Eleonora Voltolina
Scritto il 18 Nov 2013 in Notizie
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10mila posti di lavoro e altri 10mila opportunità di stage, nei prossimi tre anni, senza per questo licenziare o prepensionare gli attuali dipendenti. Una iniziativa che la multinazionale Nestlé ha presentato lo scorso venerdì a Roma, in contemporanea con la Grecia, attraverso un dibattito da cui sono emersi spunti interessanti. La mattinata è stata aperta da Alessandra Del Boca, membro del Consiglio del Cnel, che ha fatto gli onori di casa: «Dico benvenuta a questa iniziativa che butta sul tappeto dei posti di lavoro e che permette ai ragazzi di avere una opportunità».
A entrare nel dettaglio del progetto sono stati i supermanager della Nestlé. Prima Laurent Freixe, vicepresidente esecutivo di Nestlé e Zone Director per l’Europa, che in un messaggio video ha raccontato questa «iniziativa ambiziosa per aiutare i giovani a sviluppare le proprie competenze e a trovare un lavoro», ripercorrendo i passaggi di una «crisi finanziaria che si è trasformata in crisi economica, poi sociale, e infine in alcuni paesi anche politica». L'intenzione è quella di dare una mano ai governi nel gestire la drammatica situazione occupazionale dei giovani europei: «La politica ha un ruolo nel creare occupazione, ma il è il settore privato a fornire il più alto numero di posti di lavoro. Noi in Nestlé abbiamo una lunga tradizione nell'assumere giovani». Non ci saranno, ha aggiunto Freixe, solo le 20mila opportunità aperte all'interno del gruppo, ma anche un coinvolgimento capillare della rete dei fornitori e dell'indotto: «una “Alliance” che aprirà altre opportunità in vari settori, dalla logistica all'amministrazione».
Subito dopo Leo Wencel, capo Mercato del gruppo in Italia, ha parlato di un «progetto che aiuterà i giovani di tutta Europa a sviluppare le proprie competenze e a trovare un lavoro» e ribadito che «le aziende creano occupazione in Europa e il loro contributo è essenziale. Oggi possiamo e dobbiamo fare di più per aiutare i giovani a trovare un lavoro».
Spianando la strada al secondo (e ultimo) video messaggio della giornata, quello di Herman Van Rompuy: «Un giovane su quattro é disoccupato, malgrado a volte un'eccellente livello di istruzione» ha esordito il presidente del Consiglio Europeo. «Dove i governi possono aiutare le condizioni, le aziende possono aprire opportunità» ha continuato, riservando parole lusinghiere al progetto di Nestlé: «Sono ammirato, é la prima iniziativa così grande di cui vengo a conoscenza. Sarà utile per risollevare l'economia, e ispirerà anche noi».
Giacomo Piantoni, direttore delle Risorse umane del gruppo in Italia [nella foto, a fianco di Wencel], ha spiegato come questa scelta aziendale si collochi nel perimetro delle azioni di responsabilità sociale dell'impresa: «L'iniziativa si interseca nel nostro progetto di csr, per creare valore nel tessuto sociale all'interno del quale l'azienda opera, al di là dei profitti per gli azionisti». Per una volta dunque viene messa da parte la rigida logica dei numeri: «I criteri su cui verranno valutati i risultati di questa iniziativa non saranno solo di profitto e redditività, bensì anche quelli relativi all'area della creazione del valore condiviso. Vogliamo dare un messaggio di speranza e di coraggio a tutti i giovani che stanno cercando lavoro in Italia».
Ma come sarà strutturato in concreto questo progetto? Piantoni ha spiegato che le mille opportunità previste per l'Italia saranno suddivise in 600 stage e circa 450 assunzioni nelle aree di business. Più nel dettaglio, “Nestlé needs YOUth” sarà suddiviso in quattro assi. Il primo: avvicinare il mondo del lavoro ai giovani, aprendo l'azienda ai giovani. Qui avranno spazio azioni come le visite nei siti produttivi, nelle sedi, nei magazzini; workshop su come si costruisce un cv. «Faremo parlare i nostri giovani, quelli che sono appena entrati in azienda, con i giovanissimi» ha raccontato Piantoni: «Intendiamo poi intensificare la presenza nelle job fairs e avviare partnership sempre più spinte con le università e le scuole secondarie; abbiamo già belle iniziative con Sanpellegrino campus, vogliamo moltiplicarle».
