Un passo avanti, un'inversione a 'U' rispetto ad un Paese in cui al Viminale «si parlava di chiudere Facebook». Gianluca Dettori, saluta così l'approvazione del decreto Sviluppo bis e delle norme dedicate alle start-up. Classe 1967, una laurea in Economia all'università di Torino, nel 1999 ha fondato Vitaminic, primo distiributore discografico digitale in Europa. Nel 2006 ha dato vita a dPixel, società di venture capital per le internet start-up che ha nel proprio portfolio 12 giovani aziende innovative, tra le quali c'è anche Sardex, realtà della quale Startupper si è occupata in estate. Dopo la pubblicazione del decreto, Dettori ha accettato di commentarlo con Repubblica degli Stagisti.
Cosa pensa dei contenuti del decreto Sviluppo bis?
Mi sembra un ottimo decreto, contiene molti elementi. Ovviamente mi focalizzo sulle start-up, ma penso che anche le innovazioni introdotte per la pubblica amministrazione, se effettivamente riusciranno ad implementarle, rappresentano un piano ambizioso per la digitalizzazione. Questo è buono perché fa risparmiare dei soldi e consente maggiori efficienze sotto il profilo economico. Inoltre migliora i servizi e porta il digitale in mano a molti, che oggi nemmeno se lo immaginano. E questo potrebbe allargare il mercato digitale, cosa che indirettamente può favorire anche le start-up. Sul tema specifico, mi sembra che il decreto sia ottimo per incominciare, ci sono un paio di cose che ci si aspettava e invece non ci sono, ma nel complesso è un provvedimento con un obiettivo preciso: si è scelto focalizzarsi sulle imprese innovative e sui giovani. Una delle cose che trovo molto innovative è il fatto che sia possibile il crowdfunding, introdotto in una misura che potremmo definire come una versione ristretta di quella contenute nel Jobs act di Obama.
Lei parla di focus sui giovani. Eppure non è previsto alcun limite di età per gli startupper.
Andiamo a vedere l'impianto della norma: al di là del fatto che ci sia un limite di età o meno, se si guarda l'impianto è chiaro che è tipicamente indirizzato a chi deve fare nuove imprese nel campo dell'innovazione. Ci sono requisiti, come quelli legati agli incubatori, al ruolo degli investitori. E poi c'è il crowdfunding. Nel complesso è un impianto che andrà ad attecchire su larghe fasce di giovani disoccupati che, invece di cercare un posto che non trovano, possono creare un'azienda con una serie di semplificazioni all'atto della fondazione, con la possibilità di effettuare operazioni ad oggi riservate alle società per azioni, come la cessione di stock option defiscalizzate per cui persone chiave nell'organigramma diventano socie, con le agevolazioni fiscali agli investitori, un incentivo in più per far affluire capitali. Il decreto mira a costruire un mercato, interviene su un contesto che già esiste e gli affida degli strumenti non banali. Certo, resta il tema dei soldi: il crowdfunding lo risolve in parte. Resta aperta la questione del Fondo dei fondi, però si parla di un impegno da parte della Cassa depositi e prestiti.
A questo proposito, pensa che la mancata introduzione del Fondo dei fondi e dell'Iva per cassa possano indebolire il provvedimento?
Sono i due elementi cose che impattano sulla liquidità. Oggi le risorse dello Stato sono molto limitate e non sono riusciti a farli stare in piedi. Io dico che questo è il primo provvedimento che facciamo sul digitale: si può sempre fare di più ma è già un'ottima partenza. Realizzare in tempi ragionevoli quanto è previsto nel decreto è importante, è il primo di una serie di passi che si possono fare nel tempo. Certo, uno dei problemi oggi è che mancano i capitali per partire, il Fondo avrebbe avuto senso per far fronte a questa situazione. Ma la questione avrà i suoi sviluppi visto che c'è l'impegno della Cdp. Ad esempio in Francia succede questo, con la Caisse des Dépôts che svolge un importante ruolo di investitore istituzionale.
