Abbandonare le consuetudini di una vita, rassicuranti e limitanti in ugual misura, e partire da zero alla scoperta di nuovi modi di vivere e pensare. Provare a immaginare un futuro che non c'è, rischiare; arrivare ai confini di ciò che si è sempre saputo, superarli. Esporsi alle difficoltà e alle gratificazioni di tracciare strade nuove, più che affollare quelle da tempo asfaltate. Esiste una sana inquietudine ma l'Italia sembra non accorgersene più.
A gettare acqua fresca sul viso arriva il bel libro di Roberto Bonzio, 60 anni quest'anno, giornalista e ideatore nel 2008 del progetto di storytelling multimediale Italiani di Frontiera [a fianco, in una foto tratta dagli annuari dell'università Ca' Foscari, che nel 20013 l'ha eletto Cafoscarino dell'anno].
Dallo scorso marzo il progetto multimediale è appunto affiancato anche da un libro, sottotitolo Dal west al web: un'avventura in Silicon Valley (176 pagine, Egea editore, da poco disponibile su cartaceo anche negli USA): una collezione di storie di italiani innovatori di successo raccolte da Bonzio nel 2008 nell'arco di sei mesi di «overdose di adrenalina, idee ed emozioni» in California. Storie che nel libro si incrociano con quelle della corsa all'oro di fine Ottocento, ma anche con le altre emerse negli ultimi anni di attività di IdF, tutte introdotte dalla prefazione di Gian Antonio Stella.
No, sembra dire Bonzio con questa ricognizione lunga più di un secolo: la felice "sindrome Marco Polo" non è estinta ma solo sopita. Il bel Paese è ancora seduto su una miniera d'oro di talento ed energia, per quanto difficile da mettere a frutto. Di italiani "inquieti" è piena la storia, del passato ma anche del presente, e a tuffarsi nei racconti di ciascuno è difficile non rimanerne entusiasmati ed ispirati (centro al bersaglio per l'autore). Provo, mi butto, perché no. Quell'idea non è poi così folle. Senza questo spirito probabilmente il mondo non avrebbe mai avuto un Carlos Montezuma, rapito e messo all'asta all'età cinque anni ma riscattato dal fotografo napoletano Carlo Gentile, che lo adotta e lo fa studiare. E chissà come funzionerebbero oggi i computer, senza lo sviluppo della Silicon Gate Technology e l'invenzione del microprocessore da parte del vicentino Federico Faggin.
Oggi, ricorda Gian Antonio Stella, non si vedono più cartelloni "Wanted" nel far west della Silicon Valley, ma la caccia all'uomo continua. «Serratissima. È la taglia sulla testa dei programmatori più creativi, dei laureati più brillanti, dei tecnici più sveliti a trovare le soluzioni... E sono davvero tanti, gli italiani che nella contea di Santa Clara, a sud di San Francisco, hanno trovato la loro pepita». Come le trentenni Elena Favilli e Francesca Cavallo, le menti dietro l'emagazine touchscreen più scaricato al mondo, Timbuktu. Come i giovani Augusto Marietti, Marco Palladino e Michele Zonca, che a San Francisco sono riusciti a far decollare Mashape, oggi marketplace di successo per sviluppatori di app, fondata nel 2009 a Milano. O come Gianluca Iaccarino, 44enne ingegenere di Sorrento laureato alla Federico II di Napoli, premiato già nel 2010 alla Casa Bianca da Obama con il prestigioso Presidential Early Career Award for Scientists and Engineers.
Anche l'autore fa in un certo senso parte di questi eroi moderni. Anche lui ha assecondato - big time, direbbero in America, con tutti i crismi - il pungolio che lo spingeva a scoprire il nuovo, spazzando via decenni di macerie culturali. Ha infatti un bel posto fisso sicuro nella redazione di Reuters quando nel 2008 il 53enne Bonzio decide di lasciare tutto e andare negli USA: prende un'aspettativa dalla sua testata e si butta nell'autoproduzione di quella che sarà un'«avventura entusiasmante, di non ritorno» trasferendosi per sei mesi con la famiglia nella leggendaria Bay Area, quartier generale di titani come HP, Apple, Google, YouTube, Amazon. Un luogo il cui tratto culturale più distintivo è stato efficacemente riassunto da Steve Jobs a Tony Blair: «Se fai una cosa nuova e fallisci, qui sei considerato uno che ha tentato una cosa nuova, nel resto del mondo uno che ha fallito».
Volendosi cimentare con il "trova le differenze", la lista è lunga: «In Italia esiste l'idea di una torta finita» racconta lo scienziato Federico Faggin a Bonzio «e se io prendo un a fetta più grande faccio sì che quella degli altri diventi più piccola. Lì no, se uno lavora e crea nuove industrie, la fetta di torta diventa più grande per tutti». Concetto poco intuitivo e ancora meno conosciuto in Italia, dove tendono a prevalere sentimenti di invidia e disfattismo, e la sconfitta è accettabile solo se è comune. O dove, peggio ancora, la sconfitta altrui è motivazione di gratificazione e realizzazione: "sindrome del Palio di Siena", la definisce l'autore, rendendo solo in parte meno indigesta l'idea. L'identikit culturale della Silicon Valley conta anche efficienza («una riunione alle 8 inizia alle 8 e se è fissata di un'ora, un'ora dura»), meritocrazia («ci si scervella veramente per capire qual è il candidato migliore»), informalità nei rapporti con i superiori («Gentile professore Herschlag...» «Chiamami Dan»), valore della pianificazione (l'italico colpo di genio all'ultimo minuto può fare comodo ma non fare curriculum).
Italiani di frontiera, va detto, non è stato tanto il prodotto di un salto nel vuoto, ma il suo trampolino: una maniera per dare forma e sostanza al quella sana inquietudine, che da sola non basta ad ottenere un visto di ingresso negli USA. Il prodotto vero per Roberto Bonzio è stata una rivoluzione di sguardo, su di sè, sul modo di fare giornalismo, sui problemi e sulle risorse dell'Italia. Per lui vale ciò che ha avuto modo di dire Renzo Piano, riferendosi ai giovani ma non solo: «devono partire, ma per curiosità non per disperazione. Andare, per capire il mondo ma anche un'altra cosa, ancora più importante: se stessi». Il viaggio per Roberto Bonzio continua tutt'oggi, a tempo pieno dal 2011, quando ha dato le dimissioni da giornalista Reuters per dedicarsi a tempo pieno al progetto IdF, e in ottima compagnia Sull'onda del successo della precedente edizione, partirà il prossimo 22 agosto il secondo Italiani di frontiera Silicon Valley tour 2015, rivolto a manager e imprenditori desiderosi di trovare contatti, ispirazione, idee. E riportarli in Italia.
Annalisa Di Palo
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