Uno dei più positivi e importanti articoli del disegno di legge Fornero sulla riforma del mercato del lavoro è il 12, quello che riguarda i tirocini. Esso si propone di creare un tavolo di discussione tra governo e Regioni al fine di elaborare, nei 6 mesi successivi all'approvazione della riforma, una serie di linee guida per uniformare a livello nazionale la normativa sugli stage, ponendo alcuni paletti-base comuni che impediscano che ogni Regione faccia a modo suo. Un principio di puro buonsenso che è stato messo in dubbio ieri dalla Conferenza delle Regioni. L'assessore regionale toscano Gianfranco Simoncini, chiamato a parlare in commissione Lavoro al Senato in rappresentanza appunto delle Regioni, ha chiesto infatti la soppressione dell'articolo 12 del ddl, che costituirebbe una «invasione di campo» e avrebbe «profili di incostituzionalità». Perchè da tempo le Regioni rivendicano la competenza esclusiva in materia di stage, e per questo chiedono al governo di fare un passo indietro rispetto alla prospettiva di una legge-quadro nazionale di indirizzo.
Una richiesta grave e insensata, perché la revisione della normativa sui tirocini è parte essenziale della riforma del mercato del lavoro: senza un intervento sull'abuso degli stage, come la Repubblica degli Stagisti ha sempre ammonito, non si realizzerà mai un vero rilancio dell'apprendistato e più in generale un miglioramento delle condizioni dei giovani lavoratori.
La posizione delle Regioni sorprende perché l'articolo 12 del ddl non è certo una invasione di campo né tantomeno una prevaricazione dello Stato sulle Regioni: si limita a esplicitare la volontà di rivedere la «disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo», cioè di depotenziare la capacità degli stage di fungere da concorrenti sleali dell'apprendistato; di prevedere «azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività»; di introdurre «sanzioni amministrative, in misura variabile da mille a seimila euro»; e infine di impedire la «assoluta gratuità del tirocinio, attraverso il riconoscimento di una indennità, anche in forma forfetaria»: cioè di abolire gli stage gratuiti.
Davvero difficile non essere d'accordo. E quasi sleale agitare lo spauracchio della incostituzionalità: come ha spiegato di recente il costituzionalista Francesco Clementi alla Repubblica degli Stagisti, la lettera "m" del comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione garantisce sempre allo Stato di legiferare, anche in una materia formalmente di competenza esclusiva regionale, al fine di garantire un'uniformità standard su tutto il territorio nazionale su un certo tema. Nell'intervista Clementi ha anche ricordato che rispetto ai tirocini la Corte costituzionale si è pronunciata una sola volta, nel 2005, dicendo sì che erano di competenza regionale: ma solo ed esclusivamente quelli estivi. E non tutti i tirocini, che vengono svolti in tutti i 12 mesi da gennaio a dicembre da oltre mezzo milione di giovani ogni anno, e non certo solo dagli studenti da giugno a settembre.
L'assessore Simoncini è alla guida dell'assessorato al lavoro di una Regione letteralmente all'avanguardia su questo tema, la Toscana, che ha licenziato nei mesi scorsi una legge assolutamente innovativa in materia di tirocini e il cui apporto sarà prezioso nel tavolo di confronto Stato-Regioni che il ministro Fornero ha già previsto di creare. Più degli altri dovrebbe essere consapevole dei rischi che comporta la presa di posizione della Conferenza delle Regioni: una leopardizzazione della normativa sugli stage e della tutela dei giovani, che porterebbe iniquità nel trattamento degli stagisti da una città all'altra.
In effetti, solo nelle ultime settimane la Regione Toscana che ha legiferato imponendo un rimborso spese minimo di 500 euro al mese per i tirocini extracurriculari; la Regione Abruzzo che ha fatto lo stesso Con una deliberazione, ponendo però il rimborso minimo a 600 euro al mese; e la Regione Lombardia che invece ha approvato un regolamento che ribadisce la possibilità di fare stage gratis. Vogliamo andare avanti di questo passo? Vogliamo avere tra un anno venti regolamentazioni diverse dello stage, e far avere ai giovani diritti e doveri diversi a seconda del luogo in cui fanno lo stage?
Senza una legge-quadro nazionale molte Regioni meno "responsabili" potranno continuare a permettere la vergogna degli stage completamente privi di rimborso spese, o a non prevedere sanzioni per i datori di lavoro che violano la normativa. I giovani hanno bisogno di regole certe, chiare e che li mettano al riparo dallo sfruttamento. Avere venti normative diverse sullo stage non va certamente in questo senso.
Eleonora Voltolina
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