Stage all'estero senza assicurazione sanitaria: le storie di chi ci è passato

Giuseppe Vespo

Giuseppe Vespo

Scritto il 31 Lug 2009 in Storie

Per approfondire il tema degli stage al di fuori dell'Unione europea e in particolare di cosa succede se malauguratamente ci si ammala – o si ha un incidente – senza essere coperti da un'assicurazione sanitaria, la Repubblica degli Stagisti ha raccolto alcune storie di ex stagisti costretti a pagarsi da soli le spese mediche o a stipulare assicurazioni private.
Lo ha fatto Cesare, 27 anni di Melzo, in provincia di Milano, che con il progetto Mae-Crui è andato a Los Angeles da aprile ad agosto del 2007 in quella che si può definire la Camera di commercio italiana per la California. «Gran bella esperienza di vita, un po' meno dal punto di vista professionale». Cesare ha pagato duecento euro per garantirsi una copertura sanitaria («un mese sono rimasto scoperto, ma avrei dovuto pagare ancora di più») attingendo ai cinquemila euro del prestito d'onore col quale si è finanziato lo stage negli Usa. Soldi che adesso sta restituendo con un lavoro precario alla Camera di commercio di Lodi. Dice che è chiaro che «chi va negli Stati Uniti la prima cosa che deve fare è l'assicurazione sanitaria». Ricorda però di un'altra «stagista dell'istituto di cultura di Los Angeles che ha avuto dei problemi di salute e non aveva coperture. S'è vista recapitare un conto di duemila euro».
A Clarissa, trentenne di Roma, è andata meglio. Nell’aprile del 2005, appena arrivata a New York per uno stage di tre mesi all’Istituto di cultura conosce per caso la coppia che di lì a poco l’avrebbe aiutata a curarsi. Dopo pochi giorni nella Grande  Mela,  infatti, viene colpita da un’otite. È senza assicurazione, cerca aiuto e lo trova in proprio in quei due ragazzi conosciuti qualche giorno prima. La portano in un ospedale a Brooklyn, la fanno visitare da un amico medico che scarica su uno di loro le spese del controllo e quelle dei farmaci. «Non ricordo bene perché non feci l’assicurazione – racconta oggi la giovane romana – forse perché ero troppo ottimista. Ricordo però che il bando non diceva nulla a riguardo. Invece credo che sia importante che i ragazzi vengano informati prima, così da potersi organizzare».
Di questi e altri problemi si discute – e non poteva essere altrimenti – anche su Facebook, che ospita due gruppi che parlano di stage all’estero: “Teste di M.A.E.” e “Stagisti ed ex stagisti Mae-Crui”.
Tanti i commenti entusiasti e tante le richieste di consigli da parte di chi deve partire. Sul primo, tra gli ultimi post c’è anche quello di Elena che scrive: «Sono stata presa x la rappresentanza permanente presso l'UE a Bruxelles, ma leggendo questi wall mi sto scoraggiando… davvero é un'esperienza così inutile cm sembra leggendo i vostri post?».

Giuseppe Vespo

Per saperne di più su questo argomento, leggi anche l'articolo
«Stage all'estero, Mae-Crui ma non solo: attenzione all'assicurazione sanitaria»

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