In Veneto gli stagisti sono così bravi che si trovano da soli l'azienda in cui svolgere il tirocinio. Alla Direzione lavoro regionale spiegano così il successo di Welfare to Work, bando per il reimpiego di disoccupati under 30 che nel giro di poco più di un mese ha esaurito i 1.250 posti messi a disposizione - assegnati dunque al ritmo di oltre trenta ogni giorno, domeniche e festivi compresi.
Offrendo rimborsi spese totalmente a carico degli enti pubblici, quindi a costo zero per le aziende, l'appetitoso bando si è aperto il 23 novembre ed è stato chiuso il 5 gennaio, quando le domande pervenute nei centri per l'impiego delle sette province erano già 1.317, ben 67 in più di quelle effettivamente finanziate con i tre milioni che lo stato ha messo a disposizione della Regione. Tanto che quest'ultima ha deciso di integrarli con fondi propri, garantendo così una risposta a tutte le richieste pervenute. Ad oggi i tirocini attivati sono 1.205, dei quali 471 hanno preso il via prima della fine del 2011. Quelli mancanti, che la regione quantifica in 37, partiranno entro l'inizio di marzo, visto che il progetto prevede che i tirocini inizino entro due mesi dalla chiusura del bando. Ci sono poi una ventina stage non partiti entro il termine fissato e quasi 50 che si sono conclusi prima della scadenza naturale. Rispetto a quest'ultima fattispecie, è difficile spiegare le ragioni di una chiusura anticipata del progetto. Anche perché il modulo che le aziende devono compilare prevede solo tre opzioni: dimissioni, licenziamento e 'altro' - senza, dunque, approfondire le cause che hanno portato all'abbandono.
Ma com'è possibile che in così poco tempo siano partiti così tanti tirocini? Non sarà che qualche azienda ha fatto incetta di stagisti, risparmiando così sulla manodopera per i quattro mesi di durata delle borse? «Sono poche le imprese che hanno attivato più di una posizione e comunque all'interno dei numeri consentiti dalla normativa», spiegano dalla Direzione lavoro della Regione Veneto. Il riferimento va alla legge 142 del 1998 che, al comma 3 dell'articolo 1, stabilisce che le aziende con un massimo di cinque dipendenti a tempo indeterminato non possono avere più di un tirocinante alla volta. Numero che sale a due per le realtà che abbiano da 6 a 19 assunti, mentre per quelle di dimensioni maggiori gli stagisti non possono superare il 10 per cento della forza lavoro. Ad ogni modo, ribadisce chi ha seguito il bando, quello delle aziende con più di una borsa «non è un dato significativo».
Il boom di Welfare to Work si spiegherebbe piuttosto col fatto che «l'aspirante stagista andava in cerca di un'azienda disposta ad accoglierlo. Così quest'ultima, quando si è rivolta al centro per l'impiego, non ha richiesto più una disponibilità generica a prendere parte al progetto, ma ha fatto direttamente richiesta per una persona specifica». Una procedura che ha snellito ancora di più l'iter perché, di fronte ad una richiesta con tanto di nome e cognome, le province non hanno dovuto svolgere il lavoro di preselezione previsto dal bando. In altre parole, non hanno cercato diversi profili confacenti alle richieste da sottoporre all'azienda per la scelta dello stagista.
Non è tutto. Secondo la Direzione lavoro, anche la scelta di aver messo in concorrenza le diverse province ha contribuito ad una così veloce assegnazione dei posti disponibili. Il bando infatti non fissava alcun criterio di suddivisione territoriale dei progetti: le domande sono state accolte semplicemente in base all'ordine di presentazione. Col risultato che alcuni enti si sono impegnati più di altri: a Padova per esempio sono stati attivati ben 401 progetti, praticamente un terzo delle borse disponibili. I dati forniti dalla Direzione lavoro raccontano di un'azione intensa anche a Rovigo (294), Treviso (280) e Vicenza (162). In altre realtà, invece, l'attenzione al bando Welfare to Work è stata scarsa, come nelle province di Venezia con 91 stage attivati e di Verona con 69, o addirittura quasi nulla. È il caso di Belluno, dove sono partiti appena 20 stage.
I 1.317 progetti avviati grazie a WtW rappresentano comunque una minima parte di quelli attivati in Veneto: stando al rapporto Excelsior UnionCamere «Formazione continua, tirocini e stage attivati nel 2010», questa regione è infatti una di quelle in cui le imprese private fanno maggiormente ricorso agli stage e nel 2010 il numero complessivo è arrivato a 39mila - un risultato secondo solo a quello lombardo (69mila). Quasi un quinto delle aziende venete ha attivato percorsi di tirocinio, contro una media nazionale del 13,3%. Ma appena uno stage su dieci si trasforma in un'assunzione, contro una - già bassissima - media nazionale del 12,3%.
La speranza ora è che la W di "work" venga onorata e che per i partecipanti all'iniziativa le cose vadano diversamente. Se alla fine infatti venissero assunti solo 130 giovani su 1300, una grande parte dei milioni di euro serviti per finanziare il progetto sarebbero stati buttati al vento. Ma per conoscere i dati sul placement bisognerà aspettare giugno, quando tutti gli stage saranno terminati.
Riccardo Saporiti
Per saperne di più su questo argomento leggi anche:
- La Regione Veneto avvia Welfare to Work: 1.250 stage con rimborso di 600 euro al mese per gli under 30
E anche:
- La legge 34/2008 della Regione Piemonte su mercato del lavoro e stage
- La Toscana approva la nuova legge sugli stage: per la prima volta in Italia il rimborso spese diventa obbligatorio
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