Sei minuti per presentare il proprio progetto di impresa, un quarto d'ora per chiarire i dubbi della platea, una serata per convincere gli investitori. Il tutto tra una fetta di pizza e l'altra. Questa è Storming pizza, l'innovativa modalità di selezione dei progetti da finanziare scelta da H-Farm, incubatore di impresa con sede a Cà Tron, frazione di Roncade, cittadina in provincia di Treviso.
Gli autori delle idee migliori, quelle che convincono lo staff di H-Farm, sono invitati a traferirsi a Cà Tron. Qui trovano uno spazio per insediare i propri uffici, persone che si occupano di tutti gli aspetti burocratici e giuridici, ma soprattutto un finanziamento che può arrivare fino a 300mila euro. Il processo di selezione, pizza a parte, è però molto duro. «Noi riceviamo più di 500 proposte ogni anno, solo nel 2011 sono state 583», spiega Giuseppe Folonari, associate e responsabile del processo di selezione degli investimenti. «Io svolgo una prima scrematura tra le candidature, quindi invitiamo quelle che riteniamo essere le più interessanti a presentarsi durante uno Storming pizza».
Un appuntamento formale in un contesto informale, che vede quattro, al massimo cinque idee di business salire sul palco, e poi tutti condividono la pizza. Un momento più rilassato, durante il quale gli aspiranti imprenditori possono prendere direttamente contatto con gli investitori. Con l'obiettivo di convincerne uno a prendere sotto la propria ala lo start-up. In caso di esito positivo, vengono avviati incontri di approfondimento, quindi il progetto viene sottoposto al comitato investimenti. Se ottiene l'approvazione l'impresa entra a far parte dell'incubatore, ricevendo tutti i servizi e i finanziamenti offerti. Ovvero un ufficio con connessione Internet, un consulente legale, un commercialista, un servizio di segreteria. E naturalmente il contributo economico. Ma pochi ce la fanno: sono solo 32 le imprese finanziate da H-Farm nei suoi sei anni di vita. In altre parole, tra tutte quelle presentate allo Storming pizza, solo un'idea su cento si trasforma in un'impresa.
Nato nel 2005 a nel trevigiano, questo incubatore di impresa conta oggi due sedi internazionali, aperte nel 2009 a Seattle negli Stati Uniti e a Mombai in India, più una di rappresentanza a Londra. «Il nostro target è legato ad iniziative nell'ambito digitale, più specificamente alle nuove tecnologie orientate agli aspetti sociali e comunicativi», spiega Folonari. Non a caso, nel portfolio ci sono realtà come Grow the planet, un social network dedicato agli orticoltori, e Responsa, una sorta di enciclopedia delle domande, spazio collaborativo per accumulare conoscenza attraverso un servizio di Question&Answers, ovvero domande e risposte.
L'attività svolta da H-Farm è una combinazione di finanziamento e di fornitura di servizi di accelerazione del business. Tra questi ultimi rientrano aspetti legati «all'amministrazione, la contabilità, la consulenza su aspetti legali, finanziari e sulla gestione del personale». L'ufficio stampa cerca poi di dare visibilità alle nuove imprese. Infine c'è il ruolo del mentor, colui che segue lo sviluppo dell'impresa dal suo ingresso nell'incubatore fino al distacco finale, che si concentra sul portare all'azienda clienti e possibili investitori. Questi servizi non sono gratuiti, ma richiedono il pagamento di un canone da parte delle realtà inserite all'interno della 'fattoria'. «Sostanzialmente, questa componente viene gestita in pareggio. Il vero business per noi arriva dalle exit delle società».
H-Farm garantisce infatti alle imprese che entrano a far parte dell'incubatore un investimento a fondo perduto compreso tra i 30 ed i 300mila euro. Il finanziamento, erogato anche in più tranche, viene garantito per 12, al massimo per 18 mesi. Dopo tre anni di attività, «cediamo la nostra partecipazione nello start-up». Questo può avvenire sostanzialmente in due modi: o attraverso il coinvolgimento di un fondo, che garantisca un nuovo investimento, oppure con l'ingresso, nella neonata impresa, di un operatore industriale. Per capire il funzionamento di questo meccanismo, e le dimensioni del giro d'affari, basti l'esempio di H-art, società fondata nel 2005 che si occupa di definire strategie di e-business: la cessione, avvenuta a febbraio del 2009, prevede un piano di pagamenti che, tra il 2012 ed il 2014, porterà nelle casse dell'incubatore di impresa una cifra compresa tra i 2 ed i 3 milioni di euro.
Delle 32 le aziende che sono entrate a far parte della 'fattoria', ad oggi 5 sono arrivate al termine del loro percorso di sviluppo e sono state cedute, 2 sono fallite mentre le restanti 25 sono ancora nel portfolio di H-Farm. Ma altre ne arriveranno: è appena partito infatti lo Spring call 2012. Entro il 30 aprile chiunque avesse un'idea di business che rientri nel target di questo incubatore può presentare la propria candidatura. E prepararsi a convincere gli investitori, tra una fetta di pizza e l'altra.
Riccardo Saporiti
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