L'ultimo caso di Help arrivato alla Repubblica degli Stagisti, relativo alla Fondazione DNArt, coinvolge anche l'università Statale di Milano, che negli ultimi anni ha inviato in stage presso questa Fondazione e la sua "gemella" Fabbrica delle Idee srl alcuni studenti e neolaureati. Fino a quando non ha ricevuto una formale lettera di reclamo da parte di Virginia L. e Lorenza S., che tra le altre cose evidenziava come negli uffici di via dell'Orso, comuni alle due realtà, a un certo punto fossero presenti contemporaneamente quattro stagisti, a fronte di un numero esiguo di dipendenti a tempo indeterminato. Insomma, una violazione dell'articolo 1 della normativa 142/1998 sui tirocini.
A questo punto Barbara Rosina, direttore del Cosp – il Centro di servizio di ateneo per l'orientamento allo studio e alle professioni – si è mossa per verificare la situazione e prendere provvedimenti. Il Cosp attiva circa 4mila tirocini all'anno; il personale dell'ufficio stage è composto da quattro persone coordinate dalla Rosina. E proprio a lei la Repubblica degli Stagisti ha chiesto di approfondire non solo il caso DNArt ma in generale sui problemi che possono capitare nel corso di uno stage, e sul ruolo che l'ente promotore può svolgere in questi casi.
Dottoressa Rosina, come ha deciso di comportarsi l'università Statale in merito alla situazione emersa rispetto agli stage presso la Fondazione DNArt?
Dopo attente verifiche abbiamo deciso di rescindere la convenzione che permetteva alla Fondazione e alla Fabbrica delle idee srl di ospitare stagisti provenienti dalla Statale. Stiamo preparando la lettera di notifica, manderemo in questi giorni la raccomandata. Per scrupolo abbiamo anche fatto una verifica con il nostro ufficio legale, che ci ha confermato che non abbiamo nessun tipo di vincolo a mantenere attive le convenzioni, laddove non soddisfino criteri di qualità e correttezza gestionale.
Era la prima volta che vi capitava un caso del genere?
No. Purtroppo molte società piccole organizzano attività legate all'ambito culturale e artistico muovendosi in maniera molto libera rispetto alla normativa sugli stage. Anche perché i ragazzi che vogliono lavorare in quel settore sono tantissimi e accettano qualsiasi cosa pur di farlo.
Lei cosa consiglia in questi casi?
Alle ragazze che hanno presentato il reclamo ho suggerito di non fossilizzarsi su quel settore. Non perché non ci sia niente di serio, ma perché purtroppo è molto saturo. Anche per altri casi stiamo cercando di sostenere gli studenti che abbiano avuto problemi di questo tipo, anche con percorsi di orientamento ad hoc, laddove possibile.
Diceva che non è la prima volta che chiudete una convenzione.
No, infatti. Giusto la settimana scorsa ne abbiamo chiusa una con un'altra piccola società, stavolta di comunicazione, per ragioni quasi identiche. Sono situazioni che però è molto difficile controllare, anche perché la normativa è molto generica. In generale, penso che sarebbe utile un migliore collegamento con l’ispettorato del lavoro. Avvierò una riflessione in questo senso, per valutare se mandare noi stessi segnalazioni su comportamenti scorretti nell'utilizzo dello strumento dello stage.
Rispetto al caso in questione, prima di tutto vi siete mossi per verificare le dichiarazioni delle ragazze.
Certamente. Sulla base della segnalazione, ci premeva sopratutto fare chiarezza sul numero di dipendenti a tempo indeterminato assunti presso la Fondazione DNArt e presso la srl Fabbrica delle Idee. Tra l'altro questa doppia realtà ci ha anche creato qualche problema nel fare le nostre verifiche: perchè se per le aziende si possono fare le visure camerali, per le Fondazioni questo tipo di documentazione è più difficile da reperire.
Che risposta avete avuto quando avete contattato la Fondazione DNArt per chiedere conto dell'accaduto?
I nostri operatori sono rimasti molto sorpresi dal comportamento dei nostri interlocutori. Sembravano sicuri di essere completamente in linea con le prescrizioni normative. Sembravano ritenere che tutto andasse bene e forse non pensavano che potessimo rescindere la convenzione con loro. Questo atteggiamento ci ha colpito, soprattutto a fronte di una richiesta di questo tipo. Se infatti il richiamo sul mancato rispetto del progetto formativo può apparire opinabile, la violazione di un punto preciso della normativa dovrebbe essere percepita come qualcosa di incontrovertibile, di più serio e grave. Indipendentemente da questo aspetto, abbiamo anche ascoltato le esperienze delle stagiste, che si sono dimostrate anche assolutamente non formative e devo dire che – indipendentemente da altri aspetti – avremmo comunque preso i medesimi provvedimenti, in virtù della qualità dell’esperienza offerta ai ragazzi, che noi dobbiamo tutelare.
Si verificano spesso problemi con gli stage?
Spesso no: ma maltrattamenti e molestie capitano. A livello statistico capita più frequentemente con le microimprese e con le piccole associazioni, che tra l'altro sono anche quelle che offrono meno sbocchi lavorativi al termine del percorso formativo. Per gli studenti che devono fare stage curriculari per soli tre mesi esperienze di questo tipo possono anche avere un senso, quando però si tratta di laureati che sperano attraverso il tirocinio di trovare un lavoro la situazione diventa problematica. Spesso le piccole realtà non conoscono nemmeno bene la differenza tra stagista e dipendente: l'altro giorno ci ha chiamato un'associazione dicendo «Lo stagista in questi giorni non sta venendo, e non ci porta il certificato medico». E il nostro collega si è trovato a dover spiegare che lo stagista non è tenuto a portare proprio nessun certificato...
Tornando al caso della Fondazione DNArt, come vi muoverete?
Una volta mandata la lettera considereremo chiuso quel fronte. Dedicheremo invece del tempo alle ragazze, perché teniamo molto a sostenerne il percorso professionale dopo una esperienza così poco piacevole.
Ricevete molte segnalazioni da stagisti insoddisfatti?
Da qualche tempo a questa parte le segnalazioni in effetti stanno aumentando. I ragazzi hanno iniziato a capire di potersi rivolgere a noi, e questo è indubbiamente un fatto positivo e una conferma che il nostro impegno va nella direzione giusta. E anzi qui colgo l'occasione per ringraziare la Repubblica degli Stagisti: noi siamo già molto sensibili a queste tematiche, ma sinergie e contributi sono sempre utili. Il problema però è che la normativa consente praticamente qualsiasi cosa. In alcuni casi, quando ci arriva un giovane dicendo «voglio assolutamente attivare questo stage» noi magari gli facciamo presente che le condizioni offerte dall'impresa in questione non sono ottimali, e lo sconsigliamo; ma se insiste non possiamo dirgli di no. Almeno cerchiamo di non attivare mai i dodici mesi tutti in una volta, abbiamo un regolamento interno che dice che la durata massima di uno stage è di sei mesi, al termine dei quali eventualmente si attivano gli altri sei di proroga. Ma scoraggiamo il «più 6»: perchè riteniamo che sei mesi siano già un tempo più che sufficiente per un percorso formativo.
Intervista di Eleonora Voltolina
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