Lorenza Margherita
Scritto il 18 Lug 2012 in Approfondimenti
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La legge numero 92/2012 che introduce la riforma del mercato del lavoro entrerà in vigore dal 18 luglio. Ma riuscirà davvero a ridurre la disoccupazione e correggere quelle deformazioni strutturali che impediscono a migliaia di giovani di trovare lavoro e di essere «mobili» nel mercato? Il senatore Pietro Ichino, intervenuto all’inizio di luglio a Milano al convegno «La riforma del lavoro: che cosa c’è, cosa manca, luci e ombre» organizzato dagli studi di giuslavoristi Ichino-Brugnatelli e Lablaw, è convinto di sì.
Il problema principale è che il mercato del lavoro italiano sembra favorire la mobilità solo di chi è già in possesso di un’occupazione, rendendo difficile l’assorbimento di chi si affaccia al lavoro e di chi è disoccupato. Da uno studio dell'Ocse del 2008 sui flussi mensili tra disoccupazione e occupazione, l'Italia è emersa come il paese con il tessuto produttivo più vischioso poiché la mobilità dei lavoratori riguarda per lo più chi un lavoro lo ha già. Nel 2011, nonostante la crisi, sono stati firmati circa dieci milioni di contratti, di cui quasi due milioni a tempo indeterminato: si tratta però di opportunità offerte a persone “migranti” da un’azienda all’altra, e in misura infinitesimale a inoccupati e disoccupati.
Gli interventi apportati dal governo in materia di licenziamenti mirano a sbloccare questo "circolo causale" come spiegato da Ichino: «Se il mercato del lavoro non permette a chi ne è rimasto fuori di rientrare con facilità, il licenziamento causa un danno maggiore e il controllo giudiziale si fa più severo, pertanto le aziende sono costrette a conservare i posti di lavoro anche se la produttività dei lavoratori è diminuita».
Accantonata l'idea di un modello di contratto unico e di flexsecurity a causa delle pressioni generate dal disaccordo tra associazioni sindacali e datoriali, il governo ha scelto, in materia di licenziamenti, di passare in generale per tutte le aziende da un regime di «property rule» basato sulla reintegrazione del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o giustificato motivo (in sostanza si tratta della “tutela reale” prevista attualmente dall’art.18 della legge 300/1970 per aziende con più di 15 dipendenti), ad un sistema di «liability rule» che prevede la corresponsione di un indennizzo economico al lavoratore ingiustificatamente licenziato.Ma se il dibattito sui licenziamenti si concentra sulle conseguenze che si generano all’uscita dal mercato del lavoro, secondo il senatore Ichino, la causa dei problemi va ricercata all’ingresso : «Nel nostro paese il forte tasso di disoccupazione giovanile è frutto di uno scollamento tra il mondo della scuola e della formazione e quello del lavoro, causato anche dalla scarsa gestione da parte delle regioni, sui cui grava la competenza, delle risorse impiegate a fini formativi» riflette il senatore: «basta con i corsi inutili che le regioni erogano per reintegrare dalla disoccupazione gli ex lavoratori. La situazione attuale necessita di un intervento in via sussidiaria da parte dello Stato per ripristinare livelli standard di preparazione. Anche le università hanno una loro responsabilità per aver istituito corsi di laurea che creano aspettative impossibili da realizzare nell'attuale mercato del lavoro del nostro paese». A conferma di ciò Ichino ha citato gli ultimi dati resi pubblici dall'eurobarometro: «Il 40% dei giovani svedesi tra i 15 e i 25 anni è disposto a svolgere lavori manuali per i quali il mercato del lavoro riserva il 42% dei posti disponibili mentre in Italia -dove il 48% della domanda di forza lavoro proviene da settori a vocazione artigianale e operaia- solo il 5% dei giovani è consapevole di poter trovare un posto in questi campi».
Ma chi cercano le aziende italiane? I dati pubblicati dal progetto Excelsior, sistema informativo per l’occupazione e la formazione coordinato dal Ministero del lavoro, Unioncamere e Unione Europea fotografa per il secondo trimestre 2012 in vista della stagione estiva in corso [nel grafico sopra] una forte richiesta di lavoro giovanile nell’ambito del settore turistico, del commercio e dei servizi alla persona, con quasi ventimila nuovi reclutamenti.
In generale per le assunzioni non stagionali, oltre il 46,3% della domanda di lavoro si concentra sulla ricerca di chi ha conseguito un diploma di scuola secondaria, mentre solo il 14,9% dei posti di lavoro disponibili attende i laureati. In questo scenario la riforma appena varata dal governo convoglia gran parte dei contratti destinati ai giovani verso l’apprendistato, visto come soluzione ideale per conciliare la formazione con il lavoro, ma come dice Ichino: «Si tratta di un contratto ancora molto complicato da applicare per le aziende, ma è pur sempre un primo passo per migliorare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».
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