Simone Montermini, Piecamillo Falasca e Gabriele Picano hanno storie politiche diverse e provengono da tre partiti distanti tra loro: Pd, Fli e Pdl. Ma ora si trovano riuniti dall'agenda Monti e candidati - uno in Emilia, il secondo in Abruzzo, l'ultimo in Lazio - in nome di un obiettivo comune: le riforme.
«Punto primo: tornare a crescere». Simone Montermini ha 33 anni e fino a un mese fa era sindaco di Castelnovo di Sotto, un comune di Reggio Emilia. Un anno fa ha lasciato il Partito Democratico e oggi è candidato alla Camera nella lista di Scelta Civica. Quando è stato eletto sindaco del Pd alle amministrative nel 2009 era responsabile economia e lavoro a Reggio Emilia. Poi per contrasti politici si è dimesso dalla carica e ha fondato un'associazione di cultura politica che si chiama Riformisti insieme: «una specie di lista Monti», ante litteram e in «salsa reggiana» come dice lui, «che aveva lo scopo di far dialogare le politiche riformiste sia di centrosinistra che di centrodestra». Montermini spiega la distanza presa dal suo vecchio partito: «Il Pd individua la causa della crisi nel liberismo sfrenato, ma io credo che in Italia non ci siano mai state riforme davvero liberali. Anzi, è a tutt'oggi un Paese di caste e corporazioni che avrebbe bisogno di una vera riforma liberale per liberare le energie inespresse. La lista Monti ha il compito di unire le spinte riformiste per destrutturare il bipolarismo politico che negli ultimi vent'anni ha visto le forze politiche contrastarsi l'una contro l'altra nei dibattiti ma fallire insieme nella prova del governo». In Parlamento Montermini vorrebbe che fosse data la priorità a tutte le politiche per lo sviluppo e la crescita: «quelle per il credito, l'energia e la nuova imprenditorialità». Per riavvicinare i cittadini alla politica si ripromette di lavorare alla riforma elettorale e al dimezzamento dei parlamentari, magari passando a un monocameralismo che permetta una legiferazione più snella e l'abbattimento della burocrazia. Sul tema lavoro assume in toto la proposta del professor Pietro Ichino, quella del cosiddetto contratto unico. E la riforma Fornero? «Tutto sommato è una buona proposta, ma andrebbe migliorata. In ogni caso la legge non serve a creare lavoro, ma ad accompagnare una fase di trasformazione economica. Oggi servono riforme che guidino la crescita dei settori su cui l'Italia potrebbe già essere forte, ma di fatto non lo è: cultura, ambiente, turismo. E altre che incentivino lo sviluppo di nuovi settori. La riforma del mercato del lavoro dovrebbe invece servire a fare in modo che il passaggio dai settori maturi a quelli nuovi sia possibile e non traumatico per i lavoratori». Montermini fa l'esempio degli ammortizzatori sociali: «Riguardano tutte le categorie di lavoro, anche quelle atipiche che restano fuori dalla cassa integrazione. L'Aspi è una sorta di reddito minimo perché equivale al 70% dell'ultima retribuzione percepita. Un ammortizzatore così pensato e collegato a un sistema di formazione permetterebbe il passaggio dei lavoratori da un settore all'altro. Ciò significa che in caso di fallimento di un azienda in un settore maturo l'Aspi sarebbe di fatto un investimento sulla riqualificazione delle persone in settori più evoluti del mercato e non una mera misura assistenziale». Montermini è convinto che l'unica vera riforma che la politica italiana abbia fatto negli ultimi 15 anni sia stata l'entrata nell'euro: «Grazie a persone come Prodi e Ciampi. Però abbiamo raggiunto quell'obiettivo importante senza diventare veramente europei. Nonostante i sacrifici l'Europa continua ad essere una risorsa. Anche se a sua volta dovrebbe essere riformata perché è un'unione soprattutto monetaria. E non basta. Ci vorrebbe un'Europa più politica, vissuta per convinzione e non per forza». Fino a un mese fa Simone Montermini guadagnava 1600 euro; che farebbe con i molti soldi in più dello stipendio da deputato? Prima che «l'auspicata riforma per il ridimensionamento degli stipendi dei parlamentari entri in vigore», promette che la utilizzerebbe per fare politica: «Una politica liberale per davvero».
