Ieri sul più importante quotidiano italiano, il Corriere della Sera, è stata pubblicata una intervista al ministro del Lavoro Giuliano Poletti, in forma di articolo con ampi virgolettati, tutta incentrata sul tema della Garanzia Giovani. Un articolo - intitolato "Lavoro, c'è il piano giovani. Ma le Regioni non firmano" - la cui lettura crea una sensazione disturbante: come se il ministro intervistato sapesse pochissimo, quasi nulla, del tema focalizzato nell'intervista - e cioè appunto la Garanzia Giovani - e avanzasse per mezze frasi buttate lì, grossolanamente, senza approfondimento e senza precisione. Ripristinare un po' di verità e di punti fermi risulta a questo punto essenziale: ne va della corretta informazione per centinaia di migliaia di giovani.
Punto primo. L'occhiello posto appena sopra il titolo recita «Il progetto per la formazione tra i 24 e i 29 anni può coinvolgere fino a 900mila ragazzi. Già stanziati 1,5 miliardi». Eh? Innanzitutto il programma Youth Guarantee non è affatto un «progetto di formazione», bensì un progetto che dovrebbe avere lo scopo di far trovare lavoro ai giovani che hanno finito di studiare (e che hanno quindi già completato, salvo alcuni casi particolari, il proprio iter di istruzione): una ulteriore formazione è solo una delle declinazioni dell'offerta che ogni Paese dovrebbe offrire, attraverso tale progetto, ai suoi giovani. E detto per inciso l'ultima scelta, quella proprio più scarsa, in caso i tentativi di trovare un'offerta di lavoro o di formazione / lavoro fossero tutti andati a vuoto. Secondo poi, la fascia di età interessata dalla Garanzia Giovani è ben diversa da quella indicata nell'occhiello (e ripetuta nel primo paragrafo dell'articolo): non certo 24-29 anni, bensì 15-24. Magari fosse 24-29! Risponderebbe ben più coerentemente alle esigenze peculiari del mercato del lavoro italiano. Ma invece la fascia di età è 15-24. Più avanti nell'articolo questa fascia viene infatti citata da intervistatrice e intervistato; ma ciò crea purtroppo parecchia confusione in chi legge.
Punto secondo. Proprio sulla fascia di età si gioca una partita importantissima che riguarda direttamente la credibilità del governo Renzi. Il neopremier infatti aveva annunciato pubblicamente che la fascia coinvolta nel progetto Garanzia Giovani sarebbe stata ampliata, andando a ricomprendere anche i 25-29enni. Invece cosa afferma Poletti nell'intervista? «Il piano europeo dice 24 e per ora sarà così. Ma invitiamo chi ha tra i 25 e i 29 a iscriversi perché, valutata la quantità delle adesioni, potrebbe essere ricompreso in una seconda fase». Che cosa? «Potrebbe essere»? Ma allora non solo non si compie quel passo avanti promesso da Renzi nell'ampliamento della platea di potenziali beneficiari, ma si fa addirittura un passo indietro - dato che al tempo di Giovannini era stato esplicitamente previsto per ottobre un allargamento agli under 29 (seppur con azioni specifiche, non generalizzate). Quasi incredibile che con quelle poche parole il ministro Poletti smentisca di fatto il suo premier Renzi, e che la cosa passi praticamente inosservata.
Punto terzo. Quali opportunità verranno messe a disposizione dei giovani? Qui la frase è agghiacciante. La giornalista scrive «Ad esempio il ministero ha già sottoscritto alcuni accordi con Finmeccanica e la Confederazione italiana agricoltori», e poi completa la frase inserendo un virgolettato con il commento del ministro: «perché offrano qualche stage, qualche opportunità…». Così, testuale. Puntini di sospensione compresi. Il ministro spera in «qualche stage»? Cioè il ministero pietisce che le imprese di buon cuore offrano almeno «qualche stage» ai poveri ragazzi disperatamente alla ricerca di un lavoro? Qualcuno davvero pensa che sia questo che i giovani italiani si aspettano dalla Garanzia Giovani? Che un'azienda li prenda in stage per far contento il ministero, e dopo qualche mese tanti saluti? Ma perdinci, dov'è un serio piano occupazionale? Dov'è la ricognizione dei settori che trainano il mercato, dei segmenti imprenditoriali che in questo momento hanno davvero bisogno di immettere nuove risorse, e che possono offrire vere opportunità occupazionali? Dov'è l'azione politica?
