Prosegue il viaggio virtuale in giro per l'Europa allo scoperta della tante facce dello stage. Guidata dal report pubblicato il mese scorso dalla Commissione Ue, questa volta la Repubblica degli Stagisti va in Francia e Belgio.
La Francia, è stato detto più volte su questo sito, ha ispirato molte leggi e disegni di legge - in Italia, il ddl Damiano e la normativa regionale da poco adottata dalla Toscana. Merito soprattutto di una base normativa solida e chiara, uniformata nel testo unico Code de l'éducation, di controlli e del riconoscimento di sempre maggiori diritti. Soprattutto a partire dal 2006, anno di approvazione della Carta degli stage di formazione nelle imprese, che tra le altre cose ha sancito la netta distinzione tra stagista e lavoratore e istituito l'obbligo di convenzione (anche se il tirocinio è all'estero).
L'ultimo traguardo in ordine di tempo è rappresentato dalla legge Cherpion, dell'estate 2011, che ha fissato un altro paletto importante: l'obbligo di versare almeno 430 euro di rimborso - un terzo dello Smic, il salario minimo garantito - per tutti i tirocini superiori a due mesi.
Oltralpe i tirocini possono essere divisi in due macroaree: i percorsi di orientamento e inserimento lavorativo e quelli che si potrebbe definire di inclusione o reinserimento, legati alle Politiche attive per il lavoro, ma sempre riservati ai giovani. Nel primo gruppo rientrano gli stage svolti durante la formazione secondaria e terziaria, obbligatori e non, e le misure di formation en alternance, come il praticantato. Qui insieme alle tutele, cresce anche la retribuzione, che nel caso del Contract de professionnalisation oscilla tra l'85 e il 100% del salario minimo garantito. Anche l'apprendistato, che in Francia come in Italia costituisce un vero e proprio contratto di lavoro (il Piano d'urgenza per l'impiego giovanile del 2009 ha puntato ad aumentare di 500mila unità in un anno), nel report viene inserito in questa prima categoria. Nel secondo gruppo di stage invece rientrano i tanti programmi per le categorie svantaggiate. Ad esempio il Deuxième Chance, per i giovani tra i 16 e 25 anni che non hanno un diploma (circa 10mila nel 2010); o il Contract d'Autonomie, che garantisce 300 euro mensili, e «supporto personale», ai giovani svantaggiati che mirano ad una qualifica o addirittura ad avviare un'impresa (circa 36mila gli inquadramenti di questo tipo, con un tasso di assunzione del 65%).
A garantire il buon funzionamento dello stage in Francia c'è però anche un sistema di controllo articolato. Oltre alle istituzioni formative e agli Ispettorati, nazionali e regionali, ci sono almeno altre due importanti organismi che si incaricano di valutare la qualità degli stage: l'Haut conseil de l'education, che pubblica annualmente i risultati del monitoraggio, e l'agenzia indipendente Aeres, che però segue solo gli stagisti con una formazione superiore - un po' come la nostra Almalaurea. Alcuni percorsi hanno acquisito anche la certificazione ISO. Ad uno sguardo più ampio comunque, a fronte di un approccio allo stage mediamente più virtuoso del resto d'Europa, oltralpe la condizione giovanile rimane comunque problematica, con un tasso di disoccupazione al 23% e il dilagare di contratti precari una volta finito il seppur virtuoso stage.
Francia e Belgio sono Paesi di cultura affina ma, strano a dirsi, in fatto di stage e lavoro la patria dell'Unione europea sembra essere molto più simile all'Italia. Intanto la disoccupazione giovanile, seppure con forti disomogeneità territoriali, raggiunge il 22%, tre volte quella del resto della popolazione e molto al di sopra della media europea. Già prima della crisi l'Ocse aveva evidenziato la necessità di azioni rapide, ma ancora nel 2010 l'Eurostat calcolava che un terzo dei giovani disoccupati erano di lungo termine - e che gli under 30 rappresentavano il 65% di tutti i lavoratori precari. Dati che secondo l'autrice si spiegano in gran parte con l'alto costo del lavoro e la mancanza di flessibilità.
Le transizioni scuola-lavoro poi sono tutt'altro che agevoli e i datori di lavoro lamentano fortemente la mancanza di orientamento al lavoro durante gli anni di formazione. Uno schiacciante 80% di loro pensa che i giovani in uscita dalle scuole - a prescindere dal livello - sia impreparato al mondo del lavoro, ma anche che lo stage rappresenti uno strumento prezioso per assumere. In pochi però lo usano, stando all'indagine Youth on the Move della Commissione europea citata dall'autrice (nessuna menzione invece per lo Youth Forum, che proprio da Bruxelles coordina varie organizzazioni internazionali per la lotta dei diritti giovanili e promuove la Carta europea dei diritti di stagisti e praticanti). Solo il 14% dei giovani in stage viene poi assunto, in linea con la media italiana nelle grandi aziende.
La stessa indagine però evidenzia che «il Belgio ha il tasso più basso di tirocini non pagati»: il 59% - che pure non è poco. Come un po' ovunque, infatti, anche qui gli stagisti non sono considerati lavoratori, e pertanto non hanno diritto ad uno stipendio ma solo, e non sempre, ad un rimborso spese. Ferie e malattie però ci sono, ed esiste anche l'obbligo di superare una visita medica preliminare. Ma sulla convenzione scritta si può soprassedere.
A complicare il panorama stage in Belgio è l'organizzazione federale del Paese, che divide le varie competenze tra governo centrale, regioni e comunità. Il primo decide in materia di lavoro e politiche sociali; le seconde in materia di formazione e politiche di impiego, originando a volte conflitti di competenze e normative "multistrato". E molte tipologie di tirocinio. Quelli per studenti minorenni, che dal 2008 ricevono un rimborso tra i 500 e i 700 euro una tantum (a seconda dell'anno scolastico di attivazione) se fanno uno stage di almeno quattro mesi, e che sono comunque incoraggiati a fare esperienze dalle due alle otto settimane - cosa che nel 2008 hanno fatto in 50mila under 18. Ci sono poi le Conventiones d'immersion professionnelle, destinate a studenti (anche universitari) di corsi con momenti di alternanza studio lavoro, che godono dei finanziamenti del Fse; motivo per cui i ragazzi percepiscono una cifra dai 470 ai 720 euro mensili e le aziende che assumono un bonus monetario, secondo il modello della Convention premier emploi. Il programma Activa invece è una novità recente pensata per gli under 26, che rende applicabili i benefits anti disoccupazione anche agli stagisti. Ed esistono naturalmente anche i tirocini non pagati, quasi solo in ambito scolastico ed universitario. Sui numeri per ciascuna categoria, l'autrice riprende un leitmotiv ricorrente in tutto il report della Commissione: mancano i dati, per cui evidentemente lo studio non è riuscito a scovarli. Quelli già presenti sono comunque sufficienti per far concludere che «date le circostanze, c'è il rischio che l'indiscriminato uso di tirocini alimento la già alta stabilità che si registra in Belgio. Sarebbero auspicabili delle misure; ad esempio l'obbligo di garantire un certo tasso di assunzione».
Annalisa Di Palo
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