In Italia le scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine sono 12 e tutte si occupano di formare i propri allievi per lavorare in redazioni di emittenti radio-televisive, oltre che di periodici cartacei e online e di agenzie di stampa. Eppure quando c’è un posto vacante la Rai ha un'abitudine ricorrente: quella di servirsi, con assunzioni a chiamata, dei cronisti provenienti dalla scuola di Perugia. Che sono dunque primi inter pares: escono da una struttura teoricamente uguale alle altre, ma poi hanno una corsia preferenziale per entrare in uno dei più grandi gruppi editoriali del nostro Paese.
Una pratica consolidata di cui si parla anche nel testo dell’ultimo accordo raggiunto dall’azienda con l’Usigrai a fine giugno per l’uscita anticipata di 600 persone, la regolarizzazione dei precari e nuove assunzioni, che Articolo 36 ha raccontato nei giorni scorsi. Queste ultime dovrebbero avvenire in buona parte attraverso «un’iniziativa di selezione pubblica» che la Rai «avvierà entro il prossimo mese di settembre», nel rispetto dei principi di «trasparenza, imparzialità e pubblicità». Eppure, poche righe più sotto, si fa riferimento anche a quella procedura a chiamata, prevedendo di «utilizzare n. 35 nuove risorse qualificate provenienti dalle Scuole di giornalismo, secondo prassi aziendale». Qui si parla di "scuole di giornalismo" al plurale, ma il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi, in una dichiarazione riportata sul sito dell’azienda, circoscrive l'opportunità professionale agli ex allievi di una sola: «Assumeremo 75 giornalisti, tra scuola di giornalismo di Perugia [35, ndr] e concorso nazionale per i precari e per quelli con i contratti atipici [40, ndr]».
Parole che hanno generato un vortice di proteste da parte di scuole di giornalismo e giovani redattori in attesa del concorso. Nella missiva inviata al presidente del Consiglio nazionale dell’OdG Enzo Iacopino, Giannetto Sabbatini Rossetti, direttore dei corsi e delle testate della scuola di Urbino, scrive: «Secondo prassi aziendale, si scrive “Scuole di giornalismo”, ma si legge “Scuola di giornalismo di Perugia”». I 35 fortunati, per adesso assunti a tempo determinato, sono già al lavoro: «Già in queste settimane», prosegue Sabbatini Rossetti «nelle redazioni regionali stanno arrivando, su chiamata diretta, giovani colleghi tutti provenienti dalla Scuola di Perugia. Ad Ancona, ad esempio, sono stati fatti tre contratti ad altrettanti ex allievi di Perugia. I tanti praticanti che in questi anni si sono alternati negli stage, ottenendo anche apprezzamenti e riconoscimenti ufficiali, sono rimasti tutti al palo. A coloro che hanno presentato curriculum per eventuali chiamate per sostituzioni o cambi ferie è stato risposto che la Rai ha bloccato le “nuove utilizzazioni”».
Un’abitudine di lungo corso, quella della Rai, confermata dallo stesso segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani, proveniente anche lui da Perugia e promotore dell’associazione degli ex allievi della scuola: «Esiste in azienda da vent’anni, è uno dei canali di accesso insieme alle pubbliche selezioni. Non vedo dove stia il problema se la Rai, in attesa dei giornalisti che verranno scelti con il concorso, si riserva di chiamare persone provenienti da una scuola su cui investe da anni». Ma non tutti hanno preso la questione con la stessa positività. Quella postilla finale definisce in sostanza la struttura perugina come “scuola aziendale”, mettendo così in difficoltà l’Ordine dei giornalisti. Il cui presidente Iacopino infatti, sentendo quelle tre parole, è saltato sulla sedia: «Il 2 luglio ho avvertito Di Trapani, spiegandogli che le scuole aziendali sono escluse dal Quadro di indirizzi sottoscritto anche da Perugia e dalle altre scuole di giornalismo». Una scuola aziendale è assolutamente legittima, è il concetto, ma non può essere riconosciuta dall’Ordine come struttura in cui effettuare il praticantato giornalistico. Iacopino è in attesa di incontrare Gubitosi: «Il 22 luglio ho sentito il direttore generale, che si è dimostrato molto interessato alle mie proteste: ha detto che non sapeva niente delle nostre regole, e mi ha chiesto di incontrarci». Se dal vertice di viale Mazzini non arriveranno riscontri, «decideremo insieme al Consiglio e all’esecutivo dell’Ordine». La conseguenza estrema, che Iacopino per il momento non vuole neanche nominare, potrebbe essere il ritiro del riconoscimento come “erogatore” del praticantato alla struttura di Perugia.
