Sono stati presentati a fine ottobre i risultati del primo – e per ora unico – progetto Safari Job, realizzato nel 2011-2012: un programma di 400 tirocini all'estero di quattro o sei mesi finanziati dall'ex Inpdap, ora Gestione dipendenti pubblici dell'Inps, che ha coinvolto circa 300 figli di lavoratori statali. Requisiti: un diploma o una laurea con un buon voto, lo stato di disoccupazione, l'età inferiore ai 32 anni e un reddito che non superasse i 32mila euro.
I dati che ha fornito l'Agenzia Giovani, l'ente che ha gestito i tirocini in partnership con l'istituto previdenziale e ha poi eseguito un monitoraggio a sei mesi dall'esperienza, sono apparentemente buoni. Dei circa 230 ragazzi intervistati più di un terzo sta lavorando, mentre il 31,6% sta proseguendo il percorso di studi. I restanti si dividono tra chi ha intrapreso un altro tirocinio (12,7%), e chi è tornato inattivo (19,6%).
A ben vedere però questi numeri non dicono molto sulla effettiva riuscita del Safari job: non è specificato infatti se quel terzo di giovani occupato lo è direttamente nell'azienda in cui è stato ospitato, oppure ha trovato lavoro da sé. Il che significherebbe che lo stage, magari di per sé molto formativo, ha solo contribuito all'arricchimento personale e del curriculum. Non è il solo aspetto del programma a sollevare qualche perplessità, benché l'intenzione di fondo sia inappuntabile: il rispetto delle linee guida stabilite da Bruxelles nell'ambito del cosiddetto libro verde in materia di tirocini, approvato nel 2009 con lo scopo di implementare la mobilità dei giovani europei e promuoverne l'apprendimento - anche nell'ottica di fornire elementi di controllo per evitare la piaga, molto radicata in Italia ma diffusa più o meno in tutta Europa, dei giovani inattivi, i cosiddetti Neet (nello stesso quadro in cui si colloca anche la Garanzia Giovani appena varata dal ministero del Lavoro).
Una sorta di fase due quindi rispetto ai vari Leonardo, Erasmus e Comenius, in cui agli Stati membri è richiesto un impegno maggiore per politiche più incisive, efficienza negli interventi di follow up e riconoscimento di competenze ex post. Il Safari Job ha però una caratteristica tutta sua. Si legge sul bando che «per la partecipazione al tirocinio formativo è previsto il versamento di un contributo calcolato in relazione all’Isee e alla durata prescelta dal candidato per il soggiorno», un obolo da versare prima della partenza che varia dai 300 euro (per 4 mesi e con un Isee inferiore agli 8mila euro) ai 2mila (per tirocini semestrali e con reddito dai 24 ai 32mila euro). Senza che sia previsto alcun rimborso spese per lo stage. In compenso però il contributo dà diritto a una serie di facilitazioni, che di fatto riducono al minimo la necessità per i ragazzi di fare appello alle proprie finanze: è garantita infatti la copertura dell'alloggio nel Paese straniero (spesso presso famiglie che offrono ospitalità come secondo lavoro), le spese del viaggio più quelle per i trasporti locali, un corso di lingua in loco, un seminario di preparazione pre stage, l'assicurazione sanitaria. Meccanismo questo che non è peraltro limitato ai Safari Job, come spiega alla Repubblica degli Stagisti Paola Trifoni, coordinatrice per il progetto dell'Agenzia Giovani: «Ogni dipendente pubblico deve versare per legge un piccolo tributo mensile destinato a un fondo speciale (il cosiddetto Fondo Credito, ndr), a cui poi tutti gli assicurati possono attingere per usufruire di prestazioni creditizie agevolate» come mutui, prestiti o altro. Benefit che esistono anche in altre casse di previdenza, ma che per la Gestione separata dell'Inps - cui sono iscritti d'ufficio tutti i dipendenti pubblici italiani - si estendono anche a vacanze studio, master, borse di studio, corsi di aggiornamento professionali per i figli dei dipendenti, il tutto finanziato in parte con trattenute minime sugli stipendi dei lavoratori (in media dello 0,5%) e in parte da quote di partecipazione corrisposte in anticipo sull'attività, come nel caso del progetto in questione.
