Iscritti e laureati in calo; troppi docenti precari; scarsa attenzione alle attività di ricerca. Il quadro che emerge dalla relazione conclusiva sulle università telematiche redatta dalla Commissione di studio nominata dal Miur non è affatto roseo per gli atenei online. E la replica non si è fatta attendere, dando vita a un botta e risposta sfociato nel mese di gennaio nella richiesta di dimissioni del ministro Carrozza - ormai uscente - da parte di una delle università interessate.
La Repubblica degli Stagisti ha letteralmente "inseguito" per settimane i vertici del Miur per avere chiarimenti, ricevendone però solo posticipazioni, scuse e promesse di colloqui con i funzionari competenti e di interviste mai mantenute. E l'inseguimento si è purtroppo concluso con un nulla di fatto.
La cronostoria. Lo scorso giugno a viale Trastevere sono partite le attività di un gruppo di lavoro formato da docenti ed esperti, con il compito di fare il punto sulla qualità delle università telematiche. Indagine riassunta in un documento di 17 pagine pubblicato sul sito del ministero a fine ottobre. La relazione parte da un excursus normativo, che va dal 2003, anno di istituzione degli atenei online, a oggi per poi focalizzarsi su alcuni punti, da cui emergono quasi subito quelle che il documento definisce «un numero notevole di criticità».
La prima riguarda il calo del numero di iscritti e laureati nelle undici università telematiche nell’anno accademico 2013/2013 rispetto al precedente: i primi sarebbero passati da circa 39mila a poco meno di 36mila, mentre il numero degli studenti arrivati alla laurea sarebbe sceso dai poco più di 3200 del 2011/2012 ai 1219 dell’anno accademico successivo. Un valore diminuito quasi di un terzo. Insomma, gli atenei telematici sembrano aver perso l’appeal degli anni passati. E la relazione del ministero non risparmia colpi. A partire dall’ «assenza di vincoli previsti per il reclutamento di docenti e ricercatori universitari, in particolare in merito all’assunzione per chiamata diretta», secondo cui non tutto il personale degli atenei telematici passerebbe per regolare concorso. In alcune università telematiche, poi, si registrerebbe un «eccessivo ricorso a personale a tempo determinato, con un forte squilibrio tra il numero di ricercatori e il numero di professori».Non soltanto: secondo la commissione, gli atenei online non rispetterebbero le normali procedure concorsuali per il reclutamento del personale docente, ma farebbero anche eccessivo ricorso a professori e ricercatori precari. A supporto di queste affermazioni non sono, però, riportate cifre, ma semplicemente elencati i nomi di alcuni atenei che rientrerebbero in queste casistiche, tra cui Unicusano, San Raffaele, Uninettuno e Mercatorum.
Anche le stesse attività di insegnamento e di ricerca sono finite sotto la lente di ingrandimento del Miur. La commissione afferma che tuttora, malgrado la regolamentazione normativa, non esistono «criteri determinati e chiari per la valutazione dell’attività formativa, con particolare riferimento agli sbocchi professionali» e manca una «regolamentazione rigida in merito all’attivazione dei corsi di laurea». Con riferimento allo scorso anno, ad esempio, l’Anvur, agenzia nazionale impegnata nella valutazione del sistema universitario e delle ricerca, ha dato parere negativo all’accreditamento di alcuni nuovi corsi di laurea presso atenei telematici. Parere rovesciato in parte da alcune sentenze della giustizia amministrativa, che hanno permesso comunque l’istituzione dei corsi di laurea. Ma non finisce qui: secondo la relazione, alcuni atenei telematici non farebbero neppure tanto per migliorare la qualità della propria offerta, dedicando poco spazio ad attività di ricerca.
Un simile quadro non poteva lasciare indifferenti le dirette interessate, che hanno affilato le armi e sono partite al contrattacco. Fino ad arrivare allo scorso 7 gennaio, quando l’Unicusano, ateneo online con sede a Roma, ha diffuso un comunicato chiedendo le dimissioni dell'ex ministro Carrozza, definendo «fazioso e pregiudizievole» il suo approccio alle università telematiche. Una risposta all’affermazione che la titolare di viale Trastevere aveva rilasciato all’emittente televisiva La7, dicendo che tutti i docenti devono rispondere a un preciso status giuridico, che deve essere valido anche per gli insegnanti delle telematiche. Una frase congegnata malamente, che lasciava intendere che ci fosse una sorta di disparità tra professori e ricercatori degli atenei «a distanza» rispetto a quelli tradizionali.
La Repubblica degli Stagisti ha intervistato il rettore dell’Unicusano Fabio Fortuna (foto), professore ordinario di economia aziendale, per cercare di avere un quadro più chiaro della situazione. Il rettore ha risposto colpo su colpo ai punti «critici» emersi dalla relazione della commissione di viale Trastevere, a suo avviso «stilata con approssimazione e generalizzazione, senza riferimenti specifici e differenziati per le singole università». La «controffensiva» parte dalle cifre: «non è vero che gli iscritti al mio ateneo sono in calo, il numero complessivo è di 12.223 (la relazione parla di 9753 iscritti nell’anno accademico 2012/2013, in diminuzione rispetto ai 10223 dell’anno precedente). Pittoresca, poi, l’ipotesi, riportata in una tabella, abbia avuto solo un laureato nell’ultimo anno accademico: in realtà sono stati oltre mille», afferma il rettore. Altro punto «caldo» le modalità di reclutamento di docenti e ricercatori e la predominanza di personale a tempo determinato: «i nostri docenti sono reclutati attraverso concorsi pubblici, esattamente come avviene per tutti i docenti e i ricercatori che fanno parte del sistema universitario. Attualmente la nostra università dispone di un personale di 54 tra professori ordinari, associati, straordinari a tempo determinato e ricercatori a tempo determinato e indeterminato. Di questi 33 sono professori e ricercatori a tempo indeterminato, mentre i restanti 21 sono a tempo determinato. Effetto della legge Gelmini, che dal 2010 non permette di emanare bandi a tempo indeterminato per i ricercatori e 17 dei 19 ricercatori a tempo determinato del nostro ateneo sono diventati tali tramite bandi successivi a quell’anno». Secondo Fortuna, inoltre, la stessa attività di ricerca non sembra passare in secondo piano nella propria università, a differenza di quanto riscontrato nella relazione: «l’Unicusano ha evidenziato risultati veramente incoraggianti nella VQR (Valutazione della qualità della ricerca, ndr), collocandosi intorno al sessantesimo posto e lasciandosi alle spalle atenei statali che esistono da decenni. L’ateneo si sta, inoltre, dotando di risorse tecnologicamente avanzate per lo svolgimento di attività scientifiche, soprattutto in ambito ingegneristico».
Restano dunque molti punti in sospeso: ad esempio, quali sono i dati corretti e come sono stati calcolati nella relazione del Miur le cifre relative alle singole università? E se la legge equipara di fatto atenei telematici e università tradizionali, da dove nascono tutte le disparità riscontrate sul reclutamento dei docenti e sulla verifica della qualità dell’offerta formativa? La Repubblica degli Stagisti ha chiesto per quasi due mesi al ministero e allo staff della Carrozza maggiori delucidazioni sia su questi punti sia sul tema dimissioni, provando anche a interpellare i responsabili del dipartimento Miur interessato ai temi università e ricerca. Richieste che, nonostante continui solleciti, sono state più volte rifiutate o posticipate. Ora la palla passerà al prossimo ministro dell'Istruzione, che tra le gatte da pelare si troverà dunque anche l'affaire università telematiche.
Chiara Del Priore
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