Punto quarto. Un sommarietto promette al lettore: «La retribuzione degli stage: il nostro tariffario nazionale fissa in 500 euro il compenso mensile a carico della Regione». La sbagliatissima dicitura «stage retribuito» si trova anche nel pezzo, nella frase «gli stage saranno retribuiti?» posta in forma di domanda al ministro. Ma un tirocinio per sua stessa natura non può essere «retribuito»: perché non è un contratto di lavoro. «Retribuzione» è una parola che ha un significato preciso, e può essere utilizzata solo là dove sussista un rapporto di lavoro. La retribuzione è peraltro legata a un altro concetto, quello di contribuzione: a chi lavora cioè vengono erogati dei soldi per la prestazione lavorativa e vengono accantonati dei soldi per la previdenza, contributi che si accumulano e che garantiranno in futuro la pensione. Il tirocinio non è nulla di tutto questo: è un semplice percorso formativo che si formalizza attraverso una convenzione tra chi ospita uno stagista (il «soggetto ospitante») e chi attiva lo stage (il «soggetto promotore»). Quando per lo stagista è prevista una somma di denaro mensile essa può essere definita «indennità», o «borsa di studio», o «borsa lavoro», o «rimborso spese forfettario», o con altre definizioni più o meno proprie. Mai e poi mai «retribuzione»: insomma, gli «stage retribuiti» non esistono.
Punto quinto. Oltre alla forma, la storia dei tirocini «retribuiti» ha una falla enorme anche nella sostanza. Nell'articolo il ministro assicura che tutti gli stage attivati nell'ambito della Garanzia Giovani verranno pagati. Dice proprio: «Il nostro tariffario nazionale fissa in 500 euro il compenso mensile». Questa sarebbe decisamente una notizia: sempre che il ministero non la smentisca, come già ha smentito molte delle informazioni (anche virgolettate) contenute nell'articolo. Sarebbe opportuno però fare un minimo di attenzione prima di credere ad occhi chiusi a questa affermazione: perché finora non era nota l'esistenza di alcun «tariffario nazionale» che prevedesse un compenso minimo obbligatorio a favore degli stagisti inseriti nel programma Youth Guarantee italiano. Anzi, nei lunghi mesi di preparazione di questa iniziativa il ministero - pur sollecitato molte volte da noi della Repubblica degli Stagisti su questo punto - non aveva mai dato rassicurazioni in questo senso, nemmeno una volta, nemmeno vaghe. Ora pare che le dia: il che per carità è una bella notizia, ma quasi troppo bella per essere vera. E a noi piacerebbe vederlo, questo tariffario.
Punto sesto. A guardar bene la dichiarazione di Poletti al Corsera sul pagamento degli stage nell'ambito del progetto Garanzia Giovani c'è anche un'altra parte che lascia perplessi. Il ministro dice che il (fantomatico?) «tariffario nazionale» fisserebbe «in 500 euro il compenso mensile a carico della Regione». La prima domanda che sorge spontanea è: da dove viene fuori questa cifra precisa, questi 500 euro riportati nel tariffario? Il ministro si riferisce forse alle nuove leggi regionali in materia di stage emanate nel corso del 2013? Ma in questo caso le indennità mensili minime oscillano, a seconda della Regione, da 300 a 600 euro al mese: parlare di 500 euro tout-court non sembra avere alcun senso, non ha aderenza con la realtà normativa variegata e territoriale. Inoltre, tali minimi sono da intendere come la indennità mensile che lo stagista deve ricevere dall'azienda o dall'ente che lo ospita: non certo dalla Regione dove svolge lo stage. Poi è vero che ci sono Regioni - come per esempio la Toscana - che meritoriamente mettono a disposizione propri fondi per coprire in parte tale indennità, rifondendo il soggetto ospitante a fronte di una documentazione sul corretto svolgimento del tirocinio e sulla puntuale erogazione dell'indennità. Ma dire che ogni stage nell'ambito della Garanzia Giovani sarà pagato dalle Regioni 500 euro al mese ha tutta l'aria di essere una ennesima imprecisione: sarebbe molto interessante sapere che ne pensano gli assessorati regionali al lavoro, specialmente quelli delle Regioni - come Lombardia e Lazio, giusto per fare il nome di due pesi massimi - che hanno posto nelle proprie normative una indennità minima mensile più bassa dei 500 euro.