Diverse scuole di giornalismo sono sulle barricate: oltre a quella di Sabbatini Rossetti, Iacopino ha ricevuto una lettera congiunta dei cinque direttori dei master delle università Statale, Cattolica e Iulm di Milano, di quello dell’ateneo torinese e della scuola di giornalismo Luiss di Roma, oltre a una missiva dal master dell’università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Due i punti contestati: lo status di “scuola aziendale” attribuito alla scuola di Perugia, che la legherebbe a doppio filo all'azienda di radiotelevisione pubblica, e la mancanza di trasparenza e meritocrazia nelle selezioni.
«Il Quadro d’indirizzi del Cnog vieta espressamente le scuole aziendali, che non possono essere riconosciute dall’Ordine, mentre quest’accordo configura palesemente la SGRT [Scuola di giornalismo radiotelevisivo, ndr] di Perugia come una pura scuola aziendale», si legge nella lettera congiunta dei cinque direttori. C’è poi la questione di merito delle vie di accesso al posto di lavoro: «Nonostante tutto, continuiamo a ritenere che la Rai sia e debba essere un’azienda editoriale di servizio pubblico. Questa sua peculiarità impone, con tutta evidenza, che pubbliche e universali siano le procedure di selezione del personale, a maggior ragione quando si faccia la scelta meritoria di assumere soltanto giornalisti formati nelle strutture riconosciute. Dunque perché 35 assunzioni da una Scuola e la preclusione di tutte le altre?», si chiedono ancora i responsabili delle cinque strutture formative.
E in questi giorni, ai vertici Rai, Usigrai, Fnsi e Cnog sta arrivando una lettera firmata da un gruppo di giovani giornalisti professionisti riuniti sotto lo slogan “35 come loro” - anche se le adesioni non sono più solo 35, anzi hanno già superato quota 150: «Chiediamo che le assunzioni avvengano solo per concorso. Vogliamo poter concorrere alla pari per un numero di posti che non sia lo scarto residuo delle chiamate dirette. È inconcepibile che i sindacati si siano seduti al tavolo con l’azienda per firmare un accordo che prevedeva, ancora una volta, chiamate dirette. Ci appelliamo per questo all’Ordine Nazionale che si faccia garante per noi della meritocrazia di cui spesso si parla».
Il segretario generale dell’Fnsi Franco Siddi, che ha sottoscritto l’accordo Rai-Usigrai, cerca di minimizzare: «Non estremizzerei il problema. Capisco le proteste delle altre scuole, che hanno tutte pari dignità, ma nello specifico bisogna riconoscere che qui c’è una struttura che conferisce agli allievi una qualificazione specifica nel settore radio-televisivo. L’Ordine fa il suo mestiere e verificherà che venga rispettato il disciplinare formativo» dice ad Articolo 36. Per Siddi le 35 assunzioni a chiamata «rientrano in una parentesi di urgenza. È chiaro che, chiusa questa fase, tutte le assunzioni avverranno tramite concorsi, come stabilisce l’accordo». Anche Di Trapani parla di una procedura utilizzata «in un periodo di emergenza» per riempire i posti lasciati vuoti dai colleghi in ferie, ma sul futuro della «prassi aziendale» smentisce Siddi: «Noi siamo per la trasparenza, e infatti dal 2008 siamo riusciti a ottenere pubbliche selezioni, ma questa è una prassi che dura da vent’anni, e rimane uno dei canali di accesso».
Veronica Ulivieri
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