Nelle ultime ore la vicenda ha avuto risonanza mondiale: David Hyde, 22enne neozelandese laureato in Scienze internazionali e attivista in erba, accetta uno stage gratuito all'Onu, ma non potendosi permettere l'affitto escogita di dormire in tenda, approfittandone per riportare in prima linea la causa degli stagisti. In Italia ne hanno parlato molte testate (Corriere, Huffington Post, Libero, Panorama...). La Repubblica degli Stagisti, oltre ad aver dedicato già l'altroieri alla notizia un approfondimento in inglese, è stata la prima ad intervistare il protagonista della storia: fuori di casa e autonomo dall'età di diciannove anni, non ha intenzione di rassegnarsi al ruolo - nel suo Paese inconcepibile - di "bamboccione".
L'Onu da parte sua ha replicato citando una presunta risoluzione dell'Assemblea generale che impedirebbe di pagare gli stagisti, cambiando poi versione e parlando di una direttiva amministrativa. Verosimilmente, si tratta invece di una questione puramente economica: inserire una cifra per coprire i grant delle migliaia di stage che hanno luogo ogni anno nei vari organismi dell'Onu è ora l'obiettivo di tutte le realtà che a livello nazionale e internazionali si occupano di diritti degli stagisti e di occupazione giovanile (Repubblica degli Stagisti, InternsGoPro, Youth Forum, Brussels Interns NGO, Génération Précaire, Interns Australia, Plattform Generation Praktikum, Intern Aware, Intern Labor Rights, Dinamo).
Confermi di aver vissuto in una tenda durante il tuo tirocinio gratuito all'Onu?
Sì, l'ho fatto. Cercando un monolocale o un appartamento in condivisione mi è stato subito chiaro che si trattava di prezzi assolutamente fuori dalla mia portata. Avevo bisogno di una soluzione in fretta e l'ho trovata, abbastanza semplice: vivere in una tenda. In questo modo sarei riuscito a prendere due piccioni con una fava: vivere a Ginevra con i miei fondi limitati e contribuire alla battaglia per i diritti degli stagisti. Il fatto che uno stagista Onu non pagato vivesse in tenda era un fatto piuttosto potente. Il mio tirocinio è iniziato lo scorso 3 agosto, e il 12 l'ho interrotto.
I tuoi genitori, amici o colleghi, ne erano a conoscenza?
I miei genitori non erano pienamente consapevoli della mia situazione. Sapevano che avevo ottenuto uno stage nelle Nazioni Unite, ma non ho mai raccontato loro la storia completa, né le mie intenzioni. Non ho mai chiesto aiuto. Non l'ho fatto con i miei colleghi, che per tutto il tempo mi sono stati comunque di grande supporto morale, né ho accettato le gentili offerte di tutte quelle persone che si sono fatte avanti, dopo che la mia storia è diventata pubblica. Questo perché non credevo e non credo che questa responsabilità debba spettare alle singole persone, quanto piuttosto alle organizzazioni e alle aziende che ci ospitano come stagisti.
Cosa avevi in mente esattamente per contribuire alla causa degli stagisti?
L'idea originale era abbastanza semplice. Fare lo stage gratuito e poi farci un breve documentario. Mi sembrava un buon modo per coniugare il mio desiderio di intraprendere una carriera nel campo delle relazioni internazionali e contribuire alla battaglia per i diritti degli stagisti. Alla fine l'attenzione mediatica ha fatto più di quanto qualsiasi documentario avrebbe potuto fare! Non avrei mai potuto prevedere un simile riscontro. Il mio tentativo di sensibilizzazione a livello locale si è trasformato in qualcosa di molto più grande.
Inizialmente volevi mantenere segreto il tuo attivismo, perché?
Dopo la reazione dei media alla mia storia, ho pensato che se avessi subito e pienamente espresso la mia intenzione di sensibilizzare l'opinione pubblica, avrei compromesso la grande opportunità che veniva data ai giovani di essere ascoltati. Volevo che i media avessero la possibilità di parlare dei problemi degli stagisti. Alla fine, ho deciso di spiegare pubblicamente la mia posizione per evitare che la storia reale potesse essere contaminata da rumors.
Eri in contatto con qualche organizzazione giovanile?
No, ho operato in totale autonomia. E aggiungo che il lavoro che le organizzazioni giovanili hanno fatto per tanti anni non ha ricevuto la meritata attenzione: mi aspetto che questa nuova attenzione mediatica sulla questione degli stagisti serva loro per dare propulsione al cambiamento.
Quanto spende uno stagista a Ginevra?
Ginevra è notoriamentemente costosissima ed è molto difficile trovare un alloggio a prezzi accessibili. Un giornalista del Guardian ha recentemente sottolineato che per uno stage non pagato di sei mesi a Ginevra i costi totali variano dai 9 ai 18mila euro.
Che tipo di tirocinio avevi accettato all'Onu, in termini di durata, assegnazione ad un ufficio, mansioni?
Ho accettato un tirocinio non pagato di sei mesi. Per rispetto verso i miei ex colleghi di lavoro, non voglio entrare nello specifico. Posso però aggiungere che non avevo assolutamente idea che dopo solo una settimana e mezzo avrei interrotto il percorso.
Si trattava del tuo primo stage o hai avuto altre esperienze?
Si, questo era il mio primo stage. Durante tutta l'università invece ho lavorato la sera e i weekend per mantenermi.
A che età di solito i giovani sono in grado di sostenersi autonomamente nel tuo Paese?
In Nuova Zelanda l'idea che i genitori sostengano i figli anche dopo le superiori non è così comune come in altri Paesi. La maggior parte dei neozelandesi chiede un prestito per potersi pagare gli studi universitari: è raro che i ragazzi ricevano un "fondo università" dai propri genitori. Io sono uscito di casa a diciannove anni e da allora sono stato sempre pienamente indipendente dai miei genitori.
Adesso, interrotto lo stage, cosa hai intenzione di fare?
Se solo una settimana fa mi avessero detto che sarebbe successo tutto questo, non ci avrei mai creduto. Mi ci vorrà un po' per capire cosa fare adesso.
Intervista di Annalisa Di Palo
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