Il capo degli ispettori del lavoro: «Se lo stage serve ad aggirare l'assunzione, noi la ordineremo»

Veronica Ulivieri

Veronica Ulivieri

Scritto il 01 Feb 2013 in Interviste

Paolo Pennesi è il direttore generale dell’Attività ispettiva del ministero del Lavoro, il responsabile, cioè, a livello nazionale, dei controlli sulle aziende e l’applicazione di contratti di lavoro – e anche di tirocinio. Un argomento, quest’ultimo, che ultimamente è diventato molto caldo: dopo che la Corte ha infatti dichiarato incostituzionale l’articolo 11 (quello dedicato agli stage) della legge 148/2011, decretando la competenza esclusiva delle amministrazioni regionali in materia, «siamo in una situazione di vuoto normativo», spiega Pennesi. Con la conseguenza che lo stato «non può legiferare», e che non resta che attendere che le venti regioni legiferino, come promesso, entro la fine di luglio. Il 24 gennaio la Conferenza Stato-Regioni ha approvato una serie di linee guida per gli stage extracurriculari, che comprendono il divieto di attivare stage per tipologie di attività lavorative ripetitive e meramente esecutive, per le quali non sia necessario un periodo formativo, e l’obbligo di un’indennità minima, che gli enti locali si sono impegnati a fissare almeno a 400 euro. Si tratta però solo di principi che andranno recepiti, appunto, con specifiche leggi regionali. Gli spazi di manovra per il dicastero rimangono quindi ristretti, mentre è più semplice per Regioni «non proprio virtuose» come la Sardegna avviare un bando per tirocini formativi e di orientamento con diverse anomalie, come la Repubblica degli Stagisti ha denunciato.

Dottor Pennesi, molti degli annunci del bando Tfo della Regione Sardegna riguardano mansioni ripetitive e di basso profilo, come facchini, addetti alle pulizie, magazzinieri, operai portuali, porta pizza. È normale che si attivi uno stage formativo di sei mesi per imparare lavori simili?

Quelle offerte di stage sembrano piuttosto annunci di lavoro.  Nella logica dell’alternanza scuola-lavoro, per queste mansioni si può pensare a stage solo con molta fantasia. Sono piuttosto tipi di lavoro per i quali, dopo un periodo di prova, si attiva un percorso di apprendistato, che è un contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, soprattutto dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 11 della legge 148, c’è un vuoto normativo. La regolamentazione dei tirocini è di competenza esclusiva delle Regioni, che decidono in autonomia
i soggetti referenti per gli stage e le mansioni. La Regione Sardegna dice: «Non siamo noi a dover controllare». Ma chi allora, visto che sulla materia l’amministrazione regionale ha competenza esclusiva?

Nelle linee guida sui tirocini extracurriculari approvate pochi giorni fa in Conferenza Stato-Regioni si stabilisce che «il tirocinio non può essere utilizzato per tipologie di attività lavorative per le quali non sia necessario un periodo formativo». Questo agevola l’attività degli ispettori nello smascherare molti finti stage o stage non del tutto regolari?

Gli ispettori applicano le leggi: queste linee guida, però, per adesso sono solo principi. Mi auguro che le Regioni le percepiscano e le esplicitino il più chiaramente possibile. Più si usano concetti ampi, infatti, e più c’è il rischio di una certa arbitrarietà interpretativa. Serve invece una maggiore specificazione, un po’ come ha fatto il ministero con la circolare dell’11 dicembre 2012, in cui si stabilisce che nei casi di mansioni elementari e ripetitive non possono essere attivati contratti atipici e si fa poi un elenco di tutte le attività che possono rientrare in quella definizione.

Rispetto alla circolare che ha appena citato, applicando lo stesso principio agli stage, non ne deriva che per tali mansioni, che necessitano di un periodo di apprendimento molto breve, non dovrebbero essere fatti neanche tirocini formativi?

Anche per mansioni come l’addetto alle pulizie o il banconiere è previsto dai contratti collettivi l’apprendistato, con un percorso di formazione che in questi casi ha naturalmente un contenuto di conoscenze ridotto, e di conseguenza anche una durata limitata, di due o tre mesi in media. Ma attivare tirocini formativi per questi incarichi mi sembra un po’ forte. Lo stage in molti casi diventa uno strumento a ribasso che permette al datore di lavoro di provare un soggetto per un tempo molto più lungo rispetto a quello previsto dall’apprendistato, e senza dover rispettare alcun vincolo contrattuale. La Regione Sardegna lo utilizza in modo surrettizio. Lo stage deve permettere il contatto con le imprese, per capire se le conoscenze acquisite a scuola siano funzionali al lavoro. Ma poi, per il lavoro vero e proprio, deve subentrare un contratto.

La Cgil denuncia il fatto che in molti casi i Tfo sardi siano «piegati alle esigenze delle aziende» e rappresentino «un canale di lavoro a costo zero» per le imprese. Cosa può fare l'Ispettorato del lavoro?

