Diritti degli stagisti, le lezioni dell'Europa

Fabrizio Patti

Fabrizio Patti

Scritto il 13 Mag 2009 in Notizie

Ci sono Paesi in Europa dove a elaborare l’equivalente della “Carta dei diritti degli stagisti” ci pensa lo Stato, mettendo nero su bianco le condizioni per fare uno stage allo scopo di evitare gli abusi.
Così, per esempio, la guida dell'Isfol sugli stage in Europa (scaricabile gratuitamente a questo link) descrive il caso del Portogallo: lo stagista ha un’età massima di 30 anni, deve essere alla ricerca del primo impiego e non aver svolto alcun tipo di attività professionale per un periodo superiore a un anno. Il periodo di stage dura nove mesi e può prolungarsi con l’autorizzazione dell’Istituto dell’occupazione e della formazione professionale eccezionalmente fino a 12 mesi. Questo istituto verifica anche se, dopo tre mesi dal termine del tirocinio, l’ex stagiaire abbia o meno trovato un’occupazione. Al tirocinante vengono concessi una borsa di stage (di importo variabile a seconda del suo livello di formazione), un rimborso delle spese di vitto e alloggio (in questo caso solo se abita a più di 50 km dal luogo del tirocinio) e le spese di trasporto. L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è obbligatoria.
Il Portogallo non è un caso isolato. Un altro punto su cui alcuni Stati fanno chiarezza è che lo stage, per quanto non sia un vero rapporto di lavoro, debba avere un rimborso spese. Non esiste solo il caso della Francia, dove è stata prevista una retribuzione di 380 euro al mese (ossia il 30% del minimo contrattuale previsto per i lavoratori, o Smic) se il tirocinio dura più di tre mesi. C’è anche quello dell’Austria e del Belgio, dove in alcuni settori il compenso è previsto per legge.
In altri Paesi la regolamentazione consiste nel distinguere tra gli stage effettuati durante il periodo di studi e quelli nel periodo successivo. In Irlanda il “work placement” prevede un rimborso spese sulla base di un accordo diretto con l’azienda ospitante. Se a farlo sono gli studenti iscritti a università irlandesi l’aspetto formativo è la parte prevalente del contratto e la durata varia da 8 a 12 settimane. Se invece si sono completati gli studi lo stage dura non meno di tre mesi e nei “terms of employment” si stabiliscono mansioni, orari e compenso. La distinzione tra stagisti studenti e stagisti laureati o diplomati, in termini di procedure e condizioni,  è prevista anche in Polonia e in Spagna. Nei Paesi Bassi il nome cambia a seconda che si tratti di tirocini per studenti superiori (“stage”) o esperienze di formazione on the job destinate ai ragazzi che vanno ancora a scuola (“beroepspraktijkvorming” o “leerwerktraject”).
E in Italia? La normativa 142/1998 prevede che vada stipulata una convenzione tra l’azienda ospitante e l’ente promotore, con l’obbligo di indicare un tutor e stipulare l’assicurazione sul lavoro. È anche previsto un periodo massimo per ciascuno stage a seconda del livello di istruzione. Ma non ci sono paletti per quanto riguarda il rimborso spese, l’età degli stagisti e il numero di tirocini che si possono effettuare, e in più la norma non prevede sanzione in caso di trasgressione. Molte testimonianze raccolte dalla Repubblica degli stagisti e le ispezioni di alcune Direzioni provinciali del lavoro hanno raccontato di come lo strumento dello stage possa essere usato malamente. Forse dovremmo copiare qualche paletto dai nostri vicini europei?

Fabrizio Patti

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