L’estero come il nuovo Nord Italia. Per formarsi e lavorare i giovani del Mezzogiorno si spingono sempre più fuori dai confini nazionali e le evidenze emerse dal focus sul Meridione del Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo lo dimostrano chiaramente. Il Rapporto Giovani è la principale indagine italiana sulle nuove generazioni, basata su un panel di 5mila persone tra i 19 e i 30 anni.
Ma perché i giovani, soprattutto del sud, si spostano? Ovviamente per l’insoddisfazione legata alla propria situazione occupazionale. «Nel complesso un intervistato su tre ha un lavoro e tra questi solo per una minoranza si tratta di un’occupazione stabile. Un dato interessante è che solo la metà di chi ha un lavoro considera lo stipendio adeguato. Inoltre, nel complesso, oltre l’85% degli intervistati ritiene limitate o scarse le opportunità nel mercato del lavoro per un giovane con la propria preparazione» spiega alla Repubblica degli Stagisti Alessandro Rosina, coordinatore del Rapporto e neo direttore del dipartimento di Demografia e statistica sociale presso l’università Cattolica di Milano.
Lo studio è costruito in modo da essere rappresentativo delle caratteristiche dei giovani italiani della stessa età, rispetto a genere, area geografica, titolo di studio e condizione. Tra gli intervistati laureati la percentuale di chi ritiene scarse le proprie possibilità nel mercato del lavoro è più rilevante e arriva all’86%, un dato secondo il docente «particolarmente rilevante e problematico per tre motivi. Il primo è che perdiamo soprattutto i giovani e i più qualificati, ovvero la risorsa più importante per rendere le economie avanzate competitive. Il secondo è che noi già soffriamo in Italia del fatto di avere meno giovani e meno laureati rispetto ai paesi più avanzati. Il terzo è che a fronte dei tanti che se ne vanno pochi altrettanto giovani e qualificati ne ri-attraiamo».
Il fenomeno del trasferimento all’estero ha preso piede dal Duemila in poi: «Con l’entrata nel XXI secolo e l’inasprirsi delle difficoltà anche nelle regioni settentrionali, si è osservato un flusso crescente di uscita dal Nord verso l’estero» continua Rosina «Molti meridionali, dopo essersi spostati nelle grandi città settentrionali sono poi ulteriormente rimbalzati verso l’estero. Negli anni più recenti, complice anche la crisi che ha visto aumentare il numero di Neet in tutto il paese, nei giovani del Sud si è consolidata sempre più l’idea che se ci si deve spostare tanto vale partire direttamente per l’estero».
Dunque i giovani italiani, sopratutto al sud, non trovano facilmente lavoro. Questo potrebbe far erroneamente dedurre che sia più facile, per le giovani donne, fare figli: senza una carriera che ruba tempo ed energie, chissà quanti figli faranno le ragazze meridionali... Niente di più sbagliato. Poco lavoro uguale pochi figli. Giuseppe Provenzano, ricercatore dello Svimez, l'associazione per lo sviluppo dell’industria delle regioni meridionali dell'Italia che proprio l'altroieri ha pubblicato le anticipazioni dei risultati - preoccupanti - del suo “Rapporto 2015 sull'economia del Mezzogiorno”, evidenzia infatti come la situazione critica del Sud sia ulteriormente aggravata dal «basso tasso di natalità, che sta producendo un invecchiamento della popolazione meridionale». Volendo fare un bilancio, continua Provenzano, «negli ultimi 10 anni sono andati via dal Mezzogiorno mezzo milione di giovani under 35, quasi tutti diplomati o laureati».
Differente la situazione per chi viene dall’Italia settentrionale: «chi risiede al Nord è meno disposto a spostarsi fuori dalla propria regione perché le opportunità sono comunque percepite come maggiori rispetto al resto del Paese e nel caso decida di spostarsi guarda quasi esclusivamente verso l’estero. Maggiore è però anche l’opportunità di tornare, spesso valorizzando l’esperienza internazionale e diventano un ponte per le aziende italiane verso il mercato estero», aggiunge Rosina.
La verità però è che chi va fuori dai confini nazionali trovi effettivamente condizioni migliori: «Da dati di fonti diverse, comprese le indagini esplorative dell’associazione ITalents e AlmaLaurea, mostrano come chi ha scelto di andare all’estero si trovi in media con stipendi di oltre un terzo più elevati e con una maggiore soddisfazione per il lavoro svolto» precisa il coordinatore del Rapporto Giovani: «È però anche vero che, da un lato, chi sceglie di lasciare l’Italia mette più facilmente in conto un primo periodo di adattamento e, dall’altro, chi decide di rimanere più a lungo in un altro paese è perché trova condizioni migliori rispetto al luogo di partenza».
Cosa si dovrebbe fare per diminuire questo divario? «L’Italia è uno dei paesi che negli ultimi decenni meno hanno investito nelle voci che più si dimostrano utili a inserire in modo adeguato le nuove generazioni nel mercato del lavoro e a trovare maggiore valorizzazione del loro capitale umano» riflette Rosina: «In particolare, alle politiche attive per il lavoro e alla ricerca, sviluppo e innovazione noi destiniamo valori nettamente inferiori rispetto alla media europea. Questo significa che da un lato l’incontro tra domanda e offerta è più inefficiente da noi e, dall’altro, le opportunità di impiego di qualità nei settori più dinamici e competitivi sono più ridotte rispetto agli altri paesi».
Lo Svimez parla invece da tempo della «promozione di politiche industriali innovative, che puntino alla crescita delle imprese, e dell’incremento della vocazione all’internazionalizzazione delle aziende stesse», continua Provenzano. A oggi ci sono state iniziative solo sporadiche, come «la stagione pugliese degli incentivi alle imprese giovanili attraverso il progetto Bollenti Spiriti, ma si tratti di casi isolati e non inseriti nell’ambito di una strategia più organica ed estesa a tutto il Meridione».
Per confrontare la situazione italiana con quella dei giovani di altri paesi ci sarà nel Rapporto Giovani un focus internazionale: «Il primo di questi approfondimenti internazionali è attualmente in corso» anticipa Rosina: «e coinvolge oltre all’Italia, la Spagna, la Germania, il Regno Unito e la Francia. I risultati dettagliati saranno disponibili in autunno».
Chiara Del Priore
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