Marianna Lepore
Scritto il 07 Mar 2024 in Notizie
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A giugno del 2023 il Parlamento europeo aveva approvato una risoluzione per dire basta agli stage privi di rimborso spese. Eppure gli stage gratuiti non sono magicamente scomparsi: continuano a proliferare in tutta Europa – perché, si sa, tra gli annunci della politica e i fatti concreti spesso passa molto tempo. E ancora nessuna restrizione normativa è intervenuta a vietarli.
A inizio gennaio di quest’anno, la Commissione europea si è finalmente impegnata a presentare una proposta legislativa prima della scadenza della legislatura per migliorare le condizioni dei tirocinanti in Europa: i tempi della Commissione sono dunque estremamente ristretti, visto che tra tre mesi ci sono le nuove elezioni europee.
In questi ultimi due mesi però non ci sono stati aggiornamenti, e le bocche degli addetti ai lavori sono rimaste cucite; ma qualche settimana fa il Parlamento europeo ha organizzato un dibattito coinvolgendo le due altre istituzioni più rappresentative, Commissione e Consiglio, per chiedere per gli stagisti – per l’ennesima volta – norme e condizioni migliori. Tra le richieste principali dei deputati ci sono indicazioni chiare sulla durata massima dei periodi di tirocinio, compensi minimi obbligatori a favore dei tirocinanti (anche curricolari), e l’accesso alla protezione sociale.
Durante l’evento Nicolas Schmit, Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, si è detto convinto che «il vantaggio dei tirocini non sia solo per i tirocinanti. Non riguarda solo i giovani, ma anche le aziende». Per questo motivo «devono essere pagati: per riconoscere il contributo dei giovani». Schmit ha assicurato che la Commissione sta preparando «un’iniziativa per aggiornare il quadro di qualità dell’Unione europea per i tirocini, da presentare prima della fine della legislatura di questo Parlamento».
L’aspetto più importante – la vera notizia – è che Schmit ha precisato che l’iniziativa a cui sta pensando la Commissione è una direttiva, a cui sarà associata anche una raccomandazione. (La direttiva è un atto giuridico che stabilisce un obiettivo che i Paesi membri devono raggiungere, lasciando comunque piena libertà su come farlo; la raccomandazione invece non è vincolante: in pratica è un modo per le istituzioni europee di rendere note le loro posizioni e suggerire linee di azione, senza imporre obblighi).
Schmit ha precisato che la Commissione è vincolata a comportarsi in questo modo anche se a suo avviso non è il metodo ideale, e ha rimarcato che è «giunto il momento di agire». Perché è «una questione di dignità, di giustizia sociale, di parità di accesso. Stiamo finalizzando la proposta legislativa: arriverà. E ringrazio il Parlamento per l’insistenza e l’impegno su questo tema importante per i giovani» ha detto.
Tra gli interventi durante il dibattito non è mancato quello di Brando Benifei, capogruppo del Partito democratico all’Europarlamento e da sempre attivo nelle battaglie per i diritti dei giovani. Benifei ha ricordato che in Europa sono circa quattro milioni all’anno i giovani che svolgono un tirocinio come primo passo per entrare nel mondo del lavoro (si tratta, come già spiegato da Eva Lindström della Corte dei conti europea, del numero stimato degli extracurriculari: contando anche i curricolari si arriva addirittura a 13 milioni all’anno).
«Ora siamo a un passo da un traguardo storico», ha sottolineato Benifei nel suo intervento, «la pubblicazione da parte della Commissione di una direttiva sulla qualità dei tirocini, che deve stabilire alcuni concetti chiave: basta allo sfruttamento del lavoro giovanile, basta a stage e tirocini non pagati, basta a condizioni lavorative umilianti e non trasparenti, basta alla sostituzione di regolari posti di lavoro con tirocini, una pratica vergognosa per abbattere costi, obblighi e diritti, riducendo l’uso dell’apprendistato».
Anche Monica Semedo, europarlamentare democratica del Lussemburgo che aveva presentato la risoluzione poi approvata lo scorso giugno, ha ripercorso le richieste: «una remunerazione equa per evitare abusi, una durata limitata a sei mesi, tirocini inclusivi e accessibili a tutti e più stage trasnazionali». Ma soprattutto ha invitato a fare presto per i giovani europei, e ad approvare tutto entro il termine del mandato del Parlamento, ovvero entro tre mesi.
L'estremo ritardo è stato sottolineato, dalle fila del gruppo della sinistra unitaria europea, dall'eurodeputata francese Leila Chaibi, che nel 2005 faceva parte del collettivo Generation Précaire. Il collettivo aveva all'epoca lanciato un appello per lo sciopero dei tirocinanti. Sono passati vent’anni e i bambini di allora sono gli stagisti, sottopagati, di oggi: «Niente è cambiato», ha detto Chaibi. Per ora, quantomeno.
L’aspetto più volte ricordato è che il 2023 è stato l’Anno europeo della gioventù; ma nonostante i festeggiamenti, l’Unione europea ha dimenticato di fare la cosa più importante: dare delle regole precise per i tirocini, limitarne l’abuso, aiutare i giovani a entrare dignitosamente nel mondo del lavoro. E sopratutto stabilire una volta per tutte cos’è un tirocinio. Come sottolineato nel report della Corte dei Conti europea “Azioni dell’Ue a sostegno dei tirocini destinati ai giovani”, presentato a inizio febbraio, nonostante i numeri dei tirocinanti aumentino, ancora non esiste una definizione chiara di cosa sia uno stage, con sedici Paesi membri su ventisette che non hanno una definizione giuridica del tirocinio. Perciò servono norme uniformi e coerenti in tutto il panorama europeo e indicazioni chiare dal Consiglio.
Tra gli interventi durante l'evento al Parlamento europeo anche quello di Gianantonio Da Re, leghista del gruppo Identità e Democrazia, che a inizio febbraio ha presentato alla Commissione un’interrogazione con richiesta di risposta scritta relativa ai dati pubblicati dalla Corte dei Conti europea, in cui chiede quali misure intenda adottare per migliorare il settore dei tirocini, sia curricolari che extracurricolari, e favorire l’occupazione dei giovani europei.
Uno degli aspetti evidenziati da quasi tutti i parlamentari è anche l’imminente voto di giugno – che potrebbe segnare un forte astensionismo da parte dei giovani, delusi dalle promesse non mantenute di questo esecutivo.
In chiusura di dibattito il commissario Schmit ha ribadito che si tratta di «una questione di giustizia sociale, perché coloro che non hanno genitori che possono sostenere le spese non possono partecipare a un tirocinio e la loro situazione sul mercato del lavoro non ne trarrà alcun miglioramento». E dopo aver rassicurato che la proposta legislativa arriverà in tempo ha anche pungolato gli Stati membri, invitandoli a fare a loro volta attenzione e garantire che anche il lavoro dei giovani meriti una retribuzione.
Alla seduta del Parlamento hanno fatto seguito le dichiarazioni del gruppo dei Socialisti e Democratici, che per primi avevano caldeggiato una legge europea per garantire una indennità equa e pieni diritti per tutti i tirocinanti. Alicia Homs, relatrice della proposta, ha ribadito che sono necessari contratti scritti, limitati nel tempo e accesso alla previdenza sociale e alla rappresentanza sindacale per i tirocinanti, perché «i giovani europei non sono manodopera a basso costo o gratuita e non dovrebbero essere intrappolati in tirocini interminabili prima di iniziare la loro carriera e vita indipendente». Agnes Jongerius, portavoce del gruppo, le ha fatto eco ricordando che «i giovani sono uno dei gruppi più vulnerabili del mercato del lavoro. Dobbiamo fare in modo che l’occupazione di qualità inizi con le loro opportunità di tirocinio».
L’ultima parola spetta alla Commissione europea, che ha ora, un po’ in zona Cesarini, la grande opportunità di lasciare un segno del suo mandato andando incontro ai giovani. La userà bene?
Marianna Lepore
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