Una buona notizia per i tanti ricercatori italiani e stranieri che svolgono la propria attività all’estero o nelle regioni del centro nord: è in corso il bando «Brains 2 South», promosso dalla Fondazione Con il Sud con l’obiettivo di attrarre giovani eccellenze nei dipartimenti universitari o centri di ricerca del Sud. Giunto alla sua quarta edizione, il bando mette a disposizione 3 milioni e mezzo di euro per cercare di invertire quella che ormai è conosciuta da tutti come la “fuga dei cervelli”: l’emigrazione continua di giovani e meno giovani che dopo aver studiato ed essersi perfezionati nelle università italiane finiscono per andare all’estero per continuare a fare ricerca.
Secondo il National Bureau of economic research c’è un rapporto di quattro a uno tra italiani emigrati e ricercatori stranieri approdati nel Belpaese: la fuga dei cervelli non sembra avere fine, come più volte la Repubblica degli Stagisti ha documentato, e sembra non essere indirizzata solo verso l’estero. Certo, ci sono i 700mila laureati che tra il 2001 e il 2011 hanno lasciato l’Italia (numeri tratti dall’indagine Editutto 2014). Ma c'è anche una migrazione interna: laureati meridionali formati nelle università delle proprie regioni che si spostano in quelle del nord per trovare un’occupazione. Secondo il rapporto Svimez 2013 in dieci anni questo fenomeno è più che raddoppiato, passando dal 10% circa di emigrati al nord del 2001 al 25% del 2011.
Proprio a questi numeri il bando Brains2South cerca di mettere un freno, anche se purtroppo non può rispondere a tutte le richieste. «Le risorse a disposizione sono totalmente private, messe dai singoli soci» spiega alla Repubblica degli Stagisti Manuela Intrieri, dello staff comunicazione della fondazione, «e in media con il budget a disposizione si riesce a finanziare solo l’otto-nove per cento delle proposte di progetto ricevute. Molte di queste potrebbero essere finanziabili se ci fossero altre risorse».
L’obiettivo è quello di favorire l’attrazione di ricercatori e studiosi nei centri di ricerca del Mezzogiorno offrendo l’opportunità di condurre ricerche sotto la propria responsabilità, senza il controllo di un supervisore. Per questo il bando è aperto anche ai cittadini stranieri, nella logica del rafforzamento dei legami tra le regioni del Sud e il resto del mondo.
Anche perché bisogna ricordare un altro dato che questo bando vorrebbe in parte contribuire a modificare: quello sul numero di ricercatori stranieri che scelgono l’Italia per lavorare e che secondo la ricerca per il National Bureau of economic research del 2012 sulla mobilità dei ricercatori - curata da Chiara Franzoni, Giuseppe Scellato e Paula Stephan - è pari ad appena il 3%. «L’anomalia italiana non è tanto nel tasso di brain drain, assolutamente naturale per un paese della nostra dimensione visto che Germania, Svizzera e UK solo per citarne alcuni ne hanno molto di più» spiega alla Repubblica degli Stagisti Franzoni, professore associato di Ingegneria economico-gestionale al Politecnico di Milano. Il dato preoccupante italiano è «la scarsa attrazione di stranieri che non rimpiazzano i talenti in uscita».
Al bando Brains2South potranno arrivare proposte di ricerca scientifica applicata nel campo tecnologico, energetico, manifatturiero, nanotecnologico, ICT, agroalimentare, biomedico, farmaceutico, diagnostico e nello studio e conservazione dei beni culturali o ambientali, che dovranno essere presentate direttamente dal ricercatore entro il 7 ottobre, attraverso questo link. Alla fondazione potrà essere richiesto un contributo finanziario massimo di 400mila euro e il progetto dovrà avere una durata complessiva non superiore ai 48 mesi.
Per i cervelli in fuga desiderosi di tornare c’è quindi ancora un mese per fare domanda ed è probabile che le richieste di qualità non mancheranno, visto che secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, del 2013, l’Italia è al di sopra della media mondiale e di quella Ocse per qualità della ricerca scientifica.
Anche se proprio sulla volontà dei ricercatori espatriati di tornare nel Bel Paese i dati oscillano: sono possibilisti ma molto dipende dalle opportunità offerte. «In generale tutti i ricercatori mobili si somigliano e decidono di migrare per lavorare in università prestigiose o con più fondi e opportunità di carriera» spiega la Franzoni: «la sola anomalia italiana che è uscita dal nostro studio è che i nostri ricercatori dicono di essere attratti dall’estero anche per salari più alti, variabile che non conta per scienziati migranti di nessun altro paese esclusa l’India». Forse perché in Italia, secondo dati Carsa, gli sipendi dei ricercatori si aggirano sui 34mila euro l’anno, praticamente la metà rispetto ai 62mila euro annui dei colleghi statunitensi e comunque ben lontani anche dai 53mila euro l'anno delle università tedesche.
21 sono finora i progetti realizzati dalla Fondazione, per un budget complessivo di oltre 8 milioni di euro; nel complesso la Fondazione è riuscita a coinvolgere, ad oggi, più di 230mila cittadini - soprattutto giovani - erogando fondi per oltre 134 milioni di euro.
Marianna Lepore
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