Il secondo asse è quello degli stage e tirocini di qualità, in cui la filiale italiana già dimostra da anni un'attenzione particolare attraverso l'adesione al network della Repubblica degli Stagisti: «Aumenteremo di circa il 50% il numero degli stage, anche intensificando l'alternanza tra studio e lavoro». I tirocini non avranno luogo soltanto nelle sedi italiane del gruppo: «In questo ambito si pone l'iniziativa "solidarietà nord-sud": Nestlé ha 153 fabbriche, 18 centri di ricerca, 94mila dipendenti. Ovviamente, le opportunità maggiori si trovani nei Paesi del Nord. Dunque facendo network tra le filiali di Nestlé in Europa genereremo un risultato interessante».
Terzo asse, le assunzioni nei business: «Malgrado la crisi, ci sono dei business che crescono. Per esempio Nespresso, Dolcegusto, Baci perugina, Antica gelateria del corso sono aree in espansione», e su quelli prevalentemente si concentreranno gli ingressi attraverso contratto. «Con questo progetto abbiamo proprio cambiato mentalità. Prima pensavamo che per affrontare il momento di difficoltà avremmo dovuto rimpicciolirci, ora pensiamo alla crisi come opportunità, stiamo pensando anche di fare insourcing di alcune attività importanti». Quarto e ultimo asse, il coinvolgimento degli stakeholders: «È importantissimo il ruolo del sindacato; e poi alcuni nostri fornitori hanno già chiesto di collaborare a questa iniziativa».
Il sindacato infatti plaude compatto all'iniziativa ed è impaziente di mettersi al tavolo per stilare un accordo che regoli questa iniziativa. «Non mi stupisce che un progetto del genere venga da Nestlé, con cui le relazioni sindacali sono assolutamente consolidate» è il commento di Stefania Crogi, segretaria nazionale della Flai, ramo della Cgil che segue il settore dell'agroindustria: «L'azienda auspica un accordo quadro, e io penso che sia obbligatorio farlo: noi siamo pronti con la penna in mano per disciplinare questo bisogno di giovani che ha Nestlé». Sulla stessa linea Stefano Mantegazza, segretario generale Uila-Uil: «Il progetto è straordinario innanzitutto per la dimensione europea. Il mio auspicio è che il segnale sia raccolto dal nostro governo e Parlamento, perché anche qui si vuole uno choc nel rapporto tra università e impresa. Per troppo tempo abbiamo vissuto una cesura tra cultura e azienda, invece dobbiamo essere consapevoli che quest'ultima è un luogo dove si costruiscono persone, opportunità professionali, e si costruisce sapere».
Mentre il rappresentante della Fai-Cisl, Fabrizio Scatà, ha posto l'accento sul valore sociale dell'iniziativa: «Plaudo all'iniziativa di Nestlé; è importante quando il privato dà un significato alla sua missione, che non sia solo di profitto ma anche di attenzione sociale. Il progetto si propone di non penalizzare gli attuali occupati, dunque ci sarà una implementazione dell'organico». Aprendo nel finale del suo intervento anche una riflessione sul ruolo del pubblico in questo contesto: «Le politiche attive del lavoro e del collocamento rappresentano un grande problema nel nostro Paese. Anche per questo i soldi pubblici dovrebbero essere dati solo alle aziende etiche, che rispettano i contratti di lavoro e rispettano il territorio e le persone».
L'iniziativa di Nestlé insomma raccoglie molti complimenti. Ma c'è anche chi utilizza l'evento di presentazione per ricordare che un progetto singolo di una singola impresa, anche se con numeri significativi, non basta. «Sono scioccato positivamente da quello che ho visto e dalla filosofia che c'è dietro. Reagire in maniera proattiva e credendo al futuro è un messaggio di speranza» è la considerazione di Stefano Da Empoli dell'I-com, l'Istituto per la competitività, che ha allargato subito la sua analisi alle azioni che il governo dovrebbe mettere in atto: «Nel breve periodo si devono trovare le risorse per tagliare il carico fiscale almeno sui giovani», per fronteggiare quella che è una vera e propria «emergenza sociale». Ma attenzione: «Non si possono immaginare provvedimenti che riguardino solo 10, 20 o anche 100mila persone. Dunque la riduzione del cuneo fiscale è il primo obiettivo, ancor più che rivedere i contratti». Secondo Da Empoli, ricercatore all'università RomaTre, l'intervento dello Stato è improcrastinabile: «Le iniziative private come questa, pur notevolissima, non bastano. Ci vuole un intervento pubblico strutturale, per esempio per avvicinare i giovani alle aziende già durante la scuola superiore, sicuramente all'università» e ripensare la lunghezza degli studi: «In Italia ci si laurea non prima dei 25-26 anni, questo ci pone in ulteriore difficoltà».
