La Provincia di Padova ha approvato delle innovative linee guida per garantire tirocini di qualità. Peccato che non le applichi. O meglio, che le faccia valere solo per quei progetti di stage che vengono organizzati direttamente dai centri per l'impiego. Per tutti gli altri, che pure passano attraverso i cpi (che funge, come si dice tecnicamente in questi casi, da «soggetto promotore» del tirocinio) le linee guida restano lettera morta.
Accade così che gli oltre 400 stage partiti in provincia di Padova tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012 nell'ambito del bando regionale Welfare to Work, che pure ha visto i centri per l'impiego impegnati direttamente nell'attivazione, siano partiti senza rispettare in pieno il contenuto della delibera votata nel novembre scorso dalla giunta provinciale.
Per fortuna almeno il criterio del rimborso spese è rispettato: la borsa mensile di 600 euro supera quella imposta dalle linee guida, che richiede un emolumento minimo di 300 euro per i diplomati e di 400 euro per i laureati. Ma lo stesso non si può dire per quanto riguarda l'impegno a promuovere «esclusivamente tirocini che abbiano un effettivo contenuto di orientamento e formativo», altro elemento qualificante del documento approvato dalla giunta provinciale. «Gli stage erano anche per camerieri, parrucchieri, commessi, idraulici: mi chiedo dove stia il progetto formativo», denunciava qualche settimana fa una lettrice sul forum della Repubblica degli Stagisti. I progetti attivati hanno in effetti riguardato anche professioni per le quali non è necessario un periodo di formazione lungo addirittura quattro mesi, che rischia anzi di trasformarsi in un vantaggio solo per l'azienda.
Ma perché la provincia ignora così platealmente la propria deliberazione? «Si tratta di due questioni distinte» ha spiegato alla Repubblica degli Stagisti Giorgio Santarello [a destra nella foto, insieme all'assessore Barison], responsabile della direzione lavoro della provincia di Padova. «Noi come ente abbiamo approvato queste linee guida per tutti coloro che vogliono che i loro progetti di stage siano promossi dai centri per l'impiego, mentre Welfare to Work è un progetto speciale promosso con la Regione Veneto». E su quest'ultima iniziativa Santarello dice che «le linee guida non valgono». Secondo lui insomma le garanzie minime per gli stagisti nel padovano viaggerebbero a targhe alterne: sarebbero valide per i progetti di stage realizzati dalla a alla z dai cpi della provincia, e sparirebbero per i progetti lanciati da altri, anche se poi resi operativi dai centri per l'impiego.
E la politica cosa dice? È d'accordo con questa interpretazione l'assessore Massimiliano Barison? Con lui, responsabile della Formazione e del Lavoro della provincia di Padova, la Repubblica degli Stagisti avrebbe voluto approfondire la questione. Senz'altro importante, visto che nel solo 2010 sono stati 5.145 gli stage attivati in questo territorio, di cui circa un quarto promossi dal cpi. Ma nonostante i ripetuti tentativi di contattarlo l'assessore non ha mai trovato il tempo per rispondere: secondo la sua segreteria era «impegnato in una vertenza». Per giorni e giorni.
Ha risposto invece Paolo Giacon, il consigliere provinciale del Partito Democratico che con la sua mozione aveva innescato in autunno il processo sfociato nell'approvazione delle linee guida. «Se tutto questo corrisponde al vero, direi che non è possibile: il problema è infatti la qualità dello stage, elemento fondamentale». Perché «magari uno accetta 200 euro in meno, ma per un progetto che davvero lo qualifichi. Mentre qui si apre a professioni per le quali non serve un tirocinio, ma esistono altre tipologie di contratto». L'esponente dell'opposizione si ripromette di verificare come siano andate realmente le cose: «Presenterò una richiesta di accesso agli atti per capire cosa sia successo».
Riccardo Saporiti
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