Occupazione femminile, Alessia Mosca: «Buoni spunti nella riforma, ma si può fare di più»

Lorenza Margherita

Lorenza Margherita

Scritto il 23 Mag 2012 in Interviste

In Italia la percentuale di donne attive  secondo Eurostat è il 46,1% della popolazione in età lavorativa: un dato in costante calo a causa della crisi. Siamo agli ultimi posti nelle classifiche europee che riguardano donne e lavoro: quasi il 48% della popolazione femminile è inattiva. Si tratta di donne uscite dal mercato del lavoro per inconciliabilità con la vita familiare e – soprattutto tra le più giovani - delle cosiddette neet, che un lavoro non l’hanno ancora mai cercato, o hanno smesso di farlo. In attesa della conclusione dell’iter normativo cui è sottoposto il ddl Fornero, la Repubblica degli Stagisti ha chiesto ad Alessia Mosca, 37enne monzese deputata del Partito Democratico e segretario della commissione Lavoro della Camera, esperta di pari opportunità e politiche di genere, quali iniziative siano nell’agenda politica per rilanciare lo sviluppo del paese attraverso un rilancio del lavoro femminile.

Onorevole Mosca, secondo l'Istat in Italia ci sono poco più di 900mila donne disoccupate. Il dato è attendibile?
Le analisi dell’Istat hanno un valore indiscutibile, ma lasciano fuori da ogni previsione statistica le donne che un lavoro non lo cercano più. I dati si basano sulla rilevazione del numero di disoccupati iscritti ai centri per l'impiego: tuttavia incrociando i risultati di diverse elaborazioni è possibile verificare un trend in decrescita del coinvolgimento delle donne, rispetto agli anni passati in cui si era registrato un leggero miglioramento.
stage lavoroIl «decreto salva Italia» prevedeva degli sgravi fiscali consistenti in una maggiore deduzione Irap per l'assunzione a tempo indeterminato di giovani under 35 e donne. Lo sconto Irap é una misura efficace? Sono già disponibili dati che ne misurino la validità?
Non ci sono ancora dati né sull'utilizzo di questa misura né sulla valutazione del suo impatto. Penso però che sia stato molto importante come segnale che in quel decreto, che fu giudicato da tutti "lacrime e sangue" perché conteneva  tagli e austerità, le uniche misure d
i crescita fossero riservate alle donne e ai giovani. In ogni caso lo sconto sull'Irap non può essere sufficiente: è necessario che anche la riforma del lavoro consideri la drammaticità del dato riguardante la disoccupazione delle giovani donne in un approccio più ampio che tenga conto delle loro esigenze reali.
E in un approccio più ampio sembra spingersi la proposta che il  disegno di legge Fornero  prevede all’articolo 53 comma 4: forti sgravi contributivi – fino a quasi il 50% - per i datori di lavoro che a partire dal 1° gennaio 2013 decideranno di assumere donne disoccupate da almeno sei mesi. Cosa pensa di questo incentivo?
Lo ritengo molto importante perché è rivolto alla categoria di lavoratori più penalizzati dall’attuale stato di crisi. Tuttavia, se devo fare un appunto a questa riforma, avrei sperato che si approfondissero - e mi auguro se ne tenga conto negli emendamenti che saranno proposti - nuove formule di incentivo all’utilizzo del part-time e nuove strategie di organizzazione aziendale come il lavoro per obbiettivi: tutte iniziative a costo zero dirette verso quella flessibilità richiesta dalle donne lavoratrici, spesso impegnate a far fronte agli oneri di cura della famiglia, che in Italia gravano principalmente su di loro. Ogni iniziativa che sia in grado di far superare la disparità uomo-donna non può che essere giudicata e accolta positivamente.
Per consentire alle aziende la fruizione di queste riduzioni contributive è necessario che la neo-assunta sia regolarmente iscritta presso un centro per l’impiego che ne abbia certificato lo stato di disoccupazione. Dall’articolo 53 sarebbero escluse, ancora una volta, le tante donne non iscritte al cpi o che hanno smesso di cercare un lavoro. Crede che questi vincoli siano utili?
Tali vincoli sono necessari per evitare comportamenti distorsivi e irregolari: gli abusi insomma. C’è bisogno di porre alcune regole per una chiara individuazione della platea cui questi incentivi vogliono essere indirizzati. È evidente che quando si fanno misure di questo genere bisogna valutare le norme nella loro applicazione pratica, monitorarle per capire che impatto e quali effetti hanno avuto anche solo dopo sei mesi, un anno dalla loro attuazione. In Italia purtroppo si fanno le leggi e poi non si segue quale risvolto pratico abbiano sulla vita dei cittadini: e così spesso non ci si accorge che molte norme non produco gli effetti per i quali erano nate.
Insomma, se il ddl non richiedesse l'iscrizione da almeno sei mesi al centro per l'impiego, potrebbero svilupparsi comportamenti irregolari nell’accesso all’incentivo?

