Nella prima settimana dello scorso dicembre il Movimento 5 Stelle ha lanciato le «Parlamentarie», una forma di primarie online in cui gli utenti hanno votato in ogni regione i candidati che avrebbero voluto far arrivare a Montecitorio. Da Torino a Palermo passando per Imola, la Repubblica degli Stagisti ha intervistato tre di loro che con ogni probabilità da lunedì saranno in Parlamento.
Mara Mucci: «Voglio un asilo a Montecitorio». Ha trent'anni, un figlio piccolo e una laurea in informatica. Nel dicembre scorso si è aggiudicata il terzo posto alle parlamentarie del Movimento 5 Stelle in Emilia Romagna con 201 voti. La futura deputata è preparata e determinata eppure l'aspetto che la sta mettendo più in crisi è come fare a conciliare la maternità con il Parlamento. Non è la prima volta che si trova di fronte a un problema del genere: quando rimase incinta l'azienda per cui lavorava da tre anni come sviluppatrice di software decise di non rinnovarle il contratto a tempo determinato, come invece le era stato promesso prima che dicesse di aspettare un bambino. O meglio: l'azienda glielo rinnovò per un mese e mezzo, giusto per darle il tempo di finire un progetto in scadenza; e poi la lasciò a casa a «godersi suo figlio». La prospettiva di entrare in politica è arrivata proprio quando, a un anno dalla nascita di "Richi", la Mucci aveva appena ricominciato a cercare lavoro. «Ho chiesto per l'asilo a Montecitorio, all'inizio avevo capito che ce n'era uno all'interno, o comunque convenzionato, ma poi ho scoperto che non era vero. Questo è uno di quegli ostacoli che a tutti i livelli rende difficile per le donne conciliare il lavoro con la famiglia. Qui a Imola ho un asilo nido, so che a Roma le commissioni si svolgono dal martedì al giovedì. Devo capire se starò a Roma tre giorni e poi tornerò a lavorare a casa, o se mi toccherà prendere un altro asilo nido a Roma. Ma sarebbe un problema, visto che come Movimento 5 Stelle abbiamo deciso di ridurci lo stipendio a 2mila e 500 euro netti al mese. Devo pensarci bene e trovare una soluzione». La Mucci non sarà l'unica giovane donna a entrare a Montecitorio nella prossima legislatura: chissà che insieme alle altre mamme in arrivo alla Camera si riesca a svecchiare anche le strutture della politica. «In Italia siamo messi bene come scuole materne ma come asili nido siamo insufficienti. Il nostro tasso di inattività femminile è tra i più alti a livello europeo, con il 48,5% siamo secondi solo a Malta. L'occupazione invece è al 47%, inferiore di 12 punti rispetto all'Europa, c'è molto da lavorare in questo senso. La carenza di asili nido è uno dei problemi da risolvere, la flessibilità del lavoro un altro e poi c'è lo scarso tasso di presenza di donne nelle stanze dei bottoni: perché se tra coloro che decidono le politiche aziendali non ci sono donne che capiscono il mondo che rappresentano difficilmente ci potranno essere politiche che ci vengono incontro». Ma la giovane mamma di Imola non ha in mente solo iniziative ad hoc per l'occupazione femminile. Pensa piuttosto a incentivi che valgano per i lavoratori under 35 in generale - di cui le donne, in particolare, potrebbero usufruire: «Per esempio un potenziamento del telelavoro sarebbe utile per tutti, non solo per le donne che in gravidanza o appena dopo la nascita del bambino vogliano continuare a lavorare da casa». E anche agevolazioni di tipo fiscale dei contratti under 35 a favore delle imprese: «Alcune ditte di Imola ci raccontano che spesso sostengono corsi di formazione all'interno dell'azienda e poi arriva la multinazionale o la ditta che offre uno stipendio più elevato e perdono le persone su cui avevano investito. Si può pensare a una forma di tutela per le imprese che investono risorse per la formazione dei dipendenti». Sull'altro fronte, quello dei giovani lavoratori, la proposta è investire su meccanismi di agevolazione del passaggio dalla scuola al lavoro. Quanto alla riforma Fornero, la Mucci valuta che non sia adatta alle condizioni economiche in cui si trova l'Italia oggi: «Sarebbe tutta da rivedere, perché provoca difficoltà per le aziende stesse. Mentre toglie alcune forme di precariato determina altre problematiche». Delle misure previdenziali per lavoratori a tempo determinato e cocopro come la MiniAspi e l'una tantum pensa che in linea teorica siano giuste: «Io ho avuto contratti cocopro, la disoccupazione non c'era e mi sarebbero stati utili sussidi simili nel periodo in cui cercavo lavoro. Ma come Movimento 5 Stelle abbiamo una proposta diversa: il reddito minimo di cittadinanza». Per tutti? «Sì». E di quanto? «Mille euro». Quando la Repubblica degli Stagisti fa notare che si parlerebbe di una misura carissima per le casse dello Stato, oltre 30 miliardi di euro all'anno, la Mucci «su due piedi» non sa quantificare però sostiene di sapere da dove prendere tutti quei soldi: «Con i tagli agli sprechi. Pensiamo a un tetto massimo per gli stipendi, le pensioni e i vitalizi ingiustificati. Stop ai grandi investimenti come la Tav e le altre infrastrutture non necessarie. Abolizione delle province e nessun rimborso elettorale, né finanziamenti a partiti e giornali. Riduzione delle spese militari: i caccia F35 e i sommergibili non ci servono, è la Costituzione stessa a dire che siamo a favore della pace. Lotta alla corruzione con una legge ad hoc, riduzione del numero dei parlamentari e dei loro stipendi in linea con la media di quelli europei, taglio delle auto blu... Può bastare?».
