Stage alla Nato con 800 euro di rimborso: ecco come candidarsi ai 40 posti disponibili

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 28 Mar 2014 in Notizie

«La Nato ha bisogno delle tue competenze» è l'annuncio che campeggia sulla pagina dedicata ai tirocini dell'organizzazione politico-militare che riunisce 28 nazioni ai due lati dell'Atlantico. Si è aperta da poco la dodicesima edizione del programma, e per candidarsi ci sarà tempo fino al 14 aprile. La candidatura si concretizzerà però solo l'anno successivo: per chi fa domanda oggi, la partenza per Bruxelles - sede dell'alleanza - è fissata infatti per il 2015. Due le possibili date di inizio: marzo oppure settembre.
La durata dello stage è «teoricamente»
come scritto sul sito – semestrale, dando adito quindi alla possibilità di un'estensione. Il rimborso spese è di 800 euro mensili lordi. La tassazione dipende dal paese di origine del tirocinante, mentre per l'assicurazione sanitaria bisogna provvedere da soli. Anche il viaggio di andata e ritorno per la sede di destinazione è rimborsato, fino a un massimo di 1200 euro. Rispetto al costo medio della vita della capitale d'Europa, il margine per sbarcare il lunario è limitato: se si considera l'affitto medio di una stanza pari a 400 euro (come specifica la brochure illustrativa del programma), più spese per cibo (200 euro), bollette (sui 100 euro) e trasporto, secondo il calcolo degli organizzatori si arriva appena a fine mese. Ma per un'esperienza prestigiosa, fatta per di più in giovanissima età, il gioco può valere la candela. E a dimostrazione che la policy non sia quella del reclutamento massivo di interns, il fatto che ci sono pochi posti disponibili e quindi un'alta competizione: sono solo 40 per ogni edizione, suddivisi sulle due tranche annuali. Il numero può sforare, però «senza mai eccedere il 10% dell'organico A-Grade» chiarisce la guida.
Ma quali sono i requisiti per accedere alla selezione? Un'età superiore ai 21 anni (quindi non è necessaria la laurea, ma è sufficiente essere iscritti al terzo anno di un corso accademico), essere cittadini di uno stato membro della Nato e possedere una conoscenza fluente di almeno il francese o l'inglese. Se si è laureati invece, il termine per partecipare è dopo massimo dodici mesi dal conseguimento del titolo. Non è richiesto un indirizzo particolare di studi, e sono ammesse invece candidature dai settori più svariati: scienze politiche, economia, risorse umane, ingegneria, lettere o giornalismo che sia non fa differenza. L'importante è saper realizzare «indagini e analisi indipendenti», si legge sul sito. Anche perché le mansioni non sono catalogabili in un unico tipo, dipendendo sostanzialmente dalle esigenze del momento e dai dipartimenti scelti al momento della domanda (di questi è disponibile un'ampia panoramica realizzata proprio a misura di stagista). I tipici compiti del tirocinante saranno quindi, come scritto nelle faq, «l'assistenza nella preparazione di documenti ufficiali, la presenza e il riassunto di meeting, ricerche e analisi, supporto nell'organizzazione amministrativa».
L'application form va presentata online, corredata di curriculum e lettera motivazionale di 500 parole. A tutti i finalisti che entreranno nella shortlist (in cui convergono tutte le domande eccetto quelle scartate per mancanza di requisiti di ammissione) viene notificato l'esito della selezione entro settembre 2014. Il mese successivo saranno informati invece riguardo la graduatoria definitiva. Ai selezionati è richiesto anche un documento peculiare, il cosiddetto security clearance, una sorta di autorizzazione emanata dalle autorità per la sicurezza nazionali e sottoscritta dalla Nato.
Il merito è il criterio alla base della scrematura dei curriculum, come evidenziato nel resoconto del 2013 che Terje Hagen, responsabile del programma di tirocini, ha inviato agli addetti alle risorse umane delle delegazioni nazionali e che la Repubblica degli Stagisti ha potuto visionare. Nel documento viene anche sottolineato che «il livello e la qualità delle candidature è in forte crescita». Ma anche il «gender balance» è fondamentale, per cui si cerca sempre di distribuire i posti di stage tra i candidati a seconda delle nazionalità.
Gli italiani si confermano in testa alla corsa per una posizione anche alla Nato: «Su 4500 candidature e circa 70 ammessi, nella scorsa edizione 1778 erano di italiani», spiega alla Repubblica degli Stagisti Yesim Yenersoy, assistente al programma di internship, «il 39% del totale». L'anno prima erano stati il 36%. La differenza con gli altri Paesi è abissale: più vicini a noi solo i rumeni, i francesi e gli statunitensi, «ma con percentuali che vanno dal 7 al 4%», aggiunge Yenersoy. I greci e gli spagnoli, teoricamente ancor più disoccupati dei nostri giovani nelle statistiche, sono al 3 e 2% rispettivamente. Un primato che sottolinea lo slancio dei ragazzi italiani verso le esperienze all'estero, ma da cui si deduce anche – visto che gli italiani spiccano nelle graduatorie di ogni programma internazionale di stage – l'insofferenza verso un sistema di inclusione al lavoro che scoraggia ancora prima di entrarci.
La buona notizia è che lo stage alla Nato non è solo un'opportunità di formarsi in un contesto internazionale di grido, perché non è escluso che si possa entrare a far parte dello staff dopo il tirocinio «nella misura in cui le condizioni e il ruolo affidato allo stagista siano stati pienamente rispettati». Concluso il traineeship non si diventa insomma solo «ambasciatori della Nato nel mondo», come Hagen riferisce ai suoi omologhi nella lettera ufficiale. Ma si potrebbe aprire uno spiraglio per un'assunzione.

Ilaria Mariotti


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