La Rai torna ad assumere e punta sui giovani. È questo il messaggio del verbale firmato a fine luglio tra l’emittente pubblica e le sigle sindacali con cui si dà seguito a un precedente accordo sottoscritto a inizio mese. Saranno 150 i giovani assunti con contratti di apprendistato professionalizzante grazie a una sorta di cambio della guardia tra vecchie e nuove risorse e 75 i nuovi ingressi di giornalisti. Ringiovanimento in azienda che sta molto a cuore al direttore generale Luigi Gubitosi che già a inizio luglio, durante il convegno «Una nuova carta d’identità per la Rai» al Cnel, aveva annunciato il suo piano industriale con l’uscita di scena di 600 persone e «un risparmio per il triennio 2013-2015 di 60 - 70 milioni di euro» oltre a nuove assunzioni.
Alla fine l’accordo con i sindacati si è trovato su 150 giovani da inserire con l’apprendistato professionalizzante, che permette a chi ha tra i 18 e i 29 anni di acquisire competenze direttamente in azienda. Puntando quindi su quel netto ricambio generazionale a cui si riferiva la nota del sindacato lavoratori della comunicazione della Cgil nel primo protocollo d’intesa firmato a inizio luglio, annunciando «l’uscita di circa 100 dipendenti con i requisiti per la pensione a fronte dell’assunzione di 150 giovani in apprendistato» e «la regolazione di un mercato del lavoro che in Rai ha vissuto condizioni di deregolazione esponenziale» con il dilagare di precarietà contrattuale e salariale. I giovani apprendisti sono però rimasti in forse fino al 31 luglio quando, numeri alla mano, alla firma del documento con le parti sociali si è visto che la cifra di quanti avevano aderito all’iniziativa di incentivazione all’esodo «prevista dall’articolo 4 della legge 28 giugno 2012 n. 92», cioè la riforma Fornero, era tale da permettere il ricambio. «Avevamo stabilito un meccanismo legato al rapporto tra entrate e uscite in azienda» spiega ad Articolo 36 Alessio De Luca, coordinatore del dipartimento dell’emittenza pubblica Slc della Cgil, «e deciso che 75 persone sarebbero state assunte subito dopo la selezione. Poi, abbiamo appurato di aver raggiunto altre 100 richieste di uscita per cui, molto probabilmente, a settembre potremo ratificare il numero complessivo di 150 lavoratori in apprendistato». I primi 75 saranno selezionati per i profili di tecnico della produzione, tecnico, specializzato della produzione, ma le modalità saranno stabilite il prossimo 9 settembre quando «le parti si incontreranno per un confronto». Insomma solo a fine settembre una nuova verifica confermerà il via anche degli altri 75 contratti di apprendistato. È quindi troppo presto per conoscere i tempi: «È probabile che sarà fatta un’unica selezione pubblica per tutti i 150 lavoratori nell’ambito delle diverse figure professionali» spiega De Luca: «Le aree più interessate saranno quelle tecniche e produttive perché hanno visto il maggior numero di uscite e dovremo capire anche quali saranno le modalità selettive. Ci sarà comunque una prova scritta e una orale». Per la retribuzione «l’apprendistato prevede fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, ma dire la cifra è difficile perché parliamo di 11 livelli e 40 posizioni diverse. Dipende quindi dalla figura professionale, per cui la retribuzione varia tra i 900 e mille euro».
L’apprendistato dovrebbe insomma diventare il nuovo metodo di inserimento in azienda, e mettere all'angolo la miriade di contratti a termine usati e abusati negli anni passati: questi lavoratori precari, grazie ad accordi sindacali, dovrebbero essere riassorbiti entro il 2018-2019. «Questa è l’ampiezza del fenomeno dei contratti a tempo determinato: per questo nel rinnovo contrattuale sottoscritto a febbraio 2013 abbiamo inserito l’apprendistato professionalizzante» continua De Luca: «Dobbiamo definire il periodo, tra i 30 e i 36 mesi a seconda della preparazione, ma abbiamo previsto una stabilizzazione all’80% dei lavoratori in forze con l’apprendistato, che diventerà il principale contratto con cui assumere».
