Sardex, la start-up con la valuta virtuale che fa girare l'economia

Riccardo Saporiti

Riccardo Saporiti

Scritto il 17 Lug 2012 in Approfondimenti

Questa è una start-up nata sui libri di storia: perché il primo esperimento di monete complementari risale alla banca del popolo fondata nel 1849 dall'anarchico francese Pierre-Joseph Proudhon. StagistiEd è da qui che i fratelli Giuseppe (32 anni) e Gabriele Littera (28) insieme all'amico Carlo Mancosu (32) [a destra nella foto accanto a Giuseppe] sono partiti per dare vita a Sardex. Tutti laureati, tutti precari, nel luglio del 2009 hanno fondato un'azienda che, partita da Serramanna in provincia di Cagliari, ha costituito un circuito di credito commerciale che coinvolge oltre 550 aziende in tutta la Sardegna.
Il nome di questa start-up coincide con quello della valuta virtuale che viene utilizzata negli scambi tra le diverse imprese che aderiscono. Il meccanismo è molto semplice: alle imprese viene assegnato un credito in Sardex, che possono utilizzare per scambiarsi servizi tra di loro. Così il produttore di pentole pagherà con questa valuta virtuale gli articoli di cancelleria al proprio fornitore. E quest'ultimo potrà utilizzare questi crediti per fare la spesa dal macellaio. Le realtà che fanno parte del circuito operano in tutti i settori, con alcune eccezioni: armi, farmaci, benzina, energia. Bene, ma come guadagna la start-up? «Abbiamo due tipologie di entrata: la prima è legata all'iscrizione, una quota una tantum versata dalle aziende che va da un minimo di 150 euro ad un massimo di 1000 ed è commisurata alle dimensioni dell'impresa» spiega Mancosu «la seconda è relativa agli abbonamenti annuali, che vanno dai 350 ai 2mila euro», stabiliti anche in questo caso in funzione della società in questione.
Un giochino intellettuale? Nient'affatto, visto che questa start-up con un capitale sociale di appena 16mila euro ha raggiunto i 140mila euro di fatturato nel 2010, per salire oltre i 300mila l'anno successivo. Certo, al momento Sardex non è ancora in grado di assicurare uno stipendio vero e proprio ai tre founder e a Piero Sanna (33 anni), compagno di liceo di Carlo e Giuseppe entrato in società lo scorso anno:
«Viviamo con i nostri genitori, che ringraziamo. E comunque ogni tanto un rimborso ce lo concediamo». Però l'azienda garantisce un reddito a 15 dipendenti assuntiStagisti a tempo indeterminato, la metà dei quali con modalità part-time. Il personale è stato inserito anche grazie alla legge 407/90, che prevede una serie di agevolazioni come l'abbattimento del 50% del costo del lavoro per l'inserimento di persone disoccupate da almeno 24 mesi. E nel dicembre del 2011 ha visto l'ingresso nella società del fondo di venture capital dPixel.
Ma perché un'azienda dovrebbe aderire al circuito? In fondo una moneta 'reale' esiste già, tanto che un Sardex vale esattamente un euro. «Noi però diamo la possibilità alle imprese di accedere ad un mercato complementare, che non richiede il ricorso alla liquidità». Un elemento sempre più raro in momenti di crisi. Di più: «Creiamo un mercato di tutti quei prodotti che non riescono ad essere venduti perché nessuno ha il denaro per pagarli». In questo modo «le aziende abbassano i costi e mettono da parte moneta corrente per impegni come il pagamento delle tasse. O dei dipendenti». Che il meccanismo funzioni non lo dicono solo i numeri di questa start-up, che in tre anni ha visto transazioni per 2,5 milioni di Sardex - ovvero 2,5 milioni di euro. Ma anche quelli di realtà più radicate. Come quella della svizzera Wir Bank che con oltre 70mila imprese aderenti ha in circolazione una massa monetaria pari a tre miliardi di Wir, questo il nome della sua valuta, somma che corrisponde a tre miliardi di franchi svizzeri. I ragazzi di Sardex hanno fatto tappa anche nella sede centrale di questa azienda per una visita di tre giorni, con l'obiettivo di approfondire le dinamiche di funzionamento per poi replicarle al meglio in Sardegna.
Certo la strada da percorrere è ancora molto lunga. «Una delle difficoltà maggiori, specie all'inizio, è quella di spiegare il tipo di servizio che offriamo, costruire quel legame fiduciario che è alla base del nostro lavoro». Oltretutto sfidando settori con una scarsa informatizzazione. Loro, che per ridurre i costi di avviamento sotto i 10mila euro hanno scelto di affidarsi al software libero, si sono trovati nella condizione di dover «rispolverare il fax».Stagisti Difficoltà tecnologiche a parte, «abbiamo fatto breccia nel modo più semplice, spiegando alle aziende che aderendo a Sardex avrebbero potuto pagare utilizzando dei prodotti che non riuscivano a vendere». Ed è così che questi quattro giovani hanno convinto più di 550 imprenditori a dare loro fiducia.
Al punto che «alcuni di loro si versano una parte della retribuzione in Sardex, utilizzando questi crediti per spese personali». Ed è in questa direzione che si muove la start-up. «Vogliamo aprire ai dipendenti delle imprese del circuito, versando in Sardex una parte dei premi di produzione o dello straordinario». Ovvero quella parte di salario che, per mancanza di liquidità, la società per cui lavorano non riesce a versare. La sperimentazione partirà già quest'estate. In caso di successo, chissà che non si decida di estendere questa valuta virtuale anche ai semplici consumatori.
Nata in Sardegna - la sede è il vecchio granaio di una casa di corte dell'Ottocento recentemente ristrutturata - l'azienda non vuole per ora varcare i confini dell'isola. Ma ha saputo attirare l'attenzione un po' da tutto il mondo: dalla Sicilia, con i ragazzi di Sicanex.net che hanno ottenuto una consulenza nella fase di creazione della loro start-up, e addirittura dall'Ecuador. Serramanna è stata infatti una delle tappe di un tour europeo di una delegazione della Banca centrale, interessata a realizzare un circuito di compensazione commerciale. Anche questo, insomma, è made in Italy che si esporta.

Riccardo Saporiti

startupper@repubblicadeglistagisti.it

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