Noi facciamo regolarmente ispezioni sui tirocini. La valutazione del contenuto formativo di uno stage è opinabile, soprattutto in una situazione di vuoto normativo come quella attuale. Possiamo piuttosto  intervenire con le sanzioni quando è dimostrata la subordinazione del rapporto di lavoro: nessuna libertà per lo stagista rispetto ai tempi e agli orari, suo impiego nel ciclo produttivo al pari di un lavoratore, assoggettamento al potere del datore di lavoro.

Ci sono stati anche casi di annunci rivolti a "ragazze di bella presenza" o per mansioni di bassissimo profilo. L'assessore al Lavoro della Regione Sardegna Liori dice che spetta all'ispettorato controllare. Se a un ispettore capiterà di ispezionare un'azienda sarda che ospita Tfo, e si troverà di fronte a un cameriere, o porta pizza, o commesso, o operaio, inquadrato come tirocinante e in forza in quell'azienda già magari da tre-quattro mesi, cosa farà? Accetterà e considererà congruo l'inquadramento? O aprirà una procedura per chiedere all'azienda di riqualificare lo "stagista Tfo" come lavoratore subordinato?

Ripeto, ci risulterà difficile poter valutare il contenuto formativo dello stage, ma se l’ispettore si troverà di fronte a un rapporto di lavoro subordinato mascherato da stage, avvierà la procedura per trasformare il tirocinio in rapporto di lavoro. Per l’azienda scatteranno il pagamento dei contributi previdenziali non versati e sanzioni penali e amministrative perché le mancate comunicazioni all’Agenzia per l’impiego. Potranno poi esserci sanzioni per altre irregolarità, in base alla mansione del falso tirocinante: assenza di sorveglianza sanitaria nel caso si tratti di un barista, mancanza di informazione e formazione per la sicurezza se si tratta di un operaio.

Quante ispezioni vengono mediamente effettuate ogni anno nelle aziende sarde, e con quali risultati?

Nel 2012, in Sardegna sono state fatte ispezioni in 7mila aziende, di cui 4.333 sono risultate irregolari, per un totale di 11.249 lavoratori non in regola. Per 1.686 soggetti è stato avviato il processo di riqualificazione del lavoro: sono casi di lavoro subordinato mascherati da cocopro o tirocinio.

La circolare del 13 settembre 2011 prometteva una stretta sui controlli. C'è stata? E ci sarà nel caso dei tirocini sardi?

Sì, ci sono stati maggiori controlli e nel 2013 le ispezioni che hanno come obiettivo la riqualificazione dei lavoratori saranno intensificate.

Nella vetrina D/O di Sardegnatirocini.it compaiono anche offerte di stage senza alcuna indennità. Il rimborso, nei casi di tirocini senza voucher, dovrebbe spettare all'azienda, che però dichiara che non lo erogherà. L'Agenzia del lavoro, dal canto suo, promette che non saranno attivati stage gratuiti. Come si evitano certe situazioni?

La legge Fornero e le conseguenti linee guida hanno stabilito in via di principio il divieto di gratuità per i tirocini extracurriculari, prevedendo un’indennità minima. Ma finché non c’è una norma della Regione che prevede l’obbligo di un rimborso per il tirocinante, l’Ispettorato non può fare niente. Le linee guida approvate pochi giorni fa ribadiscono la richiesta di un impegno da parte delle Regioni a legiferare anche in materia di  un’indennità minima: anche in relazione al differente costo della vita tra Nord e Sud, ogni Regione dovrà stabilire una cifra, ma sempre in un range di accettabilità.

La Regione Sardegna non prevede il divieto di effettuare questi Tfo, pagati con fondi pubblici, per due anni di seguito. Ha senso secondo lei che qualcuno possa usufruirne due volte, mentre altri candidati restano fuori?

Molte Regioni hanno previsto che questo particolare tipo di tirocini possa essere fatto una sola volta. Sarebbe buona norma che questo avvenisse in tutte le Regioni, anche per favorire il coinvolgimento di un più ampio numero di aspiranti stagisti. Ma tutto sta alla discrezionalità regionale.

Dopo che l'articolo 11 della legge 148 è stato dichiarato incostituzionale, la circolare del 13 settembre 2011 ha perso ogni valore? Secondo quanto stabiliva, non era possibile attivare tirocini formativi per inoccupati e disoccupati come sta facendo la Regione Sardegna.

La Corte costituzionale ha stabilito che la materia dei tirocini è di competenza esclusiva delle Regioni. L’unica soluzione rimane la strada individuata dall’articolo 34 della legge Fornero, che ha previsto la messa a punto di linee guida condivise in sede di Conferenza Stato-Regioni, a cui poi queste ultime dovranno uniformarsi entro sei mesi.

Veronica Ulivieri


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