Con la riforma del lavoro elaborata dal ministro Fornero anche l'indennità di disoccupazione non sarà più la stessa. Se il disegno di legge ora al vaglio del Parlamento non sarà modificato, il nuovo ammortizzatore sociale per chi perde il lavoro in maniera involontaria - escluse quindi le dimissioni o le risoluzioni consensuali dei rapporti di lavoro - si chiamerà Aspi («assicurazione sociale per l'impiego», articolo 22 del ddl), e avrà una variante in forma ridotta: la MiniAspi (art. 28). Che, dati i requisiti molto stringenti per accedere all'Aspi, si prospetta essere il nuovo paracadute per i precari in senso assoluto, quelli cioè che in un anno riescono ad accumulare pochi mesi di lavoro.
La differenza sostanziale con il regime precedente consiste sia nel tempo necessario a maturare l'indennità, sia nel requisito della permanenza dello stato di disoccupazione, indispensabile - secondo l'attuale disegno di legge - affinchè si instauri il diritto a percepire l'assicurazione. Superato il regime transitorio che si concluderà nel 2017, gli aventi diritto riceveranno infatti la MiniAspi mentre sono ancora disoccupati, e non più l'anno successivo come in passato. Inoltre basterà aver lavorato per un periodo di 13 settimane negli ultimi dodici mesi (nel caso dell'Aspi le settimane sono invece 52 nell'ultimo biennio, mentre gli anni di contribuzione devono essere almeno due - requisito assente per la versione ridotta).
Ma a chi spetta l'indennità? In entrambi i casi - Aspi e MiniAspi - a lavoratori dipendenti con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, inclusi dipendenti della pubblica amministrazione, artisti e apprendisti. Restano fuori invece cococo, titolari di contratti a progetto e operai agricoli.
Come si articolerà in concreto la MiniAspi? La Repubblica degli Stagisti, con l'aiuto di Andrea Candidori della direzione risorse umane di Groupama, ha tracciato alcune proiezioni di sussidio per tre tipologie di lavoratori con diversi periodi di contribuzione.
Il primo esempio è quello di un lavoratore con contratto a tempo determinato che abbia lavorato da settembre a novembre del 2013, quindi per tre mesi, con un lordo mensile di 900 euro e un contratto che prevede 14 mensilità. In questo caso, così come previsto dall'articolo 28 del ddl, il lavoratore avrà diritto al 75% della busta paga (se lo stipendio fosse stato invece superiore ai 1.180 euro, l'indennità sarebbe cresciuta del 25% «del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo», si legge nel ddl). Ipotizzando che abbia percepito un totale di 3.450 euro (tra straordinari e ratei di aggiuntiva, quindi tredicesima e quattordicesima), il lavoratore maturerebbe un'indennità pari a 861,84 euro al mese (l'imponibile va infatti diviso per le settimane di contribuzione e moltiplicato poi per il numero 4,33).
Per quanto riguarda la durata del miniAspi, il ddl stabilisce che l'indennità «è corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione dell'ultimo anno». Il contrattista di tre mesi avrebbe quindi diritto alla MiniAspi per 6 settimane e mezzo: il secondo mese l'indennità sarà dunque dimezzata, per un totale di 488 euro.
Un secondo caso è quello di un lavoratore a tempo determinato che abbia lavorato per nove mesi, con uno stipendio di 1.500 euro lordi mensili su 14 mensilità. Partendo da un imponibile di 15.750 euro, il calcolo questa volta va fatto aggiungendo il differenziale del 25%, in quanto la retribuzione supera i 1.180 euro mensili. Il lavoratore percepirebbe dunque 1.119 euro al mese per 19 settimane e mezzo, quindi quasi cinque mesi.
Terzo caso è quello di un apprendista che abbia lavorato per sei mesi, pagato mille euro lordi al mese, con quattordicesima, per un totale di 8mila euro di reddito. In questo caso al lavoratore andrebbe un sussidio di 999 euro mensili per tre mesi.
Non tutto è perduto poi per i lavoratori coordinati e continuativi. A dar loro un po' di respiro dovrebbe arrivare la una tantum prevista dall'articolo 35 del disegno di legge, che in base alle promesse del governo potrebbe diventare finalmente 'strutturale' e non più estemporanea come avvenuto finora. I requisiti: aver lavorato in regime di monocommittenza e non aver percepito più di 20mila euro, aver maturato un periodo di disoccupazione di almeno due mesi non stop, almeno quattro mensilità versate presso la Gestione separata nell'anno precedente e almeno un mese di lavoro nell'anno in corso.
Un esempio: il titolare di un contratto a progetto di quattro mesi che avesse guadagnato meno di 20mila euro prenderebbe 2.986 euro (il calcolo è realizzato sul 5% del minimale annuo di reddito, fissato per il 2012 a 14.930 euro in base all'art. 1 della legge 233/1990, poi «moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l’anno precedente e quelle non coperte da contribuzione», come indica il ddl). L'una tantum in questo caso, in quanto superiore a mille euro, verrebbe corrisposta in tre rate mensili in ottemperanza al dettato del comma 3 dell'articolo 35 del ddl. In sostanza la cosa importante da sapere è che questo tipo di sussidio non dipenderebbe dal fatto che il collaboratore abbia avuto uno stipendio mensile di mille piuttosto che di tre-quattromila euro, ma dal numero di mesi in cui è stato impiegato.
Tutto questo naturalmente a patto che il Parlamento non intervenga sul capo IV° del disegno di legge: se così fosse, le proiezioni potrebbero cambiare anche in maniera rilevante.
Ilaria Mariotti
Per saperne di più su questo argomento leggi anche:
- Riforma del lavoro, ecco punto per punto cosa riguarda i giovani
- Riforma Fornero, cosa non va secondo i sindacalisti esperti di precariato
E anche:
- Regioni e riforma del lavoro, è guerra al governo sull'articolo sui tirocini
- Stage, il ddl Fornero punta a introdurre rimborso spese obbligatorio e sanzioni per chi sfrutta
Community