Tirocini formativi, anche l'università di Bologna si adegua alle indicazioni del ministero del Lavoro. Gli studenti potranno così effettuare più di uno stage, purché «in strutture diverse e in forza di progetti di formazione differenti», come puntualizza alla Repubblica degli Stagisti Lucia Gunella, responsabile dei servizi di orientamento e placement dell'Alma Mater Studiorum.
È l'epilogo di una vicenda cominciata lo scorso autunno con il decreto anticrisi di Ferragosto, che all'articolo 11 aveva stabilito che i tirocini non potessero durare più di sei mesi e dovessero essere attivati entro un anno dalla laurea. Nemmeno un mese dopo, nel settembre del 2011, il ministero del Lavoro aveva però emesso una circolare che rendeva meno stringenti i vincoli, prevedendo una serie di eccezioni. Risultato: un vero e proprio caos normativo, visto che il documento di settembre lasciava comunque parecchi punti oscuri, a cominciare da quello relativo alla durata dei progetti. Un parziale chiarimento era arrivato con la pubblicazione, sul sito Cliclavoro, di un elenco di Faq con la soluzione dei principali dubbi relativi alla normativa: una serie di domande e risposte che, nelle intenzioni del governo, avrebbero dovuto indicare alle università e ai centri per l'impiego la strada da percorrere.
Ma nemmeno in questo modo si è risolto il problema. Alcuni istituti, come quelli che fanno riferimento al Soul, il sistema di orientamento degli atenei laziali, avevano deciso di non riconoscere valore giuridico a quanto pubblicato in rete dal ministero. La stessa Alma Mater, almeno fino a qualche settimana fa, considerava le Faq «in contraddizione ad una legge che voleva impedire uno sfruttamento del tirocinante», come aveva dichiarato alla Repubblica degli Stagisti la stessa Gunella. Lo sfruttamento secondo i vertici dell'università di Bologna poteva essere fermato solo interpretando le nuove disposizioni normative nel senso di permettere a ciascuno studente o neolaureato un solo stage, rifiutando quindi di attivarne altri a chi ne avesse già svolto uno. Una interpretazione assolutamente arbitraria, perché in realtà né la manovra dell'agosto scorso né la successiva circolare ponevano un limite al numero dei tirocini.
Ora invece l'università di Bologna ha deciso di adeguarsi alle indicazioni del ministero, quantomeno rispetto a questo aspetto del numero degli stage attivabili a favore dei singoli studenti e neolaureati. Cosa è successo? «Abbiamo svolto una lunga istruttoria rispetto all'esigenza, manifestata dalle aziende e dagli stessi tirocinanti, di poter svolgere più di un progetto formativo», fino ad arrivare a quella che viene definita «una risposta di mediazione che ci sembra rigorosa e doverosa nei confronti degli utenti: noi applichiamo la circolare di settembre, ma in modo restrittivo».
Nel frattempo, in attesa che le commissioni Didattica e Diritto allo studio arrivassero ad assumere una posizione che aspetta ancora la formalizzazione da parte del Senato accademico, la vita è continuata: gli studenti hanno continuato a studiare e a laurearsi, chiedendo di poter svolgere tirocini, indipendentemente da se ne avessero già qualcuno nel cv. Allo stesso tempo, le aziende non hanno smesso di cercare giovani per avviare esperienze formative. Di qui le pressioni sulle facoltà, in particolar modo quella di Ingegneria. Al punto che quest'ultima, per chiarire una volta per tutte la questione, ha presentato un interpello al ministero. «Non hanno risposto», spiega però Gunella, «perché non sono ammessi interpelli da parte della pubblica amministrazione». Ma l'interpello è la modalità con cui proprio le pubbliche amministrazioni possono chiedere chiarimenti in merito alle norme. Ci dev'essere qualcosa che non va: «Ci è stato risposto che non siamo ammessi perché mancano i requisiti previsti dall'articolo 9 della legge 124/2004», in base al quale possono ricorrere a questa procedura solo «le associazioni di categoria, gli ordini professionali e gli enti pubblici». In realtà, spiega alla Repubblica degli Stagisti Danilo Papa della direzione generale per l'attività ispettiva del ministero del Lavoro, «la facoltà di Ingegneria non è abilitata a trasmettere interpelli in quanto non rappresenta un ente giuridico nazionale autonomo». E infatti gli interpelli a cui il ministero in passato aveva risposto erano stati «trasmessi e sottoscritti dal rettore e non da singole facoltà».
Ma allora, stando così le cose, perchè l'ateneo ha permesso che Ingegneria si muovesse in autonomia? «Noi eravamo in fase istruttoria. Pressata dalle richieste degli utenti, la facoltà ha presentato l'interpello. Ci siamo, per dire così, divisi i compiti», risponde la responsabile dei servizi di orientamento. Peccato che questa divisione impropria abbia reso impossibile ottenere una risposta dal ministero. Una risposta, vale la pena di ricordarlo, ai contenuti della quale si sarebbero poi attenute tutte le università d'Italia, come avviene di prassi in caso di interpello. E tutto questo a causa di una disattenzione nel far inoltrare l'interpello con la richiesta di chiarimenti dal soggetto giusto - un errore che non ci si aspetterebbe dalla struttura amministrativa di una delle più importanti università italiane.
A questo punto non è chiaro se l'Alma Mater voglia proporre l'interpello, questa volta secondo modalità corrette: «lo valuteremo insieme ai prorettori», afferma Gunella. Nel frattempo, però, l'istruttoria interna avviata qualche mese fa è giunta ad una conclusione, elaborata anche «consultando anche la regione Emilia-Romagna», che da tempo ha promesso una legge in materia senza però averla ancora formulata. «Siamo giunti alla conclusione che, in attesa di vedere come si esprimerà la normativa regionale, consentiremo allo stesso tirocinante di effettuare più di uno stage». L'unica limitazione, che dovrebbe arginare il fenomeno dello sfruttamento dei tirocinanti, riguarda il fatto che le ulteriori esperienze dovranno svolgersi «in una struttura diversa e in forza di un progetto formativo differente».
Una decisione che, secondo Gunella, «tiene la barra della ratio della legge». E per contrastare lo sfruttamento dei ragazzi, aggiunge, «ci stiamo attivando per introdurre elementi che facilitino un controllo», con dei report da compilare alla conclusione dell'esperienza e che «dettaglino le competenze di base e quelle trasversali acquisite dai ragazzi durante lo stage». Niente da fare, invece, per quanto riguarda l'introduzione di un rimborso minimo. «Riteniamo corretto che sia previsto». Perché, allora, non richiederlo obbligatoriamente? «È un'imposizione sulla quale non ci siamo sentiti di prendere una decisione in attesa che si muova la regione». Altre, come la Toscana o l'Abruzzo l'hanno fatto e «se attiviamo progetti in questi territori ci adeguiamo alle rispettive normative». L'Emilia Romagna ancora non ha legiferato. Con la decisione dell'università di Bologna, gli studenti dell'Alma Mater potranno dunque svolgere più di un tirocinio; ma non è detto che otterranno un rimborso spese. Tutto questo in attesa di una legge regionale che, se e quando arriverà, potrebbe cambiare nuovamente le 'regole del gioco'.
Riccardo Saporiti
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