Ancora pochi giorni, fino al 14 aprile, e poi chiuderanno le selezioni per la nuova tornata di stage alla Nato. Ottocento euro di rimborso e sei mesi di esperienza nell'alleanza atlantica. Jessica Volterrani, ingegnere aerospaziale 31enne, ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti il suo semestre da stagista a Bruxelles.
Sono nata a Cecina, una cittadina in provincia di Livorno, nel 1982. Cresciuta con il sogno di fare l’astronauta, ho frequentato il liceo linguistico a Cecina per migliorarmi nelle lingue straniere - parte della famiglia è di Losanna, in Svizzera - ma successivamente ho cambiato strada seguendo le mie passioni. Così mi sono iscritta alla facoltà di Ingegneria aerospaziale di Pisa, laureandomi ad aprile del 2011. Durante le superiori ho fatto la commessa in un supermercato di un campeggio, la barista e ho anche dato ripetizioni per riuscire ad avere indipendenza economica, per me importante. Durante il percorso universitario, ho lavorato in un’associazione di studenti di Ingegneria aerospaziale europea (Euroavia), grazie a cui ho girato l’Europa e conosciuto più a fondo il settore aerospaziale.
Ho anche partecipato, a ventun anni, al 54th International Astronautical Federation IAF Congress, un congresso organizzato a Brema dall'agenzia spaziale europea, l’Esa, per permettere a 300 studenti europei di interfacciarsi con i professionisti del settore. In questo percorso i miei genitori hanno avuto un ruolo fondamentale perché mi hanno sempre incoraggiata a seguire i sogni senza impormi la loro visione della vita.
L’ingresso nel mondo del lavoro è avvenuto a maggio 2011, con uno stage alla Trelleborg Sealing Solutions di Livorno trovato sul sito dell'università di Ingegneria di Pisa. Rimborso iniziale di 600 euro netti più buoni pasto, ma zero possibilità di assunzione. Fortunatamente la mia tenacia e determinazione convinsero l’azienda a convertire il tirocinio in un contratto a progetto annuale, per il quale percepivo un compenso 900 euro mensili.
Nel frattempo quasi per gioco decisi di mandare la candidatura per il Nato Internship Programme per il 2013. Il bando mi saltò all’occhio sul sito Circuito Lavoro, e il caso volle che fosse proprio l’ultimo giorno disponibile. Ogni tanto controllavo lo stato della mia candidatura, e con sorpresa vedevo che riuscivo a superare i vari step delle selezioni. A fine 2012 fui contattata dalla delegazione italiana alla Nato: ero riuscita ad entrare!
Sempre per uno strano gioco del destino, a gennaio la Trelleborg mi propose un contratto a tempo determinato con un salario ragionevole (1300 euro). Mi trovai a dover fare una scelta, e decisi di andare a Bruxelles, perché un treno come questo passa una volta sola. L’esperienza è stata bellissima. Ho conosciuto una realtà internazionale facendo pratica nello staff internazionale - ero nell'Aerospace and armament capabilities directorate, nella sezione Aerospace management - fornendo guide sulle politiche e regolamenti vigenti negli spazi aerei. Uno dei compiti è stato la revisione e l’aggiornamento di un documento tecnico in ambito comunicazione, navigazione e sorveglianza, che rimarrà in vigore per i prossimi tre anni: è stato approvato ed è consultabile adesso all’interno degli organi Nato. Il compenso di 800 euro mensili è un po’ modesto per il tenore di vita del Belgio, ma molto più alto della media italiana. Il rapporto con il tutor e tutta la divisione è stato ottimo, e nonostante l’ambiente fosse formale, ho stretto forti legami tanto che recentemente il mio tutor è venuto a trovarmi in Toscana con sua moglie.
Dopo lo stage però ho preferito concludere quell’esperienza lontana dall'Italia. Il Belgio è un paese meraviglioso e accogliente ma non può sostituire la famiglia e il fidanzato, con cui sono andata a convivere. La Nato offre comunque la possibilità di candidarsi per una posizione interna dopo lo stage. Non è facile ma comunque il curriculum resta a disposizione nel database. Sicuramente una persona decisa e motivata avrà molte più chance rispetto a chi come me ha deciso di tornare.
Ora sto lavorando con un contratto a progetto di tre mesi per la formazione in una società di ingegneria che si occupa di Oil & Gas, settore per me nuovo ma molto interessante e se il feedback sarà positivo l'azienda mi assumerà a tempo indeterminato.
L’esperienza in Nato ha accresciuto il mio desiderio di confrontarmi con realtà importanti ed internazionali, magari però con un posto di lavoro in Italia, in modo da stare vicino alle persone che amo. Gli stage nostrani sono uno strumento del quale si abusa, sottopagando e risparmiando sul costo del lavoro. Mi sento di dire che la situazione italiana dipende anche dalla mancanza di coraggio di molte aziende, che non se la sentono di lasciare il vecchio per il nuovo. I giovani - quelli bravi! - spesso non vengono ascoltati: solo i datori di lavoro più intelligenti capiscono che l’ambizione e la passione di quei ragazzi potrebbe far lievitare i fatturati più di qualsiasi altro nuovo prodotto o servizio. D’altro canto è anche vero che non tutti hanno le ambizioni e lo spirito di sacrificio dei nostri nonni, che si alzavano all’alba per andare al lavoro e che hanno permesso alla nostra generazione di dormire sonni - relativamente - tranquilli.
In Italia i miei amici sono precari o disoccupati, o addirittura così sottopagati che per loro risulta difficile fare progetti. Altri che hanno studiato con me sono all'estero e pochi stanno facendo quello che realmente volevano. Lo stage come il sistema del contratto a progetto - che spesso è uno stage prolungato - sono vissuti con ansia perché non danno sicurezze. Molti hanno paura di dire quello che pensano per paura di essere mandati via, e spesso i loro diritti vengono calpestati.
Personalmente cerco invece di essere coerente con me stessa, di mettere il cuore in quello che faccio, senza mai perdere la dignità per un lavoro, e anche se è dura trovare speranza in un momento in cui è difficile affermarsi, mi sforzo di cogliere in questa crisi l’occasione per sfidarmi ancora.
Testo raccolto da Ilaria Mariotti
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