L’immagine della «giostra» è piuttosto efficace per descrivere la situazione dei farmacisti neolaureati al momento del loro ingresso nel mercato del lavoro. La usa Vincenzo Devito, presidente del Movimento nazionale liberi farmacisti, organizzazione che raggruppa circa 12mila aderenti, nella lettera inviata qualche giorno fa al ministro del lavoro Enrico Giovannini, al commissario europeo per l’occupazione László Andor e alla Conferenza permanente Stato-Regioni.
In questa lettera viene denunciato l’abuso da parte delle farmacie dei tirocini extracurriculari, solitamente della durata di sei mesi: la giostra, uscendo di metafora, è appunto il meccanismo per cui «allo stagista viene promessa l’assunzione ma, al termine del contratto, si passa allo stagista successivo senza soluzione di continuità». Producendo conseguenze che non favoriscono i nuovi entranti.
Chi viene inquadrato come stagista infatti è penalizzato tanto dal punto di vista del compenso - fino a pochi mesi fa totalmente discrezionale da parte del proprietario della farmacia, ora fissato dalle leggi regionali ad un minimo di 300 euro mensili - quanto dal punto di vista della formazione, dal momento che in molti casi i tirocinanti sono relegati a imballare cartoni, fare pulizie o ordinare il magazzino, ruoli evidentemente incompatibili con l’obiettivo reale di uno stage formativo.
Per di più i neolaureati al termine dell’esperienza nel 90% dei casi si ritrovano senza un lavoro stabile e oltre a loro finiscono per essere danneggiati anche gli altri farmacisti, non tirocinanti, che si vedono rimpiazzati da una manodopera più conveniente in quanto a basso costo e continuamente sostituibile. Morale della favola: gli stage, concepiti per generare opportunità di impiego, si rivelano al contrario fonte di disoccupazione. Paradosso ancor più impressionante se si tiene conto della situazione reale del mondo farmaceutico, «un sistema protetto, che guadagna molti soldi e dove non c’è grande disoccupazione» spiega alla Repubblica degli Stagisti il presidente Devito: «Se non ci fosse lo stage il farmacista sarebbe costretto ad assumere forza lavoro vera e propria, ovvero dipendenti che con il contratto nazionale prenderebbero 1.200-1.300 euro al mese».
Effettivamente il quadro del settore è più roseo rispetto al panorama italiano generale. Innanzitutto perché esso sembra conoscere molto meno di altri il fenomeno del precariato e dell’abuso degli inquadramenti contrattuali da parasubordinati. Inoltre il contratto nazionale pone delle buone condizioni per i dipendenti di una farmacia privata, considerando le alte maggiorazioni per le ore di lavoro prestate nella notte e nei giorni festivi (art. 20) o le mensilità supplementari corrisposte (articoli 66 e 67). Detto ciò lo «stipendio medio rimane di gran lunga il più basso d’Europa» specifica il vicepresidente Fabio Romiti e aggiunge: «Il settore ha sofferto della crisi ma molto meno di tanti altri. Si parla di una diminuzione del 3-4%. Il settore della distribuzione in farmacia ha goduto per anni e anni di continui incrementi del fatturato ma gli stipendi non sono assolutamente aumentati».
A contrastare l’introduzione della formula degli stage nelle farmacie basterebbe, secondo il Movimento, il fatto che il tirocinio formativo esista già, anzi sia addirittura obbligatorio, nel percorso di laurea specialistica e magistrale. Il sito della Federazione ordini farmacisti italiani lo dice nero su bianco spiegando Come si diventa farmacista: «I suddetti corsi di laurea, specialistica e magistrale, comprendono un periodo di sei mesi di tirocinio professionale presso una farmacia aperta al pubblico o in un ospedale. Entrambi i titoli accademici non abilitano però di per sé all’esercizio della professione di farmacista, che è subordinato al superamento dell’esame di Stato».
Per cui gli aspiranti farmacisti svolgono già un tirocinio curriculare e quindi acquisiscono già prima della laurea le competenze necessarie a lavorare a contatto con il pubblico. Mentre i tirocini dopo la laurea sono pleonastici: non è una tappa prevista neppure per l’esame di stato perché «questo può essere sostenuto immediatamente dopo il conseguimento del titolo accademico; la normativa vigente non prevede alcun tirocinio post lauream».
E invece le farmacie sempre più spesso accolgono (dire "assumono" sarebbe scorretto) stagisti extracurriculari, trovando sempre un'ampia platea di giovani interessati. Perché? Un «ulteriore strumento di sfruttamento» è legato alla partecipazione ai concorsi per sedi farmaceutiche: a tal fine «i farmacisti debbono aver esercitato per almeno due anni e pertanto molti colleghi pur di raggiungere tale traguardo si rendono disponibili a prestare la propria attività a titolo completamente gratuito, senza alcuna forma di rimborso a qualsiasi titolo».
L'attuale regolamentazione degli stage pone peraltro secondo il Movimento nazionale liberi farmacisti un problema di cortocircuito tra controllori e controllati - tra i soggetti promotori degli stage extracurriculari e le farmacie ospitanti - capace di danneggiare gli interessi dei tirocinanti. «Con questa possibilità data alle farmacie si è aperto un fronte sconosciuto che noi non conoscevamo e che tutti cercano di utilizzare» spiega Romiti, a tal punto che «i primi danni nel settore già si cominciano a vedere». Un esempio concreto:«Tra i soggetti promotori degli stage non ci sono solo le università o gli enti ma anche i consulenti del lavoro, ad esempio, a cui si rivolgono le farmacie. Come fa il promotore a controllare colui con il quale ha un rapporto di contiguità?».
Secondo i firmatari la soluzione sarebbe quella di vietare gli stage extracurriculari nelle farmacie. Con l'invio della lettera agli organi competenti infatti richiedono un’attenta revisione dell’istituto per «renderlo operativo solo nella fase curriculare, ovvero facente parte unicamente del percorso formativo per ottenere la laurea e quindi l’abilitazione alla professione di farmacista». Una richiesta che però difficilmente potrà essere accolta.
Marta Latini
La foto della farmacia è di Gonmi- licenza creative commons
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