Riccardo Nuti: da Palermo a Roma con la legalità in testa. Planner e analista di processi aziendali in una società di telecomunicazioni, ha 31 anni e un diploma di perito tecnico informatico. Appena maggiorenne ha cominciato a lavorare come operatore di call center, poi a pianificare attività per l'azienda di telecomunicazioni per cui lavora. Coi suoi 147 voti alle Parlamentarie online è stato l'attivista 5 Stelle che ha ottenuto più preferenze nella sua parte di Sicilia. Nuti è entrato nel Movimento a 26 anni, a trenta era il candidato più votato alle elezioni comunali palermitane, con ben 3.228 consensi. Eppure non riuscì a entrare nel consiglio comunale perché i grillini non raggiunsero la percentuale di sbarramento che in Sicilia è pari al 5%. Oggi è capolista alla Camera del M5S per la Sicilia occidentale. «Trasparenza e legalità» sono i temi che gli stanno più a cuore; in cima alla lista delle priorità c'è la lotta alla corruzione, un tema che il Movimento 5 Stelle sostiene con forza già da tempo nell'Ars - cioè il parlamento siciliano - in cui nell'ultima assemblea generale i grillini hanno piazzato ben 15 deputati. Banda larga e open data, cioè i dati liberamente accessibili a tutti, sono strumenti che Nuti considera necessari per attivare il processo virtuoso che nel giro di breve tempo dovrebbe portare la pubblica amministrazione ad essere sempre più efficace e realisticamente aperta ai cittadini in termini di trasparenza e partecipazione. E affinché diventi sempre più moderna insiste sull'utilizzo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. A partire dalla rete, che per passione professionale e politica è il refrain del movimento che Nuti fa suo. Alla rete affida la comunicazione con gli elettori e dice che lo farà anche dopo l'arrivo a Montecitorio: «Come Movimento vogliamo comunicare su una pagina online ogni decisione presa a Montecitorio, ogni scelta di voto sulle leggi e qualsiasi altra discussione che sarà aperta in Parlamento: affinché gli elettori siano informati e partecipi». Ma limitandosi alle pagine web del Movimento non si rischierà di far passare le informazioni senza confronto e contraddittorio? Nuti risponde assicurando che non interpreta in modo assoluto la regola di Grillo di non andare mai in tv e che ha già accettato, e intende farlo anche in futuro, di partecipare a trasmissioni radiofoniche e televisive per confrontarsi sui temi di interesse pubblico. «Personalmente però preferisco le reti locali in cui si affrontano davvero le tematiche che stanno a cuore alle persone. In questi giorni mi è capitato di partecipare a più trasmissioni di emittenti sul territorio e nazionali: considero le seconde meno efficaci perché procedono per slogan, sono più interessate alla presenza fine a se stessa e non a quello che l'ospite ha da dire. Non viene dato neanche il tempo di argomentare». I tagli ai costi della politica e «i giovani che tentano di entrare nel mondo del lavoro e che di questi tempi non ci riescono» sono altri due temi cruciali su cui Nuti vorrebbe lavorare alla Camera. «Bisognerebbe procedere su due fronti: liberare la pubblica amministrazione da coloro che vivono la tranquillità del posto fisso senza impegnarsi e penalizzare quelle aziende private che non assumono perché preferiscono alimentare il circolo vizioso degli stagisti e tirocinanti a rotazione continua». Nuti ha in mente un «cambiamento radicale del mercato del lavoro», pensa che la riforma Fornero vada migliorata ma nello specifico «non si sente abbastanza preparato», quindi per il momento non ha politiche attive da proporre. E anche sulla riforma dice che entrerà nel merito dopo essere arrivato in Parlamento e avere studiato meglio la materia. In questo momento guadagna un po' più di mille euro al mese e si dice pronto a rinunciare a buona parte del compenso previsto per i parlamentari in linea con quanto deciso dal Movimento 5 Stelle: non più di 5mila euro lordi, più o meno 2mila e 500 euro netti, il resto faranno in modo di restituirlo allo Stato. Assistenti? «Decisamente sì», dichiara Nuti, ma ancora non sa quanti: «avrò bisogno di studiare e di essere seguito per essere all'altezza del ruolo. Una cosa però è certa: non ci saranno parenti e amici con me».
