mi fa anche piacere avere dei coinquilini, per certi versi è come una famiglia.Anche se io in realtà una ragazza ce l’ho: ha quasi la mia età e stiamo insieme da cinque anni, siamo entrambi di Bari. La nostra è sempre stata una relazione a distanza: prima Bari-Bologna, poi Bari-Stresa, poi Bari-Milano e durante i suoi sei mesi di dottorato all'estero la distanza era anche maggiore: Milano-Utrecht. Adesso sembra esserci accorciata stabilmente: Milano-Bologna. Lei infatti ha iniziato a lavorare lì e per noi è un record in termini di vicinanza.Credo che la mia generazione porti il segno dei cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi anni; il fenomeno del precariato è stato il primo tassello dell'effetto domino, che ha colpito a cascata tutti gli altri valori cui le generazioni precedenti davano per scontati: famiglia, carriera, casa di proprietà. Non credo che questi cambiamenti siano tutti completamente negativi. Come biologo ho capito che tutti gli equilibri sono dinamici: non ci resta che trovare il nostro equilibrio.testo raccolto da Eleonora Voltolinaleggi qui tutte le altre testimonianze degli Stagisti col Bollino