La denuncia del Financial Times: «Le aziende smettano di prendere stagisti per coprire i loro buchi di organico, e comincino a pagarli»
15 anni, 3 mesi fa di Eleonora Voltolina
Link all'articolo originale: La denuncia del Financial Times: «Le aziende smettano di prendere stagisti per coprire i loro buchi di organico, e comincino a pagarli»
Confrontare il mercato del lavoro, e in particolare l'uso dello strumento dello stage, in Italia rispetto al resto dell'Europa è spesso deprimente. All'estero i giovani sono molto più valorizzati: stipendi più alti, prospettive di carriera più luminose e sopratutto più veloci, maggiore meritocrazia e minore gerontocrazia. Ciò diventa il detonatore di quella che ormai tutti i media chiamano la «fuga dei cervelli».In questa prospettiva, l'Inghilterra e in primis la sua città-simbolo, Londra, sono state e continuano a essere la meta …
Cassandra
15 anni, 3 mesi fa
Sto mettendo in ordine le idee, appena ho un minuto scrivo...(isfol: già fatto!)
Eleonora Voltolina
15 anni, 3 mesi fa
Cara Cassandra, caro Turi, grazie di essere intervenuti in questa discussione! Purtroppo il punto è che qui in Italia non c'è una reale percezione del problema da parte della classe politica e imprenditoriale. Spesso le lamentele e le rivendicazioni degli stagisti vengono considerate con sufficienza, nel migliore dei casi con condiscendenza, come se chiedere una concreta (anche se ovviamente non "certa") possibilità di assunzione al termine dello stage, o un minimo di rimborso spese per non dover continuare a pesare sulla propria famiglia fossero una sorta di "capricci". Noi attraverso la Repubblica degli Stagisti cerchiamo di correggere questa percezione, di sottoporre all'opinione pubblica il tema - che spesso diventa problema - dello stage sotto tutti i punti di vista. Ecco perchè abbiamo lanciato la Carta dei diritti dello stagista qualche mese fa, e il sondaggio con l'Isfol (a cui vi invito naturalmente a partecipare, se non l'avete ancora fatto!!), e tante altre iniziative per far discutere e migliorare la situazione degli stagisti italiani. Certo che quando ci viene in aiuto una voce così autorevole come quella del vicedirettore del Financial Times, ne siamo davvero contenti: questo dimostra che le nostre proposte (quella di retribuire almeno un minimo gli stagisti è appunto uno dei punti della Carta) non sono appunto "capricci" campati in aria, ma corrispondono a un'etica del lavoro che le imprese dovrebbero ricominciare a rispettare, smettendo di trincerarsi dietro la scusa che "lo stage è solo ed esclusivamente formazione". L'utilizzo smodato degli stagisti in alcune realtà lavorative è sotto gli occhi di tutti. Cassandra, Turi, perchè non ci raccontate la vostra storia di stagisti (o ex stagisti)?
turi
15 anni, 3 mesi fa
d'accordo con Cassandra. Sono già al terzo giro di loop!
Cassandra
15 anni, 3 mesi fa
Perfetto! Un giornalista che lo scriva anche in Italia a caratteri cubitali cercasi.
Ciò che leggo nell'articolo del Financial Times è una descrizione accurata della realtà degli stage (la maggior parte almeno): spesso non danno alcuna reale formazione, ma servono per avere manovalanza a costo zero. E dopo? Avanti il prossimo! Nessuno (o pochissimi) verrà assunto, il rebus è presto risolto, perchè, se la legge lo permette (e lo permette), non ha nessun senso, se non la decenza etica poco praticata in questo paese, assumere personale se puoi averne di sufficientemente qualificato gratis. Poniamo l'esempio di una parrucchiera: fa un tirocinio (formativo, quello sì, anche se lavori come una matta), finita la scuola viene assunta come apprendista, dopo un tot di anni diventa operaia. Se cambia salone, ovviamente, la sua qualifica resta quella raggiunta. Cosa succede ad uno stagista (spesso laureato o con titoli analoghi)? Sta sei mesi, gratis e senza rimborsi in un'azienda x, può essere che impari, può essere che faccia da tappabuchi, dipende, non è comunque colpa sua. Al termine dei sei mesi prova a cercare lavoro in un settore affine a quello dello stage, ma gli offrono un successivo tirocinio. E così in un loop che può davvero non avere fine.
Torna al più nuovo