È stato da poco presentato a Bari il Piano d'azione 2014-15 di Bollenti spiriti, il programma della Regione Puglia per le politiche giovanili. In cima alla lista degli obiettivi c'è aiutare chi si è arreso a rimettersi in gioco, riattivando un indeterminato ma comunque enorme numero di giovani pugliesi che non lavorano né si formano. Alcune idee sono del tutto nuove - istituire una scuola per youth workers, finanziare gruppi autogestiti di Neet, ripensare il Servizio civile - e in attesa che si trasformino in misure dettagliate la Repubblica degli Stagisti ha chiesto anticipazioni all'assessore competente, Guglielmo Minervini, 53 anni, che quasi dieci anni fa, nel 2005, tenne a battesimo Bollenti Spiriti.
Assessore, il Piano lancia una figura professionale nuova: lo youth worker. Chi è? Cosa fa?
La letteratura anglosassone definisce il profilo di questa nuova figura sociale, ma noi siamo partiti dall'esperienza: ci siamo accorti che nell'arcipelago dei Laboratori urbani [uno degli assi di azione di BS, che finanzia progetti di recupero e riutilizzo di spazi urbani dimessi, ndr] e in altre esperienze di attivazione, i processi di cambiamento hanno preso forma attorno ad una persona, attorno alle sue energie e al suo carisma. Ci siamo chiesti: questo fenomeno che finora ha avuto una dinamica spontanea è replicabile? Possiamo costruire un contesto in cui far emergere questo carisma, formarlo e poi restituirlo al territorio perché possa diventare fattore di innesco? L'approdo è l'istituzione della scuola Bollenti Spiriti e della figura dell'animatore di comunità. L'orientamento è di collocare la scuola a Taranto, inizialmente con una cinquantina di posti disponibili. In questa fase dobbiamo mantenerci con numeri piuttosto contenuti.
Il bando per accedere alla scuola è atteso per le prossime settimane, ma è possibile anticipare quali saranno i requisiti per la selezione?
Ci stiamo ragionando. Credo dovranno pesare due ordini di fattori, uno legato alle competenze di base e l'altro legato alle attitudini, alle propensioni. È una figura particolare, che deve sapere agire all'interno di situazione complesse e gestire attività non protette. È un lavoro senza rete, non di cooperazione sociale tradizionale o di gestione di servizi. Si avvicina molto al profilo dei maestri di strada napoletani. Serve una forte propensione per questo tipo di lavoro.
Ci saranno limiti anagrafici in basso o in alto?
No, non credo.
E gli allievi della scuola riceveranno un contributo economico?
È un altro punto di dibattito. L'accesso e la frequenza saranno senz'altro gratuite, ma stiamo decidendo se prevedere o no almeno un rimborso spese. Vogliamo che l'elemento dell'investimento formativo sia dominante, e vogliamo evitare che l'eventuale fattore economico sia di incentivo anche per i meno interessati - data anche la disperata fame di opportunità di lavoro, anche nel mondo degli operatori sociali.
I ragazzi dove potranno trovare questi animatori?
In un luogo sociale: un'associazione, un laboratorio urbano, un centro sociale, una parrocchia... L'elemento dell'informalità è predominante.
Il Piano prevede anche un «bando per far emergere il talento Neet». Cosa ci sarà al suo interno?
I 50 youth workers, insieme ad altri, parteciperanno a questo secondo bando, che finanzierà progetti autogestiti da gruppi di ragazzi Neet. Una specie di Principi attivi con Neet, solo che all'interno di questo processo inseriamo l'enzima, ovvero l'animatore di comunità. E il percorso potrebbe non finire con il finanziamento che diamo. Il nostro obiettivo è che, maturato un progetto di investimento, questo possa incrociare le politiche strutturali della regione - i finanziamenti alle microimprese o alle start up, ad esempio.
Parliamo di finanziamenti: di quali risorse gode il Piano d'azione?
I canali per quest'anno sono tre: 5milioni 256mila euro provengono dai fondi strutturali europei, 17 milioni dal Fondo per lo sviluppo e la coesione - l'ex Fas - e circa un milione del Fondo nazionale per le politiche giovanili, dal ministero quindi. Questo per partire subito. Perché l'obiettivo che ci riproponiamo è di installare Bollenti spiriti nell'ambito della nuova programmazione dei fondi strutturali, entrando quindi in canali più cospicui di finanziamento come il Fesr e il Fse.
Sono previste integrazioni con il piano di attuazione dello Youth Garantee?
