Yatuu è lo pseudonimo di Cyndi Barbero, disegnatrice francese 25enne con in tasca un Bts (brevetto tecnico superiore) in communication visuelle conseguito a Parigi, cinque stage macinati nei due anni successivi alla fine degli studi e un blog di vignette che, da gennaio del 2010 sino ad ora, ha superato il milione di visite. La Barbero ha appena dato alle stampe la versione italiana del suo fumetto, pubblicato in Francia da 12 Bis nel 2011, dal titolo eloquente Io, laureata, motivata…sfruttata…In stage!, di cui la casa editrice Hop mette a disposizione un estratto sul sito. La bande dessinée fa parte della collana La vie en rose, che raccoglie storie in chiave humour espressamente dedicate alla «giovane donna che deve essere performante, seducente, emotivamente autosufficiente». Infatti la cifra originale dell’opera di Yatuu è proprio quella di affrontare un tema delicato e anche doloroso con l’ironia e la leggerezza delle immagini, ispirate alla tradizione manga. Del resto le condizioni dello stagista sembrano essere uguali dappertutto, con tutti i cliché del caso: cinismo, indifferenza, sfruttamento dell’azienda nei confronti del tirocinante, tanto “motivato” quanto malcapitato.
Il fumetto di Cyndi Barbero costituisce un’occasione per focalizzare la situazione degli stage e degli stagisti in Francia. Un tema particolarmente sentito anche in Italia, tanto che Hop sta traducendo insieme all’autrice tutte le “puntate” del blog, dalla sua nascita, e sul sito web italiano sono già disponibili i primi due mesi. Oltre a questo obiettivo, la prossima scadenza per Yatuu è la partecipazione al Festiblog a Parigi, il 28 e il 29 settembre: dopo essere stata a Londra, in Dordogna, in Bretagna, la fumettista tornerà nella capitale per presentare il suo libro illustrato. La Repubblica degli Stagisti l'ha intervistata per saperne di più sulla sua esperienza e sul fumetto che potrebbe diventare il manifesto di un’intera categoria.
Perché pensa che il fumetto sia un genere adatto a descrivere le difficoltà degli stagisti e come mai ha scelto proprio questo soggetto?
Per me utilizzare il disegno è un mezzo molto più diretto ed efficace per parlare di questo problema. Trovo che sia anche molto divertente e penso di raggiungere meglio le persone con questo strumento. Il problema degli stage mi è piombato addosso, era talmente duro psicologicamente e fisicamente che bisognava parlarne. A dir la verità non ho scelto questo soggetto, piuttosto è stato lui a scegliere me. Ho avuto un riscontro molto positivo da parte del pubblico francese: anche se il tema è delicato e difficile, questa è comunque la realtà e al pubblico è piaciuto che venisse raccontata con ironia.
Lei è la protagonista della storia, vittima delle numerose vicissitudini della vita da stagista in un’agenzia di comunicazione. Può dire di aver imparato dai suoi stage qualcosa di importante per la sua professione?
Ho fatto cinque stage, alcuni erano interessanti, altri molto meno. Ho fatto degli stage "buoni" durante i quali ho imparato molte cose, ma in cambio lavoravo moltissimo, anche di notte. E ho fatto stage "non buoni": non facevo che svolgere il lavoro che nessuno voleva fare, il “lavoro da stagista”, ovvero cose poco interessanti che non avevano nulla a che fare con la mia formazione. E qualche volta non avevo niente da fare per più di una settimana, nonostante chiedessi di lavorare. È difficile trovare un equilibrio: la cosa migliore sarebbe avere degli orari normali, essere trattato come un essere umano e imparare qualcosa.
Che relazione c’è tra l’esperienza degli stage e l’idea poi di mettersi in proprio, creare un blog e diventare illustratrice?
In effetti ho avuto la fortuna e l'opportunità di poter lavorare per me stessa, ma non proprio a causa di qualche vicenda traumatica legata ai miei stage. Poco dopo l’ultimo stage, il fumetto è stato pubblicato e da allora ho continuato a fare libri e illustrazioni. Amo sempre il mondo della pubblicità, ma preferisco vivere della mia passione. Alla base del blog c’era la volontà di puntare il dito su questi problemi, anche ridendone, per mostrare alla maggior parte delle persone la condizione degli stagisti. Non faccio politica e non mi sento in grado di offrire delle soluzioni, ci sono delle associazioni in Francia che si occupano di questo problema e lo fanno molto bene, come Génération Précaire.
A proposito di Génération Précaire, sul sito ufficiale del movimento si legge «Un primo consiglio: se siete già diplomati, non cercate né accettate più stage. È un lavoro che volete». Secondo lei c’è un limite d’età per fare stage?
Sono d’accordo con questa dichiarazione, anche se non l’ho rispettata. Non è possibile dire a che età si debba smettere di fare stage perché si possono terminare gli studi a 20 oppure a 25 anni ad esempio, dipende da quando si prende il diploma. E normalmente si presume di non dover fare più degli stage dopo aver ottenuto il diploma, considerato che si ha una qualifica. È per questo che la frase di Génération Précaire è giusta: anche se non avessi avuto l’opportunità di fare il mio fumetto, avrei smesso di fare stage perché, mentre lo disegnavo, avevo terminato il quinto e per me cinque stage sono troppi.
In Francia c'è una legislazione nazionale che regola gli stage in termini di diritti, a cominciare dal compenso minimo: ogni tirocinio a tempo pieno, superiore a due mesi, deve essere remunerato con una paga mensile di 436 euro. Il sistema funziona?
In Francia, come in Italia, ci sono molti stage e pochissime assunzioni. Molti considerano lo stagista come manodopera facile da reperire e a buon prezzo, per questo se ne approfittano. Spesso il datore di lavoro richiede che tu abbia già diverse esperienze e per un giovane alla fine del percorso di studi è molto difficile trovare un primo impiego. Credo che ci siano troppi stagisti e troppi abusi.
Qualche esempio?
L’emploi déguisé, l’impiego mascherato. Si assume uno stagista per fargli fare le stesse mansioni di un lavoratore salariato: stessa mole di lavoro, stessi orari, stesse responsabilità, pur essendo pagato appunto quei 430 euro minimi, davvero poco rispetto al lavoro fornito. I principali “reclutano” stagisti con il fine di evitare di spendere troppo denaro per una persona assunta con un CDI, ovvero con un contratto a tempo indeterminato.
Lo stage è un elemento centrale della formazione in Francia. Ma l'università prepara davvero all'inserimento nel mondo del lavoro?
All'università gli studenti devono fare degli stage o seguono una formazione "alternata" per convalidare gli studi. L'alternanza si svolge così: una settimana di corsi e una di lavoro. Gli studenti, prima del loro diploma, hanno già un quadro di quello che è il mondo del lavoro e un po' di esperienza. Penso che l’età media del primo vero impiego si collochi indicativamente tra i 26 e i 30 anni.
Dedicherà altri lavori a questo argomento?
Per ora è l'unico fumetto che ho fatto sullo stage, seguito da altri sugli “alloggi precari". Non so se farò ancora un fumetto sugli stage, al momento non è tra i progetti che sto seguendo.
Per il titolo avete scelto l’aggettivo “motivata”. Lei che significato dà a questa parola?
Per me "motivato" significa essere determinati a raggiungere i propri obiettivi. Naturalmente ciò che ci stimola è ciò che ci piace e che vorremmo davvero ottenere. Oggi anche con la giusta motivazione è difficile trovare un lavoro. Dunque, in ogni caso e forse a maggior ragione, credo valga comunque la pena esserlo!
Marta Latini
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