Se davvero verrà introdotto per legge l'obbligo di rimborso spese per gli stagisti, sarà un grande passo avanti per tutti. Finalmente i tirocinanti otterranno un giusto riconoscimento per l'apporto fornito e per il tempo e l'impegno dedicati al percorso formativo. La riforma Fornero sembra muoversi proprio in questo senso, stabilendo che agli stagisti debba essere corrisposta una «congrua indennità»: per ora è solo una indicazione di principio, ma entro la metà di gennaio dovranno essere emesse in questo senso delle linee guida definite dal governo e dalle Regioni.
Lo stesso provvedimento però stabilisce che l'introduzione di questi rimborsi obbligatori non debba generare «nuovi o maggiori oneri a carico della pubblica amministrazione». Che vuol dire? Che, una volta introdotto questo obbligo, gli enti pubblici saranno automaticamente esonerati dall'ottemperarlo? Questa interpretazione, sostenuta e avallata da alcuni – tra cui la stessa Avvocatura dello Stato – sembra alla Repubblica degli Stagisti assolutamente in contrasto con la ratio della (futura) legge.
La soluzione al problema peraltro esiste già: basterebbe rivedere i bilanci dei ministeri o dagli altri enti che ospitano tirocinanti e riorganizzare le spese, a saldi invariati, così da ricavare i fondi necessari. Per esempio per quanto riguarda il ministero degli Esteri la Repubblica degli Stagisti ha formulato quest'estate una semplice proposta che permetterebbe di garantire un rimborso ai circa 1.800 ragazzi che ogni anno vengono coinvolti nei percorsi formativi del programma Mae-Crui, che ormai da 10 anni porta studenti e neolaureati a fare stage alla Farnesina o nelle ambasciate, consolati e istituti di cultura in giro per il mondo.
Tutti d'accordo? Non proprio. All'inizio di luglio, all'indomani della momentanea sospensione del II° bando Mae-Crui 2012 – quello con i tirocini in partenza in questi giorni – la Fondazione Crui aveva arditamente dichiarato che le prescrizioni contenute nella riforma del mercato del lavoro avrebbero reso «di fatto impossibile prevedere esperienze di formazione on the job nella pubblica amministrazione». Una volta ripristinato dal Mae tale bando, con la motivazione della non-retroattività di una norma che ancora deve vedere la luce, la Crui però non ha fatto retromarcia. E il suo presidente Marco Mancini [nell'immagine a fianco] ha auspicato in una nota «che nelle linee guida che dovranno essere prodotte nei prossimi mesi si tenga conto, una volta per tutte e in maniera definitiva, della differenza esistente fra i tirocini formativi offerti dalle università in collaborazione con la pubblica amministrazione e tutti gli altri». Ma dov'è questa differenza? Cosa vuol dire il presidente Mancini? Sta forse inviando un messaggio al governo, suggerendo che gli stage vengano normati con due pesi e due misure? Che la «congrua indennità» promessa dal ministro Fornero debba essere introdotta solo per gli stage nelle imprese private, e non per quelli negli enti pubblici, o addirittura per tutti quelli promossi dalle università?
E in caso fosse così, cosa può spingere la Crui a prendere una tale posizione, che va contro le legittime aspettative e il benessere di migliaia e migliaia di giovani studenti universitari e neolaureati italiani? La Repubblica degli Stagisti ha più volte contattato nelle scorse settimane l'ufficio stampa Crui, per richiedere di poter intervistare il professor Mancini, senza purtroppo ricevere risposta.
In attesa di delucidazioni, si può ipotizzare che forse il punto stia nel fatto che se i ministeri – invece di rimodulare i propri bilanci per trovare i fondi per le indennità – dovessero decidere di chiudere i programmi di stage, ciò inciderebbe negativamente sui bilanci della Crui. Infatti le università convenzionate con questo organismo, come la Repubblica degli Stagisti è in grado di documentare, versano ogni anno una somma parametrata al numero di studenti e neolaureati che presentano domanda di partecipazione ai bandi. Attenzione: non in base a coloro che vengono effettivamente selezionati per lo stage. Il conto viene fatto in base alle richieste presentate. Si tratta di un aspetto molto importante specie se si considera che per esempio il programma Mae-Crui del 2009, come al solito suddiviso su tre bandi, mise complessivamente a disposizione 1.784 percorsi di tirocinio – ma che le candidature furono oltre 18mila, e su quest'ultimo numero la Fondazione Crui ricevette i finanziamenti dalle università.
Come avvengono i pagamenti? Ogni ateneo – i convenzionati sono una settantina – versa 1.100 euro se i candidati sono meno di 25, che diventano 2.200 se sono tra 26 e 50 e crescono fino a 5.200 se le domande di partecipazione sono comprese tra 51 e 100. Al di sopra di questa quantità, per ogni 50 candidature viene corrisposta la somma di 1.100 euro.
Calcolare a quanto ammonti il contributo che gli atenei italiani versano alla Fondazione Crui è complesso. Intanto perché i programmi di tirocinio attivi sono ben 12, alcuni dei quali suddivisi in più bandi nel corso dell'anno. Inoltre bisognerebbe sapere quanti sono i candidati per ogni singola università, tenendo conto che realtà di grosse dimensioni come La Sapienza hanno un ufficio stage per ciascuna delle facoltà. La Repubblica degli Stagisti ha provato a chiederlo ad alcune università, per ora ricevendo risposta solamente da Ca' Foscari: nel 2011 i candidati al bando per i tirocini al ministero degli Esteri provenienti da questo ateneo sono stati 131 – il che permette di calcolare, a spanne, che per quell'anno il contributo di Ca' Foscari alla Crui per il Mae-Crui sia stato di circa 6mila euro.
Nell'attesa di poter ottenere dati anche da altri atenei c'è però un dato, nel bilancio della Fondazione, che può aiutare a comprendere l'ordine di grandezza del fenomeno. Si tratta della voce «valore della produzione - altri ricavi e proventi - contributi in conto esercizio» che, nel solo 2010, rileva nelle casse dell'ente 2 milioni e 452mila euro. Non tutti questi soldi certamente arrivano dagli atenei: ma rimane il fatto che le università pagano la Crui per poter permettere ai propri studenti di candidarsi al programma Mae-Crui e a tutti gli altri programmi sovrintesi dalla Crui. E questi proventi rappresentano una voce non indifferente dell'intero bilancio dell'ente.
Due sono dunque le domande finali. La Repubblica degli Stagisti vorrebbe avere l'opportunità di porre direttamente ai vertici della Conferenza dei rettori almeno la prima, e cioé: che tipo di servizio eroga e svolge la Crui a fronte dell'obolo che chiede ai singoli atenei? In cosa consiste, in concreto, la sua intermediazione e quali vantaggi assicura agli altri soggetti coinvolti vale a dire i soggetti ospitanti (i ministeri), i soggetti promotori (le università) e i candidati che risultano vincitori (gli stagisti)?
La seconda domanda è invece diretta alla politica e all'opinione pubblica: è accettabile che la Conferenza dei rettori delle università italiane lanci messaggi al governo al fine di non far entrare appieno in vigore un principio sacrosanto, quale l'introduzione dell'obbligo di erogare una congrua indennità agli stagisti, per non rischiare di perdere il denaro che attualmente ricava dall'intermediazione di programmi di stage in enti pubblici?
Eleonora Voltolina
con la collaborazione di Riccardo Saporiti
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