Ilaria Mariotti
Scritto il 25 Mar 2016 in Approfondimenti
Garanzia giovani servizio civile Volontariato
Si allargano gli orizzonti del servizio civile, da progetto di nicchia a opportunità formativa per decine di migliaia di giovani. A quindici anni dalla sua nascita, e dopo qualche battuta di arresto (nel 2012 il bando non uscì per mancanza di fondi), sembra essere tornato al centro degli obiettivi di governo. La sua riforma è all'interno di quella del Terzo settore in discussione in queste ore. L'ampliamento dei finanziamenti già c'è stato, con l'approvazione del decreto legge 185/15 e lo stanziamento di ulteriori 100 milioni di euro al fondo nazionale. Soldi che arrivano anche da Garanzia Giovani, come ha precisato Calogero Mauceri [nella foto a destra], capo del dipartimento Gioventù e servizio civile, in occasione della giornata conoscitiva del servizio civile rivolta ai giornalisti organizzata dal Forum nazionale servizio civile, presieduto da Enrico Maria Borrelli. Si tratta di «progetti in grado di introdurre cambiamenti positivi nelle nuove generazioni e dunque nella società»: di qui l'impiego dei fondi che l'Europa destina al miglioramento della condizione dei Neet.
Per i 18-29enni è un anno di impegno a supporto dello Stato – con rimborso mensile di 433 euro – negli ambiti dell'assistenza, della protezione civile, dell'ambiente, della tutela del patrimonio artistico-culturale e dell'educazione culturale. L'idea è però quella di renderlo progressivamente "universale" con la creazione di 100mila posti, aprendolo a chiunque lo voglia sperimentare.
Tra le novità più recenti il lancio di Odysseus, da destinare alle aree di crisi, e Ivo4All, progetto sperimentale di servizio civile all'estero. «Sono 90mila le domande complessive pervenute fino a oggi» fa sapere Francesca Bonomo della commissione per le Politiche della Ue alla Camera e tra i relatori del convegno [nella foto a sinistra]. Per il bando 2016 i posti sono 40mila. Un buon risultato se si considerano «il picco del 2006 con 48mila posti e lo stallo successivo».
Obiettivo del rilancio non solo la crescita dei numeri, ma il superamento delle criticità del programma. Uno dei problemi resta infatti «la difficoltà nella governance» che la Bonomo non nasconde essere «divisa tra responsabilità regionali e nazionali». E poi il tema del riconoscimento delle competenze non formali: il servizio civile «non è lavoro, ma fornisce capacità di risolvere problemi, di lavorare in squadra, l'acquisizione di un sistema di valori da utilizzare in esperienze successive». Non a caso «uno su tre dopo i mesi di servizio civile viene impiegato nell'ente che lo ha immesso nel progetto, mentre in due su tre si rileva maggiore inclinazione a essere inseriti in un contesto occupazionale grazie alle competenze non riconosciute». E infine migliorare la programmazione, fino a poco fa «non chiara e a singhiozzo».
Poiché il servizio civile va inteso come difesa della patria attraverso la partecipazione attiva, avrebbe poco senso «introdurne l'obbligatorietà: deve esserci una volontarietà alla base perché si tratta di un percorso di valori» ribadisce la Bonomo. Oltre alle emergenze ambientali o di legalità, i progetti garantiscono «inclusione, e sono particolarmente importanti in questa fase storica di paura dell'altro». Per questo è stata inserita l'apertura «agli stranieri regolarmente soggiornanti». La prevenzione dell'emarginazione sociale che colpisce alcune sacche di gioventù straniera – uno degli scenari dietro gli attentati degli ultimi mesi – potrebbe passare anche da qui.
Il rischio è però che se ne faccia un uso distorto, come sostituzione del lavoro. Prova ne siano «le polemiche scoppiate dopo il bando del ministero dei Beni culturali per l'impiego di volontari rimborsati con i fondi di Garanzia giovani» ricorda Giulia Narduolo, deputata della commissione Cultura alla Camera (qui l'articolo sul pasticcio dei tirocini allo stesso ministero). Ma bibliotecari e archivisti non devono allarmarsi perché «il ruolo è quello di dare una mano in servizi che le attività comunali non fanno». Si tratta, nella visione della Narduolo, di «lavoro non qualificato che può essere utile per giovani un po' sperduti o anche con problemi familiari». Del resto «non si può dare la colpa al volontario, che deve essere per forza formato con qualche tipo di occupazione» ha commentato Borrelli: «Non è lui a togliere il lavoro».
Vanno però rafforzati i criteri di selezione degli enti perché talvolta «si finisce per svolgere mansioni che poco hanno a che fare con il servizio civile»: l'obiezione sollevata da un giornalista permette a Borrelli di affrontare questo aspetto scivoloso specificando che «non esiste un'assoluta obiettività: a contare non è tanto il titolo accademico quanto la motivazione». Il servizio civile va inteso per quello che è, «non uno strumento di welfare – non a caso è sotto la Presidenza del consiglio – ma un percorso di cittadinanza attiva e di ausilio a un lavoro già avviato nelle amministrazioni» chiude Alessandro Sansoni, consigliere nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Auspicando che, al fine di evitare abusi, «l'ufficio nazionale faccia più controlli sulla serietà degli enti e sulla qualità dei progetti messi in campo».
Ilaria Mariotti
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