Selezione è quindi la parola d’ordine per eliminare gli altri meccanismi che hanno riempito i bacini A e B dei lavoratori a tempo determinato ancora in attesa di assunzione, in parte anticipata in base all’accordo firmato il 4 luglio. Da questo bacino la Rai assumerà fino a marzo 2014, spiega De Luca, tra le 500 e le 600 persone e puntando anche alla regolazione dei contratti in partita Iva. Il punto dolente per il contratto di apprendistato resta l’età, massimo 29 anni, «perché per alcune figure sono più importanti altre caratteristiche. In sede di rinnovo del contratto avevamo chiesto che potessero rientrarvi anche i lavoratori in mobilità, come previsto dalla riforma. Avremmo potuto limitare l’età, visto che il direttore generale punta al ricambio generazionale» conclude De Luca: «ma alla fine l’azienda non ha accettato e con l’apprendistato potremo reclutare solo gli under 29».
Se questa selezione farà discutere per gli elementi restrittivi sull’età, ce n’è un’altra che ha già sollevato parecchie polemiche: è quella per i 75 giornalisti decisa con un accordo sottoscritto tra Rai e Usigrai. Anche in questo caso si parla di uscita anticipata per chi ha i requisiti per la pensione, di stabilizzazione dei giornalisti a tempo determinato e di una nuova selezione pubblica da avviare entro settembre. Il patto con i sindacati prevede però anche l’assunzione di 35 giornalisti attraverso un canale privilegiato, la scuola di giornalismo di Perugia, come già dichiarava il direttore Gubitosi durante un convegno al Cnel. Proprio su questo si sono già levate le prime critiche dei molti giornalisti, professionisti e con anni di precariato alle spalle, che rimarrebbero fuori perché non ex allievi della scuola umbra. In effetti questa scuola è definita «l’istituto di formazione dei giornalisti Rai»: eppure in più sedi è stato ripetuto che le scuole aziendali sono escluse dal quadro di indirizzi sottoscritto con l’Ordine dei giornalisti. Il patto prevede anche una selezione pubblica, aperta agli esterni: «Ma in realtà» conferma De Luca «non hanno mai quantificato i numeri né individuato le modalità selettive».
Queste assunzioni in atto non piacciono nemmeno a due consiglieri nazionali dell’ordine dei giornalisti - Vincenzo Cimino, anche vice presidente della Commissione giuridica, e Cosimo Santimone - che hanno scritto una lettera aperta in cui evidenziano come, di nuovo, il criterio di ingaggio attraverso la scuola di Perugia andrà a discapito di tanti altri professionisti da anni nelle liste di mobilità. Cimino e Santimone osservano per esempio che i colleghi del Tg3 Molise stanno lasciando la regione «per tornare nelle loro rispettive regioni di residenza nonostante avessero sottoscritto un impegno quinquennale di permanenza nella sede di prima nomina» e con la loro partenza arriveranno «otto nuovi giornalisti professionisti appena usciti dalla scuola di Perugia. Alla faccia dei disoccupati molisani, del manuale Cencelli e della tutela che dovrebbero essere alla base del diritto al lavoro». Il punto messo in luce dai due consiglieri è lo stesso alla base della lettera firmata da un gruppo di giovani giornalisti professionisti sotto lo slogan «Noi, 35 come loro!» che denuncia la disparità di trattamento e la mancanza di un concorso pubblico.
Due selezioni, per l’apprendistato e per i giornalisti, che hanno il pregio encomiabile di ringiovanire la categoria di dipendenti presenti in Rai, ma presentano alcuni limiti che rischiano di far passare in secondo piano il significativo messaggio di cambiamento dell’emittenza pubblica. In entrambi i casi la questione è rimandata a settembre, quando dovrebbero essere pubblicati i bandi e si metteranno nero su bianco requisiti e limiti delle selezioni.
Marianna Lepore
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