Ingegneria sì, ma quale? Su gli indirizzi elettronico, gestionale e biomedico, giù civile e ambientale

Ilaria Costantini

Ilaria Costantini

Scritto il 24 Feb 2014 in Approfondimenti

Una laurea inossidabile: capace di resistere ai venti della crisi e alla delocalizzazione della produzione. Nonostante la flessione occupazionale registrata per la prima volta nel corso del 2012, i diplomati che decidono di intraprendere un percorso di studi in ingegneria, possono ancora contare su un tasso di assorbimento da parte del mercato pressoché totale. A distanza di soli 5 anni dalla laurea di secondo livello, risultano infatti occupati ben 93 ingegneri su 100. Non solo: secondo i dati dell'ultimo rapporto di AlmaLaurea, trascorsi 5 anni dal termine degli studi, i laureati di questo gruppo disciplinare lavorano per lo più con un contratto a tempo indeterminato (nel 76% dei casi) e con la busta paga più sostanziosa nel panorama delle lauree italiane: pari a poco meno di 1.750 euro netti mensili. 
Presa la grande decisione, dinanzi all'aspirante ingegnere si pongono tuttavia scelte altrettanto significative: a partire dall'indirizzo di studi e quindi l'ateneo a cui iscriversi, fino alla durata del percorso di laurea. 
Per aiutare le future matricole ad orientarsi, la Repubblica degli Stagisti ha chiesto aiuto anche a due presidi di facoltà: Paolo Riva dell'università di Bergamo e Alessandra Carucci dell'ateneo di Cagliari. Una scelta non casuale, dato che il polo bergamasco si è posizionato come primo nella classifica delle facoltà di ingegneria italiane selezionate dalla guida Censis-Repubblica per il 2013, e Cagliari (al 12° posto) è la prima facoltà a classificarsi al di fuori del Centro-Nord. 
Cerchiamo allora di capire anzitutto quali indirizzi di studio offrono le migliori garanzie in termini occupazionali. 
Stando ai dati riportati dal rapporto "Occupazione e remunerazione degli ingegneri in Italia", elaborati dal centro studi del consiglio nazionale di categoria nel 2013, gli indirizzi che in termini assoluti riscuotono maggiore successo da parte delle imprese sono quello elettronico e dell'informazione e l'indirizzo industriale. All'interno di questi gruppi, i profili più ricercati sono in particolare il progettista meccanico, lo sviluppatore di software e il programmatore informatico, che da soli hanno assorbito poco meno di un quarto delle richieste di ingegneri espresse dalle imprese nel corso del 2012.
«Uno dei principali vantaggi di questa facoltà è che al momento - e quindi immaginiamo anche in un prossimo futuro -  c'è un'enorme richiesta di ingegneri in giro per il mondo e in Italia in particolare» assicura Riva. «Anche tenendo conto dell'attuale tendenza alla rilocalizzazione della produzione, è abbastanza improbabile che un'azienda sposti la propria testa pensante, ovvero i settori del management e della progettazione e controllo».
«Sebbene dal punto di vista occupazionale la situazione della Sardegna sia abbastanza critica, i nostri laureati hanno buone possibilità di impiego anche sul territorio» conferma Carucci. 
Ferma restando la grande spendibilità di questo titolo di studio, per la prima volta dall'inizio della crisi economica, la categoria registra qualche segnale negativo: sempre in riferimento all'anno 2012, il centro studi del consiglio nazionale stima infatti un surplus di circa 16mila ingegneri in più rispetto alla richiesta delle imprese - la metà dei quali concentrati nelle regioni del Sud - che portano il tasso di disoccupazione della categoria al 4,4%. Ma anche in questo caso a pesare è soprattutto il percorso di studi intrapreso: com'era prevedibile, la crisi nel settore delle costruzioni ha penalizzato anzitutto gli ingegneri ad indirizzo civile ed ambientale, che in un solo anno perdono circa il 60% delle assunzioni. Al contrario, i profili meno coinvolti dalla contrazione occupazionale risultano quelli dell'ingegnere gestionale, biomedico e dell'automazione, richiesti specialmente dalle imprese del Mezzogiorno. 