Ancor più focalizzato su questi temi l'intervento di Marco Oriolo, vicepresidente dei giovani imprenditori di Confindustria: «La disoccupazione è il non solo dramma del paese, ce ne sono molti altri: la troppa burocrazia, lo spreco di capitale umano. Ma non servono incentivi o bonus alle assunzioni per convincere una impresa ad assumere, questi sono solo palliativi: l'impresa assume se serve forza lavoro al suo business. Dunque la crescita é l'unica via: bisogna trovare il modo di incentivarla. C'è bisogno di una riduzione degli adempimenti burocratici, di flessibilità del lavoro in entrata e in uscita, di una semplificazione delle leggi sul lavoro. E poi ci vuole una riforma fiscale: per una tassazione più giusta non solo per le persone ma anche per le imprese». Oriolo ha ricordato che «su 100 euro che un'impresa guadagna, gliene rimangono 32, contro una media Ocse tra 55 e 65: una situazione che noi consideriamo quasi di confisca. Questo conta nel campo della competitività con le imprese straniere» e ha puntato anche il dito sulla scarsa comunicazione tra le agenzie formative e il tessuto imprenditoriale: «Bisogna lavorare sulla formazione dei giovani e su una maggiore relazione tra scuola e lavoro; sull'orientamento dei ragazzi, non solo per l'università ma anche per la scelta delle scuole superiori. Noi sosteniamo l'apprendistato e lo consideriamo un ottimo strumento, anche se bisogna ancora limare qualche vincolo: ma la transizione scuola lavoro nel nostro paese non funziona bene. Solo 3 giovani su cento affiancano esperienze di lavoro alla scuola: la media europea è al 13%, la virtuosa Germania è già al 22%». Insomma, secondo Oriolo il progetto “Nestlé needs YOUth” è interessante ma il punto focale è «mettere le imprese in grado di offrire naturalmente posti di lavoro, in modo che il processo di contrasto alla disoccupazione giovanile sia strutturale»: dunque «il modo migliore per dare opportunità ai giovani» non sta secondo Confindustria «nel fare iniziative riservate a questo target», e qui il riferimento esplicito è alla Youth Guarantee, bensì nel «sostenere la crescita e lo sviluppo delle imprese e delle start up».
Le considerazioni di Oriolo vengono in parte contestate da Anna Laura Marini, vicedirettore della Direzione generale per l'istruzione e la formazione tecnica superiore del ministero dell'Istruzione, che nel suo intervento cita i tre regolamenti emanati nel 2010 che hanno riformato i licei e le scuole tecniche professionali: «Oggi non possiamo più dire che i programmi sono sbagliati, perché i programmi non ci sono più. Nei regolamenti c'è un soggetto nuovo, il "comitato tecnico scientifico" in cui ci dovrebbe stare anche l'impresa, per avere voce in capitolo su come quella scuola costruisce il proprio piano di studi».
Dopo un intervento di Anna Ascani, 26enne parlamentare del Partito democratico eletta in Umbria - patria della Perugina, uno dei fiori all'occhiello del gruppo Nestlé - che ha ricordato come i giovani deputati rappresentino «non solo delle parti politiche ma anche una generazione all'interno del parlamento» e ha fatto un riferimento alla Youth Guarantee («Noi la chiamiamo l'Europa buona, non solo quella del fiscal compact. L'Europa ci mette a disposizione dell'Italia 1 miliardo e 200 milioni di euro: soldi che non vanno sprecati, bensì usati per incrementare il numero dei ragazzi che utilizzano i servizi pubblici al l'impiego»), a Daniele Fano - braccio destro del ministro Giovannini, assente giustificato per una influenza - è toccato il compito il compito chiudere l'evento. «Una volta il Friuli produceva l'80% delle sedie di tutto il mondo, oggi ne produce una frazione infinitesimale. La crisi in Italia pone una sfida aggiuntiva rispetto agli altri paesi: la sfida di rilanciare un modello che va reinventato» ha esordito il responsabile della segreteria tecnica del ministero del Lavoro: «Il ministro Giovannini, che è stato all'Istat e prima ancora all'Ocse, ama dimostrare che quelle imprese che si dimostrano attente ai temi sociali sono anche quelle che vanno meglio nel business. Mi metto il cappello di sindacalista e a Nestlé dico: aiutateci ancora di più, con i fornitori, con l'indotto». Richiesta prontamente afferrata da Leo Wencel: «Possiamo creare un'onda di collaborazione, questo sarà il frutto vero di questa operazione».
Eleonora Voltolina
Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:
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