Punto settimo. Le tempistiche delineate nell'articolo infine lasciano perplessi. Innanzitutto il tempo indicato per fare l'iscrizione alla Garanzia Giovani sul sito Cliclavoro: fino a 45 minuti, conferma il ministro chiedendo «pazienza». Tre quarti d'ora? Ma quanti dati ha intenzione di chiedere il ministero agli aspiranti beneficiari della Garanzia Giovani? Tre quarti d'ora per compilare un form online sono un tempo mai sentito, che porta per forza con sé una tara: o le informazioni che chi ha predisposto il modulo ha previsto di richiedere a ciascun sottoscrittore sono esagerate, ridondanti - in una parola: troppe. Oppure il ministero già sa che il sistema è lentissimo, che le pagine vengono caricate a passo di lumaca, e che dunque gran parte dei 45 minuti sarà rappresentata da inutile attesa. Quale che sia la risposta giusta, sembra esserci ancora una volta un problema all'interno del ministero del Lavoro di organizzazione e di competenza nell'architettare la macchina della ricezione delle candidature. Perché non sforzarsi di creare un sistema fatto bene, veloce, snello, con una richiesta che possa essere compilata e inviata nel giro di 10-15 minuti? Inoltre, sempre rispetto alla tempistica, non fa certo stare tranquilli la dichiarazione del ministro su quanto dovrà mediamente aspettare ogni singolo iscritto per ricevere la prima «opportunità». Poletti dice testualmente «Abbiamo ipotizzato una media di 4 mesi». Una media di 4 mesi? Come «media»? Vuol dire che per un beneficiario di Garanzia Giovani che riceverà una proposta (di lavoro, di stage, di formazione o ripresa degli studi) in due mesi, ve ne sarà automaticamente un altro che ne dovrà attendere ben sei? E nel frattempo che dovrà fare, girarsi i pollici? Il concetto di Youth Guarantee, nella sua accezione europea, prevede che il servizio garantisca una offerta «entro 4 mesi»: pone cioè i 4 mesi come limite massimo. Dalle parole del ministro, invece, sembra emergere una interpretazione «all'italiana» del termine dei 4 mesi: condannando i giovani a una ben più lunga attesa.
Le dichiarazioni del ministro Poletti che ieri il Corriere della Sera ha pubblicato, insomma, risultano essere un preoccupante condensato di inesattezze, imprecisioni, approssimazioni. E il rischio concreto è quello di aver riempito la testa dei lettori di informazioni sballate. Peraltro sul sito del ministero del Lavoro non vi è purtroppo traccia dell'ultima versione del progetto Garanzia Giovani, quella inviata a Bruxelles dopo l'avvicendamento tra Enrico Letta e Matteo Renzi. Il ministero aveva assicurato alla deputata Anna Ascani ormai quasi un mese fa che sarebbe stato disponibile sul sito, eppure non sembra mai essere stato pubblicato. Forse lì dentro si potrebbero trovare conferme o smentite a quanto affermato da Poletti, a partire dal «tariffario nazionale» coi suoi 500 euro al mese a carico delle Regioni a favore degli stagisti Youth Guarantee: ma appunto, per trovarle bisognerebbe poter visionare il documento. Invece l'ultimo aggiornamento messo online sul Rapporto sullo stato di avanzamento del programma Garanzia Giovani risale all'ormai lontano 21 febbraio 2014. E non si sa nemmeno se il nuovo progetto, cioè il vecchio progetto Giovannini con le modifiche apportate in corsa da Poletti, sia stato definitivamente approvato da Bruxelles o no.
Non certo premesse confortanti, considerando che il programma dovrebbe debuttare - secondo le promesse di Poletti - a brevissimo, il 1° maggio. Un punto interrogativo gigantesco incombe su cosa effettivamente sarà pronto in favore dei giovani beneficiari a quella data.
Eleonora Voltolina
Per saperne di più su questo argomento:
- Garanzia giovani, parte o non parte? E come verranno spesi i soldi?
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- Garanzia giovani già a marzo, ma come funzionerà? Lo spiega chi ha scritto il piano italiano
- Youth Guarantee ai blocchi di partenza. Giovannini: «Operativi da marzo 2014»
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