Assolutamente sì. In assessorato stiamo ragionando per incrociare i due piani, consapevoli che in Garanzia giovani ci sia bisogno di un approccio ancora più trasversale e integrato. Solo ci auguriamo non ci sia un eccesso di rigidità e direttività da parte del governo nazionale, che si traduce spesso in una certa inerzia di approccio, in politiche piuttosto tradizionali che finora non hanno funzionato. Noi vorremmo introdurre degli elementi di innovazione, anche alla luce dell'esperienza di Bollenti spiriti. Vorremmo portare innanzitutto le nostre buone politiche, che magari potrebbero trovare nelle risorse di Garanzia giovani [1,5 miliardi di euro da dividere tra le regioni, ndr] elementi di amplificazione.
Pensa a qualche azione in particolare?
I temi importanti sono tre: tirocinio, apprendistato e incentivi alle imprese. Tutti strumenti che finora hanno dato scarsissimi risultati. È un impianto tutto riverso sull'offerta, che oggi in condizione di crisi è debole. Basta solo lavorare sull'offerta o, come stiamo provando a fare, bisogna lavorare anche sulla domanda, sulla platea di ragazzi? Questo è il tema vogliamo affrontare, con l'aiuto di Garanzia Giovani. Sperando che il piano sia effettivamente mosso dalla convinzione della sua effettiva incisività, e non solo dal bisogno di mandare un messaggio politico di attenzione al tema.
L'iniziativa europea si rivolge ai 15-24enni - almeno in una prima fase. E il piano?
Non siamo rigidi su questo, anche perché è un fenomeno molto dinamico. Sono costantemente sollecitato ad allentare sia il limite superiore che quello inferiore di età, ma credo Bollenti spiriti continuerà a muoversi nella fascia tra i 18 e i 32/35 anni. Con questo approccio più flessibile ci si rende ancora più conto di quanto la consistenza del fenomeno sia inquietante. Quale che sia il numero esatto dei Neet, è un fenomeno inquietante [il numero in Puglia è stimabile in 300mila, considerando il segmento ananagrafico indicato (nell'ipotesi più inclusiva 18-35 anni, circa 900mila persone); di questi statisticamente un terzo è Neet, con un tasso di inattività medio non lontano dal 50%, ndr].
Inquietante soprattutto se riguarda i non più giovanissimi, magari anche laureati, alla ricerca della propria indipendenza...
Senz'altro. Però alla luce di una macroricostruzione regionale abbiamo scoperto che oggi tanti nostri Neet sono persone che tra i 15 e i 18 anni iniziano ad avere difficoltà a scuola, in molti casi abbandonandola, attratti magari dalla ricerca di un lavoro. Ricerca che procede con scarsi risultati, o nessuno, e porta a un senso di sconfitta intorno ai 25 anni, quando poi matura la consapevolezza che per loro non c'è spazio.
Negli anni passati qualcuno ha trovato rifugio nel Servizio civile, oggi pressoché agonizzante. È un'altra misura del piano, ma come pensa potrà aiutare i Neet?
Ne abbiamo un'idea molto più snella e flessibile di quella tradizionale, che incontrerebbe una platea molto più ampia di ragazzi. Però innanzitutto ci siamo chiesti di cosa ha bisogno questa generazione quando pensa al Servizio civile. A noi sembra che voglia opportunità di vivere esperienze di responsabilità sociale, di maturare una consapevolezza rispetto al proprio territorio. E allora non è necessario fare esperienze lunghe e concentrate; il Servizio civile si può tradurre anche in un impegno nei soli tre mesi estivi, o nel weekend. E, al pari della matematica e dell'italiano, la sensibilità sociale è bene che diventi un fattore di valutazione formativa.
Che tempistiche prevede?
Su questo abbiamo bisogno di trovare le risorse, non ce le abbiamo. Stiamo lavorando con i residui dei fondi appositi - poche centinaia di migliaia di euro - per partire con un esperimento campione, in una città o in un ambito molto circoscritto, iniziando a costruire questo dispositivo di incrocio tra domanda e offerta. Speriamo in una gestione regionale dei fondi dello Youth Garantee.
Il piano sembra escludere l'attivazione di stage. Conferma?
Sì, nel nostro piano non sono previsti. Però bisogna vedere cosa deciderà Garanzia Giovani.
A proposito, che le sembra della recente legge pugliese sugli stage?
Mi sembra che responsabilizzi le aziende e affermi dei principi sacrosanti, tra cui il diritto ad un rimborso per i ragazzi. Ma mi risulta che sul versante opposto stia generando una reazione negativa: le imprese che prima erano disponibili adesso stanno chiudendo le porte. L'idea di prendere giovani preparati, già laureati, piaceva... Come dicevo è possibile che parte dei fondi di Garanzia giovani verranno usati proprio per pagare gli stage alle aziende.
Intervista di Annalisa Di Palo
[la foto dell'assessore è tratta dall'archivio di BariLive]
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