Il fattore geografico è in effetti un aspetto da non sottovalutare sin dal momento della scelta dell'ateneo al quale iscriversi. Tradizionalmente le regioni italiane che assorbono il maggior numero di ingegneri sono il Lazio, dove nel 2012 sono stati assunti in 2.400 e soprattutto la Lombardia, regione leader in questo campo, con quasi 4.200 nuovi contratti. «Il successo della facoltà di Bergamo si deve anche e soprattutto al fatto che è inserita in una delle province più intensamente produttive d'Italia e d'Europa, che riesce ad assorbire tutte le tipologie di ingegneri: dai meccanici ai gestionali, ma anche gli informatici e gli edili. Diciamo che le imprese del territorio sono i nostri principali datori di lavoro», scherza Riva.
Il mondo dell'impresa non è tuttavia il solo sbocco lavorativo per un laureato in ingegneria: «Esistono diverse possibilità di impiego anche nel settore pubblico. Un laureato proveniente da un corso di ingegneria dell'ambiente e del territorio può essere ad esempio una figura ambita per le regioni, sia per quanto riguarda le attività legate alla depurazione delle acque o alla gestione dei rifiuti, ma anche in relazione a problemi più specifici come quello della bonifica dei siti contaminati», spiega Carucci. «Senza dimenticare che per un ingegnere resta sempre aperta la strada della libera professione», un'opzione che secondo l'ultimo rapporto di Almalaurea interessa oggi circa l'8,5% degli ingegneri magistrali.
Una volta scelto ed intrapreso l'indirizzo di studio, un'altra decisione importante per il futuro ingegnere riguarda senza dubbio la possibilità di continuare o meno nel percorso specialistico. Significativo è allora capire quali possibilità di impiego di aprono per chi decide di fermarsi dopo il triennio. «Anche nel caso dell'ingegnere junior direi che l'assorbimento da parte del mercato è pressoché totale, seppure in ruoli più strettamente operativi. Tanto nell'ambito dell'edilizia, ma anche nel settore della meccanica e dell'ingegneria gestionale, per lo più all'interno dell'area della produzione. Per quanto riguarda l'informatica i principali impieghi sono invece all'interno dei processi di controllo e dello sviluppo software. La differenza rispetto all'ingegnere magistrale riguarda semmai le prospettive di carriera e di crescita professionale», riflette Riva. Sta di fatto che i laureati di questo gruppo disciplinare - sempre secondo gli ultimi dati di Almalaurea - presentano un tasso di iscrizione alla specialistica pari a ben l'82% del totale, secondi solo agli studenti di psicologia. 
E veniamo ad un'ultima questione per niente secondaria nel momento in cui si decide di approcciare una facoltà - inutile nasconderselo - decisamente impegnativa, come dimostra anche l'età media - di 26,7 anni - rilevata da Almalurea al termine dei corsi specialistici e magistrali. Che basi occorrono dunque per affrontare più o meno brillantemente un corso di ingegneria? «Sicuramente la matematica e le scienze» rileva Carucci. «Purtroppo in questi ultimi anni stiamo vivendo un problema legato alle grosse carenze che gli studenti che arrivano dalla scuola superiore presentano in queste materie». Dedicarsi dunque con il massimo impegno alle materie scientifiche è un consiglio da tenere bene a mente, considerato anche il forte impatto che si rischia di avere iniziando a frequentare il primo anno di corso, dove si concentrano quelle materie di base comuni a tutti gli indirizzi - analisi matematica, fisica e geometria - dinanzi alle quali molte matricole rischiano di scoraggiarsi. Una recente indagine ha rivelato che per questo gruppo disciplinare gli abbandoni riguardano infatti circa il 18% degli studenti, concentrati per lo più tra il primo e il secondo anno di corso. Ma conviene stringere i denti, soprattutto pensando al futuro: «Per qualsiasi profilo di ingegnere è necessaria una solida preparazione di base, che è una premessa indispensabile per poter garantire una progressione delle conoscenze lungo tutti i quarant'anni di carriera», assicura Riva. «Una preparazione prettamente tecnologica e finalizzata alle tecnologie attuali, rischia di preparare il laureato ad affrontare sì le sfide di oggi, ma non necessariamente quelle di domani».


Ilaria Costantini


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