Non dò per scontato che i comportamenti irregolari sarebbero più numerosi di quelli regolari. Però credo che questi vincoli serviranno a individuare una platea di  destinatarie su cui lavorare.
Allora, se è corretto che a beneficiare di questa agevolazione siano esclusivamente le donne disoccupate, per le inoccupate e le neet quali misure potrebbero essere attuate?
Le donne inattive di solito lasciano il lavoro perché non hanno le condizioni per poterlo mantenere, soprattutto quando hanno bisogno di organizzare il loro tempo in modo più flessibile e favorevole agli impegni familiari. Per evitare che queste ex lavoratrici restino per sempre inattive è importante ristrutturare il mercato del lavoro: queste donne reclamano qualcosa di diverso dal fatto di essere «convenienti» per il datore di lavoro, chiedono di avere delle condizioni per poter lavorare secondo le loro esigenze. Così si recupererebbero molte delle attuali donne inattive, senza dover inventare modalità di iscrizione speciali ai cpi. Un’altra strada percorribile per far entrare nel mondo del lavoro le neet è consentire loro di inventarsi nuove professioni: la legge 215/1992 che regolava le azioni positive per favorire l’imprenditoria femminile risultò molto valida e i dati che emersero risultarono molto incoraggianti.
Tornando al ddl Fornero, in particolare all’articolo sul fenomeno delle dimissioni in bianco. Sul portale InGenere la sindacalista ed ex parlamentare Titti Di Salvo ha sottolineato che nella riforma del lavoro si corregge l'eventuale abuso della firma in bianco, ma non lo si previene come invece faceva la legge 188/2007 che vincolava le dimissioni volontarie alla compilazione di un modulo legato a un codice alfanumerico progressivo non retrodatabile. Che ne pensa?

Penso che su questo argomento si debba lavorare: ci sono alcuni punti della riforma Fornero che necessitano di revisioni. La procedura descritta nell’articolo 55 deve essere più facile, meno burocratica; le lavoratrici sono la parte più debole in questi casi e i loro diritti vanno tutelati in modo chiaro e inequivocabile.
Crede sia riproponibile il modulo d'identificazione non retrodatabile? State lavorando a qualcosa di simile?
C’è bisogno di tutelare maggiormente le donne ed è necessario che le garanzie siano chiare. In Parlamento abbiamo lavorato ad una formula via internet, molto semplice, che non lascia spazio ad alcun dubbio interpretativo: l'utilizzo delle nuove tecnologie consente di rendere una pratica amministrativa più facile e immediata. Se si vuole andare verso una deburocratizzazione non si capisce perché, nella revisione della riforma del lavoro, non possano essere contemplati anche ammodernamenti tecnologici di comunicazione con la pubblica amministrazione.
Ancora sulle dimissioni in bianco, Di Salvo denuncia che in caso di abuso, nell’ultima formulazione del ddl, la sanzione si è trasformata in una semplice multa. Secondo lei questo è un deterrente sufficiente contro tali pratiche?
No, credo si debba essere più rigidi: é importante che ci sia una sanzione chiara e pesante. Anche sull’introduzione obbligatoria di quote rosa nei cda e nelle società a controllo pubblico - la legge su cui ho lavorato di più -  ci siamo molto battuti sulla questione della sanzione perché abbiamo riscontrato che in alcuni casi sembra preferibile, da parte dei datori di lavoro, pagare una multa invece che sostenere gli oneri derivanti da un’assunzione. Se si vuole veramente colpire questo fenomeno, talmente meschino, è necessario che siano le sanzioni a disincentivare tali comportamenti.
La bozza di riforma tocca anche la tutela della maternità, prevedendo due misure innovative: l’introduzione del congedo di paternità obbligatoria e i voucher per il pagamento della baby-sitter. Per quanto riguarda il primo punto, lei aveva presentato già nel 2009 una proposta di legge in cui proponeva quattro giorni obbligatori di congedo per i papà, pagati al 100% della retribuzione e altri quindici giorni facoltativi remunerati al 80%. Nel ddl sono previsti solo tre giorni, dei quali due in sostituzione della madre e uno in aggiunta. Basterà?

Sì. Anche se sembra poco, sono comunque molto d’accordo con quanto previsto dal disegno di legge Fornero poiché è importante introdurre una misura simbolica di obbligatorietà per il congedo paterno: è un primo passo per modificare un’attitudine culturale sfavorevole alle donne. Guardiamo al Portogallo: lì è stata introdotta una misura del genere già nel 2002. E da allora ad oggi i padri che hanno usufruito del congedo facoltativo, a seguito di quello obbligatorio di pochi giorni, sono passati da una percentuale del 2% al 22%. Sono quindi favorevole e sostengo in pieno anche sono solo due giorni di congedo. Dopo di che è chiaro che bisogna lavorare anche per fare in modo che i padri siano sempre più coinvolti e che quindi l'onere della nascita di un figlio non ricada sempre solo sulla madre.
Cosa proporrà il Pd in
Parlamento per migliorare il testo del disegno di legge Fornero?
Ci concentreremo molto sullo studio di nuove opportunità di organizzazione del lavoro che realizzino una flessibilità, in termini di orari, in grado di andare in contro alle esigenze espresse dalle donne lavoratrici. E vigileremo affinché le nuove disposizioni normative siano supportate da adeguati budget. 

Eleonora Voltolina
con la collaborazione di Lorenza Margherita

[la foto di Alessia Mosca è di @Luca Pradella]

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