«Con il risultato che molti familiari dei dipendenti si trovano a poter frequentare un master o usufruire di una vacanza studio in convenzione a costi stracciati» sottolinea la Trifoni. Ma il caso degli stage non può passare inosservato: possibile che un colosso previdenziale come l'Inpdap, oggi fuso con l'Inps, non sia in grado di erogare un rimborso spese 'reale' agli stagisti selezionati, invece di somministrarlo sotto forma di 'pacchetto tutto incluso' previo contributo iniziale sostenuto dai genitori? Senza contare l'aspetto della scelta delle aziende ospitanti, di quelle che impartiscono i corsi di lingua o delle famiglie ospitanti. «Se ne occupano agenzie sul posto cui ci affidiamo» è la risposta un po' ponziopilatesca della Trifoni, che sottintende che l'Agenzia non vigila in prima persona sulla qualità degli stage. La brochure sui risultati del progetto parla addirittura di tirocini spezzettati in più imprese: «185 hanno svolto lo stage in un'unica azienda, e i restanti 126 lo hanno fatto in diverse aziende, da due a quattro». Elemento paradossalmente considerato positivo, perché ha dato «la possibilità di sviluppare il know how in diversi ambiti lavorativi», si legge.
Gli ex tirocinanti intervistati nel video di presentazione del Safari Job (nel 2012) si dicono – naturalmente – entusiasti di aver partecipato. Nunzia Patruno [nella foto], pugliese e avvocato, racconta di essere stata assegnata all'Eurodesk di Bruxelles (restando quindi «in casa»: curiosamente è infatti la stessa agenzia, versione belga, che fornisce il supporto tecnico all'iniziativa dell'Inpdap), e di essersi occupata del sito dell'organizzazione. È convinta che l'opportunità «la aiuterà in futuro a inserirsi meglio nel contesto lavorativo». Lo stesso tirocinio, nello stesso ente, lo ha svolto anche la 22enne Irene Artesano, laureata in Scienze della Comunicazione. «Aggiorno i dati per il portale, ho migliorato la lingua e mi confronto con persone diverse», afferma. «Ho imparato a controllare l'emotività» spiega ancora Chiara Guerra, 24enne di Lecce, laureanda e stagista presso un'agenzia interinale inglese. Dell'esito di questi tirocini, però, non è dato sapere.
Gianluca Troiano, 31enne di Chieti e laureato in Sociologia, ha fondato un gruppo su Facebook dedicato ai tirocini Safari Job. Adesso è di nuovo disoccupato, eppure si dice soddisfatto: «Sono un diversamente abile e non è facile trovare da solo un'azienda compatibile con i propri interessi». Per 20 settimane in una cittadina del sud dell'Inghilterra, dove ha svolto lo stage presso una charity, ha pagato 1250 euro, ma nel complesso «giudico quei mesi positivi». La richiesta di pagamento della quota che deve comunque aver scoraggiato i quasi 500 rinunciatari di cui si scopre l'esistenza nella relazione finale: sono più di un terzo degli 800 selezionati. Anche sul forum della Repubblica degli Stagisti i dubbi sulla validità del progetto non mancano: «L'organizzazione lascia molto a desiderare, nessun colloquio bensì solo alcuni documenti da compilare, cv, lettera di presentazione e videocv» scrive in un post una ragazza che si firma Fragolina. Gli fa eco Arciere87: «Io stesso ho avuto problemi, così come molti altri ragazzi che si sono trovati in seria difficoltà». Per ora il bando resta sospeso, «avendo esaurito i fondi a disposizione» precisano sul sito di Safari Job. In attesa forse che si facciano avanti altre centinaia di giovani disposti a pagare per un tirocinio all'estero.
Ilaria Mariotti
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