Laura Castelli, passione per il M5S grande almeno quanto l'antipatia per i giornalisti. È la capolista del Movimento 5 Stelle in Piemonte 1. Nel dicembre scorso ha vinto le «parlamentarie» online con 273 preferenze e un distacco di quasi 100 voti dalla seconda. Ha una laurea triennale in Economia aziendale, 26 anni e pochissimo tempo da dedicare alle interviste in campagna elettorale. Alla Repubblica degli Stagisti ha concesso 5 minuti «non di più», al secondo appuntamento telefonico (al primo aveva dato buca). Massima coerenza, insomma, con la linea adottata dal leader del suo movimento nei confronti dei giornalisti: antipatia manifesta. Però almeno lei alla fine l'intervista, seppur breve, la concede. Nonostante la giovane età la Castelli vanta un certa esperienza di lavoro nel settore fiscale dove ha lavorato per qualche anno prima di iniziare nel 2010 l'attività per il Gruppo consiliare regionale del Piemonte, nello staff del consigliere di M5S Davide Bono. Negli anni è stata referente della Commissione Bilancio, della commissione Economia, commercio e industria, e della commissione Cultura: «Ho tenuto, inoltre, la contabilità del Gruppo e rendicontato tutto secondo quei criteri di trasparenza che contraddistinguono il Movimento 5 Stelle». Se ci si azzarda a chiederle le tappe del suo percorso politico la risposta è netta: «Noi del M5S non facciamo gavetta politica. Sono la capolista perché alle parlamentarie sono stata la più votata». Le preferenze ricevute se le spiega con l'attivismo portato avanti negli anni nel suo comune di Collegno e con l'impegno che da tre anni ha portato avanti in consiglio regionale. Dice di preferire alle priorità personali da portare a Montecitorio l'aderenza assoluta al programma deciso con il movimento. Segnala però che i punti a cui tutto il M5S tiene di più - e quindi, di conseguenza, anche lei - si trovano in Rete: «In questi giorni abbiamo pubblicato un post sul sito di Grillo con l'abolizione dei rimborsi elettorali, la cessazione delle missioni di pace che sono tutt'altro che di pace. Il recupero dei soldi dell'evasione e delle slot machine che sono stimati intorno ai 96 miliardi di euro. Vogliamo lavorare sulla Rai per farla diventare una televisione pubblica senza nomine di partito e magari venderne due canali. E poi puntiamo a tagliare le pensioni d'oro sopra i 5mila euro lordi. I punti sono tanti e comuni a tutto il Movimento: non esistono priorità singole». A una 26enne che sta per fare il suo ingresso a Montecitorio viene voglia di chiedere quali misure abbia in mente per i giovani, ma con la Castelli questo è un errore da non fare:«La nostra politica non può essere distinta per genere o per categoria. Quindi se mi chiede quale è la nostra politica giovanile le dico che non esiste. È tutto "politica giovanile", perché parlare di scuola e di istruzione significa occuparsi di tutto. Così anche collegare il mondo del lavoro alla ricerca e alle università non è una politica per i giovani ma per tutto il mercato del lavoro. Noi non “settorializziamo”, siamo convinti che le buone politiche si riferiscano a tutti e non a categorie specifiche». Fino all'anno scorso la Castelli guadagnava 1400 euro al mese; ora non percepisce più stipendio perché si è dimessa per dedicarsi alla campagna elettorale. Cosa farà con il compenso previsto per i parlamentari a Montecitorio? «Forse lei non lo sa, ma il Movimento 5 Stelle si riduce gli stipendi: noi prenderemo 2mila e 500 euro netti e tutto il resto lo restituiremo allo Stato così come fanno già ora i nostri consiglieri regionali in tutta Italia. Rinunceremo anche ai rimborsi elettorali, quindi continueremo ad essere persone normali come siamo oggi». Se e quanti assistenti porterà con sé a Roma non lo sa ancora: «Lo decideremo tutti insieme nel movimento: noi amiamo la democrazia diretta e quando decidiamo lo facciamo insieme. Per cui fateci passare il 25 febbraio e poi capiremo come organizzarci».
Sofia Lorefice
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