È d'accordo con la definizione di start-up contenuta nel rapporto e ripresa nel decreto? Come giudica la scelta di limitare il campo di attività alla sola innovazione tecnologica?
Mi sembra che le definizioni siano abbastanza corrette. Dare una definizione serve per non fare un intervento a pioggia, si stringe il mirino su quelle che comunemente si chiamano start-up. Per come è scritta nel decreto, mi sembra che voglia evitare che si definisca start-up qualcosa che non lo è, garantendo allo stesso tempo un set abbastanza ampio per cui rientra nel novero anche una start-up software che non ha brevetti ma investe in ricerca. Mi sembra che sia un approccio sensato nel contesto di una norma che supporta le realtà innovative. Se poi si vuole fare una start-up meccanica, questa prospettiva non è preclusa, ma questa azienda deve innovare. Chiaro che se invece si vuole fare una normale officina, in quel caso ci sono le agevolazioni per le piccole e medie imprese, c'è già una infrastruttura di sostegno esistente.
Sia la iSrl, introdotta dal decreto, che la Ssrl, la società a 1 euro, praticamente non hanno capitale sociale. Non ritiene che questo rischi di bloccarne la crescita?
Questa è una questione che forse crea qualche confusione. Oggi, se si vuole si fondare l'equivalente di una spa con qualche dollaro on line si guarda al Regno Unito o agli Usa. Molti dei ragazzi che vengono qui in dPixel hanno fondato con 100 sterline una Ltd in Gran Bretagna. Questo provvedimento vuole permettere di fare qualcosa di analogo, cioè consentire a chi vuole dar vita a una start-up di creare una società senza dover tirare fuori una somma elevata, ma solo un capitale limitato, che qualunque ragazzo può avere. Questo è possibile perché le società non si reggono sul capitale sociale. E ora evidentemente non ha più senso creare una Ltd a Londra perché si può fondare una iSrl in Italia.
Ma senza capitale come si sopravvive?
Il capitale è un fatto di bilancio, le società mica vivono di questo. Anche con la srl si versa qualche migliaio di euro, poi però si deve avere un fatturato e con quello pagare i costi.
In rete si è parlato di un possibile conflitto di interessi da parte di alcuni membri della task force. Lei cosa ne pensa?
Mi sembra che siano chiacchiere che lasciano il tempo che trovano. Il decreto l'ha scritto il ministro, che ha deciso di fare una consultazione aperta e pubblica, con i nomi e i cognomi delle persone a cui chiesto dei contenuti. Tra questi c'è Annibale D'Elia, che è un funzionario della Regione Puglia che ha dato vita al progetto Bollenti spiriti, c'è Selene Biffi, che è una startupper nel sociale. Poi, certo, ci sono i venture capital. Però non riesco a capire il tema di questo conflitto di interessi. Se fai consultazione di questo tipo a chi bisogna chiedere? Agli idraulici? La task force ha scritto ciò che riteneva corretto, ha compiuto delle scelte precise. In Italia è ora che si venga fuori con delle soluzioni piuttosto che con dei problemi: se si hanno idee migliori che si propongano, ma dietrologie sono solo tempo perso.
Crede che grazie a questo decreto l'Italia possa davvero diventare un terreno fertile per le start-up?
Il diavolo sta nei dettagli e nell'implementazione. Intanto il decreto deve essere convertito in legge, quindi dovrà passare attraverso un dibattito in Parlamento. Diciamo che se tutti i contenuti fossero implementati in tempi rapidi, come peraltro la situazione richiede, faremmo un passo avanti notevole. Ricordo che due anni fa un ministro dell'Interno parlava di chiudere Facebook, ora abbiamo fatto un'inversione a 'U' e abbiamo imboccato la direzione giusta.
Riccardo Saporiti
startupper@repubblicadeglistagisti.it
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