Medici specializzandi, allarme rientrato: sparisce l'emendamento sull'Irpef per le borse di studio

Ilaria Costantini

Ilaria Costantini

Scritto il 16 Apr 2012 in Notizie

Allarme rientrato per i 22mila medici specializzandi a rischio tassazione Irpef. Mentre i camici bianchi "scioperavano" in tutta Italia astenendosi dal lavoro in corsia, la commissione Finanze della Camera ha approvato un emendamento abrogativo della norma che mirava ad introdurre sul reddito dei medici in formazione l'imposta sulle persone fisiche per la parte eccedente gli 11.500 euro di retribuzione lorda annuale. «È stata una vittoria di tutti» è il commento a caldo di Carmine Cerullo, delegato del comitato nazionale che questa mattina ha incontrato i vertici della commissione parlamentare. Presente anche il sottosegretario alle Finanze Vieri Ceriani «che ha dato parere positivo perché l'emendamento sia tolto e ridiscusso in seguito in sede di delega fiscale» spiega Cerullo. Approvati il 4 aprile scorso al Senato, i commi incriminati sono il 16 ter e quarter dell'articolo 3 della legge di conversione del decreto "crescitalia" che minacciavano di colpire, insieme ai camici bianchi, tutti i titolari «di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale». In parole povere la stragrande maggioranza dei giovani precari che fanno ricerca all'interno di università e istituti pubblici o privati, in tutti i settori disciplinari. «La ratio dell'emendamento era quella di fare un po' di cassa, non c'è dubbio» osserva l'onorevole Tea Albini (Pd), una delle promotrici della correzione che ha assicurato il ritorno allo status quo. «La situazione dei dottorandi e dei borsisti è probabilmente anche peggiore della nostra» ammette Demo Dugoni (nella foto insieme a Valentina Romeo), membro del direttivo di Federspecializzandi che, insieme al Segretariato italiano dei giovani medici (SIGM), ha lanciato nei giorni scorsi l'allarme. Per gli specializzandi il salasso sarebbe stato di circa 300 euro mensili, su una busta paga di 1.750 euro. Una retribuzione che pone la categoria altamente al di sopra della media dei titolari di borse e assegni di ricerca. Ma il vantaggio appare comunque molto relativo considerate le responsabilità e l'impegno richiesto agli specializzandi, che possono arrivare a lavorare anche 70 ore settimanali. Per non parlare del faticoso cursus honorum che si deve affrontare per arrivare in reparto. «Ci sono scuole di specializzazione che hanno attese di 4 o 5 anni» racconta ancora Dugoni che fortunatamente è riuscito a vincere al primo tentativo il concorso per la scuola di specializzazione in neurochirurgia all'Umberto I di Roma. «Non siamo lavoratori dipendenti e non ha alcun senso tassarci come tali» spiega Valentina Romeo, anche lei specializzanda al policlinico romano ma in chirurgia generale. «Per la scuola di specializzazione paghiamo già le tasse universitarie (circa 3.000 euro annuali ndr); poi ci sono l'assicurazione e i contributi Inps ed Enpam. Il 70% degli specializzandi sono inoltre dei fuorisede e devono affrontare ingenti spese aggiuntive per completare la propria formazione».
Ovvio che dinanzi alla prospettiva di un'ulteriore decurtazione dello stipendio i futuri specialisti siano insorti in massa. Lo sciopero indetto per oggi «ha avuto un'adesione altissima in tutte le cliniche universitarie del paese: siamo intorno all'80%» racconta Dugoni «non era mai accaduto prima». E considerato il fattivo apporto dato dagli specializzandi ai vari reparti si può essere certi che il disagio sia stato avvertito nitidamente in moltissimi ospedali. Nonostante che per medici e borsisti l'allarme sia ufficialmente rientrato, «la manifestazione nazionale prevista per domani davanti a Montecitorio resta confermata», assicura Carmine Cerullo, «per chiarire che siamo pronti alla mobilitazione qualora un testo del genere venga ripresentato in futuro». In corsia si torna solo mercoledì.

Ilaria Costantini

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