Gli stagisti hanno fame? Diamogli le brioches
La Camera dei Deputati difende a spada tratta il suo programma di stage gratuiti. In una nota divulgata ai giornali che in questi giorni hanno ripreso la denuncia della Repubblica degli Stagisti – nota che curiosamente non è giunta, invece, alla nostra redazione – si dimostra sorda alle critiche e rivendica di essere nel giusto. La giustificazione avanzata, in pieno stile mariantoniettesco “dategli le brioche!”, suona quasi ridicola: i partecipanti non ricevono alcuna indennità mensile, è vero, e devono mantenersi per sei mesi a Roma da soli, è vero, ma attenzione, viene loro concesso «l’accesso gratuito ai servizi di ristorazione della Camera». Insomma, gli danno le brioches: che c'è da lamentarsi?Si staglia all'orizzonte anche una possibilità che invece non fa per niente ridere: che la Camera ora scelga di cancellare il bando. Della serie: avete rotto le scatole? Avete protestato? E noi quei tirocini li chiudiamo. Anziché insomma mettersi una mano sulla coscienza e cercare di trovare qualche migliaio di euro per poter introdurre una indennità (come scritto nei nostri articoli, per assicurare anche solo la cifra simbolica di 400 euro al mese basterebbero 24mila euro in tutto: bruscolini per il bilancio multimilionario della Camera), la Camera potrebbe preferire la scelta di mettersi il pallone sotto l'ascella, andarsene e dichiarare chiusi i giochi.Ci sarebbe anche un precedente: quando tanti anni fa la battaglia contro i tirocini gratuiti era appena cominciata, e si discuteva dell'introduzione di un obbligo di indennità mensile, ci fu un grande programma di tirocini in un grande ente pubblico che venne bloccato preventivamente. Parliamo dei tirocini Mae-Crui, che ogni anno coinvolgevano quasi 2mila studenti universitari e neolaureati in tirocini alla Farnesina e nelle sedi diplomatiche italiane in giro per il mondo, e che erano completamente gratuiti. In quel caso, anziché cercare un fondo per iniziare a pagare gli stagisti, al solo annuncio della possibilità di introdurre un obbligo (comunque solo per gli extracurricolari) il ministero degli Esteri e la Crui chiusero improvvisamente i battenti del programma, che restò chiuso per ben tre anni tra il 2012 e il 2015. Adesso esiste di nuovo, si chiama Maeci-Crui: è aperto solo agli studenti universitari, per poter inquadrare questi tirocini come curricolari e dribblare le normative relative agli extracurricolari; almeno però è previsto un rimborso spese. Piccolo (solo 300 euro al mese, cui si aggiunge in pochissime sedi diplomatiche l'alloggio gratuito) ma comunque meglio di niente.L'auspicio è che la Camera dei Deputati si comporti in maniera meno avventata, ed eviti di optare per la chiusura del programma: privare i giovani di un'opportunità formativa pur di non pagare qualche soldo per rendere tale opportunità più equa e sostenibile sarebbe poco degno di una istituzione così importante. Che in questo frangente, purtroppo, si sta dimostrando scollegata dalla realtà: come si può pensare che garantire il pranzo agli stagisti possa bastare a rendere uno stage sostenibile? In una città cara come Roma? Per sei mesi?Il particolare dell’accesso gratuito ai servizi di ristorazione non è peraltro specificato da nessuna parte nel bando – il che la dice lunga sulla trasparenza delle condizioni offerte – e nemmeno nella convenzione sottoscritta nel 2021 tra la Camera dei deputati e la Fondazione Crui, che gestisce questo programma di tirocini. Nella convenzione anzi viene ancora una volta specificato, e con una terminologia ai limiti del rude, che «non sono configurabili pretese del tirocinante in ordine ai contenuti, alle modalità ed ai risultati del tirocinio o in ordine alle spese e agli eventuali inconvenienti che esso potrebbe comportare a carico del tirocinante».“Pretese”. Dal tirocinante, niente “pretese”. Non seccateci con i vostri “inconvenienti”. E per carità, non veniteci a chiedere di coprire qualcuna delle vostre “spese”. Mette un po' tristezza leggere queste parole.La Camera dei deputati invece esprime rammarico per le critiche rivolte a «un’iniziativa di formazione, perfettamente in linea con i criteri stabiliti dalla legge per i tirocini curriculari». Perfettamente in linea con una legge ingenerosa, certo. Ma la legge sui curricolari non vieta di offrire una indennità ai tirocinanti. Non obbliga, ma non vieta. Dunque non prevedere una indennità è, come abbiamo sottolineato, una scelta. Brutta.L'ufficio stampa sottolinea che questi stage non sono attivati per soddisfare una «esigenza della Camera di reperire forza-lavoro», specificando che «per lavorare alla Camera, come noto, occorre superare un concorso e, a questo scopo, l'Istituzione delibera appositi bandi pubblici». Nessuno ha mai pensato che servisse più forza-lavoro alla Camera – di dipendenti ce ne sono già a sufficienza. L'indignazione è concentrata sulle condizioni capestro offerte agli stagisti, e in particolare sulla scelta di non offrire alcuna indennità.Nella nota la patata bollente viene re-indirizzata verso le università da cui gli studenti-stagisti provengono: l'iniziativa nasce, è spiegato, «dalla volontà di corrispondere a richieste provenienti dalle stesse Università». Ma certo gli atenei non avrebbero fatto obiezioni, se gli stage proposti avessero previsto una congrua indennità!Infine, immancabile il riferimento agli elogi degli stessi partecipanti: questi stage, assicura la nota, avrebbero «negli anni raccolto consolidati riscontri positivi da parte degli studenti». E cosa dovrebbero dire, gli studenti-stagisti, a una delle più importanti istituzioni della Repubblica? Grazie per l'esperienza, ho imparato tanto, ma ho dovuto chiedere soldi ai miei per poter vivere a Roma, altrimenti avrei fatto la fame e dormito sotto un ponte? Ho passato sei mesi in un ufficio in cui tutti guadagnavano tra 5 e 15mila euro al mese, e io invece ero lì tutti i giorni completamente gratis? Ah, però, grazie per il pranzo!Peccato che non abbiano potuto dir nulla tutti quelli che in questi anni sono rimasti esclusi, e che lo sono ancora oggi, per la semplice mancanza dei soldi necessari per trasferirsi a Roma, pagarsi un alloggio, i trasporti, la vita quotidiana. Innumerevoli potenziali candidati non ci hanno nemmeno provato, a candidarsi, perché questi stage non sono economicamente sostenibili. E sono quindi in teoria aperti a tutti, ma in pratica riservati a chi ha famiglie abbienti (e possibilmente abita a Roma).La Camera dei Deputati capirà che la sostenibilità economica di qualsiasi esperienza di formazione e di lavoro è un criterio chiave per l'inclusione, le pari opportunità, l'equità, e la meritocrazia?Eleonora Voltolina