«La Lista Monti? La cosa più simile al partito che non c'è». Piercamillo Falasca ha 32 anni, ha studiato economia all'università Bocconi di Milano, ma è di origini abruzzesi dove è al secondo posto nella lista di Scelta Civica. Non ha mai avuto un contratto a tempo indeterminato, ma solo cocopro, collaborazioni e partita Iva: «Mi sono fatto tutte le formule precarie senza lamentarmi mai». Una delle sue prime iniziative politiche è stata una campagna lanciata su Facebook nel 2008, attraverso la pagina «Io non voglio il posto fisso. Voglio guadagnare». In pochi giorni 3mila aderenti: «che nel 2008 erano proprio tanti, perché FB non era così diffuso come oggi». Dal allora a oggi la situazione si è evoluta, e in peggio: «Allora il problema era il precariato. Oggi è l'assenza di lavoro». Ha aderito alla lista di Scelta Civica dopo essere passato per Futuro e libertà, dove aveva cominciato collaborando nel 2006 con l'attuale capogruppo alla Camera Benedetto della Vedova: «Condivido la filosofia di Monti sul mercato del lavoro con il superamento dell'attuale dualismo in favore di contratti a tempo indeterminato, con maggiore flessibilità in uscita e con uno Stato che interviene in seconda battuta in caso di licenziamento per valorizzare il capitale in vista di una transizione da un settore a un altro». Alle domande sulle ragioni del passaggio da Fli a Scelta Civica, Falasca risponde con una punta di amarezza: «Io non sento di aver cambiato, ho semplicemente fatto la cosa che mi sembrava più coerente. Credevo che Udc e Fli, che sostenevano il governo Monti, sarebbero stati più coerenti sciogliendosi per confluire in un nuovo soggetto politico. Ma i leader non hanno fatto il passo indietro che serviva. Da parte mia credo di avere aderito alla cosa più simile al partito che non c'è. Per il momento. Ed auspico che dopo il voto riprenda il dialogo tra tutte le forze riformatrici, perché l'Italia ha ancora bisogno di un vero partito liberal-democratico». Se arriverà a Montecitorio, Falasca anticipa che si concentrerà anzitutto sulla promozione del venture capital con politiche capaci di attrarre risorse, anche internazionali, che aiutino la nascita di nuove start up. Proporrà investimenti sulle infrastrutture tecnologiche a partire dalla banda larga di ultima generazione. E infine vorrebbe rivedere il sistema della formazione: «A questo riguardo penso che sia stata una scelta nefasta la riforma del titolo V° della Costituzione che ha affidato la formazione alle regioni: dovrebbe tornare ad essere di competenza statale perché la formazione professionale è la chiave di volta di una economia in transizione come quella italiana». Forse un po' a sorpresa, Falasca si dimostra molto "avanti" in tema di diritti civili: è infatti favorevole ai matrimoni tra omosessuali. «Lo dico da conservatore: li considero una politica di stabilità: tutti dovrebbero avere il diritto di vivere in una situazione familiare protetta. Accetterei per ragioni di pragmatismo le unioni civili, ma penso che siano formule intermedie quando i paesi con cui ci confrontiamo in Europa e nel mondo hanno scelto la linea più lineare del matrimonio gay». Dalla fine del 2012 Piercamillo Falasca non percepisce stipendio, quanto guadagnasse prima di allora preferisce non dirlo, comunque sostiene che se arrivasse a Montecitorio non avrebbe bisogno dell'intero reddito parlamentare e che i soldi in più li investirebbe in due modi. Primo, finanziare attività di diffusione della cultura liberale in Italia. Secondo, sostenere una start up: «Vorrei fare il business angel, come avviene già in America».
«Il lavoro è sacro, ma rimettiamo in discussione il concetto di posto fisso». Gabriele Picano ha 31 anni, è sposato con un bimbo di 17 mesi ed è candidato in seconda posizione nella lista di Scelta Civica in Lazio 2. È un avvocato con un trascorso nel Partito della Libertà; è stato assessore provinciale ai trasporti e ai rapporti con le università nella provincia di Frosinone per oltre un anno, e fino a prima di candidarsi presidente pro tempore della società interporto di Frosinone, una società per la progettazione dell'aeroporto da cui si è dimesso «per non cumulare le poltrone». È anche consigliere comunale di Cassino, dove è stato il secondo più votato di tutta la coalizione del centrodestra. Nel Pdl era vicino all'ex ministro degli esteri Franco Frattini, poi si è legato al ministro per la cooperazione internazionale Andrea Riccardi e ha deciso di abbandonare la coalizione berlusconiana per la lista Monti: «Ritengo che la politica del Pdl non abbia fatto nessun rinnovamento. Monti invece sì: mettendo nella sua agenda proposte come l'abolizione dei finanziamenti ai partiti, la riduzione del numero dei parlamentari e la nuova legge elettorale. Tutte cose che si sarebbero potute fare prima». A Montecitorio dice le sue priorità saranno le politiche per incentivare il lavoro dei giovani e la defiscalizzazione delle imprese. «La riforma Fornero va migliorata, perché è stata fatta in fretta a causa della situazione di emergenza in cui si trovava il Paese», ma bisogna rimettere in discussione anche il concetto di posto fisso: «Deve rimanere a lavorare solo chi produce. Serve portare avanti il concetto che chi lavora bene deve avere più opportunità di chi lo fa male». Picano è consulente legale presso la Presidenza del consiglio, per l'ufficio nazionale anti discriminazioni razziali (Unar) e segnala il ritardo italiano nell'adeguamento alla normativa internazionale e comunitaria contro la discriminazione razziale: «Non abbiamo ancora ratificato la convenzione europea sul cyber crime. C'è stato ostruzionismo da parte dei partiti fino ad ora al governo: eppure si tratta di provvedimenti importanti, perché molti insulti contro gli stranieri arrivano via internet». Alla domanda sulle leggi Bossi-Fini e il Pacchetto Sicurezza della Lega Nord, approvati dalla maggioranza del Parlamento quando ancora lui faceva parte del Pdl, Picano risponde: «Mi ritengo una persona moderata. Io credo che in alcuni casi il Pdl sia stato ostaggio di persone troppo estremiste di destra». Però, da moderato, si dice contrario ai matrimoni gay: «Per me gli omosessuali non sono un problema, ho rispetto per loro, però concepisco la famiglia fondata sul matrimonio nel rapporto tra uomo e donna». Gabriele Picano guadagna circa 70mila euro l'anno: con i soldi in più che prenderebbe da parlamentare non esclude la possibilità di fare beneficenza. Quel che è sicuro è che i suoi assistenti sarebbero ben pagati: «Chi lavorerà per me non lo farà in nero o sottopagato: i miei assistenti saranno in regola perché sono convinto che il lavoro sia sacro».
Sofia Lorefice
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