Che effetti avrebbe un eventuale nuovo lockdown sui tirocinanti? La prima grande differenza è che stavolta non si tratterebbe una situazione completamente nuova e imprevista. Ciò vuol dire che potrà essere evitata quella fase deleteria di confusione e incertezza che ha caratterizzato i mesi di marzo e di aprile della scorsa primavera.
Durante il primo lockdown, infatti, una delle grandi questioni aperte è stata fin dall’inizio quella della possibilità o impossibilità di far proseguire gli stage da casa, in una modalità da remoto simile a quella dello smart working (quello che noi della Repubblica degli Stagisti abbiamo ribattezzato “smart internshipping”, appunto). A parte la Lombardia, che in maniera piuttosto lungimirante aveva previsto fin da fine febbraio per iscritto la possibilità per gli stagisti di andare avanti con il percorso formativo on the job anche da casa, nelle altre Regioni in primavera è stato il caos – con il risultato che migliaia e migliaia di tirocinanti sono rimasti per diverse settimane nel limbo.
Questa situazione non dovrebbe ripetersi, in caso scattasse il temuto lockdown autunnale, perché ormai tutte le Regioni hanno convenuto – chi prima chi dopo – che la possibilità di garantire agli stagisti una continuità della propria attività (e del piccolo reddito derivante dalle indennità mensili) sia prioritario. Dunque non ci dovrebbero essere sorprese, e quindi se lockdown sarà, al pari dei dipendenti, anche gli stagisti potranno contare sulla possibilità di continuare il proprio tirocinio da casa, evitando la duplice criticità di interrompere la propria formazione e di vedersi tagliata l’indennità mensile.
Certamente però non si può nascondere che un eventuale nuovo lockdown avrebbe effetti molto negativi per gli stagisti – sia per quelli in attività, sia per gli aspiranti tali.
Per gli stagisti in attività infatti il tirocinio da remoto non è un diritto, bensì semplicemente una opzione aperta. Ciò vuol dire che la possibilità di continuare il proprio tirocinio da casa dipende da alcuni fattori. Il primo fattore è quello della fattibilità: ci sono tirocini che semplicemente non possono essere svolti se non in un determinato luogo. Pensiamo banalmente agli stage come commessi nei negozi, o come istruttori nelle palestre: se il negozio o la palestra sono costretti a chiudere, perché considerate attività non indispensabili, automaticamente anche il tirocinio deve essere fermato – sospeso oppure interrotto, a seconda delle considerazioni del soggetto ospitante.
Quindi in caso di lockdown è facile prevedere che vi saranno migliaia se non decine di migliaia di tirocini destinati alla sospensione o all’interruzione per una semplice e incontrovertibile verità: che sarebbe impossibile farli proseguire da remoto.
Vi è anche però un secondo scenario, cioè quello in cui la possibilità di svolgere lo stage da remoto esisterebbe, ma per qualche motivo non viene utilizzata. Come detto, proseguire lo stage da casa non è un diritto, bensì una possibilità: pertanto dal punto di vista del soggetto ospitante permettere al tirocinante di continuare da casa non è, di converso, un dovere.
Anche perché mettere gli stagisti in condizione di proseguire da casa non è una cosa automatica: significa impegnarsi a riorganizzare il tirocinio in modo che possa avere senso anche da remoto – bisogna pensare a nuove modalità per i tutor di seguire gli stagisti a loro affidati per telefono o in video call, ricalibrare le attività affinché siano compatibili con uno svolgimento da casa, e così via.
E idealmente, anche se nessuno l’ha ancora scritto nero su bianco, bisognerebbe anche dotare queste persone della strumentazione necessaria a svolgere il tirocinio da casa, come per esempio un telefono cellulare, un computer portatile, e magari un contributo per le spese di connessione veloce a Internet. Tutte cose che alcune aziende virtuose hanno già pensato di offrire ai propri stagisti, ma che certamente non sono la normalità.
Senza contare che vi sono molte attività che, da quando è scoppiata la pandemia, letteralmente lottano per la sopravvivenza. Tutte le loro energie sono convogliate sull'obiettivo di salvare i bilanci, utilizzare al meglio la cassa integrazione e gli altri aiuti previsti dallo Stato, trovare il modo di evitare di licenziare il personale. In situazioni di questo tipo lo stagista diventa, tristemente ma verosimilmente, l'ultima delle priorità.
E fin qui abbiamo parlato di chi adesso, in questo esatto momento, sta svolgendo il suo stage e che è preoccupato per la piega che potrebbero prendere gli eventi in caso di lockdown.
Ma vi è anche un’altra categoria di giovani che verrà certamente colpita in maniera decisa da un’eventuale chiusura delle attività produttive in Italia: ed è quella degli aspiranti stagisti, cioè coloro che stanno in questo momento cercando un’opportunità per completare la propria formazione ed entrare nel mondo del lavoro.
È facile prevedere infatti che le opportunità crolleranno dal punto di vista della quantità: ciò che è successo nei primi sei mesi del 2020, e che la Repubblica degli Stagisti ha potuto quantificare e rendere pubblico grazie ai dati inediti del ministero del Lavoro nelle scorse settimane, è destinato a ripetersi.
Basti pensare che durante la prima ondata di Coronavirus, e in particolare nel secondo trimestre del 2020, il numero dei tirocini è crollato diminuendo del 73% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Quindi è un dato praticamente certo che l’eventuale richiusura, dovuta alla seconda ondata che stiamo vivendo, porterebbe ad una contrazione più che rilevante delle opportunità di tirocinio per i giovani italiani.
Queste sono certamente le previsioni più facili e immediate che è giusto fare alla vigilia di un lockdown che sembra quasi inevitabile. Ma certamente non bastano le considerazioni: ci vuole un piano per scongiurare il peggio, ed evitare che siano proprio i giovani all’ingresso nel mondo del lavoro quelli destinati a pagare il prezzo più alto di questa crisi.